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Ott 15, 2018 Massimo Muratori 2788volte

Pievepelago (MO) – 2° Lago Santo Mountain Race

La partenza La partenza Italo Spina

14 ottobre - Quarta ed ultima tappa che completa il poker di gare del Circuito Trail dei Parchi (le precedenti sono stati i trail di Roccamalatina in aprile,  Fanano in luglio, Corno alle Scale un mese fa), questa Lago Santo Mountain Race si è rivelata, alla sua seconda edizione, per essere una gara ‘breve’, assai impegnativa.

In una limpida giornata di sole con temperature ideali né fredde né calde (5 gradi alla partenza, 10 nel pomeriggio) si sono corsi 22 km (forse con qualche centinaio di metri di giunta) e 1.620 metri di dislivello positivo (rispetto ai 1.500 dichiarati), grazie alla variante inserita dal tracciatore/balisatore, al secolo Francesco Montanari, che costituisce ormai una sicurezza a doppio senso. La certezza che sul percorso sarà impossibile perdersi, ma l’altrettanta sicurezza che il nostro sarà stato capace di inserire tratti di vere scalate, le più impervie possibili e con pendenze importanti che, più in discesa che in salita, richiedono grande attenzione e tonici adduttori.

Mud e Snow: un marchio di fabbrica che ormai vuol dire ottima organizzazione, degna di corse dai nomi altisonanti e che chiedono “punti” ( neanche fossimo al supermercato) e “fondo schiena” (metaforicamente) ben strutturato per pescare la carta giusta dal mazzo ai vari sorteggi: qui no, ti puoi iscrivere solitamente con un obolo inferiore alla media (oggi 21 euro fino a tre giorni prima, 27 sul posto), e puoi correre belle gare con servizi di qualità.

A dire il vero, e per non venire tacciato di eccessiva bonomia, ieri ho sentito voci di alcuni ritardi nel ritiro delle borse nel pregara, che han fatto sì che alcuni concorrenti partissero in ritardo, e di docce fredde per chi ha sfruttato quasi tutto il tempo max per tagliare il traguardo. Personalmente non posso testimoniare in tal senso, avendo lasciato la borsa in auto (a 10 metri dalla partenza ) e avendo, come mio solito, gestito in autonomia la pratica  doccia con tanica e acqua calda portata da casa.  

Il percorso di questa seconda edizione presentava alcune varianti già dalla partenza, posta in prossimità del parcheggio e non più sulle rive del lago, che venivano quindi raggiunte dopo un trecento metri di salita, utili per scaldare il motore per i veri atleti, e per rischiare il fuori giri per i meno allenati come il sottoscritto. Una volta ripreso fiato iniziava un primo km a costeggiare il lago per portarsi all’inizio della prima ascensione al Monte Giovo che con i suoi 1.991 metri segnava il punto più alto della corsa (partita a quota 1500).  Salita ripida e impegnativa ma non lunghissima (2 km) e affrontata con energie fresche, e avendo in più il merito di permettere una bellissima vista sul sottostante Lago Santo prima, e poi un panorama a 360° una volta in vetta.

http://www.podisti.net/index.php/component/k2/item/2632-14-10-2018-pievepelago-rifugio-vittoria-del-lago-santo-modenese-a-1500-mslm-mo-2-edizione-lago-santo-mountain-race.html

 

La successiva, lunga discesa dava modo di rifiatare, mantenendo però alta la concentrazione causa fondo sassoso e impervio dove non tutti potevano mantenere alte velocità. Diverso discorso una volta raggiunto il versante toscano, dove per molti km  si è corso su comode strade forestali e bellissimi sentieri monotraccia con frequenti su e giù rimanendo sostanzialmente sui 1100 metri di quota. È questo un tratto che può costituire un’insidia per chi si lanciasse a “briglia sciolta”  approfittando della comodità del tracciato e dando fondo a tutte le energie. La vera gara sarà negli ultimi 7/8 km. 

Dopo aver ripreso la salita, sempre però su comodi terreni e pendenze tranquille, al km 15,5 si raggiunge l’ultimo ristoro dove è utile fare il pieno di liquidi e cibi solidi, visto che ora si farà sul serio: la pendenza all’interno del bosco si impenna decisamente iniziando a fare selezione tra chi prima aveva esagerato in velocità; alcuni minuti di notevole impegno per sbucare alle pendici del monte Rondinaio (quota 1960: ce ne sono due e si sta prima sull’uno poi sull’altro), un breve tratto di stretto sentiero tra cespugli di rododendri e ginepri, e tonnellate di mirtilli al perfetto punto di maturazione, e si riprende la marcia di avvicinamento alla scalata finale che ci porterà in vetta. Già in queste poche centinaia di metri si registrano alcune defaillances  di  concorrenti che, in debito di ossigeno ed energie, procedono a passo talmente lento da permettere al sottoscritto di sorpassarli.

É  però negli ultimi 50/60 metri, praticamente verticali su rocce, che si hanno dei veri e propri black out con gente ferma a riprendere fiato: una volta giunto in vetta con il mio comunque lento incedere saranno più di una decina le posizioni guadagnate, e che non perderò più fino al traguardo : le magre consolazioni dell’avere i capelli grigi.

Nella successiva discesa ci saranno un paio di brevissimi passaggi da non sottovalutare in quanto in parte esposti e non proprio agevoli: forse una corda di sicurezza avrebbe reso le cose più tranquille, la  ragazza e il ragazzo del Soccorso Alpino posti al termine del breve tratto mi hanno certificato che più di un concorrente ha rivolto “speciali apprezzamenti“a chi aveva disegnato il percorso.

Tutta la rimanente discesa sarà comunque piuttosto impegnativa , “tecnica” come dicono gli esperti, o per dirla alla Giovanni Storti del famoso trio

“piena di sassi e buche che se sbagli un passo non sai dove vai a finire”.

Ad ogni buon conto questo è il trail e se non piace ci sono fior di gare su strada.

 

[Fabio Marri] Da partecipante, aggiungo a questo resoconto del tutto condivisibile (tranne l’eccessiva modestia ‘agonistica’ dell’autore, che tanto per cambiare, oggi mi ha rifilato un’oretta) qualche postilla da cor-camminatore di retrovia, spesso più interessato a far foto che a continuare il cammino.

Il giro è bellissimo, lo sa anche Roberto Mandelli che da ragazzo ci passava le vacanze: non a caso ha fatto il pieno di partecipanti (quasi 300, di cui 272 arrivati, solo tra i competitivi; più svariate decine di non competitivi); duro e ‘tecnico’, quasi mai pericoloso salvo che qualcuno non anteponesse il piazzamento alla sicurezza personale. I sentieri sono tutti classificati E dalle guide CAI, anche se in un paio di casi, verso la vetta del Rondinaio, è stato opportuno usare anche le mani per arrampicarsi (il che tecnicamente farebbe scattare il 1° grado alpinistico… ma non facciamo del vittimismo!).

È purtroppo fondata la lamentela sul ritardo nelle operazioni di iscrizione e susseguente consegna borse: continuo a non capire perché la consegna dei pettorali non sia distinta tra chi si è già iscritto e chi invece deve compilare moduli e certificare ecc. Di conseguenza, chi voleva usufruire del deposito custodito (ehm ehm) delle borse, perché la sua auto dato l’affollamento era parcheggiata 500 metri sotto, si metteva in una seconda lunga coda, dove in qualche decina di casi si è usciti dopo che era già stato dato il via. Pazienza, mi sono detto ricordandomi i chip di Chicago la settimana scorsa: sotto l’arco del via c’è il tappetino chip, il tempo finale sarà il real. Ciccia! Qui siamo in Italia, alla fine mi hanno affibbiato il tempo sporco; e allora capisco un po’ di più le maledizioni prettamente toscane che ho sentito lanciare da colleghi podisti alla mia altezza cronometrica.

Confermo la perfetta segnatura del tracciato (come nella Bologna di Dalla, non si perdeva neanche un bambino), e come tratto pittoresco segnalo che le due ‘scope’ di lusso, nientemeno che le Loro Maestà Samain e Boilini (due che hanno finito il Tor des Géants), sono arrivate dopo gli ultimi reggendo enormi sporte di nastri, staccati uno per uno dai luoghi dove erano attaccati (ma i pallini arancioni messi sui sassi, li avranno cancellati?). In casi come questi, sarebbe utile che i segnali divenissero permanenti, a rinforzare gli sbiaditi segni biancorossi del Cai.

A proposito di segni, intorno al Rondinaio sono apparsi quelli dell’ “Alta via dei parchi” (vedi foto 35): bella idea, naufragata miserabilmente nel trail mega-galattico abortito a inizio settembre, come la rana della fiaba che voleva farsi bue.

Confermo anche l’allerta lanciato dalla sorvegliante sotto il Rondinaio: a noi che cercavamo conforto, insisteva che “la Sella del Rondinaio non perdona!”; al che le ho chiesto se, per completare, voleva anche avvisarci che sarebbe scesa la neve (infatti il cielo si stava coprendo). In effetti la discesa solo raramente ha consentito a noi di lasciar andare le gambe: il sentiero è bellissimo per camminatori, ma i sassi sconsigliano andature troppo elevate. Dopo di che, bravi anzi superumani i primissimi, Daniele Pigoni (2.25) e Ginevra Cusseau (2.58); augurando loro, e a quelli appena dietro, che fra una decina d’anni non si trovino a frequentare gli ortopedici per lesioni varie e irreversibili: o dite che sia meglio un giorno da leoni piuttosto di trent’anni di maratone a 6/km e di trail a 12/km?

Tempo massimo, si diceva, di 6 ore e mezzo: lo speaker/disc jockey aspettava tutti, il tabellone luminoso funzionava fin verso le 7 ore: ma una decina di poverelli giunti dopo la deadline non sapevano che i cronometristi li avrebbero cancellati, con la sigla DNF che non è tecnicamente veritiera perché loro hanno “finito”. Tra le castigate c’era la moglie del fotografo storico del trail modenese (quello che ci ha concesso la foto di copertina; lei appare nella nostra foto 11), vedremo se ci saranno rappresaglie.

E addirittura c’è una squalificata, la signora più volte ripresa nelle nostre foto perché si è trovata a correre spesso nei miei paraggi: beccata all’inizio senza borraccia (unico “materiale obbligatorio” della corsa, oltre al cellulare peraltro inutile perché in tanti punti non prendeva), è stata sanzionata da subito, e ha corso sempre sub iudice. Io avevo la borraccia, ma l’ho riportata piena al traguardo, stante la presenza di due ristori e di un paio di fonti naturali lungo il tracciato.

Classifica:

http://www.podisti.net/index.php/classifiche/6341-lago-santo-mountain-race.html?date=2018-10-14-00-00

In campo linguistico, coloro che pretendono il rispetto assoluto delle regole grammaticali, senza deroghe (“si dice Egli, non Lui!”) , sono internazionalmente chiamati “grammar-nazi”: qui, fate voi. Nella trumpiana Chicago hanno classificato gente arrivata due ore dopo il tmax. Al Lago Santo per dieci minuti l’hanno invece mandata all’Inferno, dalle cui ustioni peraltro si poteva scampare andando alle docce: prefabbricato eroicamente trasportato fin quassù, con un boiler elettrico di almeno 300 litri, ma che all’arrivo degli ultimi, e anche dei penultimi, malgrado la scarsa frequentazione offriva acqua sì e no da bere (la mia impressione è che avessero staccato, o fosse saltata la corrente).

Perlomeno erano caldi la polenta e il caffè serviti gratuitamente, per gli iscritti, oltre a un ristoro finale grandioso e per tutti. Ma sì, diamogli pure un bel voto, ma i crononazi potrebbero starsene a garantire la maratona di Carpi.

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