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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Lunedì, 10 Giugno 2024 09:37

La sagra di Freto onora la tradizione

Freto (MO), 9 giugno – Piove sabbia sulla Padània, mentre più o meno in 170 ci avviamo, nei pressi di quella che fu la sede di un paio di festival nazionali dell’Unità e pure di un rave-party sgombrato fra gli strilli dell’intelligentsja (adesso rottamati gli uni e gli altri, mentre la terza  cerca disperatamente nuovi argomenti su cui baccagliare nei social), verso la minuscola ma storica parrocchia di Freto, ancora in comune di Modena sull’antica strada che portava alla “Barchetta”, cioè al passo sul Secchia per raggiungere Campogalliano. Chiesetta piccola e campestre, al cui interno stanno lapidi settecentesche, dell'edificio ricostruito dalla rovina nel 1688 (ma il parroco don Franco, carpigiano che non beve tutto quello che si racconta a Modena, invita a diffidare di molte "balle"), di madri morte prematuramente a 31 anni e dei loro nobili coniugi passati a miglior vita dopo aver messo al mondo 18 figli (con chissà quante coniugi, morte via via).

E’ morto anche Gianni Vaccari, presidentissimo della Madonnina Podistica che ideò questa corsa (insieme a un altro Vaccari di cui si sono perse le tracce, ma non è certamente l’onorevole, che dopo l’elezione ha chiuso col podismo, come Prodi), ma per fortuna la tradizione è stata mantenuta dal presidente successore Ragazzi e dal suo staff (si rivede volentieri la vecchia guardia, Alfio, Ballotta, Felice Romano, la sorella di Gianni ecc.): che sono dunque arrivati alla 33^ edizione, sebbene i fasti delle prime siano solo un ricordo (ah, quella volta che salendo sull’argine ti davano un elasticino, unica garanzia per ricevere al traguardo un prosciutto cotto, coi soliti morti di fame che scatenarono la gazzarra per non averlo ricevuto…!). La quota di iscrizione a 2,50 era oggi compensata (diciamo così) dal solito mezzo chilo di maccheroni, mentre premi individuali erano riservati ai giovanissimi, gli unici a competere in maniera agonistica. Veste attiva nelle premiazioni ha assunto anche l’ex assessore ed ex presidente provinciale CSI Stefano Prampolini, con cui si rievocano i tempi gloriosi di Boldrini e Benassi, del trofeo Botto e della ciclistica Vignola-Sestola, del trio arbitrale Marri-Silingardi-Morselli: mais où sont les neiges d’antan?

Bei premi in natura anche alle società, “le prime 15 con un minimo di 10 iscritti” secondo il volantino…: quota raggiunta solo da 4 gruppi (compreso quello della Madonnina, che gonfia la cifra aggiungendo gli sbandieratori e addetti ai ristori, così da raggiungere quota 50, scalzando una tantum i fratelli-coltelli del Cittanova fermi a 40). Notevole la presenza di ben 14 affiliati del Finale Emilia di Ottavio& Antonella, e 10 della Guglia capitanati dalla presidentessa Emilia: una di quelle che al mattino avevano corso a Castellarano, sempre sul Secchia ma 30 km più a sud, come del resto avevano fatto le sorelle Gandolfi-Spina, i coniugi Bacchi-Mascia che qui si portano l’ex bimba Aurora, la famiglia Paolino & Maurito Malavasi, Rambo Benassi (e chi ho dimenticato si aggiunga pure).

Bel giro, che una volta tanto non ci porta sulla squallida “diagonale” cara alla Madonnina dei tempi moderni ma, nel tracciato lungo di 8,4 km,  rispolvera cinque km di argine destro del Secchia, che nelle sue anse voluttuose qui sembra quasi andare all’indietro dalla Barchetta a Ponte Alto, tra l’erba alta (se ci fosse il mio nipotino tennesseano direbbe di essere hitchie) e lo stormire dei pioppi sul greto, fino al ritorno alla chiesa, dove chi vuole può anche approvvigionarsi di gnocco fritto (90 cent al pezzo, cari, ma 10 cent meno che dai compagni sorbaresi) o cenare all’aperto, e anche acquistare abiti dismessi a 1 euro l’uno.

Con allegria di naufraghi (bè, meno naufragi noi della Ferrari, dei Cinquestelle e di quel presidente francese che porta il cognome di una ditta di abbigliamento sportivo) ci lasciamo coi programmi di corsette nella settimana che viene: grazie Madonnina, grazie Gianni Vaccari.

9 giugno - 12^ prova del Grand Prix Uisp di Reggio, e 5^ dell’omologo Grand Prix di Modena, la classica di Castellarano (che quando cominciò si definiva di “Tressano”, dal nome dell’orrenda frazione industriale appena a nord) ha come sempre radunato un buon numero di podisti delle due province, con l’aggiunta di qualche “forestiero”.

Dei 152 classificati nella gara competitiva di 12 km (il mio Gps dà 11,5, con 170 metri di dislivello – ma avranno ragione loro), una prima versione della classifica aveva dato come vincitore Marco Ercole, soc. Sempredicorsa, classe 1971 ,da non confondere col “Giornalista sportivo, attualmente al Corriere dello Sport, è tra i massimi esperti di Wrestling in Italia. Vicedirettore de il Millimetro”, trattandosi invece di atleta marchigiano, secondo la Fidal classe 1972, tesserato Gnarro Jet Bologna.
Ma in serata è arrivata (sollecitata anche dallo stesso vincitore "reale") la rettifica: ha vinto in 40:52 Marco Ercoli, classe 1990, che dalla nuova classifica risulta "non tesserato", ma è notoriamente tesserato Fidal col G. S. Lucchese, col quale ha vinto per esempio due mesi fa la corsa di S. Rocco a Ravenna, e a febbraio era giunto terzo alla Fusoloppet. Il sito di Irunning, che stasera gli assegna anche il successo di Castellarano, aggiunge menzione del secondo posto a Crespellano-Oliveto (BO) due giorni fa, del successo alla 5 miglia (scarse) di Calderara domenica scorsa e alla camminata Sampolese il 21 aprile: https://www.irunning.it/atleta.php?id=90808#hook_atleta .
Stando al sito della Fidal, Ercoli vanta quest'anno  in maratonina un 1.10:46 a Carrara, un 1.11:26 alla mezza di Reggio, 1.11:38 alla mezza di Fossombrone (e non si finisce più, è una lista interminabile, che qui completo solo col successo di gennaio alla maratona di Ragusa in 2.35:47): https://www.fidal.it/atleta/Marco-Ercoli/e6iRk5iicWU=

Resta stupefacente l'errore nella prima stesura della classifica, che ovviamente dipende da un errore di iscrizione: e se penso all'iter cui noi miseri master dobbiamo sottostare per iscriverci a una gara (tessera, certificato medico - spesso in duplice copia, a Endu e alla società organizzatrice), tutto controllato e convalidato prima di accettare l'iscrizione, non riesco proprio a spiegare come si possa aver scambiato un Ercoli del 1990, atleta di levatura nazionale, con un Ercole del 1971 o 1972. Magari sarà un'altra colpa da aggiungere al già denunciato pasticcio dell'assenza di convenzioni Fidal-Eps, che induce al mascheramento dei dati.

Tanto per cambiare, il "non tesserato" Ercoli è arrivato 8 secondi davanti a Roberto Ferretti, dieci anni di meno (“non tesserato” pure lui), e poco meno di un minuto davanti a Giuseppe Castiello, classe 1981, lui sì tesserato, per quei Modena Runners sempre più all’avanguardia in campo regionale.

Tra le donne, tripletta reggiana, ed è superfluo dire che ha vinto Isabella Morlini (classe 1971, Atletica Reggio) in 48.02, soli sette secondi davanti alla quasi coetanea, e all’occasione compagna di squadra, Rosa Alfieri (48.09), che ha preceduto quasi in volata la terza donna, Caterina Filippi 27 anni, beata lei, Avis Novellara (48.15).

Salto al fondo della classifica per elogiare i 6 atleti del Cavriago negli ultimi 10 posti, da Roberto Marmiroli e l’ingegner Giulio Negri, alla coppia transcontinentale Huynh Thi Lang e Du Bien Sen (appena tornati da San Diego, California, e in vista della prossima family-reunion a Sidney), per chiudere con la prof Brunetta Partisotti e Francesca Paglia, giunte un po’ prima dell’ora e trenta.

Forse erano un po’ davanti a Giangi, protagonista del suo solito siparietto con questo commento inoltrato alla rete: “Come si fa a togliere cartelli già alle 10,3O alla corsa Castellarano 9 giugno visto mentre li toglievavi (sic)  ho litigato ...mi sono fatto dare i 3 euro indietro. Mi ha visto chi toglieva cartelli e ci siamo parlati non gli é fregato nulla e tolto lo stesso cartelli ... allora gli ho dato il tagliandino e mi ha reso i 3 euro.

Perché se non vogliono in giro nessuno danno partenze per camminatori e competitive separate. Camminatori 30 minuti prima o anche 1 ora prima?”.

Appunto, i non competitivi, in numero elevato anche se non strabordante come nel pre-Covid (società più folta, ovviamente, il Cittanova-Open Arms con 77, poi la Guglia Sassuolo con 65 e Sportinsieme Formigine 45: insomma, Modena batte Reggiana 3-0). Non sapevo dell’opzione di riavere 3 euro (il prezzo del pettorale non comp) per mancanza di “cartelli”: a parte che il percorso era segnato con frecce verdi sull’asfalto ogni 20 metri, e bisognava essere (come disse Hegel) nella notte delle vacche nere per non vedere dove si andava.

Comunque, il giro (nella sua nuova versione che non fa più capo allo stadio e aumenta i tratti campestri, con 3 km buoni di lungo Secchia – fiume che qui è ancora di genere maschile e diventerà stupidamente femminile nella Bassa modenese) è piacevole, ragionevolmente “tecnico” (addirittura con avvisi di discese pericolose, che non lo sono affatto ma hanno indotto alla prudenza il mio compagno Attilio Acito in Cavallo), e al rientro sull’asfalto allietato, come sempre, dal secondo ristoro gestito dalla splendida Soraya che mesce un lambrusco liscio e nerissimo come i suoi capelli.

Arrivando al traguardo, venendo trascurato giustamente dal clan Mandile-Iotti perché non comp, lo speaker Brighenti, annunciato anche nel volantino come valore aggiunto della corsa, aggiorna sui successi azzurro-tenebra (sto citando Arpino, cosa pensate?) agli Europei di atletica. Lunghissima fila al ritiro del premio non comp, e andandoci solo un quarto d’ora dopo capisco il perché: erano distribuite ad esaurimento delle crostate. Per noi ritardatari (suppongo anche Giangi) restava la scelta tra un pacchetto di fette biscottate e una canotta, più due pezzi di gnocco farcito (ai prezzi dell’Unità di Sorbara, superiori al costo del pettorale). Intanto le premiazioni erano gestite da un giovanissimo sindaco: che differenza con noi modenesi che ci apprestiamo a incoronare un vecchio romano con la barba bianca.

7 giugno – C’era una volta il Trofeo Berlinguer, benemerita risposta modenese al Challenge (pronuncia: sciallànsg) bolognese, cioè raggruppamento delle corse estive tardopomeridiane che si disputavano anche in paesini minuscoli o in parchi pubblici, a fianco dei festival dell’Unità. Istituzione, ripeto, benemerita, che consentiva di allenarsi in compagnia e in allegria, e per chi voleva, farsi poi una cena a prezzo apparentemente economico, sebbene di qualità discutibile, partecipando magari pure agli eventi “culturali” annessi a quel festival.

(Ricordo una sera, tra gli anni 80 e i primi 90, che a Bosco Albergati, luogo d’incontro di Berlinguer e Challenge, sentii i Nomadi in una delle ultime esibizioni di Augusto, che cantava “Un vecchio e un bambino” che il batterista accompagnava come se fosse “libiam nei lieti calici, zumpappa zum”).

C’era anche un’entente cordiale fra i due coordinamenti, che si spartivano i giorni della settimana in modo da evitare sovrapposizioni (martedì e giovedì da una parte, mercoledì e venerdì dall’altra), così Peppino Valentini poteva indirizzare la sua tenda, o meglio la sua Open arms del podismo, a Sorbara come a Crespellano, a Paganine come a Zola Predosa, a S. Anna di S. Cesario come a Calcara…

Ah, quel campo largo di una volta! Oggi invece, alle 18.10, quando cominciavo a fare i piani per arrivare a Sorbara appena in tempo per la gara (e prendermi l’usuale sgridata di Paolino: et riv seimper a l’ultem minòtt!), mi raggiunge un whatsapp di Giangi: “Oggi vai Crespellano BO. Io NO troppo caldo 29 gradi ombra ore 18,00 a Campogalliano Mo”. Bravi: di corse dell’Unità ce ne sono sempre meno in regione (oltre tutto, l’Unità non è più il giornale del Partitone), e le andate anche a sovrapporre? Continuiamo pure a farci del male, diceva Nanni Moretti, che aggiungeva: con questi non vinceremo mai!

(Google mi avverte che le stesse cose le avevo scritte un anno fa, quando a far le spese della concorrenza era stata San Damaso: ma evidentemente la storia non serve a niente) .:Podisti.Net:. - Corsette modenesi: il top di Magreta e il flop di San Damaso

Sebbene Crespellano sia una delle corse più belle di tutto il Sciallànsg, opto per la più comoda Sorbara (quantunque la tradizione corsaiola locale non sia delle migliori: un anno, perfino il povero Rispoli, che non risparmiava elogi a nessuno, sbottò in "ma sono corse queste?"). Sbarco a dieci minuti dalla partenza (19,45), e con grande sorpresa riesco a parcheggiare nel piazzaletto appena davanti al baraccone (baracchino: grande come casa mia), mentre in anni passati dovevo cercare posto a 200 metri o più. Il tempo di spogliarmi e lasciare la borsa da Valentini, che mi accompagna col solito “Vai tranquillo!”, e lo speaker dice “Cinque minuti alla partenza!”. Sì, ma dove sono i podisti? Sembra quasi un ritrovo tra vecchi compagni di classe, ci conosciamo tutti (Mac, Paolino & Maurito, Rambo e Mastrolia, Morena e l’attraente new entry Cristiana Pradelli, Pivetti, Marco Medici, “Mastrolindo”, Antonio Ragazzi, qualche maglia gialla del Finale e verdina dell’Albareto): ci contiamo, siamo 40, e uno chiede “Fate l’appello?” (Lucio, assente ingiustificato!).

Mi viene in mente una poesia luzzarese di Zavattini che dice all’incirca: A jò vist un funeral acsè puvrètt – ch’an gh’era gnanc al mort – la zent adré a sigava – in mes a la fumana. Nemmeno un gatto di fotografo: di questo passo, arriveremo a una gara podistica senza podisti? Sconsolata l’Ilva Guidetti, che tante corse festivaliere ha organizzato, e che oggi merita la foto di copertina: “almeno loro hanno avuto il coraggio di farla; io a Fossoli non l’ho avuto”.

Si parte, il giro “lungo” annunciato di 8,5 risulterà alla fine di 7,2 perché ci fanno saltare l’ultimo ricciolo attraverso le strade di Sorbara intitolate a vini concorrenti come Chianti, Vernaccia e Moscato. E’ un ricordo ormai lontano il ristoro ‘privato’ verso il km 6 dove davano bicchieri di lambrusco; come pure la bottiglia in premio finale: siamo ormai stabili sul mezzo kg di pasta (d’altronde, con 2 euro di iscrizione cosa pretendete? un Mimmo Lucano?), più un buono sconto per la cena nel baracchino adiacente: visti i prezzi (1 euro per un gnocco fritto senza condimento, 3.50 per le patate fritte, 16 per la frittura di mare), la fila per la cena è forse inferiore al  numero dei podisti (che, conteggiando i camminatori-anticipatori, saranno stati 70 o 80).

Le cose più belle sono i convenevoli del dopo-gara: se Morena Baldini rifiuta di farsi una foto con Maurito Malavasi perché questi è a torso nudo (e chissà se sotto l’accappatoio ha qualcosa), Mastrolia invece accetta il ritratto insieme alla simpatica Cristiana (entrambi vestitissimi, e con la mamma di lei che sorveglia da lontano), la quale dà appuntamento a Castellarano domenica mattina. Giorno in cui si potrà addirittura fare la doppia, con ritrovo a Freto nel pomeriggio, per una sagra nei pressi di dove sorgeva uno dei più potenti festival del mondo: podisti proletari di tutto il mondo, unitevi!

6 giugno – I forzati del podismo, in questa giornata modenese, si sono alzati verso le 5, hanno versato l’obolo di 15 euro ai furbi organizzatori della Run 5,30 (che li hanno compensati con una maglietta dal valore stimato tra i 2 euro e i 20 centesimi, con ciliegie offerte dagli sponsor e dichiarando di versare un euro in beneficenza), e hanno fatto finta di correre selfeggiandosi sui viali modenesi; poi alle 19,30, in rapporto di 1 a 10,  si sono presentati a Magreta (cittadina collocata in comune di Formigine sebbene sia più comoda a Sassuolo, e nota per aver dato le origini al partigiano “bianco” Ermanno Gorrieri) per una gara relativamente nuova, raccomandata perfino da Giangi (“Magreta giovedì 6 giugno meglio tutta campagna e poi bellissima festa dove si mangia benissimo”), e dove la devoluzione in beneficenza (ancora Giangi: “MIO parere non mi sembra giusto obbligare con la scusa solidale e aumentare i prezzi inscrizione”) non incideva sul prezzo d’iscrizione, il minimo sindacale di 2 euro (a fronte di una confezione di piadine, e di ricche premiazioni di società oltre che individuali).

Risultano 661 i partecipanti, con la scontata prevalenza della truppa di Peppino Valentini (72 iscritti) sulla Pod. Formiginese che contribuiva all’organizzazione. Notare che la mattina alle 5,30 risultano distribuite 6750 magliette… è questo il podismo della società liquida e del gender indefinito?

Il percorso lungo di Magreta (9,5 km, con uno intermedio da 6,5 e uno ancora più corto), perfettamente presidiato da vigili e volontari (compreso Giorgio Reginato, oggi esentato dalle funzioni di speaker, su cui vedi sotto) si snoda sulle campagne a nord del paesone, fin quasi alla modenese Baggiovara, ricalcando in piccola parte il giro della corsa lunga di Cittanova; ma in questa stagione si respira il profumo dell’erba tagliata di fresco e dei tigli a inizio fioritura, delizia sensoriale che si aggiunge a quella visiva di stupende partecipanti come Alessandra e Fatima (quest’ultima, anche velocissima, se verrà premiata come terza donna). Presenti pure i reggiani del clan Giaroli-Iotti-Petti-Nerino Carri con l’aggiunta del reggiano per diocesi Italo Spina; e autorità del podismo modenese come i due Giuliano, Macchitelli e Vecchiè, coi quali scambiare pareri sulle 5,30 e sui candidati podisti alle imminenti elezioni (si dice che il presidente nazionale dell’Aics sia molto bravo e abbia nel suo programma la valorizzazione delle piccole società sportive, in via d’estinzione anche grazie all’ex prefetto Gabrielli, che ora da parte sua si propone sulla sponda opposta come “consulente” politico al candidato sindaco di Reggio).

Giro in piena tranquillità, su strade tranquille esenti da traffico, con rilassanti tratti campestri. Alla fine (quando la campana suona le 20,30), lunghe e dettagliate “quelle che sono le premiazioni”, dove, stando all’intercalare dello speaker, sono premiate “quelle che sono le società più numerose”, e anche “quelli che sono i primi 5 arrivati”, con in più i meritati festeggiamenti a “quella che è la nostra concittadina, finisher del Passatore” in meno di 10 ore.

Non manca la passerella per “quella che è la nostra sindaca – o ex sindaca?”, benedetta dagli automobilisti che vanno a Sassuolo e debbono sottostare a un suo autovelox fissato ai 90 orari (prima erano 110) in un tratto dove la superstrada a due corsie separate corre sotto il livello del suolo, in assenza assoluta di abitazioni.

Invece qui, in un angolo di Magreta quasi all’ombra del campanile (chi si ricorda di don Walter Sirotti e della sua accoglienza a base di parmigiano e lambrusco?), la festa continua nella cena raccomandata da Giangi. Viva tutti, tranne una.

4 giugno – Prudentemente, gli organizzatori almeno dal 2010 non danno il numero dell’edizione, dunque  per ricostruire da quando si svolge questa corsa devo squadernare i miei zibaldoni, dai quali risalgo alla prima Corricharitas del 2005, sempre all’inizio di giugno, quando a presiedere il Charitas era il vecchio amico, quasi d'infanzia, Gabriele Benatti. Dunque, se non ci fosse stato il Covid, che fece saltare le edizioni 2020 e (credo) 2021, saremmo alla ventesima, sempre sullo stesso percorso in quella che temporibus illis era chiamata “la palude del Vescovo”, essendo di proprietà ecclesiastica tutti i terreni a sud di Modena, dove si stava letteralmente sott’acqua fino a marzo, e noi ragazzini per giocare a calcio dovevamo trovare dei rialzi di terra, oppure fruire dei campetti allestiti alla meno peggio soprattutto all’ombra dei campanili (ricordo quelli vicini di Saliceta o dell’istituto Pellegrini per i sordomuti).
Adesso la città si è allargata, e la via Fratelli Rosselli (ex stradello Tabaroni), dove un tempo sorgeva isolato il Charitas, come 500 metri più a nord era isolato l’Istituto Buon Pastore che non esiste più ma dà il nome alla via, è fiancheggiata da case e casermoni; addirittura nella via Panni (che recinge dal lato sud il Charitas) hanno appena inaugurato, dopo quasi due anni di chiusura, il sottopasso ferroviario (il più inutile dei tre sottopassi che andrebbero fatti in zona), con l’aggiunta di una immaginosa pista ciclabile che consiste in due strisce tratteggiate alla cui destra dovrebbero stare le bici, e alla cui sinistra le auto non ci possono stare in larghezza (accortasi della cavolata, l’assessora in merito ha dichiarato che le strisce sono facoltative, una semplice indicazione che lì si potrebbero incontrare delle bici).

Il Charitas è una benemerita istituzione che, da ben più di mezzo secolo, si occupa di handicappati gravi, e la sua apertura, almeno una volta all’anno, al popolo dei podisti credo che faccia bene a entrambi, ricoverati e podisti. Per accrescere l’appetibilità (è la parola esatta), al termine della gara era allestita una magnazza con piatti di pasta che venivano presi d’assalto dai soliti morti di fame che non mancano mai e spesso facevano il bis o il tris, creando ingorghi indecorosi: da qualche tempo, il rimedio è consistito nel fare una doppia tariffa di iscrizione, 2 miserabili euro quella “normale”, che oltretutto dà anche diritto a un barattolo di marmellata “della nonna”; 5 euro quella “super”, con cui si riceve una t-shirt e il buono-pasto. E devo dire che, se erano numerose le maglie gialle indossate dai partecipanti, al tavolo della pasta c’era poca gente, e perbene. Il prossimo passo, come dicevo in recenti occasioni consimili, sarà di abolire il premio.

Partenza piuttosto tardiva, alle 19.30 (mi faceva comodo quando lavoravo a Bologna, scendevo dal treno e andavo direttamente al Charitas), disciplinata da un cordone teso lungo la trafficatissima via Rosselli chiusa per l’occasione, poi via per il quartiere Buon Pastore-S. Agnese, con due passaggi dal parco della Repubblica, uno dal parco della Resistenza (che quando non si chiamava così veniva detto dai miei figli parchetto delle caprette, per un piccolo gregge che stazionava in un vagone merci abbandonato), e che nel 1970 ospitò la prima prova del primo campionato provinciale di corsa campestre, vinto da un certo Ezio Venturelli di Castelnuovo. Forse il posto (un grosso spiazzo incolto alle spalle delle ferrovie provinciali) l’aveva scelto il grande Alberto Benassi, operaio Fiat insieme a Ermes Luppi, perché stava di fronte a casa sua in via Morane, quando ancora le Morane erano costeggiate da un canale scoperto.

Oggi, solito giro di 8,700 (e di 2,5), a occhio e croce con 4-500 partenti all’ora giusta più i non moltissimi camminatori-anticipatori; in massima parte su piste chiuse al traffico, con 3-4 attraversamenti delicati ma presidiati ottimamente dai vigili e qualche volontario. Solito ristoro di sola acqua all’altezza della Polisportiva Nasi, un tempo organizzatrice di una maratonina invernale e dove invece oggi fatico a riconoscere l’ex campo di calcio in cui si allenava mio figlio e dove oggi c'è erbaccia alta un metro. In compenso, l’orizzonte sudest è chiuso dai palazzoni del cosiddetto comparto Vaciglio, là dove vidi mietere il grano ma poi la coopcementificazione cominciò all’indomani dell’elezione del sindaco all’insegna del consumo zero di suolo, e dura tuttora che il sindaco scade ma ha già designato il suo successore, che di sicuro non cambierà metodi (basta, l’ho già detto troppe volte, forse anche a Paolo Giaroli che oggi mi accompagna paziente per buona parte del giro).

Si ritorna al Charitas: Peppino Valentini (la cui Pol. Cittanova ha contribuito all’organizzazione) può godersi la meritata razione di pasta, mentre altri capigruppo scappano in fretta per non perdersi la partita della Nazionale, molto meno godibile perfino di un piatto di maccheroni charitatevoli.
E’ cominciato il giugno delle corse serali: e se non basteranno gli appuntamenti di martedì, giovedì e venerdì, i modenesi e reggiani la domenica che viene avranno addirittura una gara al mattino e una al pomeriggio.

PS- Solo per chi non ne ha abbastanza, segnalo una curiosità modenese, legata al nome stesso di Charitas scritto con l’acca, quando invece la Caritas diocesana non ha l’acca: al sommo Lodovico Antonio Muratori, che alla Pomposa aveva fondato la Compagnia della Carità, costringendo i ricchi a dare sostentamento ai suoi poveri parrocchiani, e aveva scritto un libro in proposito (libro che piace molto anche al regnante arcivescovo di Modena e Carpi), nel 1728 scrisse da Venezia un certo Johann Hertzhauser, tipografo tedesco, che stava per stampare le opere di Bembo. Sconcertato perché Bembo scriveva sempre charità con l’acca, affidò a Muratori la decisione se lasciare o no quell’acca. Muratori, che rispondeva anche ai rompiscatole, gli ripetè quello che aveva già scritto nel suo trattato sulla Carità cristiana: usare la H è un’usanza medievale sbagliata, perché caritas deriva da caro e non dal greco charis ‘grazia‘; però è una “bagattella“, dato che “l’ortografia è un paese pieno di liti e pieno d’arbitrii“, e quello che conta è farla, la carità, non questionare su come si scrive. Vedete un po‘ come da Muratori c’è sempre da imparare, in fatto e in diritto.

2 giugno – Caso strano, la provincia (o, diciamo, la “città metropolitana”) di Modena proponeva oggi due corse in un raggio di 20 km. 
(Melius abundare, dicevano i classici; purché poi non capiti che in altri fini settimana ci sia un certo deficere. Ho già ricordato quando l’Accademia militare lanciò una gara nello stesso giorno di un’altra già calendariata: fulmini immediati del Roncoordinamento, salvo che adesso la corsa dell’Accademia è uno dei clou del calendario attuale).

Comunque, dovendo scegliere, sono andato alla classica corsa del Torrazzo, sebbene dall’anno scorso abbia cambiato nome assumendo quello anglofilo di Nurses Run, cioè “gli infermieri corrono” o “la corsa degli infermieri”. Solo i più vecchi possono aver  equivocato col significato antico di nurse, cioè bambinaia ovvero baby sitter, ed essere venuti qui sperando di incontrare prosperose nutrici che facessero loro compagnia nel solito giro verso Albareto, la collina dei rifiuti (chissà se l’aspirante nuovo sindaco deciderà di farne un Montestella come a Milano), vista sull’ inceneritore (che altri aspiranti sindaci verdastri vogliono spegnere, mentre io gli farei bruciare tutti i rifiuti di Roma e Napoli, purché ci paghino) e ritorno al Torrazzo, in quel campetto di calcio dove la mia compagnia (inclusiva di Lello Vernacchia e Giulio Spagni) si incontrava negli anni Ottanta, rigorosamente alle 14,30 in qualunque stagione, per tre partite ai 5, seguite da una meravigliosa doccia nelle baracche provenienti dalla dismessa scuola “Circondariale Sud” (viale Amendola). Diceva Paolo, il più bravo di noi (esclusi i succitati), venuto dal rovigotto per aprire da queste parti una fabbrica “detruciolatrice”: al mument più bel ed la stmana l’è quand a vag sotta a sta doccia (e ora Paolo farà, spero, la doccia in Paradiso).

Torniamo a questa domenica e a questa gara, con tariffa leggermente rialzata per lo scopo benefico di sovvenzionare la chirurgia pediatrica: 3 euro, il che ha suscitato le ire di Giangi: “mio parere la beneficenza la faccio dove voglio non mi devono obbligare, per alluvionati 2023 ho fatto bonifico; non credo che andrò”. Ce ne siamo fatti una ragione, consolandoci con la presenza della nurse modenese per eccellenza, quella Tatiana Marchi che ha sulla coscienza il salvataggio della vita di un podista; e con lei, di Lucio Casali che dopo aver fatto il cammino di Santiago, otto giorni fa ha concluso il suo ennesimo Passatore, in 15 ore o poco più. E in più, della famiglia Morselli da Mirandola, degli immancabili Rambo e Mastrolia sotto l’egida dell’accogliente tenda di Peppino Valentini (dove si è accomodata anche la splendida Morena Baldini), e di Vanni Casarini, col quale non dimentico uno sprint al traguardo di Malcesine nella maratona del Garda. Non essendoci neanche un gatto di fotografo, ho fatto due o tre scattini io affidandoli poi a Roberto Mandelli per la consueta rielaborazione.

Soliti giri torrazziani tra i 4 e i 12,5 km, partenza libera/regolamentata dalle 8,30, e ufficiale alle 9, quando sotto la impeccabile direzione di Roberto Brighenti eravamo forse in 3-400. Simpatiche ragazze in magliette blu ci incoraggiavano alle svolte, e il sole ci ha premiati, fino all’eccellente ristoro finale, per di più con un premio a scelta che poteva giungere fino a una maglietta tecnica: questo è troppo, mi sono permesso di dire, aspettando il giorno che le gare di beneficenza non assegneranno nessun premio materiale perché tutto il ricavato andrà a fine di bene.

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POSTILLA 3 giugno

Con vivo piacere pubblichiamo questo messaggio ricevuto alle 10,27 di lunedì, che dà l’occasione per precisare il nostro pensiero dove era stato poco chiaro o eventualmente non capito.

 

Buongiorno,

apprezzo l'articolo scritto con tempismo da parte vostra, ma ahimè sono presenti molte inesattezze. Intanto ci tengo a precisare che l'evento "Nurses Run" era già calendarizzato da diverso tempo e probabilmente altri che si sono aggiunti in un secondo tempo dovrebbero farsi qualche domanda. Ma non vogliamo assolutamente entrare in polemica con niente e con nessuno. Il nostro spirito è quello di far in modo che tutti restino contenti dell'evento e lo scopo come abbiamo sempre detto saranno sempre e solo gli stessi, dare visibilità alla nostra professione e al contempo fare beneficenza per i nostri servizi sanitari a beneficio dei cittadini. Credo che il nostro sforzo debba essere rispettato e nient'altro. Sarebbe opportuno prima di scrivere inesattezze chiedere informazioni:

1) Intanto va detto che la Nurses Run è un evento a sé e che non ha nulla a che fare la classica del Torrazzo.

2) La tariffa non è stata assolutamente aumentata, lo scorso anno nella prima edizione a Carpi si pagò la stessa cifra e lo scopo era sempre e comunque la beneficenza per il pronto soccorso di Carpi... (articoli di giornali e sito usl possono evidenziare tutto).

3) I numeri di partecipanti non sono affatto 300 / 400, ma almeno il doppio (700/800).

Per il resto ringraziamo dell'articolo e dei complimenti ricevuti in merito al ristoro e a gadget.

Senza nessuna polemica, ma è giusto precisare.

Segretario Prov.le NurSind Modena

 Dr. Piragine Gino

 

Insigne dottore, la sfido a trovare una sola parola del pezzo (l’unico apparso su testate online, pochissime ore dopo l’evento, e senza supporto di comunicati ufficiali) che manchi di “rispetto” nei vostri confronti, come lei sembra adombrare.

- Prendo volentieri atto che la corsa del Torrazzo riprenderà: l’anno scorso non mi risulta si sia svolta, invece quest’anno la vedo calendariata il 22 settembre, sulle stesse distanze con la sola aggiunta di una 15 km.  Quanto alla concomitanza odierna con la corsa di Spilamberto, non so chi abbia la precedenza, ma sta di fatto che anche nel 2023 la stessa gara spilambertese si svolse nello stesso 2 giugno, mentre la vostra (cui lei fa riferimento) andò in scena il 2 luglio. Al Coordinamento andrà bene così, o non può farci niente.

- La menzione della “tariffa leggermente rialzata per lo scopo benefico” si riferiva non ai vostri prezzi del 2023 ma al prezzo usuale nelle corse modenesi (2-2,5 euro), e continuava con un’allusione che i podisti modenesi (non obbligatoriamente i membri del Nursind) capiscono.

- Quanto ai numeri di partecipanti, la frase “alle 9, quando sotto la impeccabile direzione di Roberto Brighenti eravamo forse in 3-400” non si presta a equivoci (anzi, devo dire che forse ero stato largo nella valutazione: guardando ora, da Modenacorre, una vostra foto di quell’ora direi che stiamo sotto i 200  ), ed era preceduta dall’info secondo cui le partenze erano in corso dalle 8,30. Benissimo per le cifre complessive che dichiara (sebbene da un'altra foto vostra gli iscritti risultino 671): senza la concomitanza sopra citata, ne avreste avuti il doppio, e magari qualche fotografo o cronista ancor più largo d’elogi e attento a non disturbare il manovratore [dote, il vincenzomollichismo, che purtroppo manca al sottoscritto F.M.]

1° giugno – Di tutte le province emiliane, quella di Parma è forse la prima quanto a vasta offerta di trail “facili”, al limite della scarpinata che si può affrontare con le scarpette da asfalto. Ne ricordavo una in questa cittadina, partita sempre di sabato pomeriggio da un grosso salumificio, che almeno presentava un tratto impegnativo in cima a un calanco; invece questa +Kuota Race (dal nome della società organizzatrice) consisteva in uno o due giri, così descritti dalle info ufficiali: “percorriamo la ciclabile ghiaiata per km 5,500 svolta a dx con successivo attraversamento della strada provinciale. Inizia una salita di circa 1km passando per l’antico casale del Marmorino che ci consente di affrontare la breve ma durissima riva dei Gelati, al culmine svolta a dx con breve tratto che consente di recuperare e poi altri 100mt lineari che portano al punto più altimetrico del percorso. Si continua su sterrato per circa 1,5km per poi lanciarsi in veloce discesa su asfalto che ci concede di tornare previo secondo attraversamento stradale su ciclabile del Baganza per proseguire in un comodo ritorno di 3,3km verso la zona partenza/arrivo”.

La “breve ma durissima salita” portava da quota 150 a circa 390, su un sentiero erboso e poi all’interno di un boschetto, e non avrebbe spaventato nessuno se, dopo circa 50 minuti di gara (quando cioè i migliori stavano concludendo il primo o unico giro) non si fosse scatenata una bufera con chicchi di grandine delle dimensioni di ciliegine, durata (per quanto mi riguarda) una ventina di minuti, fino a ridiventare pioggia nel “comodo ritorno” sul torrente Baganza. Chi si è riparato sotto gli alberi, chi si è fermato al ristoro (posto all’inizio della discesa), chi ha proseguito per prenderne meno che potesse.

Al traguardo ha prevalso, sui 13 km, Mark Penna, un quarantenne che ha chiuso in 55 minuti esatti, 50 secondi davanti a Luca Pellizzoni che di anni ne ha la metà; tra le donne, usuale successo di Isabella Morlini (di cui non dirò l’età ma solo che oggi festeggiava i 28 anni di matrimonio), undicesima assoluta in 1.01:39, tre minuti abbondanti su Aude Kienzler (dieci anni di meno). 97 gli arrivati, ben al di sotto del tempo massimo fissato con longanimità in 3 ore.

Sul doppio giro, successo di Marco Bonfante in 1.52:17, quasi tre minuti su Andrea Bonici (e solo questi primi due sono stati sotto le 2 ore). Tra le donne, ha prevalso Valeria Poltronieri in 2.18:48, quasi 4 minuti su Beatrice Merli. Solo 41 gli arrivati, includendo tra essi la valorosa Michela Grassetto, della società organizzatrice, che in funzione di scopa ha chiuso in 3.50:58 (pensare che erano assegnate 7 ore di tmax).

Percorso ben segnato (d’altronde, c’era poca possibilità di incrociare sentieri concorrenti), ben presidiato negli attraversamenti, divenuto difficile in quanto scivoloso o ridotto a torrente nel tratto più alto. Un ristoro, come detto, poco oltre la metà, e uno molto ricco al traguardo, dove sono apparse anche bottiglie di prosecco.

Per chi ha avuto la pazienza di aspettare (a un certo punto era mancata anche l’energia elettrica), inclusa nel costo d’iscrizione c’era anche una abbondante pizza margherita. Docce calde per tutti, pronta esposizione delle classifiche e ottima gestione microfonica da parte del campione reggiano Gian Matteo Reverberi, ormai a suo agio nella veste di speaker.

30 maggio - Limitandoci alle edizioni serali post-Covid, i classificati in questo Cinquemila del Novisad erano stati 228 nel 2021, 235 nel 2023 (https://podisti.net/index.php/cronache/item/10261-modena-un-novisad-di-nuovo-affollato-per-i-cinquemila.html ), e quest’anno risultano 266 (di fronte a 297 iscritti), malgrado un costo del pettorale non esattamente economico: ma bisogna dire che c’erano ben 66 premi di categoria, senza accorpamenti o scorciatoie come usa fare in molte altre gare (qui, addirittura, questi premi erano fin troppi, visto che molte categorie, specie femminili, non raggiungevano il numero di 3); aggiungendo che il resto dei servizi è risultato decisamente, e come sempre, impeccabile, fino alla diramazione delle classifiche quasi in tempo reale. Da non dimenticare anche la seconda edizione delle gare riservate ai giovanissimi: qui le classifiche. https://podisti.net/index.php/classifiche/28179-2-novisad-young-mo.html?date=2024-05-30-00-00

Nomi decisamente internazionali in testa alla graduatoria degli adulti, dove i primi due hanno marciato sotto i 3 minuti a km: 14:30 per Bouras Ayoub (trentenne del G.S. Maiano), 14:45 per Miguel Espuna Larramona (ventenne); distacchi abissali dal terzo (Filippo Trevisani, 25 anni, 15:23) in giù. Non è stato comunicato il tesseramento del secondo, del terzo, del quarto e di molti altri (6 solo nei primi dieci, circa la metà di tutti gli arrivati): continuo a temere che ciò rientri nella quérelle tra Fidal e Enti di propaganda, con minacce di scomuniche e dintorni. Mi risulta che sia stata inviata un’ interrogazione al ministro Abodi https://www.nicolaporro.it/follie-italiche-ci-vuole-una-tessera-per-correre-alla-sagra-di-paese/, in cui si legge fra l’altro che “la Fidal nazionale, forte dei numeri ottenuti attraverso l’introduzione dell’orrendo lasciapassare sportivo [la Runcard], ha risposto inibendo dalle gare regionali tutti i podisti i quali, pur essendo in possesso degli stringenti requisiti di legge, siano tesserati con uno degli enti che ha osato non firmare la convenzione, alias patto leonino, con la Fidal”.

Fortunata Modena, allora (per il momento), dove il solito team di giudici Uisp, da Reginato a Iotti a Mandile a Simona Neri ecc., garantisce la regolarità delle nostre corse amatoriali (e non solo, data la qualità tecnica dei risultati): quanto alla Fidal, anche in prossimità delle elezioni ho smesso di sperare nelle mirabolanti promesse dei candidati (quello che siede adesso in carica aveva promesso una revisione, se non un’abolizione, della Runcard, e la fine della mungitura dei podisti amatori in favore dei pistards: infatti).

“Non tesserate” risultano addirittura sette delle prime dieci donne, regolate dalla ventiseienne Enrica Bottoni in 17:27, davanti di 6 secondi a Giulia Vettor (Pol. Castelfranco, trentenne) e di 9 secondi alla terza, la ventunenne Elena Fontanesi. Onore al merito di Fiorenza Pierli, quarta assoluta in 17:49 (era stata seconda nel 2023), e largamente prima tra le F 40, 17 secondi prima della quinta Gloria Venturelli, che ha un anno più di lei. Da citare il settimo posto assoluto, e primo di categoria, di Rosa Alfieri che di anni ne fa addirittura 54; quanto alle altre, replico gli applausi alle gloriose over 65 Lucia Soranzo (24:09) e Maria Eugenia Ricchetti (24:38), prima e seconda della loro età.

Tra le società, a parte la multiforme categoria degli “apolidi”, ha prevalso il Correggio con 16 arrivati sui Modena Runners con 14, tra i quali due primi, due secondi e due terzi di categoria a dimostrare l’eccellenza di questa ancora giovane società.

16 maggio – Qui non c’è bisogno di addetti stampa e giornalisti “amici” addetti al pompaggio: il successo del Miglio formiginese è garantito dalle cifre che, oltre al centinaio di ragazzi che si sono cimentati individualmente nelle categorie giovanili (i 19 più grandicelli, over 14, sulla distanza del miglio, gli altri su percorsi più brevi), vedono cinquantuno staffette maschili o miste (nel senso di bisex) e ventitré staffette femminili, cioè 74 in totale (222 atleti) contro le 58 squadre del 2023.

Onore dunque alla Podistica Formiginese, che in questo allestimento ricorda anche il suo primo presidente Luigi Campani, sotto la cui guida si sono negli anni esibiti attorno alla Rocca campioni come Lambruschini, Elisa Cusma, Massimiliano Ingrami.

Brava e fortunata Formiginese, perché anche quest’anno le stelle e la luna sono state a guardare, aprendosi proprio qui sopra un varco di sereno mentre in tanta parte della provincia pioveva e tempestava.

Hanno dominato la prima manche, cui erano iscritte le squadre coi tempi di accredito più alti, con un margine di una quarantina di secondi sui più immediati inseguitori i giovanissimi della Pol. Castelfranco (54 anni in tre) Leon Gasparini Casari - Paolo Zanni - Giacomo Chiodini in 15:43, davanti ai compagni di squadra più stagionati (124 anni, 41 a testa insomma) Mario Agliolo Gallitto - Angelo Biscotti - Davide Vincenti (16:21), questi meno di 3 secondi davanti ai terzi Doku-Vecchi-Sorbi.

Ma nella classifica cumulativa delle due batterie risultano solo tra il 19° e il 21° posto, dietro i big che hanno corso mezz’ora dopo di loro, e sono stati messi in fila da Leonardo Di Niso - Matteo Costa - Alessandro Pasquinucci (59 anni in tre, squadra mista tra società diverse) con 13:38: Pasquinucci aveva già vinto nel 2023 con altra formazione, i suoi due compagni erano invece risultati terzi.

Al secondo posto assoluto quest’anno risulta un’altra squadra mista, Mattia Guidetti - Riccardo Tamassia - Luis Matteo Ricciardi con 13:52; bronzo a Enrico Mannocci - Francesco Murgia - Francesco Mariani con 14:06, “misti” pure loro (si può dire “arcobaleno”? e il tesseramento non dichiarato da tanti sarà colpa della non-convenzione Fidal-Uisp??).

Tra le donne, un netto successo ha arriso a Giulia Vettor - Giulia Pasini - Anna Ofidiani (solo della prima è dichiarato il tesseramento con la Pol. Castelfranco) in 16:13; 21 secondi meglio del trio “arcobaleno” Gloria Venturelli - Laura Ricci - Fiorenza Pierli  (la formiginese Ricci l’anno scorso, con altra formazione, aveva colto il ventesimo successo personale su 30 edizioni); il terzo team  Francesca Badiali - Maria A. Rinzullo - Giada Ligorio ha chiuso in 16:39.

Con un certo ritardo sono stati comunicati i tempi individuali: tra gli uomini, i più veloci risultano Pasquinucci con 4:23 (un secondo meno dell'anno scorso, quando risultò secondo dietro i 4:21.9 di Claudio Bacchelli), Tamassia con 4:24 e Ricciardi con 4:28. Tra le donne, Giulia Vettor con 5:11 dà 3 secondi a Fiorenza Pierli (che l'anno scorso era stata la più veloce con 5:06) e quasi 9 alla Imperiale. Nelle retrovie, qualche pasticcio è venuto dal cambio d'ordine degli staffettisti rispetto a quanto indicato nella distinta di iscrizione: così il bravo Fabrizio Corsini, che in effetti ha impiegato 6:28, risulta quotato penultimo con 8.02 (che invece è il tempo del sottoscritto, ufficialmente il peggiore del lotto - ma non è così...)

È stata comunque la solita, bella festa, con tutta la Formiginese (da Giampaolo Bevini ai fratelli Cavazzuti, da Lucio Casali allo storico speaker Giorgio Reginato) in regia, un pubblico folto ad assistere, il sorriso di Sonia Del Carlo prima e dopo la sua gara (un po’ meno durante; vale anche per il sottoscritto, cui tocca il non invidiabile primato di più vecchio in gara), e presenze straordinarie che andavano da Brighenti ad Anna Maria Cavallo (intendasi Acito) a Giangi.

Me ne vado ripensando alla prima volta che corsi qui: era l’8 giugno 1999, feci squadra con mio figlio diciottenne Giulio e il suo amico Luca Ferrari, arrivammo trentesimi su 36. Quattro giorni dopo si andò a Scandiano per la 24 ore, venti giorni dopo fu il turno della Pistoia-Abetone, e dopo altre due settimane nacque Podisti.net. Un quarto di secolo fa.

12 maggio – “Ma sei sempre in Toscana!” mi messaggia Micio Cenci (altro innamorato delle corse in natura) quando alla vigilia gli trasmetto la foto di una “maialata” (nel senso di piatto con tre diversi tipi di maiale) in procinto di esser fatta fuori in un ristorantino di San Casciano Val di Pesa. Il grosso borgo (bello come tutti i borghi toscani tra Firenze e Siena) è pavesato con gli annunci della maratona del Chianti Classico, una delle ultime arrivate nel ricco panorama dei trail lunghi della regione, ma non meno meritevole (malgrado la fatica forse superiore a quanto si poteva dedurre dalle presentazioni online). Anzi.

I percorsi principali erano due, di 47.2 ufficialmente quotato con 1392 metri di dislivello, e di 21.8 + 644 D (in pratica viene tolto il tratto più panoramico e insieme più duro, il paradiso terrestre naturalistico e urbanistico tra Passignano e Greve-Montefioralle); più un walking non competitivo di 10 km.

La gara lunga è stata vinta da Marco Bellini, un 37enne della Pol. Unione 90, in 3.44:01, quattro minuti abbondanti sul cinquantenne meranese Rudi Brunner, e quasi 12 su Emanuele Quercioli. Dodicesima assoluta, e prima donna, Laura Fanfani (Il Ponte Scandicci) in 4.32:05; seconda (e prima senior) a 40 minuti Eduela Cepele del Cai Prato, che ha preceduto di altri 7 minuti la terza, Eleonora Pucci dell'Isolotto di Firenze.

Netto il dominio nella mezza del 24enne Matteo Rossi (Orecchiella), che con 1.26:34 ha distanziato di 7 minuti Daniele Roccon (Scuola di maratona Vittorio Veneto), e di 11 Gabriele Fiesoli (Pod. Medicea). All'Orecchiella anche il successo femminile, con Annalaura Mugno (1.53:24), dieci minuti davanti ad Alessia Mira (Novatletica) e 13 sulla terza, Federica Vannini (Atl. Castello).

Partenza e arrivo per tutti a Mercatale (frazione a 5 km dal capoluogo S. Casciano, non bellissima a dire la verità, e famigerata per essere stata la residenza di Pietro Pacciani coi suoi compagni di merende, che erano di S. Casciano: onestà cronistica impone di dire che Pacciani è morto da innocente, assolto e in attesa di un nuovo processo, e anche sulla colpevolezza dei compagni di merende c’è più d’un dubbio: https://it.wikipedia.org/wiki/Mostro_di_Firenze#Processo_a_Pacciani).

Alla vigilia è consigliabile visitare i luoghi che non saranno toccati dalla gara, da Impruneta (dove però è quasi tutto chiuso, tranne il duomo alquanto buio), a San Casciano (con due notevolissimi musei all’interno di due vecchie chiese), fino alla Badia di Passignano, che la gara circumnavigherà ma senza farci entrare nel meraviglioso borgo murato e nel monastero vallombrosano; e all’antica pieve i S. Stefano in Campòli, dove il simpatico Proposto locale ti imbastisce una predica tutta fiorentina, che è una delizia ascoltarla (glielo dirò il mattino dopo vedendolo sorridente in zona partenza).

Iscrizione a prezzi concorrenziali rispetto alle corse similari in zona, ben al di sotto della soglia psicologica di un euro a km, e con l’aggiunta non solo di un elevato numero di ristori, ma anche di un pasta party finale, equamente distribuito fra il circolo di Peppone e quello di don Camillo.

Un po’ ristretto il tmax, fissato in 8 ore, con un limite di 5 al km 32; ma ci sarà ampia tolleranza, fino alle 8h49 del pordenonese Luca Scuderi con cui dividerò alcuni km: in tutto sono 131 i classificati, cui andrà aggiunto un numero imprecisabile di ritirati; d’altronde, malgrado la partenza alle 7 con una temperatura di 14 gradi, il sole picchierà costante e farà raggiungere i 27 (l’attrezzo che mi servirà di più, bastoncini a parte, sarà la spugna per levare il sudore che colando mi brucia gli occhi). E quanto all’altimetria, se i dati ufficiali dicono 1392 D+, i miei due Gps scrivono 1577 e 1737… (e le mie gambe concordano).

A concludere i 22 km (che partono un’ora dopo) saranno in 376: insomma, 500 abbondanti credo siano un bel successo, e meritato, anche senza arrampicarsi sugli specchi come fanno molti organizzatori che per far numero millantano i non competitivi, misurati un tanto al braccio. Forse l’unica remora a una partecipazione ancor più numerosa è costituita dall’alloggio, difficile da trovare e soprattutto carissimo: purtroppo è la legge della domanda e dell’offerta, se qui è sempre alta stagione, e dollari e sterline circolano alla grande, gli albergatori si adeguano (mi ritengo fortunato se trovo un hotel a 9 km per soli 160 € a notte).

Vengo alla corsa. I primi 5 km sono prevalentemente in discesa, da quota 290 di Mercatale fino ai 210 del torrente Pesa, e dopo una breve salita, di nuovo giù fino al punto più basso dell’intero tragitto, i 160 m sotto Sambuca al km 10. Da qui conviene inastare i bastoncini perché comincia la salita verso Passignano: al km 18 c’è il primo ristoro completo (il terzo delle serie), dove mi permetto anche mezzo bicchiere di Chianti freschissimo (in fondo, Gastone Nencini vincitore di un Tour, nella borraccia metteva Chianti, mica polverine…). Attraverso altri luoghi ameni (Villa Consuelo, Fonte dei Medici dove tutte le camere dell’alloggio hanno il nome di un vino) si sale a quota 445 del km 20, poi discesona fino al 23 su quelle stupende strade bianche toscane, contornate da uliveti e vigne, con passaggio continuo di pellegrini e ciclisti che ci salutano uno per uno. Segue il giro attorno alla grande badia di Passignano, indi la risalita in un bosco protetto, forse la cosa più paradisiaca vista finora (davvero penso che se morissi adesso, avrei l’estasi negli occhi). 

È il tratto esclusivo per noi ultramaratoneti, il più bello, ma che consumerà almeno i più scarsi, complice anche il caldo: tra il km 27 e il 29 si passa da 290 a 460 metri (il punto più alto del giro), e di nuovo fra il 33 e il 35 da 280 a 430 (il nostro pettorale evidenzia tutto, magari in caratteri un po’ piccini…). Lì per lì non ce ne accorgiamo, perché il passaggio per Montefioralle, sopra Greve (dove c’è anche un agognato rubinetto di acqua fresca) ci convince di essere nel borgo perfetto (ci gioco la mia reputazione, vi sfido a trovare un posto più bello).

All’uscita dal castello si presenta un ristoro, ben fornito pure questo, dove oso chiedere: adesso comincia la discesa? Siii (drizz in di ciapp avrebbe detto Carlo Porta), subito c’è il salitone già citato, dei 150 metri in 2 km, con passaggio vicino all’antichissimo santuario di San Cresci (quanti giochi di parole nelle novelle boccaccesche su questo nome): un ristoro abbandonato offre una brocca d’acqua, ormai caldissima. Per fortuna, al 37, nel bosco, c’è un altro ristoro di lusso, dove mi concedo l’ultimo dito di Chianti, che mi guarisce dalla pesantezza di stomaco causata dal gel preso un’ora prima.

Ultima salita, al castello del Gabbiano (altro luogo di produzione del Chianti, una cui bottiglia sarà nel pacco gara: ma qui, stiamo freschi se speriamo anche solo in una goccia d’acqua). All’uscita dal castello, uno dei numerosissimi addetti ci fa coraggio dicendo ma manca un km e mezzo: mente per la gola, il cartello stradale dice 3, e tre saranno, con discesa fino a 240 metri e poi un centinaio da salire fino al km 46, dopo di che ci faranno grazia di una trentina di metri in discesa, che ci permetteranno di correre fino al traguardo, nella scenografica piazza.

Originale e in tema la medaglia, una terracotta a forma di pàmpino (parola che ci insegnavano alle elementari, per la foglia della vite, ma che i bambini di oggi non sanno più), e scolpito all’interno il gallo tipico di quel vino.

Cento metri per il ritiro borse, spogliatoi e docce (tassativamente separate per sessi) ancora calde, poi rientro in piazza per il pasta party già citato, comprendente fra l’altro una squisita “pappa al pomodoro” che fa venire in mente Gian Burrasca, ma in realtà è un modo saporito e intelligente per non buttare gli avanzi di pane. Immancabile e senza limiti l’ulteriore Chianti, e per chi vuole anche il vinsanto in cui intingere i cantuccini. A quest'ora, siamo santi tutti.

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