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Nella Repubblica ideale di Platone, o in quella di padre Cristoforo, ma anche in quella di De Coubertin, non ci sono né ingaggi né premi. Ti piace correre? va dove ti porta il cuore. Ti piace il guadagno? va a lavorare.
I premi nello sport sono anche e soprattutto un incentivo al doping.
E sarebbe da vedere se la presenza di un campione dal cognome impronunciabile, che tra un paio d'anni nessuno ricorderà più, aggiunga davvero fascino a una gara (a parte il discorso delle "labels", che è solo questione di pubblicità, cioè di soldi e di manipolazione della pubblica opinione). Venezia è meno bella se la vince un pedalatore da 2h25, uno che dal lunedì al venerdì va in fabbrica e si allena nei ritagli di tempo?