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Per evitare che i podisti altoatesini facciano come gli italiani il 25 luglio 1943, quando si riversarono per le strade al grido, più o meno, di “liberi tutti”, sarà meglio rileggere l’intera ordinanza (di cui i lettori di Podisti. net sapevano già dalle 0,20 di sabato), e in particolare i primi tre articoli, nei quali l’eccellente Krompatscher stabilisce:
"1) che sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e, in ogni caso, è fatto divieto a tutte le persone di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un Comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza, ovvero per motivi di salute.
2) che, allorquando si è all’esterno della propria abitazione per uno spostamento o per un’attività consentita e vi sia la possibilità di incontrare persone che non appartengano al proprio nucleo familiare convivente, le persone adulte e quelle in età scolare debbono coprirsi naso e bocca. Per i bambini non in età scolare, il predetto accorgimento è raccomandato;
3) sono chiuse alla pubblica circolazione le piste ciclabili e gli itinerari ciclopedonali di cui D.P.P. 20 settembre 2007, n. 50, nonché le reti ciclabili di carattere comunale o sovracomunale. È fatta eccezione per gli spostamenti necessari per esigenze lavorative".
Dunque bene benissimo (con juicio), tranne forse per il “medico dell'Istituto di Medicina dello Sport della FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana) nonché Coordinatore Regionale Antidoping Sardegna della stessa FMSI”, che professa, col pieno consenso dello stesso autore di questo pezzo, la dannosità delle mascherine, e ritiene sufficiente la distanza interpersonale di un metro (che invece parrebbe molto scarsa in caso di gente che corra).
Dunque gli altoatesini possono correre fuori casa, ma non sulle piste ciclopedonali né fuori del proprio comune, e devono mettersi davanti a naso e bocca, diciamo, una sciarpa o uno scaldacollo (se usassero la mascherina, seppur raccomandata da decine di specialisti e il cui obbligo si va estendendo di regione in regione, attenzione all’ “alcalosi” pronosticata dal medico dell’antidoping sardo).
Concordo nel plaudire all’ordinanza (capace di vincere i precedenti dubbi ‘costituzionali’ dello stesso autore: “mi domando come possano emettere una norma meno restrittiva del Decreto della Presidenza del Consiglio che per la logica generale della gerarchia delle fonti dovrebbe prevalere”); e spero anch’io che in tutta Italia un provvedimento del genere sia presto copiato.