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Apr 28, 2018 Ferdinando Cesana 4096volte

La mia 50km di Romagna da pacer

L'arrivo di Cesana L'arrivo di Cesana Foto Cesana

Tra gli amici runner sentivo spesso parlare della 50 km di Romagna: così lo scorso anno decisi di iscrivermi, utilizzandola come preparazione per il Passatore. Purtroppo, però, a seguito di un infortunio fui costretto a saltarle entrambe, quindi tutto rimandato all’anno successivo.

Eccomi così, il 25 aprile 2018, in quel di Castel Bolognese pronto a correre la 50 km di Romagna, gara che mi incuriosisce da tempo perché spesso viene denominata, e a ragione, “il piccolo Passatore”. In effetti, dopo averla corsa, posso confermare che - seppur lunga la metà - le caratteristiche del tracciato sono molto simili a quelle della sorella maggiore. 

Dopo un giro di lancio, si esce subito dal paese per prendere strade di campagna immerse nelle coltivazioni e nella natura: qui la terra viene ancora amichevolmente coltivata e saggiamente utilizzata per produrre frutta e vino, per chi viene dalle zone industrializzate può sembrare d’essere in un’Italia d’altri tempi. 

Oggi è la festa della Liberazione e, con la memoria storica percorrendo questi luoghi non si può dimenticare chi su queste colline ha corso combattendo e magari donando la vita, per l’Italia libera che abbiamo oggi. 

Il percorso è praticamente diviso in due parti, la prima di 30 km quasi tutti in salita che culmina con l’ascesa al Montalbano (certo, non è la Colla di Casaglia, ma il dislivello c’è); poi, giù a capofitto per 5 km su una ripida stradina che disegna con sinuose curve un tracciato per nulla monotono, anzi porta a voltare spesso lo sguardo e ammirare il paesaggio della sottostante vallata, che percorreremo per 20 km, sino all’arrivo posto nella piazza di Castel Bolognese, da dove siamo partiti. 

Ottima organizzazione, come spesso si verifica da queste parti, bravi e compatti gli organizzatori (tutti collaborano), che sanno ancora far vivere e trasformare una manifestazione di corsa in festa del paese. 

La gara

Dopo il ritiro del pettorale, vado a raggiungere il gruppo pacer che per la prima volta compare in questa corsa: durante il tragitto saluto i molti amici che incontro, meravigliandomi scopro essere tanti, a conferma che è una gara partecipata e sentita anche da chi non vive proprio dietro l’angolo. 

Mi è stato proposto di far parte del gruppo dei “palloncini” e ho accettato pur sapendo che è quasi impossibile svolgere bene e regolarmente la funzione di “lepre”; ho molta esperienza in questo ruolo e se prendo un impegno lo voglio onorare come si deve, quindi mi sono studiato a tavolino l’altimetria e il percorso preparandomi una tabella di passaggi ad hoc, sapendo benissimo che non servirò tanto a far tenere il passo regolare ma bensì ad assistere e a motivare. 

Capisco che può essere opinabile la scelta da parte degli organizzatori di fornire tale servizio, ma credo (parere puramente personale anche se non condivisibile) che serva comunque accompagnare sul percorso chi magari ha meno esperienza o - perché no ? - tensione e un po’ di timore di non farcela. 

Avevo chiesto di poter avere un tempo finale alla mia portata, non essendo uno veloce, e così mi viene affidato il gruppo delle “5 ore”; scopro che sono da solo, ma non mi spavento, anzi meglio perché so che devo arrivare al traguardo con la media che mi son prefissato a scopo di allenamento per la mia “avventura” di fine maggio. 

Sin da subito, come sempre faccio, cerco di aggregare i podisti, ci sono delle titubanze, ma, poi, dietro me si forma un bel gruppetto composto soprattutto da concorrenti femminili, sono meno restie a socializzare tra loro, i primi 5 km passano in fretta a un buon ritmo di circa 10 secondi in meno rispetto al passo medio finale previsto. 

Il gruppetto è ben coeso e via via aumenta; ora una quindicina di persone mi seguono, si sente chiacchierare, indicatore di umore alto che non fa pesare la fatica di corsa; dispenso consigli nella gestione di una gara come questa, basati sulla mia esperienza senza entrare nel tecnicismo e noto che sono molto graditi, in quanto tanti mi sollecitano con continue domande. 

La strada è in costante leggera salita e, verso il quindicesimo chilometro, i primi strappi fanno selezione: pur avendo già ridotto il ritmo di circa 20 secondi al minuto (come programmato), non posso rallentare ancora di più e quindi qualcuno si stacca; a malincuore, saluto, incitando per l’ultima volta, continuo con chi mi segue, che ancora tiene bene. 

Ai 25 km, a Casola Valsenio, c’è il giro di boa (metà gara); oltrepassato un ponte, inizia la vera salita, 5 km con 270 metri di dislivello e una buona pendenza.

Rallento ulteriormente per non perdere sin da subito i superstiti del gruppetto iniziale, parliamo ancora - indice che il fiato regge; abitando in un paese posto su un colle e ai piedi di una montagna sono abituato alla salita, ma i miei compagni di viaggio sono quasi tutti di pianura o addirittura “marini”, quindi li sprono a non mollare e a seguirmi con la massima concentrazione, accorciando la falcata e aumentando la frequenza. 

In settimana ho provato una salita simile, anzi più ripida, per capire quanto potevamo perdere in questo tratto e quale passo avrei dovuto impostare per “scollinare” con un ritardo accettabile e recuperabile in discesa, spalmandolo nei restanti chilometri. 

Sulla salita, il mio gruppo corre e superiamo diversi concorrenti che camminano, alcuni di loro prendono coraggio e si aggregano tenendo il passo; raggiungiamo un gruppetto di ragazze che ci avevano passato nei primi chilometri e anche loro si accodano. 

La strada spiana un po’, ma non aumento, so benissimo che è il momento più critico; non mi interessa tenere il passo e il tempo ma mantenere unito il gruppo; questo è il mio compito, assistere! 

Ristoro! E’ finita la salita, tutti tirano un sospiro di sollievo e ci fermiamo un attimo; questa edizione sarà ricordata per il caldo, toccati i 30 gradi, essendo il percorso tutti esposto al sole è fondamentale bere. 

Ripartiamo e affrontiamo la discesa ripida senza forzare perché i muscoli indolenziti dalla salita e dal lattacido possono dare problemi di crampi, aumento il ritmo e con sorpresa noto che tutti tengono, anzi alcuni addirittura si posizionano davanti, riprendono i commenti e le chiacchiere, indice che “ne abbiamo ancora”. 

Recuperiamo molto bene e già dopo 6 km abbiamo annullato il ritardo accumulato in salita, ora la strada è sempre in leggera discesa, ma molto tortuosa, e impone sempre il massimo impegno nel gestire lo sforzo; la fatica inizia a farsi sentire e prima del quarantesimo chilometro ci sono due strappi tagliagambe che, affrontati nella calura odierna, sono ancora più duri. 

I ristori per fortuna in questa ultima parte sono stati aumentati, per dovere di cronaca - senza alcuna critica - devo dire che sino ai 25 km erano un po’ scarsi, ma poi l’organizzazione ha saggiamente recuperato allestendoli ogni 3 km circa, dove ci volevano! 

Sprono due ragazzi alla loro prima 50km, che tengono ancora benissimo il passo, a lasciarmi e ad aumentare un pochino il ritmo, loro ringraziandomi vanno, “beata gioventù!”, come dicevano i nostri nonni. 

Oramai siamo al 45°km e rimasti in cinque, tutti abbastanza provati perché oggi è veramente dura, ma troviamo il coraggio e l’animo di parlare, anelando il traguardo percorriamo l’ultimo pezzo che attraverso le stradine del paese ci porta in piazza, sentiamo il vocio, le parole dello speaker e incrociamo chi ha già finito che ci sprona; ecco la folla della piazza gremita che ci attende. 

Un’occhiata al cronometro, sono un pochino in anticipo, ma va bene così, dovevo accompagnare ed ho accompagnato sino in fondo i miei odierni compagni di viaggio ; cerco con lo sguardo oltre le transenne chi pazientemente mi sta aspettando da questa mattina, rallento per la foto di rito e lascio un sorriso anche come segno di ringraziamento. 

E’ finita anche questa, sono contento perché ho gestito bene la mia corsa e i vari gruppi che via via sul percorso si sono formati: un buon allenamento per il Passatore, ma soprattutto un’altra giornata di condivisione di una passione. 

Mi appoggio alla transenna perché un’emozione liberatoria mi sale “da dentro”, sento una pacca sulla spalla, sono i due ragazzi fuggiti via che mi ringraziano; mi mettono la medaglia al collo e avvicinandomi al ristoro finale sento chiamare, mi giro e subito mi arrivano due cinque con il palmo della mano e le parole: “Grazie, senza di te non avremmo fatto questo tempo, ci hai portato all’arrivo!”. La vera medaglia per me è questa.

 

 

 

 

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