Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

10 aprile – Il lunedì dell’Angelo è tradizionalmente dedicato, per i modenesi, alla “Camminata della Solidarietà”, allestita presso la sede della Croce Blu nel quartiere San Faustino (era all’incirca il km 16 della maratona di Maranello-Carpi, e nel vicino negozio di Lupo si faceva un po’ d’animazione).

Oggi però l’atmosfera era mesta, per la notizia che ci aveva raggiunto sabato sera, della morte improvvisa e inspiegabile del podista vignolese Antonio Bagnoli, 49enne che meno di un mese fa aveva corso in 1.44 alla mezza di Pieve di Cento, il 19 febbraio in 3.22 alla maratona di Carrara, e in 3.23 alla maratona di Ravenna nel novembre scorso. Era anche all'ultima Cinque Mulini, elegante con la sua bandana gialla in testa. In suo ricordo, i circa 800 partecipanti hanno osservato un minuto di raccoglimento prima della partenza.

La gara è una classica non competitiva dove si viene – come si suol dire – per “smaltire” il pranzo pasquale: salvo che sui tavolini delle società troneggiano bottiglie di spumante, colombe e torte casalinghe come quella squisita di Manila Grenzi della Sassolese, cui non ha saputo dir di no nemmeno Italo il fotografo (“ma non pubblicare la mia foto mentre mangio!”). Iscrizione alla quota irrisoria di 2 euro col corrispettivo di una bottiglia di aceto balsamico industriale (nella mia dispensa ho raggiunto la quota di 21, tutte provento di gare podistiche).

Percorso più lungo dichiarato di 12 km (in realtà 11,3), attraverso un quartiere molto rinnovato negli ultimi anni, purtroppo anche con casoni a parallelepipedo stile DDR, poi ricalcando vari percorsi urbani arcinoti, compreso quello della Corrida fino a San Geminiano/Cognento. A un km dalla partenza e dall’arrivo c’è il PalaAnderlini, secondo tempio della pallavolo modenese, intestato alla memoria di Franco Anderlini allenatore della gloriosa Panini, poi della Nazionale, otto volte scudettato, e vecchia conoscenza di famiglia: era militare ad Asolo col suo coetaneo e mio (futuro) padre, e l’8 settembre ’43 gli uccisero il loro capitano Greco. I due scapparono in bicicletta (presa chissà a chi) fino a Modena; poi mio padre fu testimone di nozze di Franco, che morì in un incidente stradale a 62 anni, consegnandosi definitivamente alla Storia. C’ero anch’io l’ultima volta che si incontrarono, sotto la chiesa di San Biagio: Anderlini aveva un gran barbone e portava a spasso un cane enorme, ed è meglio che non riferisca che tipo di discorsi politici faceva…

Torniamo ad oggi, più che altro per riferire delle chiacchiere dipanate lungo il percorso, sotto un cielo limpido e una temperatura giusta, coi progetti per l’immediato: Cecilia che sta per affrontare la 50 di Romagna, Paolino e Maurito che invece vanno alla maratona di Madrid, mentre Werter Torricelli è attirato dalla maratona di Mantova anche se non passa da Mantova, e il sottoscritto non sa o non dice; invece il “comunista ciellino” Barbolini si è dato al ciclismo, Simona Neri sbandiera girando video, Alessandra Fava troneggia in tutto il suo splendore dando appuntamento al trail delle Tre Croci, Reginato fa lo speaker, la coppia Baruffi-Del Carlo corre in relax dopo i successi di sabato.

L'altra notizia triste è che il nostro amico supermaratoneta A.V., centinaia di maratone corse ovunque, adesso non riesce più correre dopo una vaccinazione Covid. Tutto in regola, per i talebani vaccinisti?

Perfetta la chiusura al traffico, abbondante il ristoro finale (quello intermedio lo saltiamo perché c’era da fare la fila), megapremi di società col Cittanova che mette insieme addirittura 159 pettorali. Per oggi va bene così, da sabato prossimo si ricomincia a fare sul serio.

8 aprile – Il sabato Santo 2023 ripropone la gara competitiva in joint-venture tra le due fabbriche Generalkoll (collanti e mastici ad uso soprattutto edilizio), collocate una a Modena capoluogo e l’altra in questa frazione di Bondeno a 22 km da Ferrara, 44 da Bologna, 62 da Modena, dove il Po e i canali della bonifica Burana separano tre regioni (Emilia, Lombardia, Veneto). Joint-venture assicurata dal direttore di fabbrica nonché presidente della società organizzatrice, Modena Runners, Club Alberto Cattini.

Gare preliminari dalle ore 15 per i giovanissimi in un rettifilo del quartiere industriale dallo strano nome di via Uralita (è il nome spagnolo della lamiera ondulata, e infatti le industrie presenti sono in gran parte del settore edile); poi via libera ai 106 iscritti competitivi (di cui 24 donne) della gara-clou delle 16, allungata a 12 km rispetto ai 9.3 dell’anno scorso, con passaggio dalla storica Rocca Possente ed la Stlà (italianamente Stellata, caratteristico castello estense) e un’andata-ritorno lungo l’argine del Grande Fiume, di fronte alla spiaggia di Ficarolo da dove i locali si tuffano ancora per salutari bagni fluviali, e non lontano dal posto che Guareschi scelse come foto-simbolo del suo primo libro su Don Camillo.

Quest’anno il tempo è stato clemente, e malgrado le nuvole, le minacce di pioggia non si sono concretizzate, cosicché anche lo storico Daniele Vassalli, pettoruto presidente della Quadrilatero di Ferrara, orgogliosamente ultimo come nel 2022, in 1.53:22 con 37 minuti di ritardo sulla penultima, sua compagna di squadra, non ha preso l’acqua, con l’eccezione di 4-gocce-4 venute alla partenza.

I vincitori assoluti sono gli stessi della prima edizione: il 30enne modenese Riccardo Tamassia, che con 38:02 ha avuto la meglio per 18 secondi sul 25enne veronese della Bentegodi Daniel Turco, al posto d’onore anche nel 2022 (l’ordine di arrivo è stato compensato poche ore dopo sul terreno del Bentegodi, quando il coriaceo Verona ha prevalso sul presuntuoso Sassuolo grazie a una mostruosa cappella del portiere modenese).

Bis anche tra le donne, dove la reggiana Fiorenza Pierli, 43enne, con 46:42 ha inflitto 1’16” alla modenese della Fratellanza Aurora Imperiale (l’unica novità tra le atlete d’élite). Ma va segnalata la prestazione della terza, la 49enne modenese Sonia Del Carlo (50:14), l’anno scorso quinta.

Trofei con ceste alimentari ben fornite per i primi 10 uomini e 5 donne, e premi a base di lambrusco fino al 50° uomo e 15^ donna, oltre ai premi di categoria e per società, e al GP della Montagna per chi fosse transitato in testa al 5° km (gli stessi poi vincitori assoluti): il tutto vigilato dai giudici Uisp Vincenzo Mandile e Simona Neri.

Rivincita dei ferraresi nelle classifiche di società, dove hanno prevalso i Reno Runners sull’Atletica Bondeno e sui Corriferrara, poi i due “fuori regione” Salcus e Finale Emilia.

 

CLASSIFICA MASCHILE

1 1 38:02 TAMASSIA Riccardo M 1993 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2 4 38:20 TURCO Daniel M 1998 FONDAZIONE M. BENTEGODI

3 59 39:38 GRIBI Lotfi M 1989 MODENA RUNNERS CLUB ASD

4 3 40:26 GARAVASO Edoardo M 2002 FONDAZIONE M. BENTEGODI

5 5 41:33 ANTONIOLLI Federico M 1985 A .S.D. ATLETICA BONDENO

6 72 41:52 DALLOLIO Matteo M 1992 PICO RUNNERS

7 16 42:06 ORLANDI Luca M 1995 A.S.D. GRUPPO PODISTICO AVIS SUZZARA

8 61 42:11 FRANCHETTO Alessio M 1988 MODENA RUNNERS CLUB ASD

9 94 42:26 ZAPPAROLI Andrea M 1988 RENO RUNNER ASD

10 60 43:13 GENTILE Fabrizio M 1972 MODENA RUNNERS CLUB ASD CLASSIFICA FEMMINILE

 

CLASSIFICA FEMMINILE

 

1 2 46:42 PIERLI Fiorenza F 1980 ATLETICA 85 FAENZA

2 12 47:58 IMPERIALE Aurora F 1999 A.S. LA FRATELLANZA 1874

3 82 50:14 DEL CARLO Sonia F 1974 PODISTICA FORMIGINESE ASD

4 103 50:23 BARBIERI Ramona F 1977 TEAM MUD & SNOW ASD

5 63 51:28 RAGAZZI Elisa F 1985 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2.04.2023 - Edizione numero 23 della Maratona di Milano. In realtà, come correttamente indicato sulla medaglia, se ne sono corse 21. Annullata quella del 2020, e non viene conteggiata quella del 2021 riservata solo ai top runners.
Chi scrive ha corso tutte le edizioni, con invito e prezzo scontato (€20). Siamo rimasti in pochi, non graviamo in maniera eccessiva sul bilancio della manifestazione! Varie sedi e località per partenza e arrivo si sono succedute nel tempo: Piazza del Duomo, Piazza Castello, Rho Fiera. Da qualche anno sembra acquisita una sistemazione definitiva: partenza e arrivo in Corso Venezia, luogo servitissimo da Metropolitana e Passante Ferroviario, con i Giardini Montanelli che assicurano lo spazio necessario per le strutture. Centro Maratona in zona City Life, area vecchia Fiera Campionaria, per Expo e Convegni, ritiro pettorali e pacchi gara. Operazioni molto veloci, a partire da giovedì pomeriggio e per le intere giornate di venerdì e sabato.
Sempre molto suggestiva la camminata riservata alle scuole milanesi, migliaia di bambini vocianti e colorati, che sabato mattina invadono la zona attorno all’Expo. Controllo per entrare nell’area di partenza relativamente rapido, rispetto agli anni precedenti, ampi tendoni spogliatoio per ambo i sessi e partenza puntuale alle ore 9.
Breve tratto in Corso Venezia, poi svolta per i Bastioni, ultimo retaggio delle Mura Spagnole, e poi il Parco Sempione, luoghi immortalati anche dalla canzone di Giovanni D’Anzi: “E quand fiocca, che gioia, gh’è el Parco e i Bastion, per scià senza andà al Mottaron”. La neve a Milano è un lontano ricordo, anche in montagna purtroppo!
Breve giro attorno all’Arena e si punta verso il centro, con il consueto passaggio in Piazza del Duomo e davanti al Teatro alla Scala. Prima zona cambio staffette dopo 12,5 km: lodevole l’impegno degli staffettisti anche dal punto vista finanziario. Raccolti oltre € 900mila da destinare in varie iniziative di beneficenza. Piazzale Lotto, metà percorso, secondo cambio staffette e direzione San Siro Stadio e Parco di Trenno. Siamo al punto più lontano dal centro città e sulla via del ritorno.
Nei pressi dell’Ippodromo La Maura, rumorosa e pacifica manifestazione contraria alla costruzione del nuovo stadio. Non entro in merito, ma essendo già oltre il 25 km abbiamo già abbastanza problemi per approfondire l’argomento.
La temperatura aumenta, qualche sirena in eccesso nell’ultimo tratto. Come sempre, qualcuno chiede un po’ troppo al proprio fisico e il caldo ne peggiora la situazione. A regolare distanza di 5 km (30-35-40) incontro e saluto anche amici: Bianca, Ettore e Fabio. Due parole e riparto, Corso Sempione per chi è in crisi sembra non finire mai, gli ultimi lastricati sono un po’ fastidiosi, ma Corso Venezia è ormai dietro l’angolo. Francesca e Renzo mi accolgono con un affettuoso saluto.
Medaglia, sacchetto ristoro e maglia da finisher. Recupero sacca personale rapido e tendone spogliatoio a disposizione. Per gli igienisti, docce alla Piscina Cozzi, storico impianto del nuoto milanese a circa 1 km di distanza. Per chi scrive, nato a poche centinaia di metri dalla zona partenza/arrivo, comodo parcheggio in Corso Buenos Aires e agevole rientro oltre Adda.
Un ultimo rilievo sull’accoglienza da parte della cittadinanza: rispetto ai primi anni la situazione è notevolmente migliorata, i primi anni furono terribili. Tolti alcuni irriducibili amanti del clacson, poche sono state le situazioni critiche, merito anche dell’organizzazione che ha per tempo segnalato il percorso di gara. Arrivederci al 7 aprile 2024.

[NdD]. Caro amico “veterinario” (lo so che non lo sei, come proclami nel timore di passare per un millantatore di credito, ma ci siamo capiti…). Con le maratone della tua città credo di essermi fermato a 5 (cominciando dall’edizione zero, con pioggia a dirotto, primo ristoro solido consistente in un’arancia al km 40, arrivo in piazza Duomo allagata). Che nostalgia per quell’altra volta che la corremmo in gran parte insieme, con don (anche il “don” è millantato credito involontario) Gregorio Zucchinali, che mi spiegava i luoghi, il lazzaretto ecc., e tu esortavi a “non credere una parola di quello che dice” (ovviamente scherzavi, siete entrambi espertissimi e istruiti, anche se don Gregorio è un po’ foresto). E poi, leggere questa tua cronaca, così precisa, tecnica insieme e appassionata, mi riporta a quegli anni in cui Podisti.net nasceva e si faceva bello di tanti contributi “dal basso”, che arricchivano e qualche volta smitizzavano l’enfasi dei comunicati ufficiali e (come dicevamo all’epoca) “patinati”. [F.M.]

Domenica, 02 Aprile 2023 19:11

San Prospero (MO) – 2° Lambrusco Run

2 aprile – Due grosse maratone in programma oggi, poi la Vivicittà nazionale (anche a Reggio e Ferrara, mentre a Modena sono decenni che non la offrono), una maratonina a Legnago, e la conclusione della Abbotts Way partita sabato: insomma, non mancavano le “distrazioni di massa” per i podisti competitivi. Eppure anche San Prospero, paesone agroindustriale a 25 km da Modena, ha richiamato 113 competitivi per la sua 10 km targata Uisp, e parecchie centinaia di non competitivi, per una distanza pari o inferiore, con partenza stranamente definita “libera alle ore 9.00”, comunque mezz’ora prima e non in grado di disturbare lo svolgimento della corsa ufficiale.

Ha vinto, con un distacco enorme, il 24enne Marco Casini (Delta Atletica Sassuolo) in 31:04, cioè alla media di 3:06/km, precedendo di 2’16” il ventenne Alessandro Pasquinucci (Fratellanza), che a sua volta ha inflitto un minuto abbondante a Jose Catellani (Corradini Rubiera), anche lui poco più che ventenne. Quarto, e primo degli M 35, Filippo Capitani dei Modena Runners, società che dei suoi sette partecipanti agonisti ne ha piazzati tre nei primi 11, tra cui il vincitore degli M 50 Giacomo Carpenito (già vincitore della sua categoria domenica scorsa alla mezza di Reggio).

Tra le donne, manco a dirlo, ha stravinto Fiorenza Pierli, 43enne nonantolan-reggiana ma tesserata Atletica Faenza, in 38:06 (media 3:48), due minuti abbondanti prima di Serena Borsari (F 35, Victoria Reggio), a sua volta davanti mezzo minuto alla formiginese Laura Ricci (F 40). La 49enne Sonia del Carlo, reduce da un brillante piazzamento alla maratona di Rimini domenica scorsa, si è aggiudicata il platonico titolo delle F 45: platonico perché erano previste premiazioni (come nei trail) alle sole categorie degli Under e degli Over 50, e dunque tra le F 50 ha prevalso Sonia Donnini, settima donna sul traguardo, preceduta dalla bella e simpatica Fatima Rakhssane che ieri pomeriggio era a Sassuolo (e infatti Italo Spina l’ha privilegiata nelle foto), e da Melissa Pezzini (Centese), addirittura diciassettenne.

Gara a sé hanno fatto gli 84 ragazzi delle scuole, mentre per i  circa 650 non competitivi il giro si è svolto in tutta serenità, appena accarezzato da 2-gocce-2 di pioggerellina, attraversando la vicina Staggia (patria del filosofo-eremita Pietro Zanfrognini che studiò con Carducci e fece combutta con Delfini), costellata da ville o meglio castelli, alcuni ristrutturati dai Serbelloni-Mazzanti-Viendalmare che vi abitano, ma altri con l’erba e gli arbusti che crescono.

Stavolta il mio prevalente compagno di corsa è stato Werter Torricelli, originario di queste parti, enologo, reduce dalla ecomaratona di Radda in Chianti sabato scorso, che alla media dei 5:50 (arrivando sul traguardo, ci ha superato a razzo il primo dei competitivi, partito mezz’ora dopo di noi) mi ha spiegato la vera ricetta del lambrusco rosato. Il discorso cadeva a proposito, dato che abbiamo sfiorato la prestigiosa cantina Cavicchioli, che oltre tutto forniva la bottiglia di lambrusco-premio per noi che avevamo pagato 2 euro d’iscrizione (cioè conveniva comprare 100 pettorali per farsi la scorta di vino sottocosto; e infatti ho visto persone, altre volte restie a pagare il pettorale, andarlo orgogliosamente a consegnare al camioncino che distribuiva il malloppo). Insomma, a differenza di una maratona del Prosecco dove il Prosecco era solo nel nome, qui il lambrusco c’era, e di gran nome. Per gli astemi, eccellente il tè del ristoro finale e intermedio, dove si dava anche la possibilità di pucciarci dentro due biscotti contenuti in un bicchiere.

Abbondante anche la premiazione finale delle società, dove la più numerosa è risultata, manco a dirlo, il Cittanova con 62, davanti a un nome nuovo (per una realtà comunque storica) dello Sport Insieme di Formigine con 46 e al Finale Emilia di Ottavio&Antonella, e perfino di Michele Maria Marescalchi, con 37. E siccome i cronisti dallo scarso possesso lessicale straparlano spesso di gradini del podio quando in genere c’è il cassone di un camion se va bene, qui il podio c’era davvero, e lo speaker era Luposport che da queste parti trae la sua origine (e ha addirittura stampato il suo secondo libro autobiografico, ed è persino diventato regista di un film sul podismo che presenterà a breve).

Adiacente al campo sportivo in erba sintetica, c’era un ampio spogliatoio con docce, cosa non frequente in questo tipo di gare: bravi Comune, Polivalente San Prospero e Vincenzo Mandile per l’Uisp (col supporto di Simona Neri per gli arrivi).
Un po’ di malinconia mi prende quando, sulla strada del ritorno poco fuori San Prospero, oltrepasso la storica trattoria del Cristo, attiva dal 1650 al 2018 o giù di lì: ci veniva a bere Carducci (che secondo una lapide, concepì le “Odi barbare” sotto l’effetto del lambrusco). Invece oggi siamo quasi alle rovine delle terme di Caracalla, “un desio mesto pe’l rigido aere sveglia – di rossi maggi, di calde aulenti sere – quando le donne gentili danzavano in piazza… - un desiderio vano de la bellezza antica”.

1° aprile – Il memorial Giuliano Lamazzi, cordiale e non dimenticato atleta della Podistica Sassolese, quest’anno si è spostato nell’accogliente parco Vistarino e nell’adiacente parco Ducale, che dal Covid in poi sono diventati la sede pressoché unica delle corse sassolesi, tutt’al più allungate (come oggi) verso il parco fluviale del Secchia, fino a raggiungere la distanza massima dichiarata di 10 km, che i Gps hanno ridimensionato a 8,400.

Il nome "Canalette" va spiegato ai non sassolesi (infatti a me l'ha spiegato capataz Evaristo): sono quei minifossatelli nella piazza centrale di Sassuolo, per lo scolo dell'acqua piovana. Da qui nacque il nome di una delle prime gare locali, che inizialmente si svolgeva lì, poi si è pian piano allontanata dal centro fino ad essere ormai stabilmente fuori Sassuolo, tra lo Sporting e San Michele dei Mucchietti. A questo si aggiunge però il nome di "Canalette" assegnato a una palestra-centro sportivo di Sassuolo, da cui è nata l'idea di un'altra corsa podistica (questa), alla cui realizzazione ha però collaborato la Sassolese di capataz Evaristo che ci ha aggiunto la commemorazione del suo defunto atleta Giuliano. Dunque, adesso a Sassuolo ci sono due corse delle Canalette, questa è la seconda (e sicuramente la secondaria).

Bella giornata primaverile, con temperatura fino a 18 gradi, e procedura di iscrizione abbastanza singolare, a offerta libera, senza consegna di pettorale, ma col ricevimento a un km dalla fine di un tagliandino grazie a cui si poteva accedere al premio finale, un gadget oppure un libro dismesso (in questo parco ha sede la biblioteca comunale). Ho scelto questo e mi è toccato Assassinio al Comitato Centrale di Vazquez Montalban (prezzo, lire 14mila): dalla copertina leggo che l’ucciso è il segretario del partito comunista, e per sapere chi è l’assassino occorreranno 287 pagine. Basterebbe sottoporre il problema all’intelligentsia che durante la settimana si esibisce nel salotto di Lilly Gruber, per spostarsi nel week end sui salotti della Rai, per imparare senza nessun dubbio che l’assassino è La Russa, coi soldi di Silvio, e Giorgia a far da palo; mentre Montalban (a quel che leggo a p. 143) deve individuarlo tra “espulsi o espulsori dal Partito Comunista, segretari generali di tutte le sinistre in pellegrinaggio a Santiago de Compostela, venditori di articoli di ‘El Paìs’ al mercato nero, una ragazza di Siviglia…” e così via.

E via anche noi per i parchi, attesi al traguardo da Italo Spina (che consolo per la diffida da lui ricevuta da parte di certi Avvocati Riuniti per aver pubblicato più foto di quelle consentite da una onorata società tenutaria dei diritti di immagine: l’Ordine dei Giornalisti garantisce che, su suolo pubblico, vietare di fotografare è una pratica illegale); Italo unico a non correre, mentre la sua famiglia è tutta attivissima in scarpette, e nella lotta sorellicida forse Cecilia prevale su Margherita, ma chissà se entrambe sono passate dallo stesso giro di boa.

La mia sgambata si svolge invece quasi tutta con Ettore Roteglia, che forse non vedevo dai tempi del Covid, e ricorda infatti quando a Monchio, in una delle rarissime gare del 2020 disputate nel modenese, rassicuravo i colleghi della insussistenza e invalidità dei decretini sullo sport da fare solo “in prossimità”, e li informavo sull’esistenza di corse in giro per l’Italia cui si poteva partecipare, alla faccia di Conte e del roseo animale partenopeo. Roteglia dice di aver preso un cartellino da tennista professionista, così ha potuto scorrazzare anche lui senza paura.

Da quei tempi cupi usciamo parlando delle gare più belle corse in carriera, mentre a rinfrescarci la gola provvede un doppio ristoro fornito anche di ottimo tè verde, che ritroveremo al traguardo): Ettore confessa un debole per la maratona di Praga (corsa 22 volte), e la sua commozione per l’alba durante la maratona di Honolulu, e il saluto di papa Giovanni Paolo II alla partenza della maratona del Giubileo, capodanno 2000 (la sera prima io corsi la prima maratona di Assisi). Si passa anche da via Cirillo Mussini (il primario ospedaliero che fondò l’Atlas Concorde e seppe espanderla anche oltre Oceano), e il discorso si sposta sui grandi padri delle ceramiche e della prosperità sassolese (gli "zii" di Simone Gradellini, pure in gara), che oltre tutto hanno sponsorizzato pure l’ascesa del podismo in zona, dalla Fiatona del 1974 ad oggi.

Mentre lungo il giro ci si incontra colla famiglia Micio/Lorella Cenci, colla dinasty cioccolatiera dei Bandieri, col pellegrino della Via Lattea Lucio Casali, con Lady Emilia della Guglia, che domani esordirà a Russi (“ma è vero che è così brutta?”), coi due ex indiani Rambo e Mastrolia, con la bella coppia tosco-emiliana che vedete nel collage di copertina. Insomma, con la solita brava gente, aliena dal cronometro ma vogliosa di respirare l’aria nuova di quest’anno che promette cose buone per tutti.

26 marzo – Inserito al penultimo momento nel calendario del podismo modenese 2023, questo “Gir” che nel nome dialettale conserva una tradizione degli anni eroici delle “maratone popolari” ha radunato un notevole numero di amatori non competitivi, che al modicissimo prezzo di 2 euro (con aceto balsamico locale in premio) hanno potuto scorrazzare su percorsi dai 4,5 ai 15 km abbondanti, totalmente esenti da traffico grazie all’ampio dispiegamento di vigili, protezione civile, ex carabinieri.

Un tempo era una gara Aics, cioè l’Eps dei socialisti, ideata dal circolo Turati; adesso il Turati si è appoggiato al CSI e a noi va bene lo stesso, soprattutto in una terra come Nonantola dove è nato il primo comunismo della storia, gestito dai frati benedettini di ascendenze longobarde: che appunto, già ai tempi di Carlo Magno, curarono la bonifica delle paludi tra Modena e Bologna, e le terre redente le diedero ai “partecipanti”, ma solo in concessione temporanea con una rotazione che avveniva per sorteggio.

Nessuna meraviglia dunque che qui don Camillo e Peppone vadano d’accordissimo, dato che Nonantola è feconda produttrice di preti di sinistra (come quel don Vitt prete operaio più o meno coniugato, che morì in una immersione da sub in costa Azzurra), di professori -esse cattolici che finivano invariabilmente eletti nei più alti ruoli politici in quota PKK, e di onorevoli progressisti che (a parte qualche incidentino giudiziario o elettorale) hanno luminosamente servito il Popolo.

Il più fresco tra gli onorevoli locali, che vanta persino un passato da maratoneta, non l’abbiamo notato, ma certo oggi le corse d’élite portavano altrove, anche i fotografi soliti, dei quali qui non si è vista traccia: alla mezza di Reggio dove si vinceva un panettone buono ancora per 5 settimane; alla maratona di Rimini dove i non competitivi come Giangi si sono dovuti pagare il ristoro ma alla fine hanno ricevuto un buono pasto presso il Conad; sul lago di Garda, o alle mezze di Vigevano e di Orzinuovi, senza citare vari trail.

Proprio a Orzinuovi due anni fa (ma era di maggio) avevo fatto gara con Angelo Giaroli, il reggiano che come altri della sua provincia oggi ha snobbato il ‘suo’ panettone e si è ritrovato qui a Nonantola, indossando la stessa maglia nera della Milano Marath-one su cui (guarda caso, ma mi sembrava ideale per il clima d’oggi) avevo puntato pure io. E se c'è Giaroli, non può mancare Cuoghi; e se siamo a Nonantola, ci sono Mauro Zoboli e perfino Paolo "Paletta", grande alpinista e trailer che per mesi tentò di insegnarmi come si fa il bulino e il Prusik, ma io più in là della ciaparina non arrivo. Ci sono i fratelli Baldini (intesi come Morena e Loriano) e c'è Lolo Tiozzo appena tornato da Gerusalemme (st'altro anno vengo anch'io, e se mi colpisse la tentazione di tornare a Bologna, legatemi).

Via ufficiale in modico ritardo (curiosamente, il programma preannunciava la “partenza dalle ore 9 alle 9,10”, diffidando senza troppo successo dalle partenze anticipate); dopo 7 km di stradette rettilinee più o meno nel deserto, che a Maurizio Cenci ricordano i drittoni infiniti nella maratona della sua quasi omonima Mauritius, si entra “nel tenimento della Partecipanza” (così il volantino), percorrendo (solo noi dei 15 km, in netta minoranza) prima un argine erboso, poi 800 metri di bosco, poi un altro argine, fino al ristoro unico, di sole bottigliette d’acqua che vanno in gran parte sprecate (salvo che da persone civili come la famiglia Rossetto che se le tengono in mano fino al traguardo).

Altro rettilineo, questa volta contornato da alberi, poi per finire strade sterrate fino al rientro in paese con relativo asfalto e persino cinque gradini in prossimità dell’Abbazia (visita guidata gratuita al Museo).

Una signora in là con gli anni offre una definizione della corsa come “caduta controllata”, che non è malvagia; lo speaker annuncia, verso le 10,30,  che il ristoro finale è di sola acqua perché i succhi di frutta sono finiti (è il destino di chi fa il lungo in queste corse, e soggiace all’ingordigia dei partess-premma e dei brevicorrenti). Ma non manca a nessuno l’aceto balsamico, che si aggiunge alle decine ricevute nelle gare precedenti (ma per due euro cosa volete?); sono ampie le premiazioni di società, dove il Cittanova riprende a prevalere. Insomma, accontentiamoci di questo sano relax senza classifiche individuali, in una mattinata decisamente risparmiosa, a suo modo ideale.

19 marzo – In una domenica ricchissima di eventi podistici a distanza di poche decine di km nella stessa regione (per dare un’idea, le mezze maratone di Novellara, Ravenna-Porto Fuori, Colli Bolognesi e della stessa Imola, a una decina di km di distanza), ricorre anche la 98^ edizione della Sagra del raviolo (o, come dicono altrove, della raviola dolce: pasta frolla, mostarda, rosso alchermes, spolveratura di zucchero, cottura al forno), che si tiene sempre per San Giuseppe, al termine delle Quarantore di adorazione (infatti circola il motto “ora et raviola”). A differenza di quanto appare in qualche sito web, è il Team Try It Asd collegato al negozio imolese di articoli sportivi, e "concept store della salute" https://www.tryit.bio/, in collaborazione col Comune e la Proloco di Casalfiumanese, a organizzare questo “short trail”, per una lunghezza programmata di 15,4 km con 550 metri di dislivello, più un’altra distanza di 10 km non competitiva.

Di competitivi ne sono venuti un centinaio (altrettanti, e forse di più, quelli cimentatisi nel tracciato minore, tra cui ci siamo rivisti col vecchio compagno di una maratona a Venezia, Paolo Salvatori): in campo maschile c’è stato un arrivo a pari merito nello stesso tempo di 1.07:46, per Mattia Reggidori (cui è stata assegnata la vittoria) e Jacopo Mantovani. Molto staccati gli altri, col terzo Luca Farolfi a 3’15” dalla coppia regina.

Nessun dubbio per la vittoria femminile, che si poteva dire assegnata già sulla linea di partenza: con un decimo posto assoluto in 1.22:55 (ma primo assoluto tra gli over 50, maschi compresi) la statistica (nel senso di prof) reggiana Isabella Morlini ha inflitto oltre 11 minuti alla seconda (e prima “under” femminile), Michela Sturla, che a sua volta ha preceduto di 50” la terza, Chiara Marenga. Da aggiungere che il compagno di squadra di Isabella in Atletica Reggio, Salvatore Franzese, pochi km sotto vinceva in contemporanea la maratonina di Imola in 1h12'04, precedendo Lorenzo Lotti  (1h12'23). 

Primo “over” 50 maschio è Mauro Abbate, 18° assoluto in 1.28:36; 98 i classificati, di cui 31 donne, e l’onore di chiudere gli arrivi al sassolese Enrico Mussini, cognome pesantissimo di qua e di là dal Secchia, di qua e di là dall’Oceano. Ma il “Tricolore” Paolo Giaroli (l’elargitore delle spugne calde alla maratona di Reggio) era già arrivato da 12 minuti.

Nelle retrovie, ci siamo gustati i panorami, affascinanti e un po’ paurosi dopo il 9° km, quando separati i due percorsi nel punto più basso (alla stessa altitudine della partenza-arrivo), quelli del lungo sono stati avviati su calanchi tra San Martino in Croara a Baladelli di sopra, con sentiero a tratti molto sottile, in prossimità della terza salita principale, che intorno al km 11,5 ci faceva superare quota 300 metri (dai 120 metri della partenza) e ricordava un po’ certi passaggi del trail estivo di Sala Baganza (esagerando, diremmo anche la salita alla Punta Parrot nel gruppo del Rosa).

Con Angelo Giaroli (arrivato mano nella mano col sottoscritto, ma avvantaggiato di un misterioso secondo dal chip a discovolante) ci chiedevamo se almeno la Morlini osava correre in quel tratto: ma al traguardo l’interessata ci ha risposto di no (d’altronde, perché rischiare la pelle, con quel vantaggio?). Decisamente più innocue le prime due salite, che ai km 5 e 6,5 ci hanno portato alla solita quota 300, prevalentemente su strade carraie a parte due strappi sentieristici. Ma senza dubbio le bellezze maggiori le abbiamo gustate nel lungo falsopiano-discesa dopo il km 12, in prevalenza su sentiero, con sguardo a destra verso Borgo Tossignano teatro di storiche battaglie nell’ultima guerra, dovendo infine noi combattenti del 2023 subire l’ultimo colpo basso della risalita, a meno di un km dal traguardo, verso il centro antico di Casalfiumanese, su un ‘muro’ scivoloso che ci ha costretti ad aggrapparci agli alberelli (noi, non la Morlini!).

Perfette le segnalazioni del tracciato e la presenza degli sbandieratori; due i ristori con bevande, integratori, frutta e dolci caserecci; con l’aggiunta del pasta-party finale compreso nel prezzo di 20 euro (più la cresta della società intermediaria), e goduto nell’affollatissima piazzetta adiacente al traguardo. Lunghe le code per ottenere il sospirato cabaret, tranne per noi trailer che avevamo una fila privilegiata (che a me è costata meno di dieci minuti d’attesa).

Anche il parcheggio era gratuito per noi (mentre i festaioli comuni pagavano 2 euro), e nell’adiacenza degli spogliatoi (anzi, “spgiatoi”) dove mi sono gustato una doccia caldissima. Non restava che aspettare le 16, con lo storico lancio dei ravioli dal campanile, e darsi appuntamento per i trail e le maratone romagnole che da domenica prossima cominciano ad affollarsi. E il prossimo autunno non dimenticheremo il TRAIL DEL MARRONE, che lo stesso team Try.it allestirà nella vicina Castel del Rio.

12 marzo – Il nome di Albareto (che ad essere onesti, non avrebbe molti motivi di eccellenza paesaggistica per emergere, e storicamente ha avuto l’abitante più illustre in Dino Grandi conte di Mordano, che qui impiantò una fattoria modello) ricorre abbastanza spesso su queste pagine, grazie all’attivismo della locale polisportiva e di altre associazioni che riescono a mettere in piedi almeno tre corsette l’anno, cui si aggiungono quelle di Modena nord o di Bastiglia-Bomporto che finiscono per calpestare le stesse strade, tra l’ex ferrovia di Mirandola e l’ex canale navigabile con cui i duchi andavano in Bucintoro fino a Venezia, e oggi è abitato dalle simpatiche nutrie sfuggite agli allevamenti di castorino (qualche anno fa si organizzò qui anche una “Corsa della Nutria”, per tributare un risarcimento a questo diffamato e socievole mammifero).

Veniamo a oggi: in una domenica tanto ricca di corse competitive in regione e appena più in là, ad Albareto vanno quanti avevano saltato per pioggia Rubiera due settimane fa, o hanno programmato una domenica di “scarico” dopo le maratone di Busseto o Bologna, e prima di rituffarsi nel calendario di mezze e di maratone che da oggi in avanti ci accompagnerà fino a giugno. Ben 5 percorsi, dai 3.5 ai 13; un solo ristoro, dopo 6,5 km, proprio mentre Giancarlo Greco diceva che l’unica cosa decente alla maratona di Bologna erano i ristori. Qui, in più, c’era il tè tiepido, come pure al traguardo, dove ci attendeva anche (per il misero corrispettivo di due euro) una confezione di crescentine e un vasetto, nonostante il titolo, non delle mimose dall’odore di strinato, ma delle più profumate viole, elargite anche ai maschiacci.

Oltre a questo, una larga premiazione delle società, dove il Cittanova ha ripreso a vincere con 153 iscritti (che poi proseguiranno per il pranzo sociale, dove i prosciutti vinti durante l’anno saranno ben sufficienti a sfamare un reggimento), ma deve cominciare a guardarsi dal contagioso entusiasmo di Mohamed Moro che ha portato qui ben 78 “Runners & Friends”; e chissà quanti dei 101 scolaretti iscritti proseguiranno nella carriera pedestre. Il fotografo Nerino appositamente venuto dal reggiano (come Paolo Giaroli), ha ritratto pure una discreta quantità di sassolesi, carpigiani e mirandolesi, l’immancabile Giuseppe Cuoghi che si sta preparando per correre attorno a un lago trentino, nonché la neo-adepta di Podisti.net Morena Baldini (che non è la sorella di Stefano, come mi ha chiesto qualcuno, ma di Loriano, e gravita nell’orbita del Cittanova).

Ben organizzato il parcheggio adiacente al ritrovo, anche perché non eravamo legioni (comunque 1228 certificati, più del doppio che a Rubiera); un po’ difficoltosa l’uscita per la manovra da fare a causa di uno spartitraffico installato piuttosto a capocchia.

Partenza “abbastanza” di gruppo (voglio dire che eravamo forse metà degli iscritti ad aspettare il via, cosa sempre più rara in questo genere di camminate); nell’attesa, si scambiano impressioni su Bologna con due impegnati nella 30 km, il banchiere Claudio Morselli e mamma Francesca Braidi (un cui figlio oggi è impegnato a Gubbio nei campionati nazionali di cross), e con l’altra mamma, nonché presidente, Emilia Neviani, che a Bologna si è sacrificata sui 21 per accompagnare l’amica Lorena al traguardo.

E si va puntuali, con un discreto sole e 16 gradi di temperatura, lungo percorsi che le nostre scarpette conoscono a memoria incluso il sottopasso della collina del disonore, perforata, con grande acume ecologico, dalla TAV. Giancarlo Greco ripete che i bolognesi dovrebbero fare uno stage a Reggio per vedere come si organizza una corsa, e quanto al suo Sassuolo calcio garantisce che oggi a Roma non farà lo Scansuolo come contro col Milan l’anno scorso (e i fatti gli daranno ragione). Mentre Lucio Casali, dopo aver fatto migliaia di km in pellegrinaggi (compreso l'intero cammino di Santiago) ha deciso di presentarsi, finalmente, a quella (per lui) quasi-tapasciata che è il Passatore, ma non capisce bene come andrà con la nuova partenza a onde che lo relegherà in fondo al gruppo stanti le sue scarse... referenze (per chi non sa che faceva Cesano Boscone in 2.59:59). 

A sbandierare a un incrocio c’è il Ross Brevini, di cui qualcuno ricorda la notte fantozziana in un albergo di Klagenfurt, conclusa dallo sprint in pista con William Mazzi prima di tornare tutti sul pullman della speranza capitanati da Zavatta (una volta imbarcammo pure noi una piacente clandestina sui 30 o poco più, si chiamava Jovanka o Maruska o Soljanka o giù di lì, non aveva documenti e alla frontiera si nascose sotto una coperta da letto).  

Su quei pullman veniva anche Roberto Mundici, classe 1959, esponente di una famiglia di tre generazioni di podisti: adesso non corre più, ma tiene fede alla sua qualifica di pensionato attivo e di Umarell (come recita il suo biglietto da visita) facendo il volontario al centro per la vaccinazione Covid, dove peraltro sono più gli impiegati che i clienti. Però, onore a lui.

5 marzo – Parto dai fatti, sui quali (e solo sui quali) vanno poi elucubrate le opinioni. Arrivati di questa maratona (sebbene il tempo massimo fosse stato alquanto elasticizzato rispetto all’annunciato, fino alle 6h21 dell’ultimo): 1313, più 50 non competitivi in ordine alfabetico (perlopiù stranieri, in ossequio a regole che in tutto il resto del mondo, Francia esclusa, sono incomprensibili). Arrivati nell’ultima edizione (31 ottobre 2021: vedi qui

http://podisti.net/index.php/cronache/item/7944-bologna-marathon-first-edition-be-parliamone.html), 1596+7 nc. E pensate che c’erano state tante defezioni, dovute al rinvio di un anno e mezzo rispetto alla data primitiva, e anche per ripicca di fronte alla richiesta di altri 10 euro per confermare la presenza; e c’erano tutte le procedure Covid, greenpass, autocertificazioni, tracing, mascherine…. Dovemmo avere un gran pelo sullo stomaco per venire nel 2021, forse nel 2023 sono venute meno tante motivazioni (a parte la “restituzione” dei 10 euro, promessa e mantenuta per i reduci della prima edizione).

Nella 30 km odierna (partita alle 9,15 insieme alla maratona): arrivati 958+32 NC; nel 2021 furono 744. Nella 21 km, ossia la vecchia Run Tune Up nata una ventina d’anni fa per sponsorizzare un pacchiano e commerciale gemellaggio con la maratona di New York, e ora accorpata in una sorta di fusione fredda, stile PD, con le due gare maggiori (ma con regolamento diverso made in Uisp, percorso diverso e partenza tre quarti d’ora prima), 1410 classificati. Nelle due ultime edizioni “autonome” (2018 e 2019) erano stati 2399 e 2411.

Quanto ai tempi, io non credo al miraggio dei supercampioni (che magari dopo due anni si scoprono superbombati) ingaggiati a suon di dollari, che vengono a vincere con mezz’ora di distacco sui piazzati. In queste, che una volta si chiamavano “maratone popolari”, la parola ingaggio dovrebbe essere bandita; e ben venga un vincitore bolognese adottivo malgrado il cognome straniero, già secondo nel 2021, che malgrado il miglioramento di 6 minuti sulla volta scorsa realizzi in un tempo col quale nelle major (ma nemmeno a Milano o Roma) a stento arriverebbe nei primi 50; e ben venga il Mandelli junior che arriva terzo in 2.30. E che tra le donne si vinca con 3.10, cioè 17 minuti in più del risultato 2021, a me sta bene purché la vincitrice non venga presentata come una big. E comunque c’è poca trippa per gatti, dato che le categorie restano accorpate due a due, insomma i cinquantenni devono competere coi 41enni: ma le “convenzioni al tortellino” (come le chiama qualcuno) consentono questo e altro, e i patetici inseguitori di prosciuttini possono stare a casa.

Migliori i tempi finali (come scrive Lorenzini: https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/9861-bologna-bologna-marathon-ripartita-bene-ottimi-i-tempi-e-buona-la-partecipazione.html ) sulla 30 km, mentre la 21 mi è sembrata ancor più nello spirito della festa popolare per corridori locali: non a caso, ben 500 dei classificati ci hanno messo più di due ore, qualcuno anche più di tre. E come dice Marescalchi, non essendo distanza omologata, i risultati non valgono per le sue statistiche.

Se non ci lasciamo deprimere dalle cifre, io comunque parlerei di qualche buon passo avanti, quanto meno per l’allestimento, molto, molto migliorato rispetto al 2021, quando l’assessora allo sport si era arrabbiata minacciando di non dare più i permessi. Allora furono carenti, e in qualche caso mancanti, i ristori; il passaggio in centro nella parte finale divenne una gimcana in mezzo alla movida e ai tavolini dei ristoranti, inclusi gli sbagli di percorso causati da carenza di segnali e di addetti (mentre in periferia avevamo assistito a battibecchi e scazzottature tra podisti, ciclisti e autisti). Quest’anno dichiaro solennemente che in cinque ore ho contato in tutto tre auto (probabilmente clandestine) procedere lentamente sul nostro tracciato, e incredibilmente solo a un incrocio ho assistito a un dialogo pacato tra un vigile e una guidatrice, senza mai sentire strombazzamenti.

Se sommo però queste percezioni all’assenza assoluta di tifo lungo il percorso (a parte un paio di incoraggiamenti arrivati dai piani alti dei casermoni stile DDR in zona Savena/Due Madonne), ai non più di dieci bambini che ti porgevano il cinque (cui aggiungo la sorpresa privata della mia adorabile nipotina Annina, che mi ha teso l’agguato al km 23 accompagnandomi di corsa, mano nella mano, per un po’: la sua mamma, con cui feci 7 km, sotto i 5’/km, durante la maratona di Assemini nel 1993, in attesa di riprendere a correre oggi si limitava a fotografare) direi che i bolognesi, ben avvertiti delle limitazioni del traffico, sono fuggiti dalla città, per riemergere poi nel primo pomeriggio per lo struscio improduttivo lungo la cosiddetta T. A differenza di Milano, Bologna non odia i maratoneti: li evita.

Mentre l’organizzazione ci ha costretti ad affollare gli alberghi cittadini, o a fare doppio viaggio, rifiutando di consegnare i pettorali la mattina della gara e obbligandoci a venire venerdì o sabato nell’intasatissima zona del palasport, oltretutto pure minacciata da divieti di transito. È una prassi non solo bolognese, e certamente messa sul piatto della bilancia davanti al Comune: noi vi rompiamo le scatole la domenica, ma vi portiamo tanti begli eurini. Ma certo non favorisce la partecipazione.

Anche il percorso, evidentemente frutto di compromessi con la pubblica amministrazione, si è attorcigliato nel centro storico per la prima dozzina di km, con un’infinità di curve ad angolo retto e di stradette minimali da imboccare, e l’unica grave sbavatura del “frontale”, intorno al nostro km 10, per circa mezzo km, coi corridori della 21 ormai alle battute finali, ma costretti a salire sul marciapiedi perché la strada non larghissima era tutta nostra. Con tutti questi ghirigori, ci saranno state almeno 100 occasioni di “tagli”, di fronte a due soli controlli chip; gli squalificati in effetti sono parecchie decine, ma chissà se i colpevoli sono solo loro. 
In compenso, dal km 12 circa siamo andati su stradoni lunghi chilometri, tutti per noi, fino a farci sentire spaesati lungo la Cristoforo Colombo-Marco Polo che da Castelmaggiore riporta in centro: strada larga trenta metri, percorsa da noi quattro gatti over 4h30, mentre le auto chissà quali viottoli campagnoli dovevano fare. 
La maglietta blu compresa nel pacco gara rappresentava stilizzate le “emergenze” bolognesi: San Luca dove fortunamente non ci hanno mandato, San Petronio, e le due Torri, che nel disegno non sono pendenti, e che abbiamo visto solo alla partenza, attraversando via Rizzoli per raggiungere via Indipendenza, ma poi sfioreremo solo alla distanza di sicurezza di 2/300 metri (a differenza del 2021 quando ci passammo proprio sotto).

Numerosi i monumenti sotto cui siamo passati (San Domenico – ma non San Francesco  né San Giacomo né Santo Stefano con annessa casa di Prodi, lasciate a un centinaio di metri -, i Servi, casa Carducci, alcune piazze grandiose inclusa quella nuova del “Liber Paradisus”), peccato che nessun cartello li indicasse, e rimanessero dunque estranee ai non bolognesi (personalmente ho scoperto, dopo mezzo secolo, la casa dove abitarono i fratelli Arcangeli, uno poeta e l’altro finissimo intenditore d’arte, vicino al leggendario liceo Minghetti; ma siamo pure passati davanti alla casa del pittore Morandi e nessuno se ne è accorto).

Maratona intestata anche a Lucio Dalla, ma facevano un po’ pena le cinque-ragazzotte-cinque (4 per l’esattezza, più un maschio), che accompagnate da un chitarrista eseguivano canzoni di Lucio, magari cambiandoci le parole per inserirci la parola “maratona”: se penso che a Nashville ogni miglio c’è un complesso rock che ti suona Pretty woman o The house of rising sun o Lay Lady Lay… tiremm innanz; ho sentito il dovere di applaudire queste stakanoviste senza pubblico. Versi di Dalla erano incisi anche sulla medaglia, originale nel disegno come ormai lo sono tutte: quando una medaglia-medaglia, tonda e dorata, diventerà una rarità, allora gli organizzatori riprenderanno a proporle (è il conformismo dell'anticonformismo, qui ci vorrebbe Umberto Eco a spiegarlo).

Ristori molto migliorati rispetto al ‘21: acqua abbondante e quasi sempre fresca, in bottigliette chiuse (che buttavamo piene ancora per tre quarti generando allagamenti per strada); a volte sali liquidi in bicchiere, niente bevande calde (eppure siamo partiti con 5-6 gradi, arrivando intorno ai 16°), banane intere o a fette. A gestirli erano le società bolognesi, e mi sono un po’ vergognato a vedere amici del Calderara o del Ponte Lungo ridotti a servire me che andavo più piano di quanto sarebbero andati loro. Scarse invece le toilette mobili; quasi nessuna lungo il percorso, e in numero insufficiente in zona partenza, col risultato che decine di podisti si sono liberati dei liquidi pre-gara facendola contro il muro del palazzo comunale: è passata una macchina della polizia, e un pulotto ha urlato “ma voi pisciate contro il muro di casa vostra?”, per fortuna senza estrarre il libretto delle multe. Per le docce bisognava tornare al palasport, 1 km e mezzo rigorosamente da fare a piedi, e credo che ben pochi ne abbiano usufruito. Si perdono nella nebbia dei personali ricordi evanescenti le docce militari istantanee allestite a pochi metri dai traguardi di Ferrara o Firenze.

Misurazione del percorso: non metto lingua, e non so cosa pensare dei 150 metri di dislivello annunciati dai due gps che avevo; i quali, al km 12 ufficiale sono arrivati segnando entrambi 12,500; poi si sono stabilizzati sui +500 (cioè i km parevano ‘esatti’), salvo calare dal km 30 e arrivare quasi a cifre normali, compatibili con le misure giuste: salvo un’ultima risalita dal km 42,000, segnato esattamente all’ingresso in piazza Galvani, ma dove per il traguardo sotto il palazzo Re Enzio mancano (mappa TCI e doppio decimetro alla mano) quantomeno 250 metri.

Classifiche date rigorosamente col gun-time, senza nemmeno indicare il real-time (ma a che servivano i tappetini in partenza?); qui non dico nient’altro rispetto a quanto detto più volte, e così non mi attiro nemmeno l’ira concorde di Lorenzini e Marescalchi. Il quale ultimo co-gestiva, simpaticamente, gli arrivi, e mi ha costretto a una intervista finale appena tagliato il traguardo: fortunamente, malgrado la cotta che mi attanagliava da quel maledetto cavalcavia sulla tangenziale (km 27) , riuscivo a reggermi in piedi e soprattutto a collegare il cervello. Del ristoro finale, frazionato in vari tavolini, anche dalla Patty ferroviera maratoneta, ho apprezzato soprattutto le squisite prugne; primo viatico per affrontare il faticoso rientro alla stazione fendendo la calca della T (bus, neanche a piangere fino alla Montagnola). Sul treno, fortuito incontro con una famigliola bergamasca, in cui il papà ha corso oggi la sua prima maratona. Tra un po' arriverà in stazione anche il padre Castrilli, ovviamente per scendere lo Stivale: anche il suo è stato un ri-esordio, e le sue prime considerazioni sono, come sempre, molto indovinate: http://podisti.net/index.php/commenti/item/9875-bologna-marathon-promossa-percorso-da-migliorare.html

Continuo a credere più nel passaparola dei podisti che nelle ingannevoli comunicazioni ufficiali secondo cui è tutto ottimo e meraviglioso e ogni anno si fa un record: appunto per questa fiducia, vorrei sperare che nella prossima maratona di Bologna (se e quando ci sarà: della nuova serie, questa è la prima che si svolge nella data prevista) gli amici dei podisti che oggi hanno corso torneranno a popolare una gara degna di una grande città dove “non si perde neanche un bambino”.

 

Rubiera (RE), 26 febbraio – Era il 16 febbraio 2020, una bella giornata quasi primaverile, quando si corse la 40^ edizione. Una settimana dopo si tennero le ultime corse, poi il blocco quasi totale per il Covid.

Rubiera (la patria adottiva di Stefano Baldini) si è fermata per tre anni, riprendendo oggi con la 41^ Caretera (nel corso degli anni, il nome ha perso qualche consonante, dal primitivo “Carrettera”). Ripresa in tono minore, sia perché la gara è diventata totalmente non competitiva, sia perché è stata abolita la distanza maggiore dei 16 km, rimanendo solo le misure degli 11.5, 8 e 4 km; sia perché lo spostamento di una settimana in avanti è venuto a coincidere sia con lo svolgimento della vicina maratona e gare connesse di Salsomaggiore-Busseto (che ha portato via tutti i competitivi), senza dire dei 10 km di Misano che si sono presi un’altra bella fetta di reggiani e modenesi, sia soprattutto è incappata nella prima giornata di pioggia vera, dopo mesi di siccità, con una cinquantina di millimetri caduti, e l’aggiunta del vento con un picco intorno alle 10,30 quando eravamo quasi tutti per via (l’ora di partenza, a differenza di quanto indicato dallo striscione, erano non le 9 ma le 9,30).

Risultato, meno di 500 iscrizioni registrate (forse la quarta parte, o meno, dell’era pre-covid), soprattutto di locali, tant’è vero che i gruppi più numerosi erano rappresentati da frequentatori di palestre della zona, e la prima delle società tradizionali, il Cittanova di Modena, non è arrivata a 50 iscritti. Fa specie la mancanza di tutte le società della vicinissima Sassuolo, e invece la presenza quasi eroica della società del Finale Emilia di Ottavio Magni, che pure aveva a disposizione gare in sedi a lei più vicine. Pochi e infreddoliti anche i fotografi abituali.

Tra i podisti, chi si è perso per il Covid, imparando che è più comoda la tombola o lo struscio nei supermercati rispetto alla camminata col freddo, non torna più; chi pensa che la corsa sia ancora un con-corso, dove c’è chi vince e c’è chi arriva diciottesimo e chi terzo di categoria, ha veleggiato per altri lidi; i “tiepidi”, quelli che sì, correre mi piace, ma con quest’acqua chi me lo fa fare, li vedremo a primavera inoltrata.

I cinquecento scarsi di Rubiera, che non hanno nemmeno goduto dell’usuale speaking dell’enfant du pays Roberto Brighenti, hanno tuttavia trovato un percorso ottimamente segnato e assolutamente chiuso al traffico, un godibile costeggiamento del torrente Tresinaro (bello soltanto in questa stagione), il solito attraversamento del grande parco di villa Spalletti… anche lui da scudetto (aperto solo in questa occasione, e mi sono permesso di correrlo anche fuori dei limiti del tracciato, visitando ad esempio il laghetto e le carraie erbose nei dintorni, in modo da aumentare un po’ il chilometraggio); ristori comprensivi di tè caldo e saporoso (genere che negli ultimi mesi sembrava un po’ scarseggiare, e qui invece, data anche la scarsità di clienti, non si è fatto desiderare, insieme a arance non anemiche e altre cibarie); e alla fine, in una piazza d’arrivo pressoché deserta rispetto ai pienoni dei tempi d’oro,  un mezzo kg di spaghetti, di fronte a una quota di iscrizione di 2 euro, più modenese che reggiana. Sta a vedere che anche Giangi, visto aggirarsi tra la folla prima del via, ha pagato l’iscrizione.

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