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Gen 17, 2021 padre Pasquale Castrilli 2643volte

Virus-virtus: dalla pandemia alla ricerca di un nuovo stile podistico

Allenamenti pre-gara all'Arena di Milano Allenamenti pre-gara all'Arena di Milano Roberto Mandelli

La grande attesa. I runner hanno cominciato l’anno con la sospensione nel cuore. Scrutiamo il futuro e lo vediamo a tinte scure, ci incolliamo ai siti delle gare per vedere se sono confermate e ogni volta che leggiamo che una manifestazione si è svolta con una certa normalità esultiamo con convinzione. Cominciamo ad essere stufi dei raduni virtuali. Non siamo fissati con la competizione a tutti i costi, ma il desiderio di correre insieme è grande. Ci mancano le sveglie all’alba (o prima) delle domeniche mattina per raggiungere il luogo di gara, il riscaldamento, i ristori, l’incontro con i vecchi amici…

Dobbiamo attendere, non c’è altro da fare. E’ necessario avere pazienza, calma e sguardo lungimirante. Coltiviamo un desiderio di normalità che la situazione dell’emergenza sanitaria sembra aggredire. La chiusura forzata ha modificato la nostra vita, i ritmi e le abitudini. Nei mesi della prima emergenza siamo stati privati di uno dei gesti più naturali che esista: l’attività sportiva, la corsa. Settimane senza allenamenti, con una motivazione calante, senza appuntamenti con gli amici nei fine settimana… Gli allenatori e i preparatori atletici hanno provato a sostenere gli atleti prodigandosi in consigli a distanza su esercizi da fare tra le mura domestiche per non perdere la forma e la forza. Alcuni hanno consigliato anche tapis roulant, ellittica o spin bike.
Ma fare attività all’aperto è un'altra cosa. Lo abbiamo capito nell’estate 2020 che ci ha visti di nuovo liberi (troppo?).

Non è facile entrare in un altro format podistico. Per rintracciarlo, in mezzo alle varie ondate del virus, è utile forse cogliere messaggi e buone prassi che scaturiscono da questa situazione, per trovarci pronti ai nuovi scenari.

Ci insegue un virus piccolo e potente, abbiamo paura, siamo minacciati da qualcosa che è infinitesimale ma molto più grande di noi. La parola virus viene dal latino e significa veleno: siamo ostaggi di un parassita. Abbiamo dovuto arrestare le nostre attività, cercare spazi in casa o in giardino, qualche centinaio di metri da ripetere su e giù continuamente, anche una rampa di scale... Tuttavia questa situazione straordinaria, la prima di dimensione planetaria dopo le due guerre mondiali del secolo scorso, ci fa riflettere sul senso della vita, sull’importanza delle “piccole cose” da non smarrire. Su dimensioni e atteggiamenti virtuosi. Ecco allora che si affaccia un’altra parola che ha una sola lettera di differenza dalla precedente. E’ la parola virtus che, sempre dal latino, indica “la disposizione d’animo a compiere il bene”.

Proviamo allora a raccogliere le virtù del tempo di clausura da Covid-19, a non disperdere il patrimonio di questa situazione nella quale ci troviamo.

L’umiltà: nuove possibilità

Il tempo intenso dell’emergenza rende più umile lo sport, meno frenetico, più lento, più sereno. Le gare virtuali, che non hanno trovato la simpatia di tutti i podisti, sono state una maniera per dare consistenza a questo sguardo un po’ più disincantato. A fine maggio dello scorso anno accompagnavo l’amico don Vincenzo Puccio in una 100km, corsa in due giorni: un atleta di livello che in altre situazioni non si sarebbe mai imbarcato in un’impresa del genere.

La flessibilità: imparare a differenziare

Gli allenamenti vanno differenziati: non possiamo e non dobbiamo spingere sempre al massimo. Bisogna alternare sedute a ritmi cardiaci elevati a sedute di allenamento meno intenso. Nei lunghi mesi di chiusura abbiamo colto l’occasione per curare alcune dimensioni che avevamo forse trascurato, ad esempio la tecnica di corsa, il potenziamento e lo stretching. Gli esercizi di tecnica sono importanti (in ogni disciplina) e non hanno bisogno normalmente di grandi spazi per essere eseguiti. Anche gli stiramenti, che molti trascurano, sono utili prima e soprattutto dopo l’allenamento.

La situazione che viviamo ci obbliga a rivedere pianificazione e preparazione a gare che costituivano probabilmente un importante traguardo stagionale. Però… l’assenza di competizioni non è solo un danno che ci provoca nervosismo. La sosta pandemica ci rende reattivi e pronti al cambiamento, sia mentalmente che fisicamente.

La consapevolezza: no alla paura della solitudine

Correre da soli, osservando il distanziamento, sembra l’unica possibilità per continuare a correre. Chi è abituato alle uscite di gruppo ha forse qualche difficoltà. Ma la solitudine non è solo un problema, un limite: può essere un’opportunità. Ci fa bene di tanto in tanto stare soli con noi stessi nel silenzio. Anche in gara spesso siamo soli; è una grande possibilità per dialogare, incontrare se stessi e conoscersi. Non si tratta di chiudersi rifiutando gli altri in una sorta di ripiegamento egoistico, ma di consapevolezza per trovare la pace e dialogare con la nostra coscienza.

La responsabilità: i comportamenti virtuosi

Lavarsi spesso le mani, evitare gli assembramenti, indossare la mascherina… Ma tra i comportamenti virtuosi vanno inseriti anche comportamenti mentali che ci aiutano a non farci prendere da ansia o disperazione. In questo anno sono circolate tante false informazioni (fake news) sul virus e sui contagi. Abbiamo compreso che è fondamentale cercare un’informazione autorevole fondata su fonti sicure in modo da essere realisti e coltivare speranza e ottimismo.

Guardando al futuro

Vivere bene le vicende ordinarie del quotidiano. L’attività sportiva può senz’altro contribuire ad una ripresa individuale e sociale non solo dopo la pandemia ma anche durante. La corsa (e anche noi che la pratichiamo) esce trasformata dalla ferita della pandemia.
Ci poniamo due domande per concludere. Quali sono state le difficoltà maggiori di questo periodo, nella mia vita personale e sportiva? Ci sono benefici che riscontro e che scaturiscono da questo periodo di “chiusura”? Una sincera risposta ci aiuterà a togliere il veleno e a dare spazio al bene.

 

 
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