Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

8 ottobre – La Camminata Petroniana (chiamata così, credo, per essere corsa in prossimità della Sagra di San Petronio) è probabilmente la più bella di Bologna, dopo l’inarrivabile maratonina dei colli che in parte ne ricalca il tracciato. Organizzata dalla Polisportiva Porta Saragozza, alla sua nascita era patrocinata da una delle più grandi podiste bolognesi, Iside Bentivogli più volte protagonista sulle lunghissime distanze nazionali (e qualche volta, negli anni Novanta quando andavo forte, compagna di maratonine a ritmo folle sotto 1h35, con le sue colleghe di allora, la Montebugnoli, la Bonzagni e altre).

Gara, questa Petroniana, tra le più prestigiose del coordinamento, poi deve essere successo qualcosa: ricordo che un anno, l’offerta degli organizzatori di pane e mortadella venne presa un po’ troppo alla lettera dai partecipanti, che fin da prima della partenza si preoccuparono di sbafare piuttosto che di correre, e magari anche di acquistare il pettorale: da qui la definizione di “morti di fame” per un buon numero di podisti “coordinati”, e la defezione della Petroniana dal calendario ufficiale (che, Covid o non Covid, dopo la dipartita di Pareschi fa acqua più di un barcone per Lampedusa).

Sta di fatto che oggi la gara ufficiale della provincia si svolgeva a Sala Bolognese (e chissà se valgono ancora le minacce del Coordinamento 2018 per chi non ci andava: http://podisti.net/index.php/commenti/item/2743-il-comitato-podistico-di-bologna-minaccia-sanzioni-agli-indipendentisti.html ); alla facoltà di Ingegneria invece (quella costruita secondo il modello delle Università tecniche tedesche, e con la pianta a forma di M per intuibili ragioni), per la gara ‘fuorilegge’ (seppure benedetta da una giovane assessora comunale, foto 13-14) c’erano solo un paio di tende societarie, con quella del Passo Capponi a distinguersi per imponenza e per numero di partecipanti (foto 4-5).

Alla faccia degli invidiosi bolognesi, dello squalificato spione M.M. e del suo squalificatissimo compare vesuviano (O ciggnale nnamurate, fuori di testa per un paio di tette che gli furono prima promesse poi negate), Alessio Guidi da S. Agata (foto 8) è tornato a galvanizzare la gente che non va più veloce del “passo Capponi”, gente che “arriva piano, ma arriva”, che preferisce gli amici sbronzi agli amici str**, e riempie di allegria (che non significa mai pagliacceria) le strade bolognesi, altrimenti popolate da patetici personaggi votati al partéss prémma.

A occhio e croce (e vedi la foto 15), oggi alla partenza regolare delle ore 9 eravamo in mezzo migliaio, a dispetto della tariffa “esosa” di 5 euro (devoluti in beneficenza; vedi foto 9), per un percorso che dopo 6 km di salita blanda (prima per via Vallescura poi per via San Mamolo, residenze dei miei due grandi Maestri di università) saliva più decisamente sui colli, in pratica circumnavigando San Luca (foto 28, 31, 33), aprendo scorci fascinosi sulla Bologna alta e bassa, costeggiando altre chiese storiche come Roncrio e Ronzano, e toccando anche i luoghi cari alle altre corse collinari (via Gaibola, dove stava Olindo Guerrini alias Lorenzo Stecchetti; via dei Colli, dove una casa porta il nome di Pazzaglia, altro nume tutelare degli studi letterari bolognesi). Il pensiero va anche al grande Luca Goldoni, giornalista bolognese sommo, morto a 95 anni questa notte, che tenne sempre la residenza a Bologna perché il suo terrazzo dava sui colli.

Un paio di strappi più duri, dove qualche vicino di strada (i più costanti nei paraggi sono “Vituzzo” e Rita del gruppo-Capponi con le sue simpatiche compagne: foto 17, 18, 26) decide di camminare; e due discese a tornanti una delle quali ripercorre la mitica discesa antica della 25 km, quando si finiva in via Ravone e alle scuole Battaglia (Felice, fu-rettore dei miei anni da matricola e ‘fagiolo’). Poi un paio di km in via Saragozza e un’ultima salitina verso il traguardo di Ingegneria, dopo 15,3 km ufficiali (il mio Gps dice 14,850, con 340 metri di dislivelli), ovvero 8,3 km per il percorso più corto ma non meno bello.

All’arrivo, due bambine ti mettono al collo la medaglia, “da dare ai tuoi bimbi” (foto 36-38); il profumo di mortadella ci guida verso il banco del ristoro, dove il panino imbottito è celato (a difendersi dai morti di fame) da un involucro di carta. E va detto che anche il ristoro doppio del km 6/12 era succulento, a prova di Giangi (mi sono perfino impiastricciato le mani e il telefonino causa un biscotto al cioccolato), e con le addette che per giunta ci facevano il tifo.

Al resto ci pensano i capponiani, con una tavola imbandita da cubetti di mortadella, fette di salame, patatine e frittelline di mais, ciccioli secchi, birra e perfino Aperol (foto 39-43). Per rubare una frase ad Alessio (che ovviamente, quando il gioco si fa duro, sa correre duro, tra la maratona di Berlino e quella di Parma), “è questo il podismo che piace a me”.

Sabato, 07 Ottobre 2023 20:11

Spilamberto (MO) – 2^ CorriLamberto

7 ottobre – In un calendario modenese che stenta a trovare continuità e deve ricorrere - più che nei tempi andati - al soccorso della provincia reggiana, ben vengano iniziative come questa, in buona parte su stradine campestri adiacenti al corso del Panaro, per giri quotati rispettivamente 3.5, 7.5 e 11 (in realtà, il più lungo era di 9.3, in pratica un rettangolino aggiunto al percorso dei 7,5).

Ritrovo e partenza-arrivo nel bel parco retrostante alla Rocca Rangoni (foto 2 e 18), un’oasi fresca in una giornata con temperatura fino a 28 gradi; non moltissimi i presenti, tra cui non poteva sfuggire agli sguardi la neo-nonna e sempre seducente Anna Cavallo, che qui è praticamente di casa (foto 6-9); immancabile Giuseppe Cuoghi (foto 3 e 5), come Paolo (ancora in foto 5) & Mauro Malavasi, reduci dalla maratona di Napoli che francamente definiscono brutta; Micio Cenci sceso con la signora Lella (in blu al centro della foto 11) dai monti e dai suoi animali di bosco; poi Rambo Benassi (foto 12 in gara), Simona Malavasi, nonno Italo con le sorelle Gandolfi moglie(-nonna) e cognata, la coppia psichiatrica Paolo (foto 3) & Eleonora (il figlio Zeno, ormai, frequenta le zone alte delle classifiche in gare di rango), e perfino Frau Maria Lieber da Berlino.

A chiudere il gruppo Giangi (in giallo nella foto 15), che non è affatto contento dei ristori di sola acqua (più qualche biscottino alla fine), in cambio di 3 euro d’iscrizione: cifra che infatti  all’arrivo si fa restituire andando ad acquistare tè freddo in un supermercato (questa, non l’avevo mai vista in 51 anni di podismo).

Primo posto tra le società, ovviamente, al Cittanova; premio per tutti, mezzo kg di pasta: ma ovviamente siamo venuti qui non per la pasta ma per muovere le gambe e respirare un po’, mentre in città sono scattate per l’ennesima volta le misure estreme antiinquinamento e non si può nemmeno fare una grigliata con le “biomasse”. Chissà che destino avranno, qui a Spilamberto, i tanti pozzi di metano attivi (dove, avverte un cartello, “è vietato entrare con fiammiferi e accendini”) e i tre distributori di metanauto in zona: li convertiremo in spacci di zincocadmiolitioterrerare per batterie perché “ce lo impone l’Europa”?

Domani, intanto, a Modena e provincia non si corre; andrà meglio domenica prossima, con due gare a contendersi il popolo podista in un raggio di 22 km.

Senna Lodigiana, 1° ottobre – In un fine settimana affollato da eventi grandi o che millantavano di essere grandi, la mia scelta (favorita, voglio precisare, da un ‘suggerimento’ durante l’assemblea annuale del Club Supermarathon) è caduta su questa gara, in un paese che nemmeno avevo mai sentito nominare, ma tutto sommato è vicino a casa, un’ora e venti quasi tutta in autostrada dato che la località è a due passi dal casello di Casalpusterlengo. Siamo sulla sponda sinistra (lombarda) del Po, che da qui fino a Cremona si sbizzarrisce in una serie di zigzag in modo che, in qualunque direzione tu guardi, hai sempre l’argine che si staglia sull’orizzonte; Po che per di più riceve il Lambro nei pressi della celeberrima abbazia di San Colombano, senza contare i numerosi canali che garantiscono irrigazione e prosperità a queste terre.

Insomma, non è difficile trovare percorsi di fiume che, senza allontanarsi per più di 4-5 km da partenza e arrivo, offrano una serie infinita di piacevoli variazioni (l’unico tratto che mi è piaciuto meno è quello stradale dalle parti di Ospedaletto-Livraga, interrotto però dal magnifico passaggio per Orio Litta e la sua regale villa, indi da un tratto di argine del Lambro).

Sono le cifre a dichiarare il successo della manifestazione: 170 classificati ufficiali, contro i 117 dell’anno scorso e gli 87 del 2021: dunque, raddoppio in due anni. Perché?

Iscrizioni a 25 euro (35 per i ritardatari), con sconti per alcune categorie; pacco gara che contiene una giacca impermeabile di ottima fattura; pasta party alla fine gratuito e senza formalità di tagliandini o simili: e si tratta di un pasta party con primo secondo dolce e (a richiesta, ma sempre gratis) vino e birra, come dalle foto 59 e 60 oltre che da un particolare del collage di copertina assemblato come al solito da Roberto Mandelli. Docce calde a 300 metri dal traguardo, custodia bagagli, atmosfera famigliare con appuntamento nel cortile del municipio e nella vecchia sala-teatro (foto 7; mi viene in mente Marengo, sede di una antichissima maratona dove ci si trovava sotto un portico simile, e la distribuzione pettorali era fatta da Togni e Govi…), parcheggi ”diffusi” piccoli ma ben segnalati. E poi, il fascino del percorso, che ricorda un po’ certe ventuno reggiane, e si dirama nello stile Fiasp in tanti tracciati minori (da 5 fino a 25 km) cui ci si iscrive con 3 euro, e per quanto riguarda la maratona mi sembra perfettamente misurato: la foto 61 dal mio Gps segna 40,940, ma l’orologino non ha “preso” i primi 1300 metri, e dunque il totale coincide davvero con la distanza canonica, cui aggiungo 165 metri di dislivello prodotto dalle tante salite e discese su argini e golene e ponti, compresa la coppia di passaggi sospesa sul fiume verso il km 38 (uno dei due è nelle foto 53-54, dove il mio occasionale compagno di viaggio raccomanda di scendere piano per non finire in acqua…).

Ritrovo pre-gara con tanti amici, prima in ordine di apparizione (foto 9) Rita Zanaboni, con cui rievochiamo il record in maratona fatto insieme a Russi, 29 anni fa; secondo il valido superamaratoneta cesenate Luciano Bigi (immancabilmente affiancato dalla moglie maratoneta Monica); terza (foto 10) la coppia piemontese Enzo&Daniela, già incontrati tra le Canarie e la Val d’Aosta; quarto, e non ultimo (foto 11), l’onorevole Paolo Cova da Sesto, uno per il quale Mandelli e il sottoscritto voterebbero anche (più volentieri, aggiungiamo, se cambiasse partito…). Correremo affiancati in varie occasioni, recuperando affinità di visione podistica e politica, fin che verso il km 23 se ne andrà avanti (foto 34 e 35). Mi rassegno a non rivederlo più, e così sarà fino al pasta party, salvo che in classifica risulta arrivato 12 minuti dopo: non è possibile, risolva il mistero l’onorevole-galantuomo, che già mi aveva surclassato alla maratona di Padova (scambio di chip? Soccorso prestato alla compagna di squadra Stefania Focarelli che arriverà quasi insieme??).

Doveroso adesso citare gli atleti a tutto tondo, cominciando dal vincitore, Tiziano Marchesi classe 1969 dei Runners Bergamo, più volte azzurro, primatista nazionale delle 48 ore e dei 6 giorni (914 km!), che taglia il traguardo 16 secondi dopo lo scoccare delle 3 ore, precedendo di oltre 6 minuti il molto più giovane Vasyl Ambros (Running Oltrepò), di quasi 7 Marco Ezio Tarantola (Runcard).

Prima donna, quindicesima assoluta, è Clauda Vezzosi (Codogno 82) in 3.38:03, 4 minuti su Valentina Comandù (Corno Giovine), e quasi mezz’ora sulla compagna di squadra codognese Immacolata Nappo.

I tempi mostrano (come mi diceva uno che l’aveva già fatta) che il percorso non è certo “per fare il tempo”: decisamente “muscolare”, con tratti anche in campi di mais (foto 30) o su stradelli sassosi come le massicciate ferroviarie (foto 33: è qui che per la prima volta mi metto a camminare, e non sono l’unico…). Ma lo scenario prevalente, e delizioso specie quando si corre all’ombra - dato che si sta sui 26 gradi - sono le stradine bianche, alcune anche di sabbia soffice, e i sentieri erbosi dove a volte calpestiamo il fieno appena tagliato, scambiandoci commenti divertiti. A un certo punto sento citare Concorezzo e chiedo di approfondire: ma certo, lui è Michele Zocco, vicesindaco (carica che l’interessato smentisce, lamentando però che Mandelli non vada mai alle “sue” corse).

Poi, l’apparizione mirabile (foto 37-41) del centro di Orio Litta, con la villa-castello Litta attorno a cui giriamo prima di rientrare nella ben lastricata piazza prospicente andando poi verso la parrocchiale di S. G. Battista.

Ancora argini e golene: noto che nelle golene fanno scendere solo noi maratoneti, mentre quelli dei percorsi corti stanno sull’argine, salvo poi ricongiungersi magari 2 km dopo per noi, e 200 metri per loro (in mancanza di controlli, auguriamoci che tutti tutti i maratoneti siano onesti, cosa della quale esistono purtroppo controprove…). Ultimo momento di “crudeltà” ecologica è nel secondo passaggio da Ospedaletto: sotto c’è la stradina, che abbiamo già percorso mezz’ora prima, e ci danno l’illusione di scenderci di nuovo; macché, scendiamo e poi risaliamo subito sull’argine per un altro km abbondante di sentierino su-e-giù prima di ritrovare l’asfalto.

Ma ormai siamo verso l’arrivo: i km, segnalati solo ogni 5 come da usanze trail, fanno eccezione per un cartello che ci avvisa dei meno 2,5 (foto 55: da lontano avevo letto meno 25, con un brivido di terrore…), poi il 40° e infine l’ultimo km su pista ciclabile, chiudendo sull’asfalto urbano. Tifo rumoroso dei 25 filippini che hanno già concluso la gara, infine rientro nel cortile del municipio, dove lo speaker mi chiede l’età, al che si avvicina un altro coetaneo (arrivato 8 minuti prima) per chiedermi in che mese sono nato…: “Ah, allora il più vecchio sono io!” (mia moglie aggiunge, sottovoce, che porta pure peggio gli anni…). Comunque ha sportivamente vinto lui e tanto basta. Medaglia rotonda e dorata, come nella tradizione sempre più disattesa, che raffigura un pellegrino della Francigena che infatti qui ha un ostello.

Segue un salutare beveraggio (peraltro non erano mai mancati i ristori, specie liquidi, grosso modo ogni 5 km), il recupero della borsa e, senza bisogno di passare dalle docce dato che il clima è gradevole e non sono nemmeno troppo sudato, si entra nel teatrino divenuto refettorio.

Riecco l’onorevole Cova (in partenza per un evento pomeridiano, come il sottoscritto del resto), ecco Carla Ciscato efficiente e piacente segretaria dei supermaratoneti (alcuni dei quali, more solito, chiuderanno l’ordine d’arrivo, beneficiati da una salutare tolleranza sul tempo massimo), riecco Enzo&Daniela con cui usciremo assieme verso il parcheggio e le docce. Come detto, calde e accoglienti: coi colleghi rimasti, ci si dà appuntamento “alle prossime”, e la meta più gettonata sembra Assisi tra cinque settimane, saltando a piè pari altre rinomatissime e forse troppo professionali. Vedremo, se san Colombano e san Francesco ci daranno la grazia.

24 settembre – Una 45^ edizione non è cosa di tutti i giorni, e il titolo simpaticamente dialettale Marcialonga dal buter e furmai testimonia dell’antichità della gara e del suo prestigio non scalfito dal Covid e dall’invecchiamento della popolazione (nello stesso giorno, a Modena si svolgeva una maratonina competitiva… sì, appunto si svolgeva; adesso è diventata una non comp dalla lunghezza massima di 15 km, la cui principale attrattiva è stata la premiazione del circuito del Frignano: come a dire, premiamo l’Ultra Trail du Mont Blanc sulla spiaggia di Cannes).

Logico dunque che chi corre ancora col cronometro sia emigrato in varie località del nord-Italia, e qualcuno sia venuto anche a Taneto, una frazione di Gattatico beneficiata dalla vicinanza del nuovo casello autostradale delle “Terre di Canossa”, e la cui storica 21 fa parte del Gran Prix dell’Uisp reggiana, giustificando così la presenza di Paolo Manelli padre della maratona di Reggio e dio della macchina di innumerevoli iniziative in provincia (si veda la foto 2 del servizio fornito da Nerino Carri – a sua volta nella foto 4 - ed assemblato da Roberto Mandelli).

I competitivi in classifica sono 155, fino all’ultima, la 29^ donna Mirella Crivello, gratificata di un 2h40 decisamente benevolo. In testa vediamo due dominatori, con circa 3 minuti di vantaggio sui rispettivi secondi: Fabio Gervasi (Minerva PR, foto 22) ha vinto in 1.16:19, con due minuti e mezzo su Manuel Cagliari (Guastalla-Reggiolo), tre e mezzo su Giuseppe Rini (Avis Novellara). Sprint per il quarto posto, con Hicham El Massa che precede di un secondo il parmigiano tesserato Modena Runners Gian Paolo Buratti.

Diciottesima assoluta, e prima donna, Blerina Blegu (Marathon Cremona, foto 23), che con 1.26:49 infligge giusto tre minuti all’eroina locale tesserata Minerva, la gloriosa Rosa Alfieri (già vincitrice di una maratona di Palermo; qui in partenza, foto 19) per cui gli anni non passano mai, e quasi 4 minuti alla terza, Evgeniya Kovaleva (Sampolese).

Da citare anche gli applauditissimi 9 ragazzi in carrozzella accompagnati dagli “spingitori” (foto 5-9): i più bravi sono stati quelli di Marco Gambarelli, Lorena Belli e Nicolas Frigieri, classificati ex aequo con 1.42:27.

Poi, ci siamo noi, competitivi e no, per un totale di circa 350 partecipanti (si aggiungevano tracciati più brevi di 5 e 9 km), lungo un percorso circolare tra le campagne, con qualche casolare, un paio di minuscole chiesette di antica tradizione, e addirittura una scuola ora passata ad altro uso per carenza di bambini.

In mancanza del consueto conforto dei cugini Giaroli che oggi hanno ripiegato sui 9 km, ho corso più di metà gara con un gruppetto di povigliesi (rievocando gli antichi fasti del retrorunning premiatissimo) cui si era aggiunta la fisioterapista correggese Maria Giulia Montecchi: abbiamo anche ricordato le tante staffette 4xmezz’ora che si svolgevano da queste parti, a S. Ilario, a Campegine assediata dalle zanzare, a Barco, a Cavriago, al Campo di Marte, e senza vergognarci di una media ampiamente sopra i 6/km siamo tornati a Taneto, accolti, in aggiunta al consueto ristoro, da un inatteso spritz gratuito: vino bianco con aggiunta a scelta di Campari o Aperol, elegantemente shakerati dalla seducente Barbara Manghi da Castelnuovo sotto (foto 25-26).

Al deposito borse provvedeva spontaneamente Carlo, il Run Specialyst da Correggio (foto 3), e alla consegna dei premi di partecipazione collaborava l’Assunta Fava; comodo il parcheggio in un pratone a 250 metri, e comoda pure l’erogazione di acqua frizzante comunale (come sempre gratuita nel reggiano, dove non spadroneggia Hera), giusto di fianco al traguardo.

La classifica per società è stata aggiudicata a pari merito a Novellara e Bagnolo con 41 iscritti ciascuna, seguiti dal Cavriago con 30.

San Donnino (MO), 17 settembre – Decima edizione di una delle pochissime gare della provincia modenese dotate di tutti i crismi Fidal, e per questo frequentata da partecipanti al di fuori del circuito locale (che invece prevedeva due corse ‘ufficiali’ nel calendario dei coordinamenti di Modena e di Reggio).

Nomi nuovi nell’albo d’oro: Nicholas De Nicolò (Dinamo Running, trentottenne) ha vinto in 31:06, mentre fra le donne Elisa Bortoli (Esercito) ha stabilito il nuovo record della manifestazione in 33:52.
Al secondo posto assoluto, dopo 23 secondi, il ventenne Alessandro Pasquinucci della Fratellanza; mentre il 21enne Federico Rondoni della Corradini, tra i pochi reduci dall’albo d’oro 2022, è terzo con 31:31; se avesse ripetuto il 31’ netto di un anno fa, avrebbe vinto!

Tra le donne, la 25enne Bortoli ha preceduto di 50” Marta Fabris (Km Sport), e di quasi due minuti Giulia Vettor (modenese affiliata Cus Parma). Terza nel 2022 e quarta quest’anno Francesca Cocchi, a tre abbondanti minuti dalla vincitrice, ma davanti alle due gemelle Andrea e Ioana Lucaci, finite a 8 secondi l’una dall’altra.

Come si era scritto su queste colonne, la gara era anche tappa conclusiva del MasterChallenge, dopo due raduni su pista a principio estate. https://podisti.net/index.php/cronache/item/10423-modena-chiusa-la-fase-in-pista-del-masterchallenge.html

E, per uno sguardo complessivo, ho poco da modificare rispetto a quanto scrissi esattamente un anno fa

https://podisti.net/index.php/cronache/item/9203-modena-9-san-donnino-ten-una-bronze-che-vale-oro.html

Passo dunque al podismo dal volto umano, quello che non si esprime in decimi di secondo e millanterie di palmarès prestigiosi, ma vive delle persone che, dopo una vita normale dal lunedì al venerdì (semmai condita, come mi diceva Fabrizio Gentile, 17° assoluto e primo M 50, di allenamenti alle 7 di sera dopo 9 ore di lavoro), la domenica si mettono le scarpette, però al sabato danno una mano per l’organizzazione della gara.  
Tanto per cominciare, direi che è considerevolmente aumentata la quantità dei rifiuti raccolti il sabato lungo il percorso, “bonificato” dai volontari del Modena Runners Club capitanati da Marcello Messori: quello che l’inciviltà dei locali produce (va precisato che i luoghi sono ideali per la camporella) e il servizio pubblico di raccolta rifiuti snobba, è stato messo a posto (per il momento) dai podisti.

Poi aggiungo la recinzione del parcheggio tracciata sabato con professionalità dall’ingegnera Ilaria Silvestri, classe 1986, che poi la domenica ha corso in 41:40 vincendo la categoria F 35 davanti alla compagna di squadra Elisa Ragazzi (neo-sposa del Fabrizio appena citato). Mentre, in casa Silvestri si festeggia anche il 40:50 del coniuge Matteo Bettati, e soprattutto (IMHO) la presenza dei due virgulti di famiglia, Giacomo di 2 anni e mezzo, e Giulio di 4, che dopo la corsa genitoriale quando è stata essenziale la custodia della nonna, ha preso parte alla gara giovanile (altro punto di eccellenza di questa manifestazione). Non a caso la foto familiare è stata messa al centro del riquadro creato da Roberto Mandelli, dove a destra stanno i plogger del sabato, e a sinistra le pimpanti signore della segreteria, Simona, Elena, Cristina, e una inedita Alessandra con occhialoni che non la rendono meno amabile.

A tutte è toccato gestire una schiera di 158 competitivi (una decina meno dell’anno scorso, ma con un aumento delle donne da 40 a 47), sotto il coordinamento sotterraneo di Cattini&Carpenito, e la rigorosa istruzione vocale di Roberto Brighenti, che ha atteso fino agli arrivi di Giuliano Vecchié, leader storico del podismo modenese, oggi ultimo uomo in 1h07, e di Margherita Barbieri che ha chiuso stoicamente gli arrivi con 1.20:07.

13 settembre – Anche Modena ha i suoi due passi a buione, con successo maggiore della consorella allestita la settimana scorsa nel reggiano: una camminata tra il lusco del tramonto e il brusco della notte, nella locazione del vecchio ippodromo che in qualche giorno all’anno viene sottratto al malaffare e restituito alla gente civile (meglio però lasciar stare la tribuna, alle volte indicata dai tribunali come residenza coatta degli arresti domiciliari…), su un percorso girato rigirato e pregnolato in tutte le gare urbane modenesi, ma favorito dall’esistenza di molte piste ciclabili e dal perfetto controllo del traffico ad opera dei vigili urbani. Aggiungiamo la non competitività dell’evento aperto a camminatori, nostalgici delle cinquettrenta, pink ladies, ardenti signore che esibiscono tenute da spiaggia, maschietti puniti dalla vita che accompagnando ladies sperano nel miracolo post-gara..., e il prezzo d’iscrizione davvero ai minimi storici (2 euro), la presenza dello speaker Brighenti quanto mai in vena di aneddoti, e della fotografa Teida appositamente rientrata dalla villeggiatura marina (come diceva Palazzeschi, chissà se nemmeno ce l’ha una grande città) e una tantum disposta a elargire anche a un pasticcione  grezzo come il sottoscritto una minima scelta dei suoi inimitabili scatti; e allora potremo pure non dire a Giangi che l’unica bevanda disponibile, l’acqua del ristoro sia intermedio sia finale, era calda.

Si parte puntuali, e quelli della vecchia guardia hanno a disposizione tre quarti d’ora (su un doppio giro quotato come sempre 10 km ma in realtà di 8,600) per disquisire, in anteprima al festival della Ciarlataneria in apertura venerdì, sulle ultime vicende e curiosità, anche quelle che Brighenti non osa dire in pubblico: fatti i doverosi auguri alla coppia di Massa Finalese Ottavio & Antonella, che in questi giorni doppiano il mezzo secolo di matrimonio, e salutata la campionessa Luciana (“no, sono la sua gemella! – tranquilla, sei campionessa anche tu”: chi potrebbe negarlo vedendo il luminoso sorriso in basso a destra del collage?), i soliti noti decidono di seguire ciascuno i propri ritmi ed estri: i cugini Giaroli optano per procedere al passo di Paolone (cosicché una tantum io precederò Angelo sul traguardo), mentre all’altezza della chiesa di San Francesco, esaurite le relazioni sul diverbio supermaratonico prima della Birra, passiamo a integrare le cronache degli amori podistici (t’en saìva ménga che a gh’era anch quàll dal negozi ed scherpi, che na volta l’òm invitee a gnir a cùrer con nuèter, e lò al s’ha rispost chl’era impgnèe, e po’ a l’om vèst cun cla là: guèrda ch’an g’om ménga di probléma s’tel dis subétt!), fino a che non raggiungiamo un insigne fisioterapista dell’ospedale civile (a soun in pensiòun ma a lavor piò che prémma), e dopo avergli chiesto se vale ancora la mia prenotazione per un ciclo riabilitativo fissato per il 2 marzo 2020, viriamo il discorso sulla malattia del secolo, la prospera: se, come dice Giaroli, la birra è la concausa più scatenante,  è vero che a mangiare certe cose l’infiammazione passa? Ed è vero che se ti fai operare in un certo modo, dopo ti va meglio anche per quell’altra cosa? – eh, dipende, dipende… ma prima come andava? Lasòm pérder).

Si attraversano i giardini pubblici, e la memoria va alla banda, non di suonatori ma di ragazzacci che ti facevano i gavettoni, e soprattutto ai due leoni Ras e Lea che ci stavano in gabbia, e una volta (ricorda Paolino) inondarono delle loro escrezioni una damazza tutta agghindata che li ammirava.

Intanto si contorna l’accademia e si fa un primo passaggio sotto le facezie di Brighenti circa la sfida in corso tra i quattro maschietti ritratti nel collage, e soprattutto i due a destra in alto. Nel secondo giro il fisioterapista, esaurito il giro d’orizzonte sulle dimensioni delle dita degli urologi e investigatori prostatici, “strappa” e in men che non si dica prende 100 metri; anche Paolino deve voltarsi spesso indietro per controllare se lo seguo, ma moralmente vince lui se non fosse che in zona traguardo si imbatte in un gruppo di camminatrici che lo intralcia permettendomi di raggiungerlo e salvare l’onore (ma ti giuro che alla Birra credevo di esserti dietro, invece nella classifica dicono che ho un giro in più).

Il clan mi fa omaggio del ‘pettorale’, ovvero il braccialetto luminoso che serviva come contrassegno, e che dopo mezz’ora finirà su braccia e caviglie del riccioluto nipote americano; poi ci si danno gli appuntamenti per venerdì sabato e domenica, senza dimenticare il must di Assisi (ma attenti, è il 5 e non l’11 novembre, non iscriviamoci a due corse lo stesso giorno, che è un privilegio dei super-super da centinaia di maratone annue in 6 ore e mezzo).

Come direbbe la Bellissima (però assente anche oggi), quant’è bello il Ciakara-walking.

Il comunicato ufficiale: 10 settembre - Grande successo per la Half Marathon di Guastalla, evento competitivo (mezza maratona, 200 partecipanti) e non competitivo (5 e 10 k, quasi 800). Un grande risultato se si considera la vicinanza di competizioni ben più blasonate. L'evento è voluto fortemente da SMEG e dal Comune di Guastalla in memoria di Cinzia Sandri, donna di sport e impegno sociale scomparsa alcuni anni fa a causa di un male incurabile. Questo è il motivo per cui i proventi della manifestazione verranno devoluti in beneficenza. Cinzia lavorava nel settore commerciale di SMEG, main sponsor della manifestazione.
L'evento si è svolto in una calda giornata settembrina all'insegna del divertimento e inserita nella più ampia cornice della Festa dello Sport. L'assessore, Luca Fornasari e il Direttore Generale di SMEG si sono detti soddisfattissimi della manifestazione che ha già ricevuto feedback molto positivi sia per gli aspetti organizzativi, curati da Atletica Reggio ed Eventiae srl, che quelli riguardanti il tracciato. Eventi che prendono forma e vigore grazie al buon fare, all'amicizia e alla volontà di tanti amici di Cinzia e di residenti amanti dello sport.
Per la cronaca, nella gara maschile primo posto per Emilio Mori (Podistica Correggio), tempo 1h13’25. A seguire Umberto Preci (1h19’29-Corradini Excelsior) e Paolo Paladini (Sport Insime-1h19’29). Tra le donne a vincere è Galina Teaca (Atletica Viadana), 1h30’53, secondo e terzo posto rispettivamente per Silvia Torricelli (Tricolore Sport Marathon-1h33’31) e Natalia Pagu (Avis Novellara-1h37’48). Per il prossimo anno l'Half Marathon di Guastalla prenderà una forma più consistente all'interno di un più ampio disegno. Ma non vogliamo per ora svelare altro.

 

Commento dalle retrovie [F.M.] Confesso il mio stupore, arrivando a Guastalla (nobile città principesca del Rinascimento), nel trovare tutti occupati i numerosi parcheggi gratuiti ai margini del centro storico, e allo stesso modo, raggiungendo la centrale piazza Garibaldi di fronte al palazzo degli antichi duchi Gonzaga, di vederla affollata di partecipanti (vedere le foto 2-6 dell’album fotografico, che nella parte più qualificante deriva da immagini di Nerino Carri e dal lavoro di assemblaggio di Roberto Mandelli).
Il numero dei competitivi, tutto sommato, era ‘normale’ in queste zone, per una gara di valenza soprattutto locale e in concorrenza con la vicina mezza di Parma: su 192 iscritti (di cui 31 donne) 102 erano emiliano-romagnoli e 38 lombardi (provenienti quasi tutti dalla confinante provincia di Mantova). Mi ha sorpreso invece la quantità dei non competitivi, soprattutto in presenza di un costo del pettorale (10 euro) sostanzialmente triplo di quelli praticati nella zona: si parla di 800, moltissimi, sebbene circa la metà di quelli che si sarebbero radunati con prezzi normali, anche considerando che in questa domenica non si correva nella provincia di Modena e dunque molti modenesi si trovavano ‘costretti’ a passare il Secchia e venire sulle rive del Crostolo.
Però assai di più del prevedibile. Incredibilmente, era venuto perfino Giangi, che memore delle mie ripetute rampogne per i pettorali non acquistati, prima della partenza mi ha fatto vedere, non il pettorale, ma una strana ricevuta da cui risultava il pagamento. Pagamento di cui però si è pentito quando ha verificato la consistenza dei ristori, in gara e conclusivo, autorizzandomi a scrivere: “Giancarlo Piccinini dice alla vostra di Guastalla (?) ci hanno truffato 10 €, ristori solo acqua, maglietta era offerta dagli sponsor – Ristori anche finale solo acqua tè finito”.
In effetti, nemmeno io ho mai visto tè, né durante né dopo la corsa; in compenso c’erano delle mele squisite. A parte questo, mi sembra che la gara fosse ben organizzata: custodia bagagli, docce (un po’ decentrate), chiusura assoluta al traffico con grande dispiegamento di vigili, incroci sempre ottimamente segnalati da frecce e da addetti, pacco gara alimentare con l’aggiunta della maglietta di cui alla foto 50.
Il percorso (foto 52) era decisamente bello nella prima parte, che uscendo dal centro ci avviava subito sull’argine del Po (ancora frequentato da bagnanti, con le loro tende), oltrepassando Crostolo e Crostolino (così mi ha spiegato Angelo Giaroli, consueto compagno fino al km 15 quando è meritatamente scattato in avanti precedendomi di 5 minuti). Dopo il lungofiume, siamo andati su un lunghissimo rettilineo, profumato da interminabili filari di pioppi cipressini, tipicamente uno degli antichi stradelli che portavano ai ponti di barche o ai traghetti, ancora nell’era di don Camillo (Brescello, Gualtieri, Boretto sono a pochi km, e siamo passati anche sotto la ferrovia che Peppone prendeva quando doveva partire per il Parlamento di Roma).
Dopo circa 5 km seguiva un bellissimo tratto di sentiero nel bosco, certo non adatto a fare tempi-record (d’altronde, il percorso non era omologato Fidal, e risultava comunque un po’ accorciato rispetto all’edizione precedente), ma estremamente pittoresco. Si continuava con altri passaggi su strade bianche, che anticipavano la mostra del grande fotografo modenese-reggiano Luigi Ghirri, in svolgimento nello stesso palazzo ducale sorvegliato dal duca Ferrante (foto 46) dove stava il deposito borse, e da cui mi permetto di esibire alcune riproduzioni perché davvero sembrava di ritrovare i luoghi dove eravamo appena passati o altri cari per corse precedenti: guardate per esempio la piazza di Gualtieri nella foto 32, quella di Brescello nella 35, di Sabbioneta alla 44, il Po il bosco e la campagna in tante altre…
Un po’ meno poetica la seconda parte, che semmai ricordava altre corse in zona (Correggio, Novellara per esempio), col reingresso in città comunque ben regolato ed esente da interferenze col traffico. Non credo si possa volere di più (o sì certo, Giangi, se mettevano qualche fetta delle squisite angurie di questa zona non le avremmo rifiutate).
Nel frattempo Emilio Mori, classe 1979, grande organizzatore di gare tra Correggio, Campogalliano e Modena, stracciava la concorrenza rifilando 6 minuti al secondo (ammettiamo pure che la concorrenza fosse scarsina, ma il risultato di Emilio ha valore assoluto, non relativo). Anche la prima donna (in un lotto, ammettiamolo pure, di secondo piano), Galina Teaca, 1979 pure lei, non aveva rivali col suo 1.30:53, due minuti e mezzo abbondanti sulla seconda, la carpigiana Silvia Torricelli appena reduce da successi in ultra francesi, e 7 minuti sulla terza, Natalia Pagu.
Poi ci sono quelli come noi, del tutto esclusi da velleità siccome non erano previsti premi di categoria: dal già citato reggiano Giaroli i cui colloqui sono sempre istruttivi a tutto campo (dalla storia del podismo alla storia culturale -incluse le vicende del Muratori bistrattato a Modena da sagrestani e altro - alle storielle amorose di podisti e podiste: scopriamo persino di essere andati su un pullman insieme a Buhlertal una ventina di anni fa, compartecipi di tagli clamorosi altrui e di fidanzatine dalle mutevoli preferenze), al direttore di banca mirandolese Claudio Morselli, che venuto qui per onore di firma quantunque acciaccato, onora l’impegno aggiungendo il suo nome a quelli dei Modena runners capitanati oggi dal figlio Alessandro, 32° assoluto in 1.33:16.
E se Giangi si era lamentato dell’acqua calda (?), il sottoscritto, dopo un’ora di delizia per gli occhi trascorsa alla mostra di Ghirri, se ne va facendo rifornimento di acqua frizzante, fresca e gratuita (a Modena invece Hera la fa pagare), nel distributore comunale di fianco al parcheggio. E durante il viaggio di ritorno, si fa il pieno di zucche e altri prodotti di questa terra meravigliosa. Non di solo podismo vive l’uomo, ma a volte il podismo ti fa scoprire o ritrovare sublimità che altrimenti non avresti più raggiunto.

8 settembre – Nel giorno di San Badoglio e dei suoi colleghi generali fuggiaschi (al confronto del vile generale Carboni, che lasciò la popolazione di Roma alla mercé dei tedeschi, il gen. Vannacci è un eroe di guerra e di pace), giorno che ecclesiasticamente sarebbe la Natività di Maria (festa fasulla non autorizzata dai vangeli) si è finalmente recuperata la camminata che era stata rinviata dall’originario 19 maggio, allora in coincidenza con la “festa dei risotti” ma rovinata dall’alluvione.
La nuova occasione è stata la 42^ Festa paesana, in questo settembre mese delle sagre e dei festival: notevole che una frazione con 58 abitanti riesca a organizzare due feste l’anno, che portano centinaia se non migliaia di visitatori, attratti dalla fama della gastronomia (meritata, ma cui si accompagna la fama della lentezza del servizio, sulla quale Angelo Giaroli mi aveva ammonito): peccato che l’elegante chiesetta a lato sia chiusa. Se chiudete le chiese anche per le sagre… vabbè che di tante chiese non si capisce ormai l’utilità, a Bologna città ne avranno cento che totalizzano fra tutte dieci matrimoni al mese…
Quanto al podismo, arrivando a San Prospero (col navigatore, in assenza di ogni indicazione stradale) mezz’ora prima delle 19 ufficiali, si vedeva già qualche decina di camminatori lungo il percorso, classificato di 5 o 10 km (in realtà, 8.2 era il giro più lungo). Iscrizioni a 3-3,5 euro secondo le usanze Fiasp, a beneficio della Caritas diocesana ma con discreto sacchetto alimentare per tutti, oltre a due ristori lungo la strada (gestiti da bravi volontari sikh).
Alla partenza, l’affabile speaker diceva che eravamo in trecento, e subito si levava il coro di “cala Trinchetto”: a occhio, non più di cento (bè consoliamoci, nelle corse bolognesi di questo calibro, siamo molti di meno). Strano però che non ci siano reggiani o carpigiani-mirandolesi, e non c’era neanche la Marta da Quistello (chissà se è ancora in giro col suo giovane “centèuro”): le società più numerose sono dell’Avis Suzzara di Bottazzi, e di Cesole, insomma a km quasi-zero.
Comunque un bel giro, quasi per metà campestre, prima attraverso un parco che circonda un’antica villa, poi traversando il torrente Zara per dirigersi all’argine del Po ancora sormontato, come ai tempi di don Camillo e Peppone, da una strada: scenografico il tramonto sul Grande Fiume, sebbene le foto col telefonino diventino inevitabilmente mosse causa i tempi lunghi di scatto o, chissà, sfumate dal sudore sull’obiettivo. Si gira attorno, poi si entra nell’altra frazione di Saviola (del confinante comune di Motteggiana), quasi una città coi suoi 680 abitanti: col mio occasionale compagno di corsa, che forse si chiama Franco Cavicchioli, ha corso 100 maratone e qualche Passatore, e viene da Bagnolo San Vito sede del parlamento del Nord (“ma adesso li hanno sfrattati perché non pagavano l’affitto”) commentiamo l’abbondanza, lungo le strade, di raccoglitori per il pattume differenziato, ma l’assenza dei normali cestini o cassonetti dove buttare i bicchieri del ristoro (mi dice che qui non usano, e nei paesi dove ci sono i cestini, li vuotano sì e no una volta al mese).
E siamo di nuovo a San Prospero, dove dopo una ex scuola fatiscente (bè certo, con 58 abitanti e la decrescita infelice, quanti bambini ci saranno?) si apre lo stradello per il campo sportivo, l’arco gonfiabile del traguardo e l’area della festa. I più rimangono appunto alla cena, cibi squisitamente locali (risotto con salamella, tortelli di zucca, spalla di S. Secondo, e soprattutto lo stracotto di somarina della foto 24) a prezzi modici: peccato che il primo arrivi dopo 25 minuti dall’ordine e il secondo dopo 45; il giovane parroco gira tra i tavoli per confortare l’attesa e scongiurare imprecazioni blasfeme, che si trasformano però in approvazioni quando finalmente i piatti sono serviti. Non passerà agli annali del podismo, ma è bello anche così.

2 settembre – “Ripresa e resilienza” sono due termini che ben si addicono a Enrico Vedilei, che con questa è riuscito a portare a termine 8 edizioni della sua gara forse più caratteristica (oltre, s’intende, alla Maratona della pace sul Lamone, che apre l’anno). Nemmeno in questo 2023 la data tradizionale di metà giugno, cui podisti.net ha spesso partecipato con scarpette e tastiera (16.6.2018

https://podisti.net/index.php/cronache/item/1792-castelbolognese-ra-4-sei-ore-della-birra-anche-per-colpa-di-podisti-net.html

15.6.2019
https://podisti.net/index.php/cronache/item/4262-6-ore-della-birra-dal-solleone-al-tramonto-all-aurora.html

https://podisti.net/index.php/cronache/item/4247-castelbolognese-ra-5-sei-ore-della-birra.html )

ha potuto essere rispettata: stavolta causa la rovinosa alluvione di maggio, che da queste parti ha affossato anche il Passatore lasciando deserta di podisti la piazza di cui alle foto 2-3, e quanto al nostro giro ha letteralmente distrutto una parte del tradizionale percorso a sud di Castelbolognese, lungo il Lamone tracimato. 
Ma Vedilei non si è perso d’animo, e dopo le settimane passate da tutti i romagnoli con scope, spazzoloni, badili e carriole (e da Bonaccini a baccagliare a vanvera), ha ripensato (s’intende, sempre in comunione con la moglie-campionessa Luisa Costetti) i modi di onorare questa vecchia passione. 
Indisponibile Castelbolognese, si è riproposta Faenza, nonostante il famigerato precedente dell’ottobre 2020, quando la gara lì programmata saltò tre giorni prima per uno dei tanti diktat sciocchi, illegali e dannosi propinati sotto l’insegna del Covid:

https://podisti.net/index.php/commenti/item/6650-28-ottobre-la-marcia-sui-podisti-arriva-a-faenza-avete-vinto-ancora-una-volta.html

Non si è tornati nel “pistino ciclistico” pianificato tre anni fa, ma nel magnifico impianto sportivo della Graziola (periferia est di Faenza), con un bellissimo stadio di atletica, e tutto attorno vari campi di calcio, rugby ecc. con relativi servizi. Era stato tracciato un circuito di circa un miglio, che a noi più anziani ricordava quello della 24 ore e della maratona a squadre di Scandiano: giro di pista (qui un po’ arzigogolato), brevi tratti in asfalto e due più lunghi tratti campestri, attorno allo stadio (con una collinetta artificiale da salire ad ogni giro: “il nostro Mortirolo”, lo definisce un podista, al che una collega del gentil sesso chiede: “cos’è il Mortirolo?”) e tra i campi da calcio. Un’ampia zona ristoro, fornita di ogni ben di Dio (acqua, cola, ginger, integratori, frutta secca, farinacei, angurie, mele, banane) reca al termine i fatidici bicchieri di birra fresca. Era nostra facoltà usufruirne o meno, beneficiando di un bonus di 1 km per ogni bicchiere bevuto, con un massimo di 25: questo, solo per la classifica “goliardica”, mentre la classifica “vera” ovviamente tiene conto unicamente dei tempi cronometrici e dei percorsi “metrici”.

Siccome si partiva alle 13,30 (anzi, con qualche minuto di ritardo per consentire l’accesso di alcuni – quorum ego – arrivati negli ultimi minuti causa una serie di blocchi nell’autostrada, da entrambi i lati), dovendosi cioè correre nelle ore più calde della giornata (sebbene non caldissime: diciamo tra i 28 e i 30, però senza troppa umidità) la birra è stata oltremodo utile sia per dissetarci sia per reintegrare i sali, nonché per renderci più allegri: a parte il conteggio dei bicchieri, svolto dal glorioso Giordano Lucidi con la stessa oculatezza con cui nel 1994 conteggiò per “Correre” le maratone del povero Sante Facchini, ad ogni giro mi proponevo che al prossimo avrei “saltato”; ma non l’ho mai fatto, brindando ogni volta sia alla virostar Antonella Viola, una fortuna costruita sul terrorismo da Covid e il salottismo da Gruber, e che ora predice la morte a chi consuma alcolici, sia alla malasalute del Maiale, che tanto si adoperò per far saltare l’edizione 2020.

Ma birra o non birra, noi arriveremo a Roma (intesa come il traguardo, vuoi quello chilometrico dei 42,195 corrispondenti a 26 giri esattamente da 1628 metri, tranne il primo di 1500, vuoi quello del Big Ben che dopo 6 ore dirà stop). 
Nella prima ora siamo tutti pimpanti, rallegrati dalle fulgide forme di Greta Massari (commercialista carpigiana con quasi duecento maratone all’attivo, fedele alle corse di Vedilei, e di cui ci deve essere un errore nella data di nascita riportata sul sito del Club, perché saranno almeno dieci anni di meno del 1970 dichiarato: foto 4-5), che prosegue la tradizione di questa gara della quale fin dal 2018 scrivemmo:

Bisogna ammettere che quanto a belle donne, questa trasferta di Castelbolognese non lascia delusi. Chi scrive, quando va a correre, va a correre e basta (a differenza di molti colleghi delusi dalla vita, che sperano in un ribaltone solo per aver porto il bicchiere del tè alla fighetta affiancata); ma certo, arrivare in zona ritrovo e trovarsi di fronte all’opulenza di Luisa Betti o a quella vivente statua di Canova che è Eleonora Corradini (e non solo lei), sa renderti gradevole persino una corsa all’inferno (“si nun ce trovo a ttia, mancu ce trasu” [direbbe un’altra vamp podistica che però alla “birra” non viene mai]).

Poi qualcuno comincia a camminare, o semplicemente trangugia la birra stando seduto; ad ogni giro si consulta il tabellone elettronico col quale mediante i chip a disco volante sono registrati i nostri passaggi e i tempi relativi, e tra “colleghi”, salutando con invidia ogni volta chi ti sottopone all’ennesimo doppiaggio, si inganna il tempo parlando del più e del meno: sulle vicende sentimentali delle podiste più rinomate (e qui, Maurito Malavasi dimostra conoscenze insospettabili), sul prossimo nostro crollo (“t’en nee mai stoff? Et te stuferee bein!”, mi dice Paolino superandomi, ma poi sarà raggiunto: “a soun scupiee... Bè, e tè et fee n’eter gir? Ans pol ménga!”, questo all’altezza delle 5h50): la maratona del Malavasi maggiore sarà quotata 6h02, il suo percorso con 6 birre “varrà” 48 km, concedendogli il miracolo di arrivare davanti al figlio Maurito, i cui 27 giri alias 43,800 (maratona in 5.33) non saranno gonfiati da nessuna birra.

La più assidua delle doppiatrici è un’altra splendida figliola con una maglietta che chiarisce il suo essere vegana, e l’aspetto – diciamo - danese o finlandese (ma si chiama Francesca Scola, classe 1988, 1.33 nella mezza e 3.20 in maratona… e apprendo che ha persino vissuto a Formigine, terra propizia al podismo); con 36 giri, cioè 59,6 km, risulterà di gran lunga prima nella classifica “agonistica”, mentre nella classifica “goliardica” dovrà cedere lo scettro a Elena Anna Carraro, 45,5 km coi piedi e 27 birre bevute, cioè 72,5 km virtuali. Francesca sarà naturalmente anche la vincitrice della maratona, con un tempo di passaggio in 4.14:28, ai 6:01 di media che con questo clima e fondo stradale sono un tempone.

Il passare delle ore, più svelto di quello dei chilometri, induce i più timorosi di noi, o quelli ansiosi di una nuova “tacca” (Gianni Brera li chiamava “pellagrosi del gol”), a dibattere, anche con lo stesso boss Vedilei durante i passaggi dal quartier generale, la strana norma secondo cui se passeremo al rilevamento dopo le 5h50 non potremo cominciare un altro giro (il chiassoso portavoce diviene il maresciallo e “trombettiere” da Forlì Lorenzo Gemma, anche in rappresentanza del Club, che otterrà ufficialmente la sua maratona in 6.04:46). Ma come? sono 6h o 5h50?? Alla fine, dopo vari conciliaboli, crediamo di capire che “i maratoneti lenti” (o almeno, i meno lenti dei lenti) potranno proseguire oltre le 6h fino al raggiungimento della fatidica cifra: d’altronde, era il regolamento a scrivere “Sarà rilevato il passaggio maratona, da percorrere entro le 8h”. Della cosa non paiono interessarsi granché né l’avvocato Tundo (autore alla fine di 20 giri=32 km, e 13 birre), né Massimo Faleo, la cui maglietta inneggia alla “fatica” grazie a cui “soffri ma sogni” (foto 8-9: pessimo il gioco di parole con cui qualcuno toglie “at” da fatica): la sua “fatica” durerà 20 giri annaffiati da 19 birre.

Ancor meno se ne cura l’eroico Gianfranco Toschi, che ha persino rinunciato al diritto di partire due ore prima, e durante gli incroci mi informa sui risultati calcistici di Modena e Bologna; nel tempo concesso percorrerà 16 giri (26 km) più … 10 birre. Il glorioso Elvino Gennari (foto 7), eroe di tanti Passatore, addirittura si ferma molto prima del consentito, accontentandosi di correre 13 giri della mezza maratona, e senza toccare una birra.

Ma il dubbio sulla tacca resterà ancora allo scoccare delle 6 ore, col tecnico dei chip che interpella Vedilei “quando li dobbiamo fermare?”, il transponder (un trans che piace a tutti) che continua a suonare ad ogni passaggio, ma il video che non mostra più la classifica provvisoria; e sarà oggetto di dibattito negli spogliatoi e sotto una deliziosa doccia (punto in più per questa sede rispetto a quella agreste di Castelbolognese): dove però il dopo gara era assai più festoso, tra piatti gastronomici e vino romagnolo; mentre qui le ultime premiazioni avvengono addirittura a luci spente, cui dobbiamo supplire (o tempora, o mores) con le torce dei telefonini.

E finalmente, il lunedì, escono le dettagliatissime classifiche made in Endu, con Vedilei che si presta a spiegazioni aggiuntive. Delle prime posizioni femminili ho già detto.

Vincitore assoluto, con e senza birre, Gianluca Scardovi di Imola, 41 giri cioè 66,615 km (più 30 km … a tutta birra); secondo posto di Marco Mazzanti, 37 giri=60,1 km (e identiche 30 birre), appena davanti però ad Andrea Domeniconi, 100 metri in meno ma “soltanto” 12 birre che nella graduatoria “semiseria” lo arretrano al 13° posto. Tecnicamente quarto, con 36 giri al pari della Francesca Scola, ma con 24 birre che gli regalano un totale virtuale di 82,5 km, l’orafo toscano Edimaro Donnini da Castiglion Fiorentino, “senatore” della Ronda Ghibellina al pari di Vedilei, che gira per 6 ore con un bandierone inneggiante alla “Pace”.

Dei maratoneti e supermaratoneti incalliti, su 98 partecipanti complessivi (contro i 111 del 2021) saranno 61 a raggiungere la “tacca”, fino a Silvana Simoni dei Bergamo Stars cui saranno addirittura concesse 7h26 per finire (poi, non lamentatevi di Vedilei!).
La classifica della maratona non tiene conto di birre quindi è a prova di bomba: ha vinto Enrico Bartolotti (Liferunner) in 3.08:34, davantissimo al vincitore “a tempo” Scardovi (3.34:27): la cosa si capisce vedendo che Bartolotti si è fermato subito dopo i 42,195, e bevendo una sola bionda risulta addirittura 67° nella classifica generale. Terzo maratoneta viene sancito Nicola Frappi in 4.05:17, a precedere di 9 secondi  lo sbandieratore e compagno di squadra Donnini, che alla fine però lo precederà di 2 giri… e tre birre.

Tra le donne, prima anche nella maratona, come detto, Francesca Scola, quasi un’ora davanti a Natasa Zivanovic (Castel S. Pietro, 5.08; alla fine delle 6 ore, 48,6 km); terza la supermaratoneta Giulia Ranzuglia in 5.14 (e si fermerà a questo traguardo), appena davanti a Concetta Bonaffini che però proseguirà fino ai 47 km in 6 ore e senza birre.

Quanto ai soliti noti, il supermaratoneta Christian Balzaretti (reduce da Orta dove ha superato il traguardo delle 250 maratone), risulta 10° assoluto in maratona con 4.32, completando infine 50,2 km; Roberto Boiano (visto altre volte con barba e capelli tricolori), fa segnare 5.22 in maratona e 29 giri (47 km esenti da birre) in totale; la prof di matematica Daniela Lazzaro, due mesi dopo avermi suonato ben bene ad Asolo, qui mi dà quasi 5 minuti in maratona (5.46) e un giro nel complesso. Bella sequenza di passaggi ai fatidici 42,195 tra i 5.59:49 di Yuri Fabbri (l’ultimo “in regola” al cento per cento) e i 6.11:28 di Greta Massari, con in mezzo il fananese Mauro Gambaiani, il supercitato Paolino, e il maresciallo Gemma. Todos caballeros.
E per chi vuole monitorarsi al centesimo, ecco le tabelle dei passaggi giro per giro, da non mostrare ai tecnici olimpici e ai venditori di tabelle, per non fargli scoprire che c’è chi ha fatto il primo miglio in 8:50, il secondo in 9:43 per arrivare ai 15:43 del ventunesimo (che Paolino ha però girato in 17:14), dando tutto nell’ultimo giro  chiuso in 13:16, ben 12 secondi meno del suo eterno rivale e concittadino… Ce n’è per dibattere lungo tutta la prossima maratona.

 

27 agosto – La capitale emiliana del prosciutto quest’anno, per la terza edizione del suo Monte Sporno Trail, alle distanze già collaudate dei 12 e 23 km ha aggiunto, in sostituzione della ‘vecchia’ 30 km, una ecomaratona: in realtà ultramaratona (di poco) essendo la distanza di 43 km esatti con l’aggiunta di 1850 metri di dislivello (che il mio Gps accresce a 1950; in sostanza, con tre vette principali sui 1100 metri slm); il che, secondo le tabelle ufficiose elaborate (che stabiliscono in 100 metri di dislivello l’equivalente di 1 km lineare) significherebbe una distanza ‘percepita’ di circa 61 km. Con questo, le 7 ore di tempo massimo inizialmente assegnate (con due cancelli intermedi ai km 11 e 24) costituivano un po’ lo spauracchio dei podisti non di primo piano che si erano presentati a inaugurare questo tracciato: intelligentemente, i bravi organizzatori hanno usato discernimento, in pratica abolendo i cancelli e aspettando una buona mezz’ora che tutti (66, su 80 iscritti: foto 3-4, 21) completassero il percorso lungo.

Solo due atleti sono stati sotto le 4 ore, che visto il tracciato va considerato un tempo di tutto rispetto: il vincitore Jacopo Fontanini (un under 35 da Camaiore) con 3.50:57, il secondo Fernando Alvarez Alfageme (Cittadella Parma) con 3.53:53. Arrivo quasi allo sprint tra le due prime donne, Barbara Aledda (Vengo lì, anch’essa under 35) 4.57:10, e Antonia Rinaldi (Runcard) 4.59:57. Più indietro, piace ricordare l'ambasciatore della Pol. Torrile, Gian Luca Fretto (5.40), e l'esponente dei supermaratoneti Mauro Gambaiani da Fanano, che certamente ha trovato più elettrizzante correre questa sola maratona in 6.56 che le dieci più dieci più dieci che piacciono a tanti suoi colleghi, capaci perfino di metterci un tempo superiore.

La 23 km (che a differenza della 43 doveva scalare solo l’ultima delle tre cime principali del percorso, che ai maratoneti pre-occupavano invece i km da 13 a 19) ha visto i successi, su 122 arrivati, di Nicola Pizzorni (Cral Barilla, 1.53:25) e Camilla Rizzardi (Casone Noceto, 2.26:34). Nelle retrovie, segnalo volentieri il ritorno alle gare (tenuto segreto fino a oggi) del veterano reggiano Nerino Carri, oggi più noto come fotografo di podismo, che (foto 10) ha chiuso al 118° posto in 3.55:33.

Più numerosi (152) i partecipanti alla 12 km, conclusasi con un arrivo maschile ex aequo in 1.00:54 di Davide Pau (Synergy) e del più giovane Gianluca Pinotti (RBML), mentre tre minuti e mezzo intercorrono tra l’arrivo della scontata vincitrice Isabella Morlini (Atl. Reggio, 7^ assoluta in 1.08:44: foto 38 prima e 49 poi, oltre che in copertina) e Valeria Poltronieri (Vengo lì, 1.12:17). Ma non possiamo trascurare il buon Paolo Giaroli, tra i tanti reggiani che hanno varcato l'Enza, e che ha chiuso in 1.57 (foto 14).

Alle gare competitive si è aggiunta la 12 km non competitiva, con tratti comuni al finale dell’ultramaratona, che ha incluso il ristoro presso un’azienda “alla parmense”, tra prosciutto e malvasia (con riguardo ovviamente anche per gli astemi e vegetariani).

Il minacciato maltempo si è notato soprattutto per una nuvolosità lungo tutta la giornata, e più tardi il brontolio dei tuoni: un po’ di pioggia è caduta solo intorno alle 14, più forte sul capoluogo e quasi nulla sul percorso lungo.

Del quale va notata anzitutto la segnatura, con frecce e segni per terra o sui pali/alberi, intensissima fin verso il km 30, con l’aggiunta di numerosi segnalatori ‘umani’ (poi è andata un po’ in calando, con qualche dubbio che ci ha colto nel rientro in Langhirano, pare anche per il sabotaggio di qualche residente poco tollerante). Davvero incredibile la presenza di tanti addetti lungo il tracciato (più loro dei concorrenti?!), tutti riconoscibili dalla maglietta fucsia; notevole anche la speaker, sebbene non sia riuscito a leggere la lunghissima sequenza poetica tatuata sul braccio destro (foto 42); e più che buona la frequenza dei ristori (anche qui, con un calo nella seconda metà, dopo quello abbondantissimo del km 18,5). Al 24,2 una signora, dopo aver dato l’ultima coca all’atleta davanti a me (uno dei 23 km), si è scusata per non avere più niente, col risultato che per bere a una fontanella ho dovuto aspettare il km 33 (nel frattempo sono ricorso all’acqua della prescritta borraccia, perché il clima era davvero afoso, la maglietta zuppa di sudore).

Percorso corribile forse per tre quarti, con l’eccezione delle tre salite alle citate cime (e l’apice negativo ai km 9,5-9,8, trecento metri di autentico vertical dove il fondo secco e polveroso ci faceva slittare all’indietro costringendoci ad aggrapparci ad alberi e cespugli), e di qualche discesa troppo sassosa.

Spettacolare il passaggio per la città murata di Torrechiara, che abbiamo lambito dal km 30 circa (foto 29-31, 46-47) e raggiunto attraverso vigneti intorno al 36, girandola all’interno e incontrando finalmente un ristoro come si deve. Suggestivo anche il “sentiero d’arte” erboso che ci ha fatto compagnia da Torrechiara fino a 3 km dal traguardo, quando siamo stati avviati su una nuova, ultima salita, tanto per farci rendere conto della nostra pochezza di retroguardie.

Delizioso il ristoro finale a fianco dell’arrivo (foto 19: mi sono ingozzato di squisite angurie, annaffiate dalla birra che è sempre scorsa a fiumi in tutti i ristori), cui si è aggiunto il prosciutto-party nell’area del ritrovo, dopo la possibilità di una doccia caldissima.  A sorpresa, un premio (decisamente consistente, in campo alimentare: foto 33-34) è toccato anche a me: quello del concorrente più anziano, e vincitore di non so quale categoria (non prevista dal regolamento). C’è gloria anche per i poveri, che con l'occasione danno l'estremo saluto allo storico borsone (foto 36) ormai sfondato e inagibile, quasi come il suo proprietario.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina