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Mag 18, 2023 padre Pasquale Castrilli 1579volte

Il tempo passa: accettarsi e correre comunque nella gioia

Correre ovunque... Correre ovunque... R. Mandelli. Dal museo di William Govi, Albinea (RE)

Lettera ad un amico podista master sul valore della corsa per la nostra vita. Per liberarsi da una “trappola mentale” che spesso condiziona: l’immagine di sé stessi.

Caro amico amatore “master”,

il tempo passa e la nostra passione per la corsa resta intatta, ma a volte subisce il rischio di essere intaccata dai …virus. Uno di cui vorrei parlarti è il confronto con il “me stesso” del passato, con l’immagine che ci siamo creati di noi e che pensiamo sia quella che hanno anche gli altri colleghi corridori.
Smascherare questo virus ci è utile per ritrovare la forza e la gioia della corsa a piedi.
Voglio cominciare subito da un dato sul quale forse non sarai d’accordo. La conoscenza del mondo dei master e l’esperienza sul campo dice che il miglior tempo cronometrico sulle distanze lunghe lo si ottiene ai primi tentativi. In maratona direi che si può raggiungere il record personale tra la terza e la sesta maratona; sulla mezza probabilmente tra l’ottavo e il dodicesimo tentativo. Altra cosa sono le distanze più brevi dove possono esserci molte più variabili. In altre parole molti corridori (anche top runner) hanno ottenuto il proprio PB in uno dei primi tentativi sulla distanza. Il tempo di prendere le misure e di fare i conti con le proprie possibilità, di impostare allenamenti e alimentazione ed arriva il record personale sulla distanza, giusto coronamento di tanti sacrifici.

La domanda è: “possiamo sempre correre una gara con l’intenzione di fare il nostro record personale e con la conseguente frustrazione di non ottenerlo?”. Tra i quarantacinque e i cinquantacinque anni c’è un calo fisico sostanzioso in termini muscolari. Gli allenamenti di sempre non ci danno più i risultati soliti, e anche se li aumentassimo non otterremmo grandi benefici. Diminuisce la massa muscolare, i tempi di recupero si allungano, aumentano gli acciacchi. Alimentazione corretta ed esercizi di forza aiutano senz’altro a mantenere la forma, ma non ci possono togliere gli anni che passano inesorabili.

E’ utile accettare serenamente il tempo che passa. E’ utile staccarsi dall’immagine che abbiamo di noi stessi e dalla “reputazione sportiva” che dobbiamo difendere e mantenere a tutti costi. Non dobbiamo, in altre parole, dimostrare niente a nessuno. Ho un amico che non si è presentato alla partenza di una bella 10km cittadina, perché riteneva di non essere in forma e di non avere “nelle gambe” il tempo per andare sul podio di categoria. Scorrendo la classifica di quella gara, dopo l’arrivo, si è morso le dita: ha scoperto, infatti, che sarebbe tranquillamente arrivato primo di categoria!
Un altro amico, davvero forte, ha cominciato ad avere infortuni: uno dietro l’altro. Non è riuscito a gestirli a livello mentale (oltre che fisico evidentemente), ma soprattutto ad accettarli. Non ha capito che è necessario correre più lentamente per evitare quelle ripetute circostanze che arrivano con una certa puntualità. Che è opportuno ridimensionare i traguardi sportivi il che non significa accontentarsi, ma continuare a dare sempre il meglio di sé.

Aspettare che tutto sia perfettamente a puntino prima di mettere un pettorale e correre una gara significa correre in una o due manifestazioni all’anno… Il tempo corre e tu continui ad inseguire una chimera! Iscriviti ad una gara per la gioia di correre, di incontrare amici, di passare una bella domenica. Cosa importa se hai avuto contrattempi, se non hai non hai fatto alla lettera tutta la tabella degli allenamenti previsti?

Penso che nella corsa, come in altri ambiti della vita, può essere utile reinventarsi. Non c’è un solo modo per vivere, ma molteplici, non c’è un solo modo di eseguire un lavoro, né di interpretare la corsa a piedi. Questa presenta molte sfaccettature e infinite possibilità. Si possono affrontare gare in montagna dopo aver corso per una vita su strada, si può iniziare a praticare il triathlon, si può accedere ai corsi di formazione per diventare allenatori o giudici di gara, si può scrivere sulla corsa, si può affiancare un figlio o un amico e introdurlo alla corsa condividendo la nostra grande esperienza… Sono proprio tante le possibilità. Se la nostra mente si ‘restringe’ sui ricordi gloriosi o sugli infortuni, noi possiamo provare ad ‘aprirla’.

La corsa è bella solo se realizzo record e vado sul podio? Posso migliorare i miei tempi all’infinito? Posso tirare continuamente la corda? Certo che no! Bisogna forse arrendersi e trovare nuove forme per vivere lo sport che ci appassiona da tanti anni e non toglierci (con le nostre stesse mani) i benefici (enormi) che la corsa a piedi porta nella nostra vita. Il valore della corsa è molto di più di un podio e di un cronometro! Molto di più di un’immagine di noi stessi dalla quale non riusciamo ad affrancarci.

Ad una recente “6 ore” ho corso una decina di chilometri con un atleta molto forte. Ha partecipato a maratone in tutta Europa, a gare estreme, ha corso lunghe distanze… Il suo nome è ben conosciuto nell’ambito degli amatori. Era entrato in una sorta di spirale che prevedeva tabelle massacranti, gare su gare, competizione esasperata con gli altri e con se stesso. Un paio di volte si è ritirato a metà gara perché il suo tempo non era all’altezza della sua fama. Gli infortuni sono arrivati e si sono cronicizzati… Ha lavorato parecchio sulla sua mente. Ha accettato ad esempio di alternare la corsa alla camminata veloce, di diminuire il numero delle gare, di smarcarsi dai ricordi belli (ma condizionanti) del passato. Gli ho fatto i complimenti! Vederlo a quella “6 ore” è stata una vittoria forse più importante dei suoi numerosi podi del passato. Quel giorno ha corso con saggezza e impegno e a al termine ha portato a casa 50 chilometri!

Il tempo scorre e noi non possiamo diventare schiavi, ma dobbiamo essere sempre più liberi.
Ti auguro il meglio, caro amico master, sia da un punto di vista sportivo che umano.

Pasquale