Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Visualizza articoli per tag: FIDAL

Mercoledì, 17 Gennaio 2018 09:47

Storia del Palasport di San Siro: 1 - La genesi

La genesi, i fasti, il crollo, la mancata ricostruzione e le prospettive future

Prima puntata

 

Premessa

Il 17 gennaio 1985 crollava il Palasport di San Siro che era diventata la casa dei milanesi per molti sport indoor, atletica compresa. A trentatré anni esatti di distanza non è stato ricostruito. Oggi cominciamo una serie di articoli che con cadenza settimanale vogliono raccontare le ragioni per i quali fu edificato e le sue caratteristiche per i diversi sport ed eventi che ha ospitato. Seguirà una carrellata sui suoi otto anni di attività, costellata da eventi importanti. Descriveremo le cause del crollo e la mancata ricostruzione. Vedremo anche come, nel frattempo, si sono riorganizzati i vari sport ed i promotori di altri eventi. Anche qual è stata l’unica Federazione sportiva che dopo il crollo non ha rimediato ed è restata col cerino acceso. Si, avete indovinato. E’ la FIDAL. Ma non vincete nulla: la domanda era troppo facile.

 

Ringraziamenti e fonti consultate

Prima d’iniziare vorrei ringraziare Mauro Gurioli che con il suo articolo pubblicato sul sito www.museodelbasket-milano.it/ mi ha dato lo spunto per questa iniziativa. Partendo dalla sua scrupolosa ricerca ho integrato la stessa con altre fonti. Quindi ciò che leggerete si baserà principalmente su:

  • il precitato documento;
  • l’archivio del Corriere della Sera;
  • articoli scritti dal progettista, l’Ing. Giorgio Romaro;
  • pezzi pubblicati dai siti FIDAL Roma e Milano;
  • alcune interviste con i protagonisti del tempo.

Tutto questo verrà integrato dai ricordi di chi Vi scrive, che è stato spettatore al Palazzone in molte occasioni. A questo punto non mi resta che augurarVi una buona lettura.

 

La genesi

A Milano negli anni cinquanta la disponibilità d’impianti sportivi coperti di grandi dimensioni si limitava al palazzo dello sport ubicato nel recinto adibito ai padiglioni della vecchia fiera campionaria. Nato nel 1933, era stato realizzato con criteri ottocenteschi: una grande platea a pianta ellittica circondata non da tribune, così come intese al giorno d’oggi, bensì da una serie ininterrotta di palchi, disposti in maniera simile a quelli dei teatri dell’epoca. Il montaggio e smontaggio delle tribune era laborioso ed antieconomico. Salvo nelle giornate di gara, il Palafiera, successivamente chiamato così per distinguerlo da Palalido e Palazzone di San Siro, non veniva adeguatamente riscaldato, come mi ricordava Sandro Gamba, giocatore e poi allenatore delle mitiche scarpette rosse del Simmenthal, l’attuale Pallacanestro Olimpia. Faceva un freddo cane, ma per il basket era già un passo avanti rispetto al campo all’aperto di via Washington, oppure alla palestra Forza e Coraggio di via Gallura. Bella, ma con poca tribuna. Qualche volta si ricorreva al palazzo del ghiaccio di via Piranesi, riadattato per l’occasione. Tuttavia si trattava di un costoso e faticoso palliativo.

Fu così che il Comune decise di costruire finalmente una struttura flessibile ed adatta ad alcuni sport indoor, quali il basket, il pugilato, il volley ed il tennis. Con l’inaugurazione del Palalido, alla fine del 1960, ebbe praticamente termine ogni attività sportiva al Palafiera, ad eccezione del ciclismo su pista che anzi godette di grande popolarità grazie alle 6 giorni. L’impianto però non soddisfaceva né gli organizzatori né il pubblico, per cui Adriano Rodoni, vicepresidente del CONI, oltre che presidente della Federazione Ciclistica, cercò in tutti i modi di convincere il Comune di Milano a  realizzare un grande palazzo dello Sport. Ogni tentativo fu vano perché il Comune si era già molto indebitato per realizzare la linea 1 della metropolitana. Rodoni tuttavia non mollò la presa. Ai tempi era una potenza. Per chi non lo conoscesse, si può paragonarlo a Primo Nebiolo, che governò l’atletica mondiale come presidente IAAF dal 1981 fino alla sua morte nel 1999. Analogamente il milanese Rodoni fu presidente UCI, l’Unione Ciclistica Internazionale dal 1957 al 1981. Quindi fallita la strada con il Comune, pensò fosse possibile utilizzare i fondi CONI provenienti da Lotto e Totocalcio che ai tempi convogliavano grosse risorse essendo in pratica i soli giochi d’azzardo consentiti.

E l’atletica? In questo frangente svolge un ruolo marginale. L’attività al coperto praticamente ancora non esiste. Quindi non c’è una vera domanda. Per il primo campionato italiano indoor bisognerà aspettare il 1970, quindi per usare un paragone ciclistico, resta a ruota, in scia a Rodoni, ovviamente ben lieta di ricevere questo possibile nuovo quanto gradito regalo.

 

La costruzione

E’ il 1965 quando il CONI accetta la proposta. Tre i fattori decisivi: Rodoni, la popolarità del ciclismo ed il fatto che Roma avesse avuto in dono, grazie alle Olimpiadi, una serie impressionante di impianti sportivi. Secondo i desiderata del Comitato Olimpico, l’impianto avrebbe dovuto sorgere in zona est del capoluogo lombardo, ma l’amministrazione comunale spinse per farlo vicino allo stadio calcistico in quanto la zona era l’unica ad essere già attrezzata per accogliere un numero considerevole di sportivi grazie ai mezzi pubblici ed agli ampi parcheggi. I punti qualificanti dell’accordo tra CONI e Comune prevedevano che:

  • il CONI avrebbe realizzato il Palazzo e ne avrebbe anche garantito gestione, funzionamento ed operatività, senza alcun onere per il Comune;
  • Dopo 29 anni il Comune avrebbe rilevato la struttura dal CONI ad un prezzo prefissato e pari alla metà del budget stabilito per la costruzione; era data al CONI la possibilità di prorogare la proprietà per ulteriori 29 anni, ma al termine di quest’ultimo periodo la proprietà sarebbe passata gratuitamente al Comune;
  • Il CONI, nell’ottica di favorire non solo lo sport di vertice, avrebbe totalmente finanziato la creazione di alcuni centri sportivi di base nelle periferie cittadine, sempre senza alcun onere per il Comune.

L’arredo interno prevedeva una pista ciclistica di lunghezza omologata, una pista di atletica, oltre alla possibilità di installare attrezzature idonee per ogni sport indoor, inclusa una eventuale superficie ghiacciata. Nel mesi di maggio del 1969 fu finalmente aperta la gara per la designazione dell’impresa costruttrice.  In dicembre dello stesso anno la Commissione proclamò vincitrice la ditta CONDOTTE D’ACQUA con un progetto che prevedeva una spesa complessiva pari a 2,7 miliardi di lire, equivalenti a 1,4 milioni di euro, che con la rivalutazione, ad oggi corrisponderebbero a circa 25 milioni di euro. Il  24 febbraio 1970 veniva posta la prima pietra del Palasport e nel contempo venivano iniziati lavori per le strutture sportive di base: il centro sportivo al Forlanini e sei piscine da realizzare nei quartieri Gorla, Bruzzano, Sant’Ambrogio, Gallaratese, Lorenteggio e Gratosoglio. Tra ritardi, interruzioni e modifiche in itinere al progetto iniziale, servirono 6 anni per terminare l’opera. Il bilancio finale parla di oltre 1.000.000 di ore di lavoro, 27.000 metri cubi di calcestruzzo, 4.000 tonnellate di acciaio, 6.000 metri quadrati di vetro. Il costo finale fu triplo rispetto al budget: circa nove miliardi di lire. Prima dell’apertura, il 10 gennaio 1976  si svolse un meeting non ufficiale di atletica, a porte chiuse, a cui partecipò anche Pietro Mennea. Sabato 31 gennaio 1976, in diretta televisiva, con la conduzione di Mike Bongiorno, il Palasport venne ufficialmente inaugurato. Fu un grande show, con musica, cabaret oltre a molti ospiti sportivi tra cui i ciclisti Alfredo Binda, Vittorio Adorni, gli schermidori Dario ed Edo Mangiarotti, il pugile Duilio Loi.  (fine prima puntata) 

 

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Pubblicato in Commenti e Opinioni
Etichettato sotto

File da scaricare:
Raffronto Maratone dal 2006 al 2017
Statistica sulle gare di Mezza Maratona 2017
Statistica sulle gare di Maratona 2017 

Terminato il primo anno del Run Project FIDAL è tempo di fare i conti e lasciar parlare i numeri, anche se la statistica, come dice Trilussa, è quella scienza secondo la quale se io mangio un pollo e tu resti a digiuno ne abbiamo mangiato metà a testa.
Cominciamo dalle Maratone: i dati farebbero pensare ad un’esplosione dell’attività da 54.196 classificati del 2016 a 60.819 con un incremento del 12%; in realtà la situazione è più complessa: ci sono 20 gare “anomale”, 14 fanno parte di due manifestazioni con maratone giornaliere consecutive, e 6 sono gare accessorie a latere di ultramaratone.
Sul podio della partecipazione salgono Roma con 13.318, Firenze 8.391, Venezia 5.905; per la media dei primi tre tempi maschili invece troviamo Roma 2h08’40”, Milano 2h09’00” e Brescia 2h10’20”; al femminile svetta Firenze con 2h30’16” davanti a Roma e Milano con 2h30’20”.
Il dato più significativo, invece, poste le premesse, cioè il “monopolio” FIDAL, è la suddivisione delle maratone: 43 FIDAL, 28 UISP (anche se ci sono le 14 di cui sopra), 2 CSI e una “naif” degli Elba Runners.
Il fenomeno però non ha influito sul 2018: le maratone FIDAL perdono quattro manifestazioni, ma ne guadagnano tre e Trieste si accontenta della sola mezza maratona.
I mesi più graditi sono dicembre, ottobre, marzo e aprile: non fanno testo agosto e giugno, in cui si sono svolte le maratone in più giornate consecutive.
Un’ultima considerazione riguardo al ritorno finanziario per la FIDAL; senza riportare i conti al centesimo, considerando 4 gold, 4 silver, 31 bronze e 4 territoriali le tasse approvazione danno circa 81.000 euro: i classificati sono 56.973, ma l’euro si paga sugli iscritti, che sono in media il 12% in più, quindi altri 68.000 euro. Si può allora ipotizzare una cifra intorno a 149.000 euro nelle casse federali.

Molto più complicato il discorso relativo alle Mezze Maratone, dove la creatività italica si è sbizzarrita non poco; dal momento che il termine maratonina non è dotato di copyright è stato usato con gare di 21 km, 21,108 eccetera da Società FIDAL, mentre gli EPS, soprattutto uno, lo hanno opportunamente ignorato arrivando a scrivere non solo km. 21,097, ma anche “omologati” dall’Ente stesso: una fake news, dal momento che, questo sì, la FIDAL è l’unico Ente che, a livello internazionale, ha questa prerogativa. Ma veniamo ai numeri delle Mezze: 255 gare, 183 FIDAL, 56 UISP e 16 altri, tra cui una non competitiva! I classificati sono 205.407 , di cui 177.498 FIDAL, 22.818 UISP e 5.051 altri. C’è da fare un discorso sul variegato mondo FIDAL: 18 mezze maratone fanno parte di una manifestazione unica con la maratona, 12 sono regionali, con il trucchetto di cui ho già parlato. C’è però un fatto molto strano: per caso ho scoperto che la maratonina di Olbia inserita nel calendario nazionale ha però l’approvazione regionale, dai regolamenti sembrerebbe non ammesso, però… Sui podi della partecipazione, della media dei tempi maschile e femminile, i primi due posti sono della Roma Ostia, 9.974, 59’41” e 1h07’50”; poi Milano con 6.358, 1h01’28”e 1h09’33”; il bronzo va rispettivamente diviso tra Verona 5.389, Trento 1h02’12” e Verbania 1h09’50”. Un discorso sulla stagionalità: i mesi d’oro sono ottobre, novembre e marzo. Il calendario provvisorio 2018 riporta 164 mezze maratone FIDAL, vorrebbe dire un calo di 19 unità: in realtà se consideriamo che ci saranno comunque delle maratonine regionali, il calo non dovrebbe essere drammatico, soprattutto legato a quelle manifestazioni che non hanno potuto organizzare la gara nella data richiesta per i regolamenti imposti dal Run Project. Aver portato la distanza chilometrica da 300 a 250 chilometri fa sorridere. Termino anche qui con i conti: considerando 3 gold, 7 silver, 171 bronze e 12 regionali la tassa di approvazione dà un introito di circa 183.000 euro, i classificati sono 177.498, ma sempre calcolando un 12% in più gli iscritti sarebbero circa 213.00 per una somma totale pari a 396.000 euro, con i 149.000 delle maratone fa un totale di 545.000 euro. È proprio vero che i podisti contribuiscono non poco all’attività federale, speriamo almeno che questi contributi diano frutti a Berlino.


Pubblicato in Commenti e Opinioni
Etichettato sotto

Chiuso storico accordo tra le tre Federazioni che a livello campano, ma soprattutto a livello nazionale, si occupano di Atletica Leggera. Abbattute definitivamente, così, le barriere tra atleti normodati, paralimpici e con disabilità intellettiva relazionale.

Nelle stanze del Coni di Napoli, l’altro giorno, si sono incontrati i presidenti e delegati di FIDAL, FISDIR e FISPES (Sandro Del Naia, Alfonso Palumbo e Alfonso Ancona) per ratificare un Protocollo d’Intesa che li impegna ad una promozione ed alla diffusione dell’Atletica Leggera in maniera sinergica.

“Tale protocollo è il primo in Italia sottoscritto dalle tre Federazione e per questo motivo si può parlare a giusta ragione di risultato storico, dove si vede la regione Campania essere capofila ed in anticipo per quanto concerne lo sviluppo dell’Atletica Leggera su tutte le altre regioni del territorio nazionale”, hanno chiosato i presidenti e delegati di FIDAL, FISDIR e FISPES .

Infatti, attualmente i rapporti tra le tre Federazioni Nazionali sono regolati dal Protocollo d'Intesa sottoscritto nel 2006 tra la FIDAL e il C.I.P. la cui validità, nell'anno 2010, è stata tacitamente estesa, in seguito allo scioglimento del "Dipartimento 3 di Atletica Leggera del CIP", alla FISPES.

Il Protocollo firmato in questi giorni parte dal presupposto che, quello siglato tra le parti nel 2006 necessità di un'ampia revisione soprattutto in funzione del forte sviluppo che l'Atletica Paralimpica italiana ha conosciuto nelle recenti stagioni agonistiche.

Tra le Parti, a livello nazionale, è in atto una proficua collaborazione di carattere organizzativo, non ancora sostanziata in un protocollo operativo, e un costante interscambio di professionalità ed esperienze che può essere un valore aggiunto a servizio dell'intero movimento nazionale dell'Atletica Leggera.

Da oggi in poi, invece, con questo storico accordo firmato in Campania, le Parti s'impegneranno a creare quante più possibili occasioni di integrazione e crescita sinergica agli aspetti di promozione e diffusione dell'Atletica Leggera.

Il presente Protocollo d'Intesa deve essere considerato, pertanto, uno strumento operativo i cui benefici in termini tecnici, organizzativi e gestionali devono concorrere alla sana crescita ed ad un continuo sviluppo dell'Atletica Leggera italiana senza pregiudizi e barriere culturali.

La FIDAL è la Federazione Sportiva Nazionale deputata alla promozione, all'organizzazione, alla diffusione e alla disciplina dell'Atletica Leggera Olimpica in Italia in armonia con le deliberazioni del CIO, del CONI e della IAAF.

La FISPES è la Federazione Sportiva Paralimpica Nazionale deputata alla promozione, all'organizzazione, alla diffusione e alla disciplina dell'atletica leggera paralimpica in Italia su delega del Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e in armonia con le deliberazioni dell'IPC e dell'IPC Athletics.

La FISDIR è la Federazione cui il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) ha demandato la gestione, l’organizzazione e lo sviluppo dell’attività sportiva per gli atleti con disabilità intellettiva e relazionale, regolando il più proficuo avviamento alla pratica di varie discipline sportive tra le quali l’atletica leggera.

 

Pubblicato in Notizie
Etichettato sotto
Venerdì, 29 Dicembre 2017 23:48

Giovinazzo e Babbo Natale: Azzeccagarbugli chi?

La squalifica dell’amico Francesco Cannito non mi ha per nulla sorpreso.
Alla Maratona del Mugello 2015, per motivi pratici, avevo il pettorale ben visibile sulla parte inferiore dell’addome, mantenuto da una cinghia che qualche volta si trova nel pacco gara. Alla partenza, una giudice mi ha fatto notare che il pettorale si chiama tale perché va portato sul petto, e mi avrebbe squalificato se non lo avessi applicato come prescritto dal regolamento. Non ho obbedito alla sua richiesta, logica ma assurda, perché era troppo tardi, non certo per spirito d’insubordinazione. La sfortuna ha voluto che lo stesso arbitro fosse sul traguardo a registrare manualmente i numeri dei pettorali. Ha puntato meccanicamente i suoi occhi sul mio petto, e non trovandolo, ha portato il suo sguardo più in basso, perdendo qualche frazione di secondo che avrebbe potuto dedicare agli altri concorrenti, nel frattempo, sopraggiunti numerosi. “Te l’avevo detto!”, ha esclamato con animo irato, e mi stava squalificando. Non so neanche io perché, poi, mi abbia graziato. Non mi ero vestito né da Babbo Natale né da carnevale. Ero in regola per tutto il resto. Eppure una giudice di una (grande) Regione, che non ha un giudice come Governatore, voleva squalificarmi.
Al pari della giudice toscana, anche l’ultraottantenne Luigi De Lillo, come afferma Roberto Annoscia, conosce i regolamenti “a memoria”, è persona irreprensibile che ha dedicato un’intera vita al volontariato, e soprattutto lucida.
Azzeccagarbugli lui? I suoi detrattori, piuttosto.
Si dimentica che le gare Fidal sono competitive, e la prima regola è che i concorrenti devono riconoscersi. Alle Olimpiadi di Atene, Stefano Baldini non poteva mimetizzarsi sotto le sembianze di un dio greco. E lo stesso vale anche per chi aspira al podio nelle categorie maschili e femminili.
Vi volete divertire travestendovi da carnevale o da Brigitte Bardotte? Bene! Tutte le non competitive sono vostre. Che poi le norme Fidal vadano aggiornate alle esigenze delle maratone di massa, questo è un altro discorso.
Perché a Ravenna sì e a Giovinazzo no; perché a tizio sì e a caio no. Anche coloro che commettono reati gravi adducono queste giustificazioni. Viene punito chi viene scoperto.
Mi auguro che non passi l’interpretazione dell’ammenda di 100 Euro. Le trasgressioni sono tali e tante da rendere la Fidal ancor più ricca e i maratoneti sempre più poveri.

 

NdR: In Spagna il pettorale si chiama dorsal, in Francia dossard. Se ne desume che quando corriamo là, secondo la giudice mugellana, dovremmo spillarci i “dorsali” sulla schiena? E aspetto di vedere quale trattamento sarà riservato in Italia alle atlete che graziosamente esibiscono il proprio “torso” nudo fatta salva l’area off-limits celata dal reggiseno: sarebbe davvero un reato contro l’estetica se fossero costrette a coprirsi con una maglietta su cui spillare il numero (o si potrebbe brevettare un pettorale stile cerotto, non bisognoso di spille?).
Quanto al Cannito, non è che a Ravenna o Reggio non sia stato “scoperto”: semplicemente i giudici Fidal locali hanno usato il buon senso, che evidentemente difetta all’irreprensibile giudice De Lillo, governato dal giudice Emiliano. La Puglia è una “regione etica”, e semmai il giudice De Lillo andrebbe perseguito per omissione di atti d’ufficio e dissipazione di pubblico denaro (l’ammenda da 100 euro è legge, non credo soggetta alle interpretazioni), non avendo proposto per la squalifica o almeno la multa tutti gli altri partecipanti alla maratona che non indossavano la maglietta societaria. E soprattutto quelli vestiti da bersagliere o in altre fogge disdicevoli all’austerità etica regionale, ma ben documentati dalle nostre foto.
La corsa è una cosa seria,  guai a chi ci va per divertirsi! [F. M.]

Pubblicato in Commenti e Opinioni
Etichettato sotto

Domenica 17 dicembre si è svolta la Maratona delle Cattedrali, con arrivo a Giovinazzo (BA). Bella manifestazione, 511 arrivati nella 42 km e 318 nella maratonina: cifre non indifferenti, in questa zona e stagione. Ha vinto Massimo Leonardi in 2.29, precedendo di ben 9 minuti il secondo classificato, Francisco Pedrero Salcedo, che malgrado il nome è indicato come italiano, e risulta tesserato solo con la Runcard; dunque, ahilui, in base ai regolamenti federali non gode di pari diritti rispetto ai tesserati Fidal. Una Runcard è anche la vincitrice femminile (col tempo decisamente dopolavoristico di 3.14),  Ashleigh Barron, e pure la seconda, Laura Parker, date entrambe per italiane. Sarà. Ma il veleno viene dopo, come apprendiamo dal commento affidato ai social da Francesco Cannito, macchinista di treno e maratoneta 56enne tesserato Happy Runner Altamura.

Domenica 17 dicembre ho corso la Maratona delle Cattedrali. Visto il periodo natalizio, ho corso vestito da Babbo Natale, come di usanza ho fatto in tutte e quattro le edizioni e già la settimana prima alla Maratona di Reggio Emilia. Ero già nelle vicinanze della partenza, facevo foto insieme ad amici Runners, vidi un signore che passandomi vicino guardava. Non lo conoscevo, era fisicamente malandato e in età avanzata. Qualche minuto prima della partenza si è avvicinato e senza presentarsi mi disse che se avessi corso così mi avrebbe squalificato. Non feci caso alle sue parole, pensavo fosse una persona uscita da qualche casa di cura, mai avrei pensato fosse un giudice, non credevo potesse aspettare fino all’ora della partenza per darmi questa notizia senza concedermi il tempo per potermi cambiare.

Ho corso la mia gara in modo corretto e con il pettorale ben in vista come faccio sempre. [Ndr: in realtà dalla foto dell’arrivo di Roberto Annoscia il pettorale risulta quasi totalmente coperto dal marsupio… E’ vero però che il tempo è dato dal chip Icron].

Durante il percorso ho dato un po’ di colore alla mia maratona , strappando sorrisi al pubblico presente, regalando caramelle ai bambini che mi chiedevano anche il cinque . Sono arrivato in 4 ore e 06 minuti a fianco alla mia dolce metà, anche a lei avevo regalato il sorriso per averla aiutata a fare il suo personale. [Ndr.: infatti Lucia Niniviaggi, visibile nella foto Annoscia, risulta classificata, addirittura come vincitrice della categoria SF 55].

Sembrava una giornata perfetta. La sera vedendo la classifica noto con molto rammarico di essere stato squalificato. [In realtà, la classifica pone Cannito all’ultimo posto, col tempo lordo di 6.00.00, real time  di 5.59:07, media di 8:31 / km , con una prima mezza in 2.01:35 cioè 5:46 / km].

 Il regolamento Fidal prevede che bisogna correre con la maglietta sociale pena la squalifica. Non dice che chi corre da Babbo Natale viene squalificato e chi corre con maglie strane e non di società può essere graziato. Alla maratona c’erano tantissimi atleti che non avevano la maglia sociale, ma se la squalifica era solo per colpire me e la mia società non l’accetterò MAI.

Se la regola deve essere applicata lo deve essere fino in fondo, non solo a metà. Ho subito un’ingiustizia pesante, qualcuno ha abusato del suo potere per farlo. La mattina seguente apri FB e vedi tantissimi amici vestiti da Babbo Natale che corrono festosi nella maratona di Pisa, gare di Brescia e altre senza che nessun giudice dica niente… poi pensi e ti ricordi che sei al sud. La rabbia aumenta notevolmente. Con che coraggio puoi dire ai tuoi amici di venire a correre da noi? La mia decisione è di non rinnovare la tessera Fidal con la mia società, società che ho fondato orgogliosamente con altri amici; non correrò più gare Fidal nel territorio pugliese. Vi chiedo umilmente scusa, amici Runners e organizzatori di gare, se ho fatto questa scelta. I miei soldi li guadagno lavorando onestamente e non li butto per foraggiare quelle brave persone che hanno scritto una pagina nera dello sport nei miei confronti.

Dunque, Cannito chiede: anche  a Reggio ho corso (come tanti altri) con lo stesso costume e tutto andava bene; aggiungiamo noi che un mese fa, alla maratona di Ravenna, Cannito aveva destato la curiosità di sportivi e media per aver corso “elegante”, in un completo pantaloni - giacca – camicia – farfallino – bombetta in testa. Applausi e risate, non squalificato, ma classificato 818° con 4.12:24.

Abbiamo appurato chi è il giudice che ha mantenuto la promessa di squalificare Cannito: si tratta nientemeno che del responsabile dei Giudici pugliesi, Luigi De Lillo, 80 anni compiuti “e tutti i regolamenti a memoria” (come attesta Roberto Annoscia): ma le motivazioni della sanzione restano misteriose.

Non può bastare la mancanza della maglietta sociale, cosa obbligatoria solo nel caso che la gara valga per un campionato: e ammesso che Giovinazzo fosse valevole per qualcosa, allora andava squalificato il 95% dei partecipanti. Ma nella congerie di regolamenti più o meno vigenti, pare che l’uso di magliette ‘diverse’ non porti alla squalifica dell’atleta ma solo a un’ammenda alla società.

È anche vero che la Puglia (non a caso governata da un giudice…) sembra particolarmente severa in proposito: meno di un mese fa, fu squalificato a Palagianello un atleta che indossava il costume da maialino per promuovere una gara...

Mi chiedo se allora la normale inclusione nel pacco gara di magliette griffate col logo della manifestazione non sia una pericolosa istigazione a delinquere: mettete le nostre magliette, non quelle della vostra società… Giudice: ci sono tanti avvisi di garanzia da spedire!

Sia come sia, il giudice De Lillo, e i suoi colleghi che hanno avallato la sanzione, per ora hanno ottenuto uno scopo: quello di perdere un altro ‘cliente’, e forse di più se il suo appello sarà raccolto.

Visto che la Fidal nuota nell’oro e che le partecipazioni sono ovunque in calo, ci mancano solo gli Azzeccagarbugli. Che, come è noto, finiscono per fare gli interessi  non di Renzo e Lucia ma di don Rodrigo.

Pubblicato in Commenti e Opinioni
Etichettato sotto

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina