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Ho sott’occhio i due ultimi numeri di una rivista relativamente all’esordio (siamo al numero 3 datato aprile e al numero 4 datato giugno, la cui copertina Mandelli si è divertito a moltiplicare: il periodico è bimestrale, il prossimo numero è in uscita per il 20 luglio; ne esiste anche una versione online, muoversimagazine.it, e per acquisti c’è shop.editorialecec.com).

La fucina da cui l’opera viene fuori è quella rinomata di Luca Speciani, podista, medico, dietologo, giornalista e tante altre cose, che già edita altre riviste non banali ed ha almeno una pagina Fb con cinquemila amici (https://www.facebook.com/luca.speciani). Dunque ci si può aspettare uno stile rigorosamente argomentativo, ma piano e accattivante, fatto meno per gli specialisti da 3’30”/km che per i profani, i sedentari che decidono di “muoversi”, di svolgere attività fisica, senza puntare come prima tappa alla maratona di New York o all’UTMB.

Perché muoversi è salute (correre, senza estremismi, lo è ancora di più), è il recuperare la vita sana, non dirò del Neanderthal o dell’Homo sapiens - comunque born to run -  ma quella dei nostri progenitori, che si spostavano a piedi, mangiavano i prodotti della natura e andavano a letto con le galline. Abitudini che la nostra civiltà evoluta ha smarrito, coi risultati che si vedono: la vita media aumenta, ma soprattutto perché si inventano sempre nuove medicine e terapie che ti tengono in vita a qualunque costo e senza dignità.

Appunto al “correre o camminare” è dedicato il prologo del direttore editoriale Speciani nel n. 3: non c’è contraddizione tra le due cose, occorre solo “muovere il proprio corpo nel modo più gioioso e stimolante che madre natura concede”, per “divertirci e stare bene con noi stessi, con il nostro corpo, con i nostri cari (condividendo il muoversi come attitudine sociale vera, non artificiale) e a contatto stretto con la natura”.

L’arte del “correre in modo nuovo e divertente” è declinata nel fascicolo in varie articolazioni, come le corse a ostacoli (soprattutto quelle in ambienti naturalmente selvaggi), il fartlek, il nordic walking, l’orienteering, il cammino di Santiago e le ascensioni alle Grigne, il triathlon e la tapasciata col solo scopo di arrivare in fondo buttando giù forse qualche etto. Arte sorretta dal Pilates (purtroppo noi podisti-podisti ci accontentiamo di correre e basta) e coadiuvata dalla sana alimentazione, il tutto ad accrescere anche il nostro potere immunitario facendo a meno della chimica (come da anni raccomanda Speciani).

Il numero 4 arricchisce e completa i temi accennati sopra: “perché muoversi fa bene”, “la corsa è meglio di una medicina”; fisioterapia, pesi e cardiofrequenzimetro, i sentieri delle Orobie, il nordic walking sulla spiaggia e la continuazione del cammino di Santiago (ovviamente ce ne sarà per parecchie altre puntate, ora con Riccardo Bianco, economista che a 58 anni ha deciso di “rimettere ordine nella propria vita”, siamo solo alla prima notte in ostello con francesi rumorosi e maleducati).

Se posso esprimere preferenze soggettive, dirò che di questo fascicolo mi hanno preso di più (dopo Santiago il cui espletamento rimane per ora la mia voglia inappagata) i resoconti di Guido Farina (professionalmente, un geologo) sul suo orienteering nei boschi cuneesi, e di Chiara Sacco (cultrice di alpinismo e di yoga) sul suo anello orobico.

Ma istruttivi in ben altro senso sono i pezzi di Guido Marini (gastroenterologo, ecografista ecc.) sulle medicine di cui possiamo fare a meno grazie alla pratica fisica, di Massimo Ranica (fisioterapista e riabilitatore) sul rinforzo muscolare, e infine la risposta di Speciani sul superallenamento. Siamo insomma in buone mani.

Denuncio un conflitto d’interesse: in questo n° 4 ho scritto qualcosa anch’io. Saltatelo pure, ma purtroppo preparatevi che nel prossimo numero ce ne sarà l’ultima puntata.

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Giovedì, 19 Aprile 2018 22:11

Abc dell’allenamento in pillole

Probabilmente vi sarà capitato d’incontrare qualche atleta in un campo di atletica leggera, parco, villa, strada, ecc., concentrato a svolgere il proprio allenamento. Forse vi sarete chiesti se stava seguendo una tabella di allenamento oppure si affidava all’improvvisazione.   Cercherò di analizzare come dovrebbe essere impostata una tabella di allenamento in modo che sia funzionale all’atleta e alle distanze di gara cui intende partecipare. Agire d’istinto non è sempre sufficiente affinché l’atleta possa rendere al meglio e preservarsi dagli infortuni.

ETÀ Diverso è il caso di un adolescente e quello di un ultraquarantenne. Bisognerà considerare se l’atleta ha o meno alle spalle una preparazione atletica di base, magari pure in attività sportive differenti dalla corsa. In Italia si difetta di cultura sportiva, poiché già la televisione incentiva all’”overdose” di pallone. L’educazione fisica a scuola aiuta in modo relativo la crescita della persona a livello fisico e anche mentale. Molto possono fare i genitori, ma spesso questi non possiedono le “coordinate” per sapere orientare razionalmente il proprio figlio/a.

PESO CORPOREO Anche questo è un fattore importante da tenere in considerazione. Bisogna pensare che con l’attività atletica il fisico acquista muscoli e perde grasso. Per chi è in sovrappeso o addirittura obeso, l’allenamento inizialmente non prevederà un eccessivo chilometraggio, per non gravare su articolazioni, sollecitate oltremisura nel gesto motorio. La gradualità anche qui è principio cardine.

LAVORO-IMPEGNI FAMILIARI Gli atleti professionisti hanno più tempo per riposare, liberi da pesanti impegni lavorativi. Per gli altri, sarà importante cercare di non aggiungere stress a stress, primo fattore limitante dell’attività fisica: non sono pochi i casi di overtraining (sovrallenamento). Per cui, dopo una giornata di 4/8 ore di lavoro (com’è per la maggior parte dei casi), si potrà seguire una buona tabella di allenamento. Chi invece lavora anche una decina di ore o in orari particolari (di notte, giorni festivi, ecc.) è più opportuno che si limiti a un blando allenamento, senza l’assillo di prestazioni, tempi e chilometri.

ALIMENTAZIONE-IDRATAZIONE È stata definita “allenamento invisibile” (Enrico Arcelli). È purtroppo vero che esistono atleti che “vanno forte” pur mangiando male. Questa constatazione però non deve rappresentare l’alibi per ingozzarsi di cibi “spazzatura”. Un principio da adottare potrebbe essere questo: scorte piene e stomaco vuoto, ovvero dopo l’allenamento cercare di recuperare le energie perdute con cibi e liquidi; così prima della seduta non ci sarà bisogno d’abbuffarsi. Bere il giusto, e consumare abbondantemente frutta e verdura, che possiedono elevate quantità di liquidi, basandosi sulle richieste dell’organismo piuttosto che sulle mitiche “porzioni”. Gli integratori sono indispensabili solo in presenza di manifeste carenze, che in genere si verificano in caso di carichi di lavoro assai elevati e/o cattiva nutrizione e idratazione.

ORARI DI ALLENAMENTO In genere sono condizionati da quelli di lavoro e dagli impegni familiari, e di conseguenza non sempre sono i migliori. Cercare in ogni modo di evitare di correre quando la temperatura è troppo elevata (come nelle ore centrali della giornata, in estate) o troppo bassa (come all’alba o in tarda sera, in inverno). Bisognerà usare sempre il buon senso.

OBIETTIVI-DISTANZE DI GARA Ognuno ha le proprie motivazioni e obiettivi. Per preparare per esempio una gara di 800 m, assai tecnica, saranno necessari lavori lattacidi, esercitazioni di tecnica di corsa, ginnastica di potenziamento, ecc. Con l’avanzare dell’età, si avrà più difficoltà a sottoporsi a un programma così organico. Anche la capacità di recupero degli allenamenti e gare sarà inferiore nel cinquantenne rispetto al ventenne.

FREQUENZA SETTIMANALE DEGLI ALLENAMENTI Senza dubbio si tratta di una variabile di ostica interpretazione. Se gli atleti di élite si sottopongono settimanalmente anche a 10/12 sedute di allenamento, comprendenti almeno 2/3 sedute specifiche, il semplice amatore che si allena 2/4 volte a settimana potrà limitarsi a un unico “lavoretto”. La proporzione fra qualità e quantità dev’essere almeno di 1 a 3. Soltanto in settimane particolari essa può giungere al 50%. Se non si segue questa regola basilare, non si recupera e non si costruisce per il futuro. Inoltre, nella programmazione annuale ci dovranno essere per forza delle settimane di scarico, per esempio dopo una maratona o una cento chilometri: fisico e mente hanno bisogno di rigenerarsi.

EFFICIENZA MUSCOLARE Questa qualità è fondamentale in particolar modo quando l’età è avanzata. Nel menu dell’atleta non dovranno mai mancare mobilità articolare e potenziamento muscolare, pure con l’ausilio di semplici attrezzi, come per esempio una corda per saltare, elastici, cavigliere. Anche praticare qualche sport alternativo come bicicletta, cyclette, nuoto può essere utile.

CONTROLLI MEDICI La visita medica d’idoneità all’attività sportiva è di obbligo per legge. In aggiunta, l’atleta potrà sottoporsi a controlli più sofisticati (massimo consumo d’ossigeno, soglia anerobica, esame del lattato, esame impedezometrico), utili per conoscere la propria condizione e così calibrare la tabella di allenamento. Indispensabili le analisi del sangue per accertarsi di carenze, stati di sofferenze muscolari (CPK – LDK elevati), che possono impedire di sottoporsi a intensi carichi di lavoro.

SITUAZIONE PSICOLOGICA Ogni atleta vive di pensieri, sentimenti, emozioni, gioie, dolori, ecc. Tutto ciò condiziona i comandi del nostro organismo, che ne può risentire con diversa intensità. È impossibile fornire una ricetta valida per tutti. Fondamentale sarà conservare un rapporto sereno con la frequentazione dell’attività sportiva. Le scelte più impegnative saranno riservate ai casi di buona salute psicologica. E ricordare che alla base dell’attività sportiva vi è la motivazione.

Allora, quando vi presenterete dal vostro allenatore, affinché vi prepari una tabella di allenamento, questi dovrà anzitutto conoscervi per poter impostare una valida programmazione. Utile potrà essere compilare un semplice questionario, che includa: dati anagrafici, antropometrici, sportivi, record, abitudini nutrizionali, rapporto con il mondo della disciplina che si pratica, psicologia, ecc. Se poi la tabella preparata vi sembrerà oltremodo impegnativa, potrete cercare altri atleti con i quali condividerla: questi non saranno né tanto più forti né tanto più scarsi, ma possibilmente di un valore atletico un po’ superiore al vostro e che possano aiutarvi a rinforzare la catena debole del carro: ovvero, colui/colei che è resistente, cercherà atleti/e veloci, e viceversa, colui/colei che è veloce, atleti/e resistenti. E ricordatevi che l’allenamento non è una gara, ma un mezzo di preparazione a essa. Buon divertimento!

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Mercoledì, 21 Marzo 2018 23:33

L’allenamento in salita: da raccomandare

Il termine salita deriva dal lat. salire = saltare, da una radice indoeuropea *sel-. Come sostantivo indica una strada, un’erta, un colle che sale, che ha una certa pendenza. La pendenza/gradiente è il grado di inclinazione di un pendio, in genere espresso come unità di crescita in altezza per un numero di unità costituenti la lunghezza del pendio.

DEFINIZIONE

È un tipo di allenamento di corsa continua o frazionata, che ha molteplici effetti.

CARATTERISTICHE TECNICHE

La corsa in salita rappresenta per il corridore una valida forma di potenziamento muscolare. A motivo del dover vincere la forza di gravità, essa determina un maggior impegno muscolare rispetto alla corsa in pianura. Sono particolarmente sollecitati i muscoli delle cosce, dei glutei e del polpaccio, con conseguente loro irrobustimento.

Nella corsa in salita, il costo energetico è proporzionalmente maggiore con l’aumentare della pendenza del percorso e con l’elevarsi del peso corporeo di chi corre.

Quando si corre in salita, il numero dei passi al minuto è inferiore rispetto a quello che si tiene in pianura, l’ampiezza del passo è ridotta e superiore la fase di spinta.

È consigliato spostare in avanti le spalle, aumentare il movimento delle braccia, per agevolare la spinta dei piedi sul terreno. L’alto impegno muscolare della corsa in salita si accompagna a un cospicuo lavoro respiratorio, in specie a livello del diaframma, che si contrae rapidamente.

ASPETTI FISIOLOGICI

In funzione della diversa distanza da percorrere e, di conseguenza, del tipo d’impegno che l’atleta esercita, mutano gli effetti fisiologici a carico dell’organismo. Gli aspetti fisiologici che risentono positivamente di tale approccio all’allenamento sono:

1) la resistenza aerobica e la potenza aerobica; 2) le componenti anaerobiche; 3) l’efficienza dell’azione di corsa; 4) la tolleranza alla fatica.

DESTINATARI

Principianti – Giovani – Atleti evoluti ‒ Atleti amatori.

FINALITÀ

‒ Miglioramento della capacità del cuore di pompare sangue e di inviarlo ai muscoli.

‒ Sviluppo della forza resistente.

‒ Rafforzamento della muscolatura degli arti inferiori (polpacci e cosce), poiché migliora la forza muscolare specifica dei muscoli, che agiscono nel gesto tecnico della corsa.

‒ Affinamento tecnica di corsa, in quanto si accentua il lavoro meccanico compiuto dall’arto che sostiene il corpo e che permette all’arto libero di avanzare verso l’avanti alto. Prestare attenzione alla spinta delle caviglie.

‒ Allenamento dei muscoli a svolgere l’azione correttamente con le braccia, che avanzano in coordinazione con le ginocchia e il busto né troppo proteso in avanti né troppo all’indietro.

‒ Nella corsa in salita intervengono muscoli quali gli addominali e i dorsali, meno sollecitati nella corsa in pianura, e quindi il rafforzamento muscolare è più generale, il che ne accresce la validità allenante.

LUOGO DI ESECUZIONE

In genere viene eseguita su percorso naturale in un tracciato con opportuni dislivelli, e ancor meglio in un luogo che abbia un tratto pianeggiante ove effettuare il riscaldamento e il defaticamento, un tratto in salita nel quale eseguire l’allenamento specifico, e un tratto in discesa dove svolgere l’eventuale recupero.

PERIODO

Si effettua prevalentemente nel periodo invernale, lontano dalla gara, per l’impegno molteplice che richiede e gli effetti che produce, i quali possono causare indolenzimenti ai muscoli sollecitati nel gesto.

FREQUENZA

È in genere settimanale o bisettimanale, e trova collocamento lontano dalle gare.

TIPOLOGIA

Esistono corse in salita di vario tipo a seconda della lunghezza, della pendenza, del modo di percorrere la salita stessa.

Le più importanti sono: a) le salite brevi di alcune decine di metri a una velocità massima o vicina a quella massima; b) le salite medie di alcune centinaia di metri, effettuate con un impegno simile a quello in cui si corre la corsa veloce o la corsa media; c) le salite lunghe di alcuni chilometri. Ogni tipo di allenamento in salita ha valore e obiettivi diversi, variando la distanza percorsa e la pendenza del terreno.

SCARPE

È vivamente consigliato correre le prove con le scarpe da gara le quali, in virtù della loro leggerezza, favoriscono una migliore azione meccanica del piede, aiutando parecchio a sfruttare la spinta dei piedi.

ETÀ

L’età è un fattore importante da valutare prima di cimentarsi in queste sedute altamente specifiche. Per chi ha oltre 40 anni, il rischio infortunio è elevato, in quanto oltre questa soglia di età il tessuto connettivale sostituisce parte del tessuto muscolare elastico.

STRETCHING

Prima e dopo ogni seduta di salite di elasticità è opportuno eseguire esercizi di stretching, che coinvolgano tutti i gruppi muscolari degli arti inferiori, oltre che la schiena.

   

DESCRIZIONE DELLE DIVERSE TIPOLOGIE DI CORSA IN SALITA

ALLENAMENTO

SCOPO

DESCRIZIONE

LUNGHEZZA

VELOCITÀ – INTENSITÀ DI CORSA

QUANTITÀ

RECUPERO

PENDENZA 

DOSAGGIO 

RIPETUTE IN SALITA SU DISTANZE BREVI

‒ miglioramento delle componenti aerobiche centrali

‒ allenamento della potenza anaerobica e della forza

‒ rapido innalzamento della frequenza cardiaca

‒ potenziamento dei glutei, del quadricipite femorale e del tricipite

surale

scatti su pendenza anche elevata, ma non eccessiva per non perdere il controllo dell’azione di corsa

50-100 m

vicina a quella massimale, mandando le pulsazioni ad alti valori (170-190 bpm) impegno molto elevato

da 3/4 ripetizioni fino a 20 o più, per un totale di lavoro complessivo fino a 1,5-2 km

di passo o corsa in souplesse, in modo da far ritornare la frequenza cardiaca a valori inferiori ai 120-130 bpm (1 a 2)

15-20%

1-2 volte a settimana soprattutto in inverno

RIPETUTE IN SALITA SU DISTANZE MEDIE

‒ allenano la capacità lattacida, cioè la  possibilità dell’organismo di  proseguire a correre, producendo acido  lattico

ripetute in salita su distanze medie

200-500 m

intensità 103-105% rispetto alla FCSAN

intensità 98-100% rispetto alla FCMAX

lavoro complessivo 3-5 km per mezzofondisti prolungati (5˙000 e 10˙000 m)

medio di corsa

(1 a 1)

6-10%

1-2 volte a settimana

RIPETUTE IN SALITA SU DISTANZE LUNGHE

‒ sviluppo della potenza aerobica,

‒ abituano i muscoli a spingere con  forza per tempi piuttosto lunghi

ripetute in salita su distanze lunghe con recupero pari alla distanza percorsa

800-2˙000 m

80-85% della velocità massimale intensità 98-100% rispetto alla FCSAN intensità 95-98% rispetto alla FCMAX

4-6 km per mezzofondisti prolungati (5˙000 e 10˙000 m)

5-7 km per fondisti (21,097 e 42,195 km)

medio di corsa, in genere il tempo per ritornare al punto di partenza, ovvero pari alla distanza percorsa

3-5%

1 volta a settimana soprattutto in inverno

CORSA CONTINUA IN SALITA

‒ sviluppo della potenza aerobica e della forza resistente

‒ aumento della concentrazione degli enzimi mediante i quali si fabbrica l’ATP

‒ azione sulle fibre veloci e lente

‒ abituano l’organismo a sopportare la sensazione di fatica muscolare e psicologica per periodi piuttosto lunghi

 

 

impegno con il  quale si corre la corsa media o veloce impegno 93-95% rispetto alla FCSAN impegno 90-95% rispetto alla FCMAX

5-10 km

 

5-8%

1 volta a settimana lontano dalle gare

CORSA IN SALITA CON SPINTA AUMENTATA

‒ miglioramento della forza  resistenza grazie alla ricerca di un passo di corsa più ampio rispetto a quello abituale, con una spinta maggiore senza perdere l’aderenza con il terreno

 durante una corsa continua su terreno ondulato, effettuare alcuni tratti in salita con passo ampio

 

 

da poche decine ad alcune centinaia di metri

di seguito

 

variabile

lontano dalle gare

POTENZIAMENTO MUSCOLARE IN SALITA

‒ sviluppo reattività neuromuscolare e forza nei vari settori muscolari

‒ miglioramento caratteristiche aerobiche delle fibre veloci e delle caratteristiche lattacide delle fibre lente

 

alcune decine di metri

 

serie

di passo in discesa, tornando al punto di partenza

 

1-2 volte a settimana soprattutto in inverno

 

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Questi sono i suggerimenti utili da seguire una volta terminata la maratona:

   1) Non smettere immediatamente di correre, ma continuare a corricchiare lentamente.

   2) Massaggiare i propri muscoli, fare dei leggeri esercizi di stretching, bere acqua lentamente a piccoli sorsi.

   3) Fare applicazioni di ghiaccio laddove s’avvertono indolenzimenti e acciacchi vari.

   4) Prestare attenzione ai piedi. Nel caso si noti qualche vescica, svuotarla, pungendola con un ago dopo averlo sterilizzato, e coprirla con garza sterile e cerotto. Per disinfettare la parte interessata, usare mercurio cromo, che favorisce la cicatrizzazione; in alternativa, utilizzare la tintura di iodio. Nel caso l’intervento fosse di non poco conto, avvalersi dell’aiuto di personale competente, medico o pedicure/podologo che sia.

   5) Non rimanere sudati, ma asciugarsi e fare una doccia calda, ma non bollente, per non fiaccare ancora di più un organismo, che comunque è stato sottoposto a uno sforzo notevole. Se non si ha entro breve tempo la possibilità di fare la doccia, provvedere almeno a lavarsi la faccia, anche nella zona sopra gli occhi, ove il sudore potrebbe originare noiose lacrimazioni.

   6) Tre ore dopo la gara si potrà già consumare un pasto, ovviamente leggero, ma soltanto se non si avverte nausea, vomito o comunque avversione verso il cibo, cosa che si riscontra sovente quando, per esempio, si è corso in condizioni ambientali avverse o come riflesso della tensione accumulata precedentemente. Tale pasto dovrà apportare in special modo sali minerali, vitamine, carboidrati, liquidi; perciò si privilegerà frutta, verdura, cereali, patate, ovvero cibi contenenti amidi. Mangiare lentamente, masticando accuratamente il cibo, evitando di abbuffarsi. Ricorrere a tali pasti, rispettando queste regole, anche successivamente.

   7) Il giorno dopo la maratona è meglio non fare riposo assoluto, ma correre anche se brevemente, e compiere esercizi di stretching e ginnastica, yoga, onde agevolare lo smaltimento delle tossine e degli indolenzimenti.

   8) Se fastidi e dolori persistono, ricorrere a un benefico massaggio oppure, in caso che la sofferenza fosse notevole, a personale medico specializzato.

   9) È consigliabile dormire con la parte del letto dove si poggiano le gambe leggermente rialzata, per una migliore circolazione sanguigna.

   10) Nelle due settimane successive alla maratona, evitare impegni agonistici, specie se importanti, ma interpretarle come periodo di recupero fisico e mentale.

   11) Fare tesoro delle esperienze maturate lungo tutto l’arco della propria preparazione, della gara e del dopo gara: esse consentiranno, nel futuro, di affrontare ancora meglio la prossima maratona.

 

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Le precipitazioni nevose hanno modificato il programma del Corrigiuriati, il circuito milanese che al giovedì raduna i pistard al campo sportivo Giuriati. Per chi non conoscesse il Corrigiuriati, può leggere questo articolo di presentazione: http://podisti.net/index.php/notizie/item/698-il-corrigiuriati-2018-inizia-il-15-febbraio-e-conferma-la-sessione-serale.html La prova dedicata al test di Cooper, avrà quindi luogo domani, con le classiche due sessioni con partenze alle ore 13 ed alle 19. Essendo l’iscrizione completamente gratuita e tenendo presente il buon numero dei partecipanti che consente di creare “trenini” per tutte le velocità, segnaliamo questa occasione a coloro che intendessero misurare il loro stato di forma con questa prova sui dodici minuti, appositamente ideata per questo scopo.

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Giovedì, 01 Marzo 2018 10:46

Per costruire la resistenza aerobica

Nella metodologia scientifica di allenamento esistono varie voci tecniche, che compongono le prestazioni correlate alla resistenza.

Ogni diverso tipo di allenamento ha suo significato tecnico: per esempio, il lungo lento/lunghissimo (LL), la corsa lenta (CL) e la corsa lenta di rigenerazione (CLR) migliorano la resistenza aerobica (RA), mentre la corsa lunga svelta (CLS), il progressivo (PR), la corsa media (CM) migliorano la capacità aerobica (CA).

Prenderemo ora in considerazione i vari tipi di allenamento della resistenza aerobica, che fanno parte della preparazione del fondista.

RESISTENZA AEROBICA (RA) È la capacità di far perdurare nel tempo uno sforzo muscolare in condizioni aerobiche, ossia con consumo d’ossigeno. L’esercizio aerobico consiste soprattutto in attività fisica continua. Il livello di resistenza aerobica è indicato dalla durata per la quale può essere protratto un esercizio aerobico. I combustibili prevalenti per l’esecuzione di azioni blande protratte nel tempo sono gli acidi grassi.

CORSA LENTA (CL) La corsa lenta è il mezzo di allenamento di resistenza aerobica che migliora gli aspetti fisiologici di base (efficienza cardiaca efficienza respiratoria, metabolismo energetico, termoregolazione, capillarizzazione, adattamenti strutturali, ecc.), necessari per sostenere con efficienza uno sforzo fisico che duri a lungo, benché a bassa intensità. La corsa lenta è presente come elemento principale o secondario in tutte le sedute d’allenamento. Infatti, essa è impiegata come:

   ‒ tema principale di una seduta d’allenamento;

   ‒ parte del riscaldamento per lavori diversi e/o più intensi;

   ‒ defaticamento dopo lavori diversi e/o più intensi.

Quindi la corsa lenta può variare da pochi a molti minuti oppure da pochi a molti chilometri. La corsa di durata in ambiente naturale, su terreno più o meno compatto e senza pericolose asperità, contribuisce a vincere la monotonia dei gesti, sollecitando delle strutture periarticolari, in particolar modo del segmento piede-caviglia.

La corsa lenta è il primo e unico mezzo di allenamento del podista principiante. Per corridori di medio livello, la corsa lenta permette di consolidare le qualità aerobiche di base. Per i runner più efficienti ed evoluti, essa non costituisce più un mezzo di allenamento “allenante” (che migliora ulteriormente la condizione di forma), bensì è soltanto un modo utile per recuperare in maniera attiva le sedute più impegnative. In definitiva, la corsa lenta è un allenamento di rigenerazione. Con riferimento al ritmo gara tenuto nei 10 km, si correrà la corsa lenta circa 50” al km più lentamente; essa può durare da 30’ a 1h15’.

   LUNGO LENTO ‒ CORSA LUNGA LENTA - LUNGHISSIMO (LL) Questo tipo di training è il mezzo di allenamento essenziale del maratoneta e dell’ultramaratoneta, in quanto incrementa l’autonomia di corsa necessaria per coprire lunghe distanze, ma lo è pure per il fondista in genere, poiché gli permette d’incrementare ulteriormente l’efficienza dei fattori fisiologici di base. Il lungo lento/lunghissimo non è diverso dalla corsa lenta per quanto concerne il ritmo (benché i corridori meno efficienti la corrano in genere 10” al km più lentamente), ma si differenzia nella durata dello sforzo. Per lungo lento s’intendono quelle sedute di durata maggiore di 1h15’ e che possono arrivare alle 3h e oltre per il maratoneta. L’ultramaratoneta può correre anche per 5-6 h, durante le quali potrà anche alternare tratti di marcia. Per il corridore non evoluto, che ha pochi adattamenti specifici al gesto della corsa, il lungo lento è rappresentato anche da un’uscita di soli 40’-50’. Con riferimento al ritmo gara di 10 km, il lungo lento si corre circa 1’ al km più lentamente. Per il maratoneta bisognerà correre in prevalenza su strada asfaltata, al fine di adattarsi al tipo di appoggio che si ha in gara. Un terzo del chilometraggio totale può essere coperto su terra battuta. Il tracciato non deve essere particolarmente impegnativo, per evitare che intervenga precocemente la stanchezza e si corra così il rischio di non completare il chilometraggio programmato. Si consiglia di variare ogni tanto ampiezza e frequenza del passo, per evitare di far lavorare gli stessi muscoli sempre con i medesimi angoli di lavoro, e per non ridurre eccessivamente l’escursione articolare. I corridori meno allenati o meno esperti possono inserire delle brevi pause al passo (per esempio, fermarsi 2’ ogni 20’ di corsa), con lo scopo di ridurre leggermente l’impegno respiratorio e cardiaco, nonché il martellante carico muscolare. Gli allenamenti superiori ai 20 km è opportuno iniziarli all’ora della partenza della maratona o altra gara lunga, in modo da testare altresì l’alimentazione pre-gara. Utili sono i percorsi in saliscendi, lungo i quali la media al km potrà anche non essere precisa. L’essenziale sarà correre la parte finale al ritmo indicato. I maratoneti più evoluti devono ricercare situazioni simili a quelle della competizione: incrementare l’andatura nella parte finale del training, correndo gli ultimi 30’-40’ a ritmo maratona. In ogni modo, terminare la seduta di corsa lunga lenta in progressione di ritmo è salutare per ogni corridore, quale allenamento mentale, nonché per stimolare le fibre muscolari a sostenere un carico di lavoro maggiore, ricorrendo all’utilizzo delle residue riserve energetiche di glicogeno.

   Il lungo lento/lunghissimo è utile per:

   ‒ adattare le articolazioni e i muscoli;

   ‒ migliorare la capillarizzazione;

   ‒ addestrare le fibre muscolari a economizzare il glicogeno, utilizzando maggiormente gli acidi grassi;

   ‒ trovare un buon equilibrio termico;

   ‒ allenare la mente a sostenere un impegno fisico protratto nel tempo, obiettivo più facilmente raggiungibile quando si corre da soli.

 

   CORSA LENTA DI RIGENERAZIONE (CLR) È un lavoro simile a quello di corsa lenta, a ritmo “rigenerante”, utile dopo sedute impegnative o gare.

   RISCALDAMENTO (RISC) In passato il riscaldamento è stato erroneamente ritenuto un “rito propiziatorio”, soggettivo, mentre in realtà esistono regole ben precise da rispettare e che sovente sono ignorate. Questo è un aspetto tecnico fondamentale per la buona riuscita della seduta di allenamento o la gara che s’affrontano. La struttura del riscaldamento varia in funzione del tipo di seduta che si ha in programma da svolgere. Prima di un allenamento leggero, basato esclusivamente sulla corsa lenta in continuo, è sufficiente fare degli esercizi per la mobilità delle articolazioni delle anche (circonduzioni del bacino e delle anche), delle caviglie (movimento di flessione e di distensione, circonduzioni) e del busto (torsioni e flessioni laterali). Per una seduta più impegnativa (corsa a ritmo medio, veloce, ripetute varie, gare), è invece importante aggiungere una fase di 15-30’ di corsa a ritmo lento, che terminerà con alcuni allunghi leggeri di 50-100 m; oppure con 5-10’ in facile progressione di ritmo. Dopo gli allunghi e prima della parte impegnativa della seduta, si possono fare alcuni esercizi di stretching. Il riscaldamento prima di una maratona/ultramaratona è limitato a circa 10’-15’ di corsa lenta, stretching e/o mobilità articolare e allunghi.

   DEFATICAMENTO (DEF) Il defaticamento è la fase che conclude la seduta di allenamento, utile per facilitare il ritorno alla fase di equilibrio delle funzioni fisiologiche e organiche sollecitate dalla corsa. Il defaticamento varierà in funzione dell’allenamento svolto: dopo un allenamento di sola corsa lenta ci si può limitare a dei leggeri esercizi di stretching dei gruppi muscolari sollecitati. Dopo una seduta sostenuta (corsa media, veloce, ripetute varie, ecc.), si devono eseguire anche alcuni minuti di corsa a ritmo molto facile, meglio se su terreno morbido (prato).

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Sabato, 24 Febbraio 2018 23:07

Allenarsi sempre: ma su quale fondo?

La corsa è un’azione ciclica, che prevede in successione una fase di appoggio del piede sul terreno e una fase di volo, ed è finalizzata al rapido avanzamento del corpo nello spazio. La durezza del fondo ha un effetto diretto sulla velocità che un atleta può mantenere su una certa distanza. Il tempo d’appoggio dei piedi su una superficie morbida è tre volte superiore rispetto a quello su una superficie dura. Ma se una superficie dura favorisce dei tempi più veloci, rende anche più facile incorrere in un infortunio da stress o da sforzo prolungato. Il fondo da prediligere per le corse di un atleta dipenderà dall’obiettivo del proprio allenamento. 
ASFALTO 
   La maggior parte delle gare di corsa su strada si svolge sull’asfalto. La sua consistenza facilita il mantenimento del ritmo. Per chi si allena d’abitudine su questo tipo di fondo – non certo morbido – è necessario procurarsi un paio di scarpe da corsa ben ammortizzate e non usurate.
CEMENTO    Il cemento è un materiale assai duro e non va bene correrci sopra spesso o troppo a lungo, senza scarpe adeguatamente ammortizzate. L’unico aspetto positivo del correre sui marciapiedi è … che si hanno inferiori probabilità di essere investiti da un’autovettura o motoveicolo.

PISTA 

Vantaggi

  • La pista è il terreno ideale per correre a una buona velocità.
  • I riferimenti cronometrici sono sicuri e affidabili.
  • L’appoggio del piede avviene su una superficie regolare.
  • Aumenta la sicurezza, soprattutto durante i mesi invernali, quando c’è buio.

 Svantaggi

  • Correre in pista comporta affrontare due curve di 100 m ogni giro di 400 m, curvando sempre a sinistra: alla lunga c’è il rischio di squilibrare l’assetto di corsa.
  • La noia è un’altra ragione per cui le piste dovrebbero essere riservate ai lavori veloci, alle variazioni cronometrate e alle gare.
  • Traumatismi da eccesso di grip fra scarpa e suolo.
  • Percorso sempre in piano e quindi senza la presenza di salite e discese.
  • Possibilità d’incorrere in infortuni: tendinite, fascite plantare, periostite, frattura da fatica, metatarsalgia, problematiche muscolari dovute all’andatura più elevata.

STERRATO

Se è compatto e non sconnesso, lo sterrato è un’ottima superficie, se non la migliore, su cui correre. Quando è asciutto, esso permette di svolgere un ampio ventaglio di lavori specifici. Dato da non sottovalutare è la sicurezza, in quanto in questo tipo di terreno per lo più non s’incontrano veicoli e quindi si scongiura il pericolo d’investimenti.

Vantaggi

   – Nella maggior parte dei casi significa correre in mezzo alla natura: quindi invece di chiasso e inquinamento, un panorama verde e rilassante, nonché aria pulita.

  • Allena forza e potenza; inoltre abitua la mente, gli occhi e il piede a prestare attenzione a quanto ci circonda e ad adattarsi alle circostanze.
  • È meno traumatico per il corpo: se da una parte bisogna prestare attenzione a evitare irregolarità, che potrebbero portare a mettere il piede in fallo, d’altro canto lo sterrato assorbe gli urti e non sottopone i tendini alla possibilità di traumi.

Svantaggi

   La corsa sullo sterrato è un tipo di allenamento assai diverso.

  • Il fondo è meno compatto: pertanto, la spinta è in parte assorbita dal terreno, per cui la corsa è sicuramente meno efficiente.
  • La presenza di dislivelli e irregolarità comporta da un lato una concentrazione mentale maggiore, dall’altro un maggiore coinvolgimento muscolare, con un conseguente impegno energetico superiore.
  • Il gesto atletico è meno regolare e la falcata si accorcia. Perciò è importante non allenarsi esclusivamente sullo sterrato, altrimenti si rischierebbe di ritrovare anche in gara un passo non completamente efficiente.

   Per tutti questi motivi, se si va a correre su sterrato, inizialmente ci si può aspettare un notevole miglioramento rispetto ai propri tempi su strada. La portata di ciò è soggettiva e dipende da numerosi fattori: la forza, l’elasticità, la potenza aerobica, ecc.

                                                

SASSI E ROCCIA

Asperità e irregolarità sono una costante, quando si corre in natura. Numerosi sentieri di montagna offrono panorami di ampio respiro, ma un fondo in genere accidentato. Su tale tipo di fondo è bene prestare attenzione a dove si poggiano i piedi e calzare scarpe adeguate, come quelle da trail running, che garantiscano tenuta e buona protezione al piede.                                               

ERBA

La sua morbidezza rende la corsa più faticosa e comporta un maggior impegno cardiovascolare. L’appoggio instabile fa lavorare anche i muscoli della zona addominale e lombare, che intervengono per mantenere l’assetto posturale. Per l’allenamento è preferibile l’erba piuttosto bassa, in quanto rende possibile vedere dove si poggiano i piedi. Il prato, soprattutto quello ben curato dei campi sportivi, è perfetto per chi riprende a correre dopo un infortunio o per chi ha abrasioni ai piedi o dolori vari.

AGHI DI PINO

Il “tappeto” che si trova in pineta, morbido ed elastico, è ottimo per i normali allenamenti di corsa lenta e lunga, e pure per dei training di corsa media e variazioni anche lunghe. Di solito il leggero strato di aghi risulta più stabile rispetto all’erba.                                                        

SABBIA

La resistenza posta dalla sabbia può servire a migliorare la potenza della falcata di un atleta. Infatti, la sua sofficità fa lavorare parecchio i quadricipiti e i muscoli del polpaccio. Questo particolare tipo di terreno può essere idoneo per lavori brevi, come le variazioni di 30”; ma è sconsigliato per gli allenamenti di corsa lunga, in quanto si affaticherebbero eccessivamente muscoli e tendini. Se si adora il mare, si può correre sul bagnasciuga, quando però non sia troppo inclinato, con l’avvertenza d’invertire ogni tanto il senso di marcia, in modo da non caricare eccessivamente la gamba che appoggia più in basso.

TAPIS ROULANT

Vantaggi

  • Chi dispone di un tapis roulant può permettersi di svolgere sedute di allenamento in qualsiasi giorno dell’anno, a qualsiasi ora: un’ottima opzione per chi l’utilizza per dimagrire o segue tabelle di allenamento in funzione di uno specifico evento. Correre sul tapis roulant consente di non essere soggetti a d’intemperie: pioggia, vento, neve e buio. Se posto in ambiente climatizzato, esso rende possibile allenarsi pure nella stagione più calda e afosa.

   – I tapis roulant sono generalmente assai ammortizzati, riducendo la severità dell’impatto sulle articolazioni, rispetto a superfici dure come l’asfalto o il cemento.

   – Una volta trovato il giusto equilibrio, correre sul tapis roulant può risultare più facile grazie all’ estrema regolarità dell’appoggio e alla velocità costante.

   ‒ Grazie alla possibilità d’impostare precisamente la velocità, è possibile eseguire allenamenti strutturati anche per chi ha scarsa sensibilità alla velocità di corsa; inoltre i tappeti moderni sono dotati di programmi pre-impostati, i quali consentono di variare l’allenamento e renderlo meno noioso.

   – La possibilità di variare l’inclinazione permette di simulare la corsa in salita, evitando altresì il traumatismo della discesa.

   Svantaggi

   – Per la maggior parte degli individui, correre sul tapis roulant risulta più faticoso. Ciò in quanto il movimento del tappeto fa arretrare il piede, proprio quando l’avampiede dovrebbe spingere il corpo dell’atleta in avanti. Ne consegue un movimento, che per parecchi risulta difficoltoso e innaturale, rendendo arduo mantenere velocità elevate.

   – Correre su un tapis comporta il doversi allenare al chiuso, di solito in una palestra, dove il clima è, per la maggior parte dell’anno, più caldo rispetto all’esterno. Questo comporta maggiori problemi di dissipazione del calore e quindi determina una inferiore resistenza agli sforzi prolungati e/o intensi.

   – Poiché manca la spinta in avanti, si lavora maggiormente con i quadricipiti e, per evitare il contatto con il nastro, si tende a sollevare maggiormente il piede, con conseguente maggior lavoro del tibiale anteriore. Molti soggetti riscontrano un maggiore senso di affaticamento.

   – A causa dell’eccessiva elasticità e ammortizzamento, la corsa prolungata sul tapis roulant accresce i rischi di danni o infiammazioni al tendine d’Achille e alle ginocchia, oltre a un maggior affaticamento muscolare nei soggetti non abituati all’attrezzo.

   – Sul tapis roulant la gestione dell’allenamento è assai più difficile; simulare i vari tipi di allenamento non è facile.

   – L’estrema regolarità dell’appoggio non permette di allenare a sufficienza la propriocezione, mentre le gare podistiche si svolgono all’esterno (su strada, pista, sterrato, ecc.) per cui, in preparazione di una gara all’aperto, occorrerebbe allenarsi almeno in parte sulla superficie prevista per la competizione.

   – Se non si è iscritti a una palestra, ma si desidera utilizzare il tapis roulant nella propria abitazione, bisogna prevedere un esborso non indifferente, poiché un attrezzo di qualità media ha un costo notevole.

    Alla questione sull’utilità e validità della corsa sul tapis roulant, non esiste una risposta generalizzata, che vada bene per tutti. Correre sul tapis roulant può rappresentare una valida alternativa alla corsa all’esterno, soprattutto in inverno, quando il freddo e il buio possono scoraggiare le uscite. Dimagrire con il tapis roulant è sicuramente un’ottima opzione, mentre per l’allenamento specifico per la corsa sussistono diverse controindicazioni. Indubbiamente, nella maggior parte dei casi, la corsa all’aperto non è al 100% sostituibile con il tapis roulant. In conclusione, il tapis roulant può essere utile solo se non si ha l’obiettivo della massimizzazione del proprio allenamento e della propria prestazione. Può andar bene per la categoria di atleti che corrono per la salute, senza mire agonistiche, training sempre da usare con discrezione.

Ma correre all’aria aperta ha certamente un altro “sapore”.

CONCLUSIONI

Correre è piacevole: si producono endorfine, si è padroni del proprio corpo, si può apprezzare una piacevole compagnia, si conoscono luoghi nuovi, si respira aria pulita, si può partecipare a competizioni, ci si misura con se stessi e con gli altri. Ma non basta correre, bisogna farlo con criterio. Tra le variabili di questa pratica, la scelta del terreno riveste un’importanza basilare. Una scelta razionale ci consentirà di correre meglio e più a lungo.

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Martedì, 02 Gennaio 2018 17:10

La Mobilità Articolare

Per migliorare la tecnica di corsa favorendone la precisione e aumentando l'economia del gesto, il podista deve inserire nel suo piano di allenamento gli esercizi di mobilità articolare, perchè il suo carente sviluppo è un fattore limitante per l'apprendimento, il miglioramento e l'economia del gesto tecnico, poichè aumenta il dispendio energetico e facilita l'affaticamento. La mobilità articolare è la capacità di compiere gesti con la massima escursione articolare possibile, i fattori che la facilitano oppure la limitano sono di natura anatomica e neurofisiologica regolativa. Anatomicamente sono importanti il tipo e la forma delle superfici articolari, le capacità di estensibilità dei tendini e dei muscoli ed è anche fondamentale imparare a rilassare la muscolatura. L'allenamento della mobilità articolare ha anche come obiettivo quello di mantenere dei rapporti armonici con la forza muscolare perchè in genere atleti che hanno un livello di forza elevato, possiedono una limitata capacità di mobilità e, viceversa, atleti molto flessibili hanno poca forza. Normalmente il livello di mobilità è molto elevato nei giovanissimi e tende, con il passare degli anni, ad abbassarsi, a parità di allenamento il suo calo è maggiore nei maschi. Per questo motivo non bisogna mai trascurarla o abbandonarla, bastano anche solo 10/15 minuti per tre volte la settimana per conquistare e conservare un buon stato di funzionalità motoria.Per migliorare la tecnica di corsa favorendone la precisione e aumentando l'economia del gesto, il podista deve inserire nel suo piano di allenamento gli esercizi di mobilità articolare, perchè il suo carente sviluppo è un fattore limitante per l'apprendimento, il miglioramento e l'economia del gesto tecnico, poichè aumenta il dispendio energetico e facilita l'affaticamento. La mobilità articolare è la capacità di compiere gesti con la massima escursione articolare possibile, i fattori che la facilitano oppure la limitano sono di natura anatomica e neurofisiologica regolativa. Anatomicamente sono importanti il tipo e la forma delle superfici articolari, le capacità di estensibilità dei tendini e dei muscoli ed è anche fondamentale imparare a rilassare la muscolatura. L'allenamento della mobilità articolare ha anche come obiettivo quello di mantenere dei rapporti armonici con la forza muscolare perchè in genere atleti che hanno un livello di forza elevato, possiedono una limitata capacità di mobilità e, viceversa, atleti molto flessibili hanno poca forza. Normalmente il livello di mobilità è molto elevato nei giovanissimi e tende, con il passare degli anni, ad abbassarsi, a parità di allenamento il suo calo è maggiore nei maschi. Per questo motivo non bisogna mai trascurarla o abbandonarla, bastano anche solo 10/15 minuti per tre volte la settimana per conquistare e conservare un buon stato di funzionalità motoria.

Per il podista le principali articolazioni da sollecitare sono:
- Articolazione Tibio-Tarsica (articolazione della caviglia)
- Articolazione del Ginocchio
- Articolazione Coxo-Femorale (articolazione dell'anca)
- Articolazioni della Colonna Vertebrale
- Articolazione Scapolo-Omerale (articolazione della spalla)

E' importante durante gli esercizi di mobilità articolare che il podista abbia effettuato un buon riscaldamento e che sia psicologicamente predisposto a rilassarsi, in presenza di rigidità muscolare provocata da affaticamento muscolare o da eccessive situazioni emotive è meglio fare esercizi di bassa intensità. Dopo un bagno caldo di 10 minuti la nostra capacità di mobilità articolare migliora mentre si riduce al mattino appeni svegli, a basse temperature oppure dopo un allenamento molto intenso.
Una buona mobilità articolare è essenziale per migliorare le prestazioni in atletica.

ESERCIZI PER L'ARTICOLAZIONE TIBIO-TARSICA:
- Flessione plantare del piede (spinta verso il basso della punta del piede)
- Flessione dorsale del piede (tirare la punta del piede verso l'alto)
- Inversione e Eversione del piede (girare il piede all'interno ed all'esterno)
- Circonduzioni del piede
- Rotazione interna ed esterna del piede

ESERCIZI PER L'ARTICOLAZIONE DEL GINOCCHIO:
- Estensione del ginocchio
- Flessione del ginocchio

ESERCIZI PER L'ARTICOLAZIONE COXO-FEMORALE:
- Estensione degli arti inferiori e del busto
- Flessione degli arti inferiori e del busto
- Slanci (estensione + flessione)
- Abduzione (portare l'arto inferiore esternamente)
- Adduzione (portare l'arto inferiore internamente)
- Slanci (abduzione + adduzione)
- Circonduzioni degli arti inferiori, del bacino e del busto

ESERCIZI PER LE ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE:
- Estensione del busto
- Flessione del busto
- Flessione laterale del busto
- Rotazioni del busto

ESERCIZI PER L'ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE:
- Estensione degli arti superiori
- Flessione degli arti superiori
- Slanci (estensione + flessione)
- Abduzione degli arti superiori
- Adduzione degli arti superiori
- Slanci (abduzione + adduzione)
- Estensione orizzontale degli arti superiori
- Flessione orizzontale degli arti superiori
- Elevazione e abbassamento delle spalle
- Rotazioni delle spalle
- Circonduzioni delle spalle

 
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Un recente articolo di Ignazio Antonacci mette in evidenza la mancanza degli allenamenti lunghi come una delle ragioni, se non la principale, per la quale non si ottengono buone prestazioni sui 42195 metri. In base alle mie personali esperienze , gli studi fatti ed i podisti che ho seguito, in realtà spesso ho riscontrato che il problema non è la mancanza dei “lunghi”, semmai l’eccesso di lunghi ed invece la mancanza di altri allenamenti più qualificanti e mirati al miglioramento delle prestazioni. Torno dopo su questo punto non prima di aver fatto qualche passaggio fondamentale per comprendere i parametri in gioco, con la doverosa precisazione che le considerazioni che seguono si riferiscono solo/soprattutto al settore amatoriale.

Al podista che ha difficoltà a superare il “muro” , o comunque paga troppo in termini di tempo nella parte finale di gara, manca la resistenza specifica (aerobica) oppure non è abbastanza forte dal punto di vista muscolare? La risposta, che ai più potrebbe apparire scontata, è che ci vorrebbero entrambe le caratteristiche, sia pure in proporzione diversa in relazione agli obiettivi posti e le capacità individuali.

Alla domanda posta nell’articolo di Antonacci “Si può correre la maratona senza effettuare lunghi oltre i 30 km” la risposta parrebbe scontata. NO, lo direbbe anche il buon senso.

Invece alla successiva “E’ vero che ci sono maratoneti che riescono a correre la maratona senza lunghissimi specifici?” . SI, è possibile, ma piuttosto insensato e certamente improbabile ambire a migliorare le proprie performance senza il cosiddetto fondo.

In realtà ci sono degli accorgimenti per chi proprio non ce la fa mentalmente a correre 30 e più chilometri in allenamento, oppure non dispone del tempo adeguato. Esistono “alchimie” sostitutive, tipo correre la sera 20 km e la mattina successiva altri 20, 20 + 20 = 36-37, giusto per compensare la suddivisione della fatica. Resta il fatto che abituare le gambe a sopportare sforzi continuativi rappresenta la soluzione più efficace.

Ma torniamo al titolo, ovvero come diventare più forti e veloci per correre meglio la maratona, ovvero migliorare le proprie prestazioni. Perché in fondo è questo che interessa al runner.

La resistenza specifica è praticamente obbligatoria ma questo è un qualcosa che , in base alle mie esperienze, non è così difficile allenare, anche in età avanzata; di fibre rosse ( dette anche di tipo I , lente, etc) , quelle correlabili alla fatica in regime aerobico, ne abbiamo in quantità abbondanti, come a dire che la resistenza è un parametro sempre allenabile, anche in età avanzata. Giovanni ha iniziato a correre a 66 anni e nel 2014, 70enne, ha concluso la sua prima maratona in 5h04’.

I guai arrivano quando servirebbe un altra tipologia di fibre presenti nei nostri muscoli, quelle bianche ( dette anche di tipo I, pallide, veloci, etc), che invece servono per gli sforzi intensi, lattacidi, in regime anaerobico. Tali fibre hanno un difetto, sono strettamente correlate all’invecchiamento, non si “ricostituiscono” da sole , qualcuno sostiene che la parabola discendente inizia addirittura a trent’anni!. Insomma la cattiva notizia è che diminuiscono, la buona è che per quanto siano quantitativamente minori sono attivabili al meglio. Quindi allenabili.

Il punto è se voglio limitarmi a passare sotto la finish line della mia maratona ( e magari fare collezione ….) oppure voglio anche migliorare la mia performance.

Il percorso ( visto che si parla in termini podistici) sinora effettuato mi serviva proprio per arrivare a questa conclusione: se corro sempre e solo lentamente migliorerò la resistenza, riuscirò sempre a finire i 42195 metri, ma ad un certo punto i tempi saranno più o meno gli stessi, se non addirittura peggiori.

Giovanni ha corso nuovamente maratone, migliorando di poco e solo una volta , sia pure memorabile, perché ha abbattuto il muro delle 5 ore. Giovanni non ne vuole sentire parlare di allenamenti intensivi, né ripetute e corse in salita, a lui piace correre, facilmente e senza alcuno stress. E basta.

Il punto è proprio questo, se non si fa qualcosa per mantenere vive ed attive le nostre fibre bianche, fatalmente dovremo fare i conti con performance sempre simili. Se è questo che vogliamo…tutto bene così, ci mancherebbe, ma ne ho conosciuti pochi di podisti che…si accontentano.

Giovanni non è un caso isolato, sono molti i podisti amatoriali ( diverso il discorso sui giovani e gli atleti elite) che accettano di buon grado di correre a lungo e malissimo l’idea di svolgere prove ad elevata intensità, soffrono il disagio che esse provocano, la respirazione affannosa. Ma sono queste che qualificano gli allenamenti e consentono il miglioramento delle prestazioni, non solo nella maratona.

Non bisogna necessariamente sottoporsi a torture indicibili; odio le ripetute? Posso sostituirle con il fartlek ( 1-2-3-4- minuti) e le variazioni prolungate ( 5-10-15-20 minuti). I percorsi collinari possono parzialmente surrogare le prove di forza e intensità ( 3x5x100, 3x4x200 e così via), magari spingendo bene nei tratti di salita meno impegnativi e recuperando nei falso piani.

I lunghi di tanto in tanto dovrebbero essere svolti su percorsi ondulati e/o variando il ritmo.

Ogni tanto fuggiamo dalla strada, boschi, sentieri e sterrati miglioreranno le nostre caratteristiche di runner, oltre a rendere più divertenti le nostre uscite.

Insomma, sono diverse le modalità per mantenere attive le nostre fibre muscolari, se esse perdono troppo la loro efficienza difficilmente potranno restituirci l’energia che richiediamo.

Quindi ben vengano i lunghi, noiosi e interminabili, ma necessari, come Antonacci ha molto bene evidenziato,ma variamo il più possibile il nostro modo di “fare running” , e vedrete che anche se over and over ci potremo prendere diverse soddisfazioni.

Infine la corsa, a prescindere dagli innumerevoli benefici, certamente logora, in particolare se i chilometri sono troppi. Logora il nostro organismo ( tendini, articolazioni, etc), in parte logora anche sul piano mentale, quante volte si arriva il fatidico giorno della nostra maratona esauriti da una estenuante preparazione. Eppure quel giorno il requisito più importante dovrebbe essere …la voglia di correrla. Cerchiamo,sempre e comunque, il miglior equilibrio possibile tra quantità e qualità nelle nostre uscite.

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Ancora una volta, nel dopo gara della bellissima e impegnativa Mezza Maratona dei Trabucchi a Vieste, mi è stata posta la domanda: “Ma come fai a correre senza cronometro e mantenere un ritmo di corsa costante?” (in effetti, solo 1” di differenza della media tempo/km fra il rilevamento all’11° e quello al 21° km). 

Questa la risposta: devo tanto a quando (circa 25 anni fa) ho cominciato, anche nella corsa, ad applicare le pratiche apprese nella mia esperienza di psicologo clinico.  Presenza mentale, autoconsapevolezza nel qui e ora, grounding, corsa zen…. tanti sono i termini che si possono usare, ma oggi in Psicologia dello Sport il termine condiviso si chiama “flow” e si utilizza in tutte le discipline sportive. Molti runners d’esperienza, più o meno inconsapevolmente già praticano parzialmente questo tipo di corsa, ma tantissimi ancora no; un indicatore utile può essere il tempo medio a km misurato nella suddetta gara; i rilevamenti all’11° e al 21° km in molti atleti differiscono sensibilmente, nonostante quasi tutti potessero avvalersi del proprio cronometro; anzi, inseguire troppo il cronometro può addirittura compromettere la prestazione stessa.

In pratica il flow ci permette di sincronizzare completamente mente e corpo, permettendoci di utilizzare al meglio le nostre risorse psicofisiche, tanto da rendere superfluo avere con sé un cronometro. Tutti, attraverso una adeguata preparazione psicofisica e con la supervisione dello Psicologo dello Sport, possono imparare questo modo di correre, che, specialmente nelle medie e lunghe distanze, si rileva determinante per migliorare non solo la prestazione ma anche il piacere di correre.

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