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Lug 07, 2025
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Ma è proprio “gentile” chi si dà al “jeffing”?

Ma è proprio “gentile” chi si dà al “jeffing”? Corsera Salute, 6.7.25, p. 51

L’estate è la stagione più problematica dei giornali, impegnati a riempire le pagine con qualsiasi contenuto, pur di raggiungere quel 30% di testo che consente di buttarci dentro non oltre il 70% di pubblicità ammesso a certe condizioni. E spesso non basta parlare del caldo o dell’esodo o fare traino nascosto a qualche ristoratore, negoziante, cineasta o Proloco, e si è costretti a riciclare, magari fingendo di dire cose originali. Ecco dunque l’inserto “Salute” del “Corriere” di ieri, domenica 6 luglio, che oltre alle raccomandazioni sui cibi sani e proteici e su come prevenire l’artrite, lancia una grande novità per noi podisti, “Il Jeffing. Rivoluzione gentile del jogging”.

L’autrice è nientemeno che Anna Fregonara, che compie gli anni il giorno di Sant’Ambrogio (quest’anno saranno 55), laureata a Milano in Lettere con 108, avvenente nutrizionista bionda, titolare del blog duevoltesano, e da qualche anno firma fissa del Corriere e delle edizioni Cairo. E per di più, anzi soprattutto (dal nostro punto di vista), si dichiara “maratoneta” (tesserata per l’Atletica Lambro, il sito Fidal le attribuisce 5:15 alla maratona di Firenze del 2024, e 2.28 alla mezza di Milano del marzo scorso). Dunque, il meglio della competenza teorica e pratica.

Eccola dunque raccomandare sul primo quotidiano d’Italia il “metodo Jeffing”, questa alternanza tra corsa e camminata che sarebbe stata lanciata nel 1973 da Jeff Galloway, “ex olimpionico statunitense”. La definizione della Fregonara è ripetuta anche nella didascalia della foto, ma non per questo cessa di essere errata: un “olimpionico” non è mai “ex”, la sua vittoria resta per sempre, non è come un primato destinato a essere cancellato. E poi (lo ripeto, anche se so che non tutti sono d’accordo e il malvezzo persiste), “olimpionico” è chi ha vinto (nike, nikao come avrebbe detto Fidippide arrivando ad Atene) una olimpiade, non chi vi ha partecipato: nelle fonti inglesi, Galloway è detto semplicemente Olympian o Olympic athlete; partecipò infatti alle olimpiadi di Monaco 1972, sui diecimila metri, finendo  11° su 16 nella prima eliminatoria col tempo non trascendentale di 29:35 che gli costò l’immediata eliminazione e gli sarebbe valso dai due ai tre doppiaggi se si fosse trovato di fronte al vincitore della finale, Lasse Viren.

Se fosse vero, come avalla la Fregonara in chiusa di articolo, che a 80 anni ha “esattamente le stesse misure che aveva alle Olimpiadi”, questo sì che sarebbe un portento: ma bisogna vedere che parola inglese corrisponde alle nostre “misure” (i giornalisti italiani hanno poca fantasia nel tradurre dall’inglese, indulgendo alle cosiddette “traduzioni servili” come tariffe o deportare).

Quanto alla novità della procedura di allenamento, a parte che il vangelo per principianti “corri un minuto e cammina uno, poi corri due minuti e cammina uno” ecc., lo si legge da almeno vent’anni in tutte le tabelle, incluse rivendicazioni di proprietà e accuse di plagio, gli stessi concetti dell’articolo del Corriere sono esposti da mesi nel “Men’s Health” italiano https://www.menshealth.com/it/fitness/ginnastica-esercizi/a64228571/jeffing/ (aggiornamento 26.3.2025), compreso il paragone col fartlek. Scrive “Men’s Health” (che cita correttamente la sua fonte nel “Journal of Science and Medicine in Sport”): Per molti versi, il jeffing è la versione più pedestre di un altro approccio di allenamento dal nome misterioso: fartlek. In svedese, "gioco di velocità", fartlek è un termine per una sessione continua e non strutturata composta da intervalli a ritmo misto. Riscrive il Corriere: Il jeffing presenta somiglianza con il fartlek, che in svedese significa ‘gioco di velocità’ (ma aggiunge che sarebbe per atleti evoluti, mentre il jeffing è per tutti).

Quanto al termine ‘nuovo’ che si vorrebbe imporre, entrambe le fonti precisano che si tratta di derivato dal prenome di Galloway: lo diceva già l’ennesimo libro sulla corsa per le donne, Run Mummy Run: Inspiring Women to Be Fit, Healthy and Happy, di Leanne Davies e Lucy Waterlow (2018, cap. 2).

In attesa che i dizionari online più aperti ad ogni sozzura neologistica lo includano, “Men’s Health”, evidentemente più a conoscenza dello slang, avverte: Jeffing non ha niente a che fare con le parolacce. Excusatio non petita, perché lo dice? Dai dizionari storici si apprende che il jeffing era un gioco d’azzardo praticato un tempo (oggi però almost entirely out of practice, secondo l’autorevole dizionario inglese di Oxford) lanciando in aria delle specie di dadi che su una faccia avevano incisa una tacca, che doveva restare sul lato alto. Se andava male, la parola jeffing assumeva un significato affine al termine usato da Fantozzi per la Corazzata Potemkin.

Probabilmente da ciò, o dal comportamento del giocatore perdente (ma ammetto di non aver trovato spiegazioni convincenti) si è diffuso il modo effing and jeffing, qualcosa come “urlare e imprecare”: il traduttore Reverso di Google (https://context.reverso.net) porta vari esempi, tra cui He started effing and jeffing and, "Anybody mentions the effing photofits to me again, they'll be doing traffic for the rest of their service, tradotto "Cominciò a urlare e imprecare: "Chiunque menzioni ancora quel c* di identikit, dirigerà il traffico per il resto della sua carriera" (suppongo sia la minaccia di un capo-poliziotto ai suoi dipendenti).

Insomma, un po’ come se dagli insegnamenti dell’ottimo Gianni De Madonna si traesse, in Italia, un verbo “madonnare”. Collega Fregonara, tu chiamalo, se vuoi, un modo gentile.