Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

31 luglio – E così, noi podisti siamo arrivati alla fine del mese; le famiglie che invece non ci arrivano (secondo il ritornello politico-sindacale), potranno consolarsi con gli ultimi annunci di utilizzo del Pnrr: a Modena servirà per ristrutturare 16 cinemini di provincia dove non andava e non andrà più nessuno; a Bologna, per contribuire al calderone dello stadio da rifare (per fortuna che era stato rifatto nel 1990, sotto la oculata regia di Luca Cordero di Montezemolo), e di un altro stadio da 16mila posti da costruire per farci giocare “il Bolognina” (così il Corsera di oggi, cronaca di Bologna) nell’anno che l’altro stadio sarà inagibile. Il Cagliari, che per mezzo campionato non ebbe lo stadio, andò a giocare a Trieste; ma il Bologna che tremare il mondo fa non può abbassarsi a giocare a Modena o Ferrara o Cesena. Tanto, fin che l’Europa paga, c’è più pilu pettutti; a mercanteggiare sulla restituzione provvederà un governo ‘tecnico’ col cappello in mano e la minaccia di lasciare per sempre le spiagge ai bagnini attuali.

Ma insomma, la fine di luglio l’abbiamo vista anche nell’assolata mediopadània, e in particolare nel primo appennino modenese: che sabato 30 ha offerto il prologo con la ripresa della non competitiva “Grotta” di Montorso (Pavullo) gestita dall’eroe locale, l’ex presidente della provincia ed ex sindaco non riconfermato di Sassuolo Graziano Pattuzzi, ricandidatosi come sindaco di Pavullo senza arrivare nemmeno al ballottaggio, ma consolato con la presidenza dell’Autostrada Regionale Cispadana. Come diceva Enzo Biagi, per i politici non c’è mai cassaintegrazione, ma semmai una cassa di risparmio.

E domenica 31, fine mese col botto (bè, diciamo mezzo botto) a Zocca, sede di una delle primissime radio locali (Punto Radio) quasi mezzo secolo fa, dove un allora sconosciuto Vasco faceva il disc-jockey e ogni tanto metteva sul Geloso un nastro suo. Sede anche dell’arrivo della Bologna-Zocca, che ha avuto un po’ meno successo di Vasco: sunt lacrimae rerum.

E oggi sede della quarta prova del Circuito del Frignano; una bella iniziativa che mette insieme in modo competitivo sei gare nell’appennino modenese, ma che oggi ha risentito del clima ormai vacanziero: delle 123 persone (di cui 28 donne) nella classifica dopo tre prove, oggi la comp ha contato alla fine 77 uomini e 20 donne; aggiungi forse 150/200 non comp (ma non giurerei sulla cifra: basti dire che mancava il Cittanova, capace di portare da solo un centinaio di camminatori, e la società più numerosa è risultata la Madonnina con 28 presenze), e i conti sono fatti.

Peccato, perché questo percorso (benedetto come sempre dal Lupo al microfono, onorato non dagli abituali fotografi modenesi ma dal solo Paolo Diazzi, peraltro inchiodato alla zona partenza/arrivo), di 10 km un pelino scarsi, è uno dei più belli e vari, alternando tratti di asfalto, di strada bianca, di sentiero, con 150 metri verticali tra i 587 del km 4,7 e il Monte della Riva al 6,2, che domina la vallata dall’alto dei suoi 783 metri (sic dicit Gipiessis); col passaggio suggestivo dai due borghi, benissimo tenuti, di Montalbano e Serra, e una provvidenziale fontanella costruita dagli alpini sulla cima.

Ma, prescindendo dal fatto che i panorami li guardiamo solo noi non competitivi, perché gli altri guardano soprattutto il cronometro, ha fatto tris Matteo Pigoni, 48 anni, della società Mud and Snow con sede quasi ai piedi delle alture di Zocca, che delle 4 gare disputate ne ha vinte appunto tre ed è arrivato secondo una volta. Oggi 41:02 per lui, che significa un minuto e mezzo sul secondo, Alessandro Donati, che non aveva mai corso in questa serie, come il terzo, Lotfi Gribi. Solo sesto è arrivato oggi il secondo della classifica generale, Davide Camilli, mentre mancavano gli altri delle prime posizioni.

In campo femminile ha vinto un’altra esordiente nel trofeo, Gloria Venturelli (43enne della MDS) 12^ assoluta in 48:52, 5 minuti abbondanti su Silvia Cortesi (Mud & Snow) che di anni ne ha solo 25 e pure lei si presentava per la prima volta al via. Ennesimo piazzamento (3° posto, a oltre 6 minuti) per la capoclassifica, Francesca Venturelli della Formiginese, che non ha ancora vinto una gara del circuito, ma che dopo un altro terzo, un quarto e un sesto posto incrementa il suo vantaggio in graduatoria. Fanno passi avanti le due Simone, la Garavaldi della Scandianese, 5^, e la Malavasi della Madonnina, 16^; e ancor più Daniela Lepri (“con questo cognome si capisce che vai forte”, le dice Lupo premiandola), finora ottava con un’assenza e due sesti posti, e oggi quarta.

Assenti le grandi protagoniste di precedenti gare, la Morlini, la Ricci, la Donnini, e soprattutto la veloce quanto bella Elisa Ragazzi, che sabato era convolata a giuste nozze con un altro esponente di prima fila dei Modena Runners, Fabrizio Gentile (che guarda caso, dopo un quinto posto nella gara frignanese d’esordio, oggi pure lui mancava…).

Poi ci sono gli altri: tra i competitivi, dopo i lustri e i meno lustri della Val di Fassa, si rivede Maurizio Pivetti, che riesce a rifilarmi una trentina di secondi (ma io ero non competitivo), e la coppia del Pontelungo Bologna Alessandra Demaria e Giacomo Pantaleo, davanti qualche decina di metri pure loro. Onore ad altri due bolognesi, Umberto Margelli e Fernando Olezzi, entrambi del ’47 e capaci di lasciarsi dietro una ventina di avversari.

Poi, ci siamo noi non competitivi: Lucio perché ieri ha dato il meglio a Montorso, l’Emilia perché preferisce rilassarsi coi compagni di squadra dopo l’exploit di Castellarano, e questa volta si lascia battere da noi due. Che però dobbiamo cedere alla esuberanza fisica e al fascino della Luisa da Savigno, che ci contentiamo di ammirare da dietro. Il podismo è anche questo, e a volte fa bene allo spirito.

Premiazioni molto ampie, ai primi dieci uomini e donne, e ai meglio piazzati delle varie categorie (4 maschili e 3 femminili); per gli altri, un litro di latte e come ristoro una macedonia di anguria e pesca (dopo i 3 ristori per strada).

Rimane il tempo di visitare il bel museo del Castagno e del Borlengo, poco sopra il centro, ricco di testimonianze della vita di un tempo e della fauna tuttora presente in zona: un grazioso cinghialetto ci insegna che non tutti i suini sono come quelli che, squalificati dalla corsa, si titillano da soli defecando improperi sui social. Poi, scesi a valle, ascoltiamo le reboanti dichiarazioni del team Ferrari che intende fare doppietta per riguadagnare punti su Verstappen, che partirà decimo. Infatti vince Verstappen e le Ferrari si notano soprattutto per i sorpassi che 'Ciàrls' subisce.

Classifica delle prime posizioni (da Uisp Modena)

 Uomini

 1 121 41:02 PIGONI Matteo TEAM MUD & SNOW ASD M 1974 B

2 45 42:39 DONATI Alessandro ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD M 1985 A

3 126 43:27 GRIBI Lotfi MODENA RUNNERS CLUB ASD M 1989 A

4 10 43:35 SARGENTI Massimo MODENA RUNNERS CLUB ASD M 1971 C

5 103 44:03 DALL'OLIO Christian ATLETICA CASTENASO A.S.D. M 1979 B

 

Donne

1 107 48:52 VENTURELLI Gloria ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD F 1979 F

2 43 54:10 CORTESI Silvia TEAM MUD & SNOW ASD F 1997 E

3 59 56:14 VENTURELLI Francesca PODISTICA FORMIGINESE ASD F 1979 F

4 9 58:55 LEPRI Daniela RUNCARD F 1975 F

5 31 1:01:53 GARAVALDI Simona ASS. POL. SCANDIANESE F 1971 G

28 luglio – Nona edizione di una gara, ideata come tante altre da Paolo Manelli padre della maratona di Reggio, che si è sempre tenuta, anche negli anni del Covid; quest’anno avevamo un po’ temuto, non vedendola nei calendari, ma è apparsa in extremis, posticipata di qualche settimana rispetto alla data solita, e capace in ogni caso di portare al traguardo del 15° chilometro (dopo 370 metri di salita e 320 di discesa) 180 corridori; meno dei 293 registrati nell’ultima edizione ‘normale’, molti più dei 105 e 135 che avevano sfidato circolari, dpcm e disfattisti suinofili nel 2020 e 2021.

Certo, quest’anno mancavano tanti degli amatori che corrono per pura passione: non c’erano Bedini e Bandieri, due abituali occupanti delle ultime piazze, non c’erano i cugini Giaroli (Paolo aveva la scusa di fare il giudice d’arrivo); delle sorelle Gandolfi c’era solo Cecilia; Di Prinzio era al ritrovo, ma fresco di intervento chirurgico; e Cuoghi era venuto dalla Cavazzona in ciabatte, per non cedere alla tentazione di correre. Insomma, le retrovie erano orfane di parecchi, mentre là davanti il cosiddetto podio ha rimescolato assai le carte, complice l'assenza di Andrea Bergianti che le aveva vinte quasi tutte. Si è affermato il 29enne Cus Parma Cristian Ciobanu, in 53:20 che rappresenta il record della manifestazione, con due minuti abbondanti sul 21enne Roberto Ferretti (Corradini), che a sua volta ha preceduto di 16 secondi Saimir Xhemalay (Mud & Snow), che di anni ne fa 28. Il prestigio dei cinquantenni o quasi è stato onorato dal quarto, Roberto Bianchi della Pico, classe 1973, 56:30, un soffio davanti a William Talleri (S. Vito, del ’77).

L'arrivo delle donne ha lasciato interdetti i compilatori della classifica, che in una prima stesura contrastava decisamente con le foto diffuse dall'agguerrito plotone fotografico. Ci correggiamo anche noi prendendo la versione duepuntozero apparsa su Atleticando dopo mezzogiorno del 29 luglio. Ha rivinto la ventottenne modenese Giulia Vettor, ottava assoluta, che ha bissato i ritmi dell’anno scorso con 1.00:42. A quasi 8 minuti è giunta la seconda, Ramona Barbieri, onorando la sua categoria di over 40 che ha ovviamente vinto. Dopo altri tre minuti sono giunte allo sprint Lorena Belli ed Elena Malvolti, altre over 40.

Temporanei disguidi a parte (i soliti hacker russi?), la Scandiano-Castellarano rimane ai vertici anche organizzativi: iscrizione per quote tra gli 8 e i 12 euro (confrontare Bologna-Casaglia!), con pacco-gara comprendente un asciugamano “A’ gh’ l’ò caveda” ceduto dalla maratona di Reggio (stessa casa-madre; ma come diceva Mao Tse Tung, non importa il colore degli asciugamani, basta che asciughino) e un paio di calze tecniche, oltre al rientro in bus per chi aveva lasciato l’auto a Scandiano. Ciò nonostante, c’era qualche imboscato, o altrimenti non saprei cosa pensare del tizio in maglietta rossa con lucina frontale ma senza pettorale, che con sforzo superiore alle mie doti (ultimo km in 4:59, da crepacuore) ho passato negli ultimi 300 metri: risulta nelle foto dietro me di una quindicina di metri, eppure non è in classifica.

Meglio, molto meglio la Cecilia, che abbonata a tempi come 2.11, 2.01 (che oggi l’avrebbero posta ftm), e un personale di 1.49 nel 2020, oggi sulla salita delle Tre Croci (che sarebbe meglio ribattezzare dei Dieci Ripetitori per Telefonini) ci ha salutato, arrendendosi alla rimonta di Emilia Neviani, delle tre belle torrilesi Martina Carpi, Elisa Fiorenza, Valeria Raffa, e poi perfino mia, solo nella discesa dopo il km 10.

Due ristori lungo il percorso, con tè fresco e carico, acqua tiepidina, e una doccia nebulizzata gestita dallo stesso Manelli intorno al km 6. Poco dopo mi ha raggiunto l’Emilia, che prima di involarsi mi ha graziosamente aggiustato la lucina dorsale “sennò dietro non ti vedono” (ma il traffico era quasi assente, a parte i suiveurs Marco Belli e Ideo Fantini, e mi sono permesso di limare qualche metro tagliando tutte le curve: ecco perché il Gps segna 14,950).

Un pochino ‘asimmetrici’ (diciamo così) i premi di categoria: tre premi alle donne under 40, che erano 8 in tutto; e tre alle over 40, che erano 28; tre premi ai maschi under 30, 8 in tutto; tre ai 30-49enni, che erano 64; e tre agli over 50, con 73 iscritti. Ditemi voi che gusto può avere, se non la sua immensa passione sportiva, il prof Leandro Gualandri, più anziano in gara, uno dei due over 70 presenti, e per la prima volta alla partenza senza mascherina (ma a distanza cautelare over-droplet da tutti gli altri), che col suo 1.25 risulta solo 55° di categoria?

A proposito di covid, avviso per i naviganti emiliano-romagnoli: stufo di sentire per radio le lamentele di politici e virologi sulla scarsa adesione alla campagna del Bis-Booster per gli over 60, sono andato al centro vaccinale della mia città dicendo: "Ma che k* dite? Siete voi che non ci convocate! Mi volete: ecco qua il braccio!". Al che un addetto mi ha dato, quasi sottobanco, due indirizzi internet; ne ho cliccato uno e ho avuto la prenotazione entro due giorni (volevano vaccinarmi già in questo giorno della Scandiano-Castellarano; ho rinviato io; ma se l'adesione è "scarsa", la colpa è degli arcuri regionali che non chiamano). 

Tornando a noi delle retrovie tra le due Rocche, che corriamo perché ci diverte, e a volte dimentichiamo persino il ritiro del pacco-gara finale: le luci della pianura a sinistra dall’alto, la chiesina di San Valentino sul lato destro della discesa, il blu del castello di Castellarano e il freschino delizioso avvertito sul traguardo, sono tutto quanto chiediamo.

SERVIZIO FOTOGRAFICO - CLASSIFICA - Bore (PR), 24 luglio – Se cercate sulle carte geografiche questo paese (di 688 abitanti, col centro storico a 832 metri di altezza), non lo troverete in tutte; ignorato completamente dalla Guida Emilia-Romagna del Touring, è soltanto citato come luogo di passaggio nella Guida Rossa, che pure fa 1100 pagine. Noi podisti però, e specialmente i trailer, conosciamo bene la zona: a est c’è Pellegrino Parmense, teatro della 50 km di Salsomaggiore; a sud, sullo “stradone per Genova” inaugurato nel 1773, ci sono Bardi e Borgotaro, tappe ben note della Abbotts way; a ovest c’è Morfasso, che ha dato il nome alle regole disciplinanti il trail (per essere veramente un trail, il percorso deve avere almeno un guado di un fiume in piena, un burrone sotto una cengia larga non oltre mezzo metro, una ferrata, e possibilmente un ponte tibetano… o qualcosa del genere: le leggi emanate in Italia sono rispettate per i primi sei mesi, dopo chissenefrega: avete mai preso una multa per circolare a fari spenti in autostrada?).
Dunque, si va a Bore per un appuntamento non molto pubblicizzato (quando l’ho detto a Giangi, mi ha risposto per whatsapp con 4 punti interrogativi), sesta edizione quando la quinta si era svolta nel 2019, con distanze ufficiali di 22 km +980 metri D e 12 km +480, con l’aggiunta di due non competitive, di 11,2 e 5,3.


I parcheggi del minuscolo campo sportivo (davvero non sarebbe un modello di “campo largo”) incassato sotto lo stradone e quasi invisibile, e quelli della rampa di accesso, sono pieni, e tre quarti d’ora prima della partenza si deve risalire fino alla provinciale e lasciare l’auto verso il centro cittadino. Le preiscrizioni (a una quota massima di 20 euro, cui corrisponde una maglietta tecnica, un paio di occhiali da sole targati K42, dunque roba adatta a noi, ma anche la possibilità di massaggi pre e post-gara gestiti da due professionisti, un ottimo ristoro finale molto ricco e 4 ristori lungo il percorso) sono salite a 110, che già superano i 106 arrivati dell’edizione 2019; infatti i classificati quest’anno raggiungeranno la quota record di 137.
Fa caldo: in pianura, comincia il secondo giorno consecutivo a 40 gradi; qui alla partenza stiamo sui 23, e in previsione di aumenti l’organizzazione annuncia di aver ritoccato il percorso eliminando  un km sassoso e assolato (applausi all’annuncio: forse per questo i Gps diranno che il giro lungo arriva sì e no a 21 km, salvando però il dislivello). E’ comunque raccomandato di idratarsi bene e portare con sé una borraccia piena, che sarà molto utile anche a me nonostante la presenza dei ristori e nonostante, dopo un paio d’ore, il cielo si annuvoli attenuando un po’ la cosiddetta morsa del caldo: che non supererà i 32°.

Dico subito dei Vip: sui 22 km del lungo vince il trentenne Stefano Visconti (As Vengo Lì) nel tempo di 1h53’16”, unico atleta che sta sotto le 2 ore (il vincitore 2019 aveva finito in 2.09). Alle sue spalle, secondo è il 41enne Mattia Frigeri (Atl. Cral Barilla) a 7’50”; terzo il 48enne Davide Bologna a 13’33”.

In campo femminile vittoria netta per Elena Caliò (47enne del Team Pasturo) che in 2h17’16” stacca Galina Teaca (Team Viadana, di soli 4 anni più giovane) di 10’39”, e Paola Adorni (49enne, +Kuota) di 15’38”. Grandioso il miglioramento rispetto al 2019, quando per vincere erano bastate 2h53.

68 gli arrivati, con due abbandoni (uno l’ho incrociato dopo pochi km, diceva che non ce la faceva proprio; siccome la parola “ritiro” mi è estranea, gli ho proposto di finire almeno i 12 km).

Nel percorso di 12 km, convincente prova di Fabio Ciati (28enne del Ballotta Camp) primo in 55’48” (era arrivato secondo nel 2019, battuto in volata dal primo, con 54:50), un vantaggio di 3’44” sul 34enne Gian Paolo Savani (Atm), e 3’56” su Davide Pau (Asd Synergy, e già 45 primavere nelle gambe).
La 35enne Giulia Giordani (Atl.Manara) fa sua la gara femminile in 1h14’57”, seguita da Dallendysche Lusha (+Kuota, più anziana di 11 anni) a 5’32” e Enrica Martinelli (+Kuota , addirittura 55enne) a 7’05”.

69 i classificati, con due ritiri.

Il tracciato prevedeva una prima discesa, di quasi 200 metri verticali, fino al km 2,5 (dove i due percorsi si separano e Morselli stabilisce il suo primo appostamento fotografico); poi noi del lungo siamo avviati alla fase più temibile, la salita al Monte Carameto del km 8,2, punto più alto del Comune coi suoi 1318 metri: in meno di 6 km si va su di 650 metri, su una stradetta o mulattiera sassosa dove il Gps indica angoli di salita fino a 29 gradi, che tradotto in misure automobilistiche significa pendenze del 70% (A Morfasso saranno contenti per il rispetto di almeno una delle loro regole…).
A 200 metri lineari dalla vetta, sento alle mie spalle una voce: “Ultimo!”. Mi chiedo se non sia la ‘scopa’, che mi ha raggiunto e annuncia la mia posizione… No, è un collega che vuole incoraggiarmi: “Questo è l’ultimo strappo duro!”. In cima, punto di rilevamento IGM e dichiarato uno dei 300 panorami più belli d’Italia (dicunt, aiunt, tradunt etc.: in realtà l’afa non lascia vedere granché oltre le vallate), è piazzata la fotografa di Morselli, che accondiscende a riprendermi col mio telefonino (depositando a terra il suo cannone almeno da 220): cerca l’inquadratura giusta, ma intanto perdo posizioni… la rassicuro che non voglio una foto d’arte e non la pubblicherò, purché faccia presto.
Voi credevate che le salite fossero finite? Dopo un tratto di crinale su fondo soffice – tra le parti più belle del tracciato – in 5 km ci si trova a quota 800, ma si ricomincia ad andare in alto, dopo un secondo check-in con Morselli: al 14,3 siamo a 930, Monte Costazza, monumento ai caduti della seconda guerra, ristoro e altre foto scattate dalla ristoratrice; discesina, poi al 15,5 di nuovo a 940 (Monte Mu), idem al 17,5 (Monte Lucchi), tutti in un reticolo di sentieri segnatissimi (come pure il nostro percorso, marcato in maniera da guidare anche il rag. Filini).



Discesona, in parte asfaltata (ma non credo che l’asfalto abbia superato i 2 o 3 km nel complesso), al km 20 siamo a quota 780, cioè più in basso di Bore. E’ giocoforza un’ultima risalita, 50 metri verticali lungo 600 orizzontali, e in leggera salita è pure l’arrivo. Ma ci siamo: ristoro grandioso con acqua frizzante e birra freschissima, panini, riso, dolci; ritiro dei bagagli tenuti in custodia, docce spaziose e calde finalmente a disposizione (non ditelo a Speranza e alla professoressa Viola, sennò il primo non si rade più e la seconda si rifà mora, da bionda che era diventata in servigio di Lilly Gruber), una gran quantità di addetti a tua disposizione (per forza, dopo di me non c’è più molta gente da accudire), che quasi ti costringono a bere e mangiare ancora (esiste anche una convenzione con un bar-ristorante di Bore, per un pranzo a prezzi da regalo).
Insomma, siamo contenti tutti: il Fabio formaggiaio da Rio Saliceto che andrà in Albania a maratoneggiare con Lolo, la Stefania milanese tesserata Pico con cui avevo condiviso qualche metro nel trail di Borzano, e gli altri che la doccia l’hanno già finita da quel pezzo. Ci si dà appuntamento per le prossime trasmissioni (come dicevano una volta a Carosello quando finiva la mesata); qui nel parmense toccherà a Scurano, per noi mediopadani ci sarà la notturna di Scandiano-Castellarano, poi altre corse collinari, finché duri il nostro amore per la fatica e il sudore.
“Ma l'amore, no - l'amore mio non può disperdersi nel vento, con le rose - Tanto è forte che non cederà - non sfiorirà”.

Bosco Albergati (Castelfranco Emilia, MO), 22 luglio – La tradizionale corsa podistica al confine tra Modena e Bologna, punto di incontro tra i podisti delle due province (che per il resto non vanno molto d’accordo) si svolge per la 36^ volta, e rimane una tra le non molte superstiti di un calendario estivo che un tempo riempiva le nostre sere di giugno e luglio, quando il compianto Gianni Vaccari esaltava le 28 gare nel solo mese di giugno.
Qualcuno ricorda pure quando dopo la gara cantarono i Nomadi, quelli veri di Augusto; altri, i tempi, molto più vicini, nei quali il premio d’arrivo era una bottiglia di bianco frizzante, e per le donne una rosa rossa in aggiunta. Adesso siamo in austerity, il giornale per il cui sostegno era concepita questa serie di festival non esiste più, e soprattutto i modenesi sembrano snobbare questa gara.

Alla partenza, nell’ora giusta conto 75 persone; alla fine, la classifica per i gruppi più numerosi è vinta dal Monte San Pietro (BO) con una trentina di partecipanti, davanti alla Madonnina di Modena; ma le premiazioni di società, originariamente concepite per i gruppi con almeno 8 partecipanti, per arrivare a premiare 15 gruppi scendono fino a quelli con 3 iscritti: che si aggiudicano tutti 6 bottiglie di vino e una mortadella. Forse Giangi, che vediamo aggirarsi senza pettorale in senso contrario a noi quando stiamo ormai arrivando, avrebbe potuto pagarsi 3 pettorali a 2 euro l’uno, e ci avrebbe guadagnato; certo che il ristoro finale non poteva godere della sua approvazione, consistendo (dopo l’esaurimento di una minuscola quantità di tè) solo di acqua a una temperatura attorno ai 30 gradi (d'altronde, volete la pace o la refrigerazione?).

Fuori “il barometro ha raggiunto i 38 gradi” (parole sante di Massimo Gramellini, che assunto da Fazio per fare da spalla alla Littizzetto, adesso firma sul Corsera una rubrica umoristica quotidiana, da cui estraggo); in casa mia non ho barometri, ma solo termometri, che, sicuramente meno attendibili dei barometri di Gramellini, tuttavia arrivano a 40, qui temperati peraltro dal bosco già dei conti Albergati, che ospitarono Mozart e oggi ospitano i primi 2,5 km del tracciato.

Il cielo è solcato dagli aerei che planano su Bologna: chissà se all’arrivo i passeggeri troveranno il “people mover”, la luminosa idea di Prodi che dovrebbe collegare l’aeroporto alla città, e che sta fermo molto più spesso di quanto funzioni. Il Corsera di Bologna di ieri mette la notizia a pag. 7 (“People mover fermo, è la terza volta in sette giorni”), quasi nascosta rispetto ai titoli monocromatici delle prime pagine: “Il governo non c’è più, la rabbia del Pd” (pag. 1); “Finisce l’era di Draghi, rabbia Pd: ‘codardi’” (pag. 5); “Crisi, la rabbia delle imprese: pura follia” (oggi, pag. 1); “La rabbia delle imprese per la crisi del governo” (oggi, pag. 5). Ma tra tanta rabbia (quando andavamo a scuola noi, ci insegnavano che la rabbia è dei cani, mentre gli esseri umani provano “ira”) ci si apre alla speranza: “Il ritorno di Merola: ‘sono a disposizione’” (oggi, pag. 1); “Il ritorno di Merola: ‘Il Pd deve ridare speranza al paese. Io? A disposizione’” (pag. 3). L’uomo politico che si mette “a disposizione”, in realtà chiede di essere messo a stipendio, come quel tal senatore di queste parti, che prima di essere eletto correva le maratone; una volta eletto, non fece più un passo di corsa (il gruppo podistico dei parlamentari non sapeva nemmeno della sua esistenza), e al termine del mandato si dichiarò “a disposizione”. Tradotto, fu candidato nel collegio di casa sua, e trombato. Chissà se adesso tornerà “a disposizione”; ma i posti sono meno, e da quando non c’è più Zingaretti non lo si vede più in tv alle sue spalle a organizzare la claque…

Intanto, tirano un sospiro di sollievo tutte le maratone del 2 ottobre: scampato pericolo, si vota il 25 settembre, cavoli amari invece per la maratona e mezza di Ferrara (e le mezze di Portogruaro e Povegliano), e per la “Motor Valley” pomposamente annunciata a Modena. In quel giorno brinderanno invece (magari in un hotel a 5 stelle) i parlamentari uscenti, avendo raggiunto la fatidica quota di 4 anni 6 mesi e un giorno di mandato, dunque assicurandosi un vitalizio minimo di 1200 euro mensili; cui, fino a quella data del 24 settembre (ma chissà, magari anche dopo), continueranno ad aggiungere il loro onorario mensile di € 12400 (deputati) e 14600 (senatori), più l’assegno di fine mandato corrispondente a 4 mensilità. Poverini.

Intanto, nella prima periferia di Modena, stanotte una signora ha sentito che le stavano segando le sbarre delle inferriate: ha chiamato la polizia, sentendosi rispondere che non potevano uscire per mancanza di mezzi. Titolo, non esattamente originale, della Gazzetta di Modena: "Modena, la rabbia di Muzzarelli: 'Perdiamo 12 militari di pattuglia' - In città erano 31 i soldati in servizio per l'operazione 'Strade sicure'". Invece, i giornaloni continuano a interrogarsi sul tale se si alleerà col tal altro o se farà la desistenza o la resilienza o la transumanza; e i politici fingeranno di scandalizzarsi se non si va più a votare.

Torniamo alla corsa di Bosco Albergati, che uscendo dal bosco porta sul tracciato stradale solito, per un totale di 8,5 km, da fare a ritmo blando (6:30/km per il mio gruppetto), con Mastrolia vestito alla nude-look che finalmente si pronuncia sulle voluminosità artificiose di una celebre podista, vista l’ultima volta addossata a un muretto col suo amico, durante una corsa nella quale non arrivò mai al traguardo; e il suo imitatore Rambo (già 2.28 in maratona e 8 ore al Passatore, dice Paolino) tenta qualche strappo ma ogni volta dopo cento metri deve fermarsi, e arriverà tardissimo. Sembra in forma Mauro Zoboli, cui vorrei strappare il segreto per restare magri.

Ristoro intermedio con acqua alla stessa temperatura del tè, poi giro di boa alla Madonna dell’Oppio (la religione oppio dei popoli?), un po’ di prato, un altro po’ di bosco, arrivo con consegna del pacco-gara di acqua, waferini e spaghetti, più la sorpresa finale dei premi di società ultra-generosi (certe società non immaginavano nemmeno di essere a premio ed erano già partite).

Per fortuna, al di là dell’acqua calda da bere ci sono dei rubinetti per le docce, con acqua fresca che finalmente si può bere, come dimostra Fabietto da Castelfranco orgoglioso della sua figlia adolescente. Cuoghi si dice desideroso di una pausa, ma come rinunciare alla rediviva “Grotta” di sabato prossimo, patrocinata dal parente di Sergio Pattuzzi e forse con la presenza di Cristina D’Avena? Paolino esprime idee politiche molto condivisibili ("hai sentito che adesso mandano in parlamento quello che si fa le canne? - certo, se ha dei follower!), e io gli dico che lo voterei (Paolino, non quello delle canne), se però mi assicurasse di non cambiare partito ogni anno come invece è prassi dei nostri eletti.

L’ultima fatica è portare alle nostre auto i pacchi-premi di società (ne abbiamo quasi uno ciascuno), poi uscire dal parcheggio, operazione complicatissima per una serie di gimcane e sbarramenti stile caselli autostradali, per imporre a tutti un obolo da 2 euro (ma i podisti sono esenti). Qualcuno dichiara che domani andrà a una Color Run, altri si riposeranno per spargersi sulle montagne domenica, e poi misurarsi nel grande cimento di Scandiano.

Siamo ormai pochi, ma resistenti, e dopo le vacanze anche Cuoghi tornerà più forte e glorioso che pria.

Giovedì, 21 Luglio 2022 00:16

Il Cacciorun per cacciare i pensieri cupi

Cacciola (RE), 20 luglio – 33 gradi, stasera alle 19,45 nelle campagne reggiane tra Scandiano/Arceto e la monumentale chiesa di Bagno (chissà perché, in un paese che non esiste in quanto tale, c’è un chiesone così grande). Mentre ci dirigiamo alla sagra di San Benedetto per il 5° Cacciorun, le radio trasmettono il surreale dibattito parlamentare, il cui succo sarà che il governo ottiene la fiducia ma non la accetta, e dunque al momento sarà bene non iscriversi alle maratone del 2 ottobre perché forse dovremo fare altro; anche se almeno il 50% di noi, quel 2 ottobre, andrebbe più volentieri a correre che a fare l’altra cosa cui vorrebbero obbligarci.

Ma ora et labora, ius solis come dice Draghi e ius lunae calantis, cacciamo la noia (secondo il logo della sagra e della corsa), e cacciamolo anche in illum locum (di più non si può dire, trovandoci davanti a una chiesa) ai signori che stanno parlamentando, per immergerci nell’atmosfera festosa di sport e allegria che ci riserva Cacciola, 360 abitanti di cui 70 over 70 (scusate il bisticcio). Parcheggio comodissimo e ben regolamentato in un prato a fianco del ritrovo, dotato persino di due toilette mobili profumate dal liquido che vi scorre schiacciando il pulsante. Iscrizione a 2 euro, che dà diritto a 1,5 euro di sconto sull’eventuale cibo da consumare o asportare, col risultato che alla fine pagherò 10 pezzi di morbido gnocco fritto un totale di 3 euro (e senza nemmeno fare la fila alla distribuzione); e si aggiunga il paio di calze come pacco-gara, circostanza che induce perfino Giangi a pagare il pettorale dopo aver parcheggiato il suo van dotato di wc e doccia interna. La scelta pagante di Giangi è motivata anche dalla pre-perlustrazione in zona ristoro finale: non usa pagare se c’è solo acqua, ma qui trovi anche tortine, succhi di frutta, macedonia di melone e uva (personalmente servita da Paolo Manelli e da due graziose addette che riscuotono i favori di Mastrolia).

Nei primi anni la gara era competitiva, ma con scarsa partecipazione, per cui oggi si ripiega sulla non competitiva unica per tutti (molto poche, direi, le partenze anticipate), un giro in senso orario per campi ben coltivati, allevamenti alquanto odorosi (ma è l’odore buono della nostra civiltà), ex case coloniche adattate a ritrovi per -ehm- cene eleganti, e passaggio finale tra campi di grano mietuto.

La supervisione di Manelli (del quale raccomandiamo volentieri la Scandiano-Castellarano fra 8 giorni), affiancato da altri grandi  vecchi del podismo reggiano, garantisce serietà organizzativa, 7 km misurati quasi esattamente, strade protette, un ristoro intermedio di acqua – se Dio vuole – fresca, e addirittura mezzo km di stradello bagnato come se l’avessero annaffiato per noi. L'unica cosa che non va è il tizio che parte insieme al gruppo col suo cane lanciato, che rischia di far cadere qualcuno. Una volta c'era un regolamento che vietava queste cose, ma Draghi si è dimenticato di metterlo tra i sogni da realizzare nei prossimi 8 mesi.

Niente grandi campioni in scarpette, ma personalità locali come le signore della Corradini capitanate da Eugenia Ricchetti, i maratoneti coreani del Cavriago, i cugini Giaroli con Paolo che nella prima metà sembra addirittura andare più forte di Angelo (ma lo sappiamo che Angelo ha lo spunto finale e negli ultimi cento metri puntualmente si invola), Giancarlo Greco e Marco Belli, e tanti altri con magliette di corse gloriose cui hanno partecipato nei tempi d’oro.

Mentre si corre, si scherza sulle reciproche debolezze, si dibatte non sul 110% ma sulla reale consistenza tattile di certe appariscenti podiste, e le nostre mozioni di fiducia le spendiamo pro o contro le prossime gare: che domenica per noi locali offrono divaricazioni tra Suzzara e Cerreto Alpi, tra la val Cenedola e le sorgenti del Secchia. Una cosa è certa: governo o no, spread o spritz o onzer al sproch, la fiducia a noi stessi ce la votiamo, e le strade più o meno infuocate dell’amata Padania conosceranno ancora la nostra allegra, spensierata, incosciente voglia di sentirci vivi.

Domenica, 17 Luglio 2022 19:00

A Savigno, una sana sudata per pochi patiti

Savigno (BO), 17 luglio – E' stata la 26^ edizione della “Corri per un Amico”; negli anni d’oro, era la gara di bassa collina che nel bolognese si aggiungeva o contrapponeva a quella di pieno Appennino. Oggi pare invece che fosse l’unica, e nemmeno troppo frequentata: all’orario di partenza, fissato alle 8,45 senza deroghe (strano e coraggioso, in un podismo padano non competitivo dove ormai gli orari sono “da… a”) eravamo esattamente in 30. Iscrivendomi un quarto d’ora prima della partenza, mi è toccato il pettorale 225; sommando le 8 società più numerose delle preiscrizioni, si arriva ai 300 (ma è diffuso il vezzo di iscrivere un numero tot di podisti, poi chi viene viene e per gli altri si restituiscono i pettorali). A memoria, sono gli stessi numeri degli anni in cui Savigno era la camminata numero 2, la meno frequentata in provincia.
D’altronde, i competitivi vanno altrove, e i non competitivi non sono stati ancora recuperati dal dopo-o-durante-Covid (curiosità: qui a Savigno, circa 25 km da Bologna, risiede l’assessore regionale alla salute, che appunto decide il bastone e la carota per infettati o infettabili).

Non saprei chi sia l’Amico cui la gara è dedicata, ma personalmente ne ho almeno due da ricordare come legati a questa tranquilla piazzetta, con un ristorante intestato ad Amerigo 1934  (come lo zio di Guccini cui è dedicata una toccante canzone-poesia), un teatrino quale una volta l’avevano tutti i paesi, e un benemerito cesso pubblico come purtroppo non se ne vedono quasi più in giro, pulito, con acqua corrente e uno spiritoso cartello sullo sciacquone.

Dunque, i due Amici sono Angelo Pareschi, a lungo presidente del Coordinamento bolognese, e organizzatore della Bologna-Zocca che qui a Savigno aveva il suo traguardo intermedio dei 32 km (arrivavamo in discesa dalla Badia di Colombara e Mongiorgio, prendevamo un po’ fiato prima dei mitici 7 km di tornanti tra Savigno e Montombraro); e Antonio Mazzeo, un grande campione ultrarunner, che oggi farebbe 70 anni ma è morto esattamente quattro anni fa, il 21 luglio 2018. E mi fece l’onore (lui, primatista mondiale su varie ultradistanze) di accompagnarmi, appunto sui tornanti di Montombraro, sopportando le mie chiacchiere fino ad involarsi verso il vicino traguardo di Zocca.

http://podisti.net/index.php/commenti/item/2048-la-scomparsa-di-antonio-mazzeo-un-grande-dello-sport-e-della-vita.html

http://podisti.net/index.php/cronache/item/3889-curno-bg-1-5-tutti-in-prima-con-antonio.html

Questo, sia detto con tutto il rispetto per l’Amico cui è dedicata ufficialmente la corsa. Che quest’anno cambia percorso, rispetto al solito giro calancoso sul versante ovest (quello appunto di Montombraro), e affronta invece le colline a est, verso Bologna, a destra del torrente Samoggia completamente secco (e se dico secco, non è un’iperbole come quella dei telegiornali che mostrano il Po che defluisce e dicono che è in secca: no, qui intendo che non c’è un goccio, un filo, un rigagnolo d’acqua, e potrei portarci il mio nipotino duenne a caricare i “tatti” sul suo “trak” sicuro che non si bagnerebbe nemmeno i sandalini, e se invece volesse riempire d’acqua il suo fàirtrak dovrebbe ricorrere alla fontanella del parcheggio auto).

Due percorsi, di 10 e 15 km “c.a.” (corrente anno, spiega il siglario dello Zingarelli), con partenza e arrivo ai 260 metri dell’ex capoluogo (adesso si è fuso con altri comuni limitrofi e la denominazione comune è Valsamoggia): come nella tradizione, è mantenuta una buona dose di trail, specialmente tra il km 3,5 (dove avviene la separazione dei due percorsi) e il 6,4, i 700 metri slm del monte Nonascoso, con una ascesa di 380 metri dei 490 complessivi che i Gps indicheranno, condotta su una ex strada della quale restano solo i sassi della massicciata e le buche profonde scavate dai trattori o jeep o fuoristrada.

Per fortuna, la temperatura non è infame (stiamo sui 28), e una parte della salita si svolge all’ombra; i più scelgono i 10, compreso Lucio Casali, tra i pochi modenesi presenti, uno che si è fatto il Cammino di Santiago e due giorni fa la Casaglia-San Luca appena sopra l’ora, dunque può anche rifiatare; a proposito, sorpassiamo un altro reduce, Giuseppe Cuoghi, che da terzo di categoria ha vinto una bottiglia di vino (pagandola, in sostanza, 15 euro più la trasferta), ma soprattutto “ho battuto Ivano”, il che gli basta.

Lo rivedremo venerdì prossimo a Bosco Albergati (vicino a casa sua e di Raffaella Carrà), in una delle poche camminate residue tra quelle che il Partitone bolognese organizzava in gran numero negli anni gloriosi di Prodi, e che come premio riservava una bottiglia di bianco frizzante (chiamarlo vino è un po’ esagerato), e una rosa rossa per le donne. Scopriremo venerdì se ci saranno ancora le rose rosse, o invece i crisantemi per la fine della gloriosa e “responsabile” avventura governativa in (tras)corso.

Ma torniamo all’oggi, alla quota 700 del monte Nonascoso, dove noi pochi salitori vediamo una vettura e due addetti: speriamo vanamente che ci sia un ristoro, che invece troveremo solo verso il km 8 (dunque dopo un’oretta di cammino), suppongo all’intersezione col percorso "corto" (già, qui non c'erano i ridicoli percorsini da 2/3 km che valgono soprattutto come pretesto per arrivare il prima possibile a rimpinzarsi al ristoro finale), quando il tracciato del “lungo” devia su un nuovo sterrato che lo porterà a raggiungere la dominante chiesa dell’Assunta di Merlano, con belle viste collinari, per scendere poi per tornanti asfaltati con pendenza del 18%, fino a un’ultima salita sterrata e discesa erbosa con vista finale su Savigno, il tutto a cumulare km 13,600 secondo il Gps.

Si arriva molto alla spicciolata (in genere, a gruppi di 3 o 4 camminatori, soprattutto camminatrici, insieme); il traguardo non è segnato ma bisogna entrare in un cortiletto per il ristoro finale e il rituale mezzo kg di pasta come pacco-gara, consegnando i pettorali mogli di sudore e spesso sbriciolati (per 2,50 di iscrizione: a Bologna stanno sempre 50 cent sopra Modena, fin dai tempi delle 1000 lire che qui erano 1500).
Benedetti siano la fontanella al parcheggio e i lavandini dei bagni pubblici: benedetti anche i savignesi (2800 in tutto nell’ex-comune, secondo l’ultimo censimento) per averci dato quello che potevano darci.

Il circo del podismo mediopadano riserva il prossimo appuntamento a un luogo che, se non ci fosse la corsa, il grande pubblico avrebbe diritto di ignorare: Cacciola, poco a nord di Arceto (RE), 300 abitanti con chiesa e sagra parrocchiale, dove ci si vedrà mercoledì 20 alle 19,45. Chissà se a quell’ora sarà de-finito il tormentone politico che agita i talkshow di questi giorni: crisi o non crisi? Il 2 ottobre voteremo (o il 4, martedì, come piace scrivere al Corriere della sera di oggi, p. 6, ad opera dell’autorevole Virginia Piccolillo), o potremo scegliere tra le maratone del Mugello, Montepulciano, Sacile o Rieti?
Personalmente penso che possiamo iscriverci tranquillamente alle gare, confortati in ciò da quanto si legge più autorevolmente sullo stesso Corriere a p. 5:

“La politica è sangue, merda e poltrona. Molti grillini vogliono restarci aggrappati. Vogliono portarsela dietro insieme al conto corrente… Dovete immaginare cosa possono provare molti di loro, diventati parlamentari per uno sfizio del destino, talvolta eletti solo coi voti di un condominio… La prospettiva di dover rinunciare non solo allo stipendio, ma ai velluti rossi e ai commessi che si alzano in piedi al loro passaggio, gli fa orrore”.

Baggiovara (MO), 15 luglio – La Padània è proclamata zona rossoarancio per il caldo (oggi le temperature hanno toccato i 37, alle 19,30 in cui si partiva stavamo sui 33), in attesa di tornare zona rossa per il Covid vero o presunto; eppure, il calendario della sagra di Baggiovara (paesone poco a sud di Modena, il cui nome risale ai Bajuvari o Bavari che lo occuparono ai tempi delle invasioni barbariche; podisticamente parlando, km 10 della ex maratona d’Italia) non ammette deroghe, e dopo la pausa virale riprende con la sua data (settimana più, settimana meno).

Il volantino recita “16° Memorial Bondi”, ma sono ben più di 16 anni che ci si ritrova qui; i meno giovani (come Paolo Giaroli) ricordano anche i tempi, 30 e più anni fa, che si svolgeva in marzo una combattutissima gara a staffetta, grosso modo su questo tracciato ma con passaggio da Casinalbo. I più aggiornati sanno che qui c’è il distributore di benzina più economico della provincia (oggi la verde sta a 1,86) e dopo la gara passano a fare il pieno. Stare però attenti al proditorio autovelox piazzato dal limitrofo comune di Formigine sulla tangenziale, che passa lontanissima dal centro urbano, infossata in un canale, ma è giuridicamente utile per fare cassa (notare che nello stradone, a due carreggiate separate, è stato prima abbassato il limite da 110 agli striminziti 90, e poi installato l’apparecchietto).

Economico invece il prezzo del gnocco fritto venduto alla sagra: 0,50 al pezzo, la metà di quello che fanno pagare a Modena con la scusa dell’autofinanziamento sociale (tutti, ma proprio tutti, hanno bisogno di soldi). Con la conseguenza che nel dopo-gara alla cassa parrocchiale di Baggiovara c’è una fila di 50 persone, e qualcuno desiste.

Nel mezzo, si corre: perché? Campionesse come Sonia De Carlo (la bocca sempre atteggiata a un sorriso tra il garbato e il triste) o Simona Bedeschi si ristorano dalle gare impegnative appena organizzate e corse, e anziché aduggiarsi di ripetute solitarie fanno il loro allenamento in compagnia; Paolino e Maurito Malavasi vengono qui per abitudine e come ultima rifinitura prima del trail marathon in terra friulana; Angelo Giaroli ha lasciato che il suo sodale Cuoghi si cimentasse per l’ennesima volta alla Bologna-Casaglia-San Luca (scartata da altri per esosità), ed è venuto qua, in buona compagnia non necessariamente podistica. Solitario è come sempre Leandro Gualandri, però in compagnia della inseparabile Fp2 portata fino alla partenza. La scultorea Alessandra, con la sua amica, aveva pensato di fare qui l’ultima sgambata prima del trail della Nuda previsto sul nostro appennino domenica prossima, per cui avevano già pagato: ma oggi arriva la notizia che la gara è stata de-Nudata avendo raggiunto… non più di 11 Nudisti preiscritti.

Società come la Guglia o la Madonnina hanno innalzato le loro tende nel solito campo fresco (non Largo…) alle spalle della chiesa; ma incredibilmente, a vincere per numero di partecipanti non sarà il Cittanova, ma a pari merito lo Sportinsieme e la Rocca di Formigine, che ne iscrivono ben 30 ciascuna, superando i 26 della Madonnina.

Naturalmente c’è chi parte anche mezz’ora prima (Verzoni ricostruisce la storia del suo intervento chirurgico studiato col dottor Guaitoli in modo da battere Marri; non pervenuti i Montesanpietrini dopo l'astinenza fotografica di Marzaglia), ma all’ora canonica siamo – a occhio – un centinaio buono, che disciplinatamente attendiamo l’arrivo dell’ambulanza e l’OK dei vigili per partire, superando un cavalcavia quasi all’inizio e un altro quasi alla fine (ricorda il giro a tappe di Carpi, commenta Gelo). Come sempre, poco dopo il 4° km, in uno dei rari tratti ombreggiati, c’è Debbia col suo ristoro di tè fresco e di acqua tiepidina. Un altro po’ di sterrato, poi il secondo cavalcavia, la rituale deviazione nel campo di grano mietuto e infine l’arco gonfiabile dopo 6,700 km. Per i 2 euro di iscrizione, mezzo chilo di spaghetti, altro ristoro di tè e acqua, e doccia all’aperto ricavata dalla traversa di una porta da calcetto. Fotografi locali con un almeno paio di scatti ciascuno per ogni concorrente (più le foto on demand): chissà se è ancora vivo quel fotografo del podismo antico modenese, che aspettava a cento metri dal traguardo, e se un podista gli faceva segno con pollice e indice della mano, scattava, e la settimana dopo portava la stampa per 1000 lire. Ma forse è sepolto a Baggiovara, uno dei pochissimi cimiteri modenesi con posti ancora disponibili.

Cadono i governi ma si studia il modo di non far cadere né onorario né pensione ai poveri onorevoli scadenti in procinto di tornare a vendere bibite allo stadio; l’inflazione galoppa, il dollaro ha pareggiato l’euro così chi si iscriverà a New York o Chicago pagherà il pettorale 50 euro in più; va su pure l’indice erretì, la quarta dose è partita in tutta Italia (Mandelli è già tetradosato), non ancora nella progreditissima Emilia-Romagna. Ma chissene… come cantava Gianni Morandi quando non si tingeva i capelli e gli bastavano capolavori del genere per andare in testa alla hitparade di Luttazzi, e chissene importava se nelle hitparade del resto del mondo c’erano canzonucce come Pretty woman, The house of rising sun, A hard days night, ignote alle mamme cui bastava Canzonissima.
E bando alle nostalgie: oggi si correva a Bazvèra, e ci vuol altro per fermare noi irriducibili.

Livigno (SO), 10 luglio – La maratona è arrivata anche qui, per iniziativa del presidente Supermarathon Italia Paolo Gino, che meritava fortuna migliore in rapporto al dispendio di mezzi per ‘contagiare’ del virus delle 42 km anche questa località dotata finora solo di una maratonina (oltre che essere sede di allenamenti in altura come sta facendo in questi giorni la Nazionale di marcia).

Le tre maratone consecutive ("Tri" alla lombarda secondo la denominazione originale, poi anglicizzata in "Three"), disputate tra sabato 8 e domenica 10, sono state ben lontane dall’obiettivo minimo di “una cinquantina” di partecipanti in cui il Presidente sperava ancora alla vigilia, e per esempio dagli 81 di Orta-4 o i 68 di Pont Saint Martin: gli arrivati (come testimonia il collaudatissimo e tempestivo cronometraggio Icron) sono stati rispettivamente 18, 24 e ancora 24, nemmeno di primissima fascia con l’eccezione della dominatrice che in realtà (se le tifose dello shwa non si opponessero) dovremmo chiamare “dominatore” in quanto, sebbene donna, ha sbaragliato il lotto dei maschi giungendo prima assoluta in tutte e tre le prove.

Mi riferisco a Petra Pastorova, quarantacinquenne di Ostrava, tre volte mamma, 2.36 in maratona (Praga 2013; e 2.39 a Siviglia nel 2020), 8.27 sui 100 km ai mondiali del 2011, e  poche settimane fa vittoriosa nella 50 km di Romagna, che sull’impegnativo tracciato livignasco (questa volta, perfettamente misurato) dal dislivello complessivo di oltre 360 metri ha fatto segnare un crescendo da 3.29:16 a 3.22:46 fino addirittura a un 3.05:11 che le è valso il successo non solo assoluto ma anche sulle prime due donne dell’ultima Pistoia-Abetone, Federica Moroni e Ilaria Bergaglio: che a Livigno potevano contare sulla freschezza essendo presenti unicamente all’ultima tappa, ma sono riuscite solo a stimolare nella loro avversaria una prestazione tale da metterle in riga.

Decisamente lontani gli uomini, il più performante dei quali è stato Fabrizio Lavezzato (Novese), con 3.13 il terzo giorno, seguito da Daniele Tufo della Naviglio Running, 3.29:30 alla seconda tappa; e il più continuo il sessantenne Carmine Sansone (Team Marathon: 3.58, 4.01, 3.56 nelle tre tappe), cui accosterei per stakanovismo il vecchio amico nervianese M 55 Paolo “Scoubidou” Fastigari (4.36, 5.04, 4.50).

Ma i contenuti agonistici sono passati in secondo piano di fronte all’ennesimo raduno festoso tra vecchi amici, che ha anche consentito di festeggiare tre soci che hanno raggiunto la cifra tonda: Lorenzo Gemma “il trombettiere” forlivese, che a quota mille ha agguantato il primatista italiano Piero Ancora e la coppia barlettana Rizzitelli-Gargano; Massimo Faleo, un importante ruolo organizzativo in questi tipi di raduni e arrivato a quota 600 nella terza gara; e il bolognese Leonardo Manferdini che ha fatto 300.

La giornata conclusiva di domenica 10, appunto, ha visto l’arrivo di gruppo, a quota 6h46, di ben dieci maratoneti, i tre festeggiati appunto, in compagnia fra gli altri di Gargano-Rizzitelli, di Luciano Ferrari che aveva ‘pensato’ questa gara, e di Enzo Caporaso il cui contributo di esperienze è sempre prezioso in questi ritrovi.

Ha chiuso le feste, come nelle altre tappe, “ol sindic” Marco Simonazzi, avvocato prossimo alla seconda laurea, curriculum lavorativo internazionale di tutto rispetto, e grande donatore di sangue, che nei tre giorni è stato sulle gambe più o meno 22 ore, impiegandone poi quasi altrettante nel rientro a casa sui disastrati mezzi pubblici italiani che rendono Livigno raggiungibile più facilmente dalla Svizzera che dalla madrepatria (la quale si 'scusa' facendo pagare la benzina mezzo euro al litro di meno).

Correre in altura, come è noto, fa crescere i globuli rossi (è il modo ‘lecito’ di stimolare l’Epo) e dunque la capacità del sangue di trasportare ossigeno, con effetti positivi a lungo termine; ma la rarefazione dell’aria, se agevola le gare brevi e le prestazioni anaerobiche, è invece una tara per i fondisti: a Livigno la partenza-arrivo era collocata a 1805 metri, e il punto più alto (corrispondente ai giri di boa dei km 10,5 e 31,5, lungo la maestosa pista ciclabile che porta verso sud alla Forcola di Livigno) stava a 1957.

Ciò serva a valutare più correttamente i valori tecnici indicati dalle classifiche; ma il tempo cronometrico è forse l’ultima cosa che importa ai supermaratoneti, che sistemati quasi tutti in un grande hotel dotato - a prezzi più che abbordabili - di ogni confort (tranne la comodità rispetto al centro maratona), indulgevano volentieri a lunghi soggiorni in piscina e a “terzi tempi” serali sotto le musiche mixate da Paolo Fastigari; e si danno già ora appuntamento per i prossimi cimenti, al lago d’Orta in agosto e a Forlì in settembre per ricordare il fondatore del Club, Sergio Tampieri scomparso nel 2010.

Per commenti, classifiche, video e foto si può andare all’indirizzo https://www.clubsupermarathon.it/2022/07/three-livigno-day-3-10-7-22-tre-giubilei-x-three-livigno/

6 luglio – Questa gara, giunta alla sesta edizione secondo i miei taccuini (sebbene, tradizionalmente, ogni nuovo organizzatore ci tenga ad assegnare il n. 1 al proprio allestimento), ogni volta supera i record precedenti. Io c’ero, alla prima del 6 gennaio 2017, ed eravamo una trentina; nell’ultima, 16 luglio 2021, furono classificati in 93, regolati dal “mostro” reggiano Bergianti in 27:39, col secondo a 4 minuti.
In questa serata vanamente pronosticata di nubifragio dai meteo-virologi, i classificati sono 116, e la classifica mostra una sola eccezione alla monotonia del cappotto maschile: Isabella Morlini, la statistica reggiana cinquantenne (ma ne dimostra 38) ha continuato la sua serie di vittorie dell’ultimo mese (19 giugno, Trail golfo dei Poeti SP; 25 giugno, Panoramica di Monchio MO; 26 giugno, Monte Caio a Schia PR; 2 luglio, Forte Ratti GE) ed ha sbaragliato le colleghe del gentil sesso vincendo in 33:39 sui 6,950 del percorso con 375 metri di dislivello. A 1 minuto è giunta la sua delfina, ossia erede proclamata, Ioana Lucaci; a 1’40” Dinahlee Calzolari. Alle altre sono rimaste le briciole dei premi di categoria.

Alquanto mono-tono l’ordine d’arrivo maschile, con tutto il cosiddetto podio occupato dalla realtà più competitiva del podismo modenese, i Modena Runners: Luca De Francesco, del 1982, con 28:32 ha inflitto 43” a Saimir Xhemalaj, classe ’94 (che qui si era iscritto col tesseramento Uisp di Mud&Snow, altra brillante realtà locale), e 1’08” all’altro compagno di squadra Giuseppe Castiello (1981). Gli unici tre a stare sotto la mezz’ora. Dietro loro, l’abisso: a 2’49” è giunto Fabio Poggi di San Vito, tradizionale avversario nelle competitive modenesi, incalzato da un altro Modena Runner, Fabrizio Gentile.

Modena Runners ha vinto anche la classifica per società, con 11 arrivati, davanti a Mud& Snow e Podistica Formiginese con 7; erano presenti anche squadre bolognesi, reggiane, toscane.

Mentre si evolve la classifica delle “Five Road Race” dopo la seconda tappa: restano la staffetta di Borzano la prossima settimana, e in autunno i 5000 al vecchio ippodromo di Modena e la classica maratonina di Correggio.

Il tracciato è quello consacrato dagli allenamenti di Baldini (che ne detiene il record, con 25 minuti netti ufficiosi) e di molte società podistiche (personalmente mi ci ero cimentato l’ultima volta il 2 gennaio di quest’anno, con ben altro clima): tre km corribili quasi a tutta, due decisamente impegnativi, con angoli in salita fino a 9 gradi (che automobilisticamente significa 20% di pendenza), e gli ultimi due un po’ meno pendenti salvo lo strappo ancora a 9 gradi a 250 metri dall’arrivo.

Organizzazione perfetta, addirittura strada chiusa da un’ora prima dell’evento; un rinfresco a metà gara e uno più abbondante alla fine, punteggiato dal rosso degli spicchi di cocomera; premiazioni anche di categoria (seppure con l’accorpamento degli over 60 in unica categoria, che significa niente premi per il 77enne Lolo Tiozzo e il 75enne Cuoghi, ma neppure per Dino Ricci e Angelo Giaroli nonostante mi abbiano superato a -2 km dal traguardo).

Niente premi neppure per il dominatore degli M 70, Leandro Gualandri, che forse dall’imperterrito uso della Fp2 ricava vantaggi aerobici, ma finisce solo quarto malgrado un 41:21 da applausi che completerà scendendo a valle in bicicletta.

Mentre Soraia Pozzi e Cecilia Gandolfi, tra le poche a finirmi dietro, ottengono un 2° e un 3° posto di categoria: ecco l’utilità delle quota rosa, in attesa che la legge Zan imponga altre categorie.

A tutti gli altri paganti i 10 euro prescritti (sempre meno dei 15/20 pretesi dai bolognesi della Casaglia-San Luca), il pacco gara, tra i cui gadget sta una curiosa borsa portaoggetti in tessuto da asciugamano, ma che come asciugamano non serve, ed è scomoda pure come portaoggetti mancando della tracolla.

Premiazioni in un fresco parchetto a 300 metri dall’arrivo, e adiacente al ristorante Spino il cui stracotto di guanciale rientra tra i 20 migliori cibi mai gustati in questa e nell’altra vita: lo garantiscono anche i miei nipoti, che il master-speaker Brighenti attesta essere venuti dal Michigan per assistere alle prodezze dello sfiatato nonno.

Come per tanti di noi, lo sport dell’infanzia e adolescenza di Francesco Colombo era il calcio, con l’atletica scoperta solo dopo i 25 anni causa un serio trauma patito giocando tra amici. C’erano buoni presupposti, come l’essere stato l’unico capace, all’Isef, di correre i 3000 sotto i 12 minuti, finché la curiosità lo spinse a una 10 km serale di Cesano Maderno, nel 2013, con scarpe da ginnastica consumate, un 68° posto finale su 454, e le foto di Arturo Barbieri. La passione era scoppiata e non si sarebbe più fermata, salvo forze maggiori…

Nell'estate 2020, dopo il lockdown e con le gare ormai lontane – ci scrive l’autore - mi è sorta l'idea di mettere per iscritto i ricordi di quegli anni di corse. Inizialmente voleva essere solo per me stesso, poi ho voluto condividerlo con colleghi e parenti stretti, stampando qualche copia ma inizialmente senza pubblicarlo. Alla pubblicazione ho associato l'idea dell'adozione a distanza, che ovviamente farò ugualmente anche non dovessi raggiungere la cifra necessaria. In questo modo ho potuto raccontare della mia esperienza ai miei alunni della scuola media dove insegno Educazione Fisica, ai quali ho sempre provato a insegnare a non arrendersi mai e che la fatica è necessaria per raggiungere qualsiasi obiettivo”.

Siccome l’obiettivo di ogni stradista è arrivare a correre una maratona, già nel 2014 l’avvicinamento cominciò con la 21 della Montefortiana, una gran fatica intrisa da qualche “smorfia di dolore”; e *il gran balzo avvenne meno di due mesi dopo alle Terre verdiane: qualche inevitabile errore di inesperienza lo porta a una crisi di sete e alla necessità di camminare per qualche tratto, ma ne esce un 3.17 oltretutto immortalato da Stefano Morselli (qui a p. 20: è una delle tante foto da Podisti.net che arricchiscono l’opera). Curiosamente, c’ero anch’io, che andavo ancora discretamente tant’è vero che Francesco (senza saperlo) mi inflisse appena 40 minuti.

La moglie Federica è fedele accompagnatrice, prima da sola, più tardi con le figlie che arriveranno: una volta si cimenta addirittura in una cronoscalata a coppie da Erba: esito positivo, “pane salame e un buon bicchiere di vino rosso”, ma per il momento resterà un unicum. Mentre Francesco prosegue singolarmente (s’intende, con la moglie a bordo strada, e spesso con amici e colleghi a fianco) e, nell’unica maratona estera finora corsa, che fortunatamente non è New York ma Reykjavik, nell’agosto dello stesso 2014 scende sotto le tre ore. Tempo che sarà ampiamente battuto da un 2.43:07 a Santhià l’anno dopo, gara corsa “da soli in mezzo al nulla… non un essere vivente”, ma celebrata da un terzo posto assoluto.

Addirittura primo sarà Francesco nel giugno 2015, in un Urban Trail a Novedrate, vicino a casa, concluso con un intervento d’urgenza al pronto soccorso per suturare i guai di una caduta (che ancor oggi gli lascia “un mignolo di legno”); e malgrado tutto, a settembre verrà il successo nella prima e unica maratona del lago di Varese, con un 2.46 fotografato ancora da Arturo Barbieri (p. 42), e la premiazione con la figlia neonata Lisa tra le braccia.

Un altro evento memorabile, che non a caso Francesco ha corso 6 volte collegandolo alle vacanze estivea Castelrotto, è la mezza dell’Alpe di Siusi (ideata dal nostro amico Hartmann Stampfer), che in parte si dipana lungo un sentiero “talmente duro da far venire le lacrime”, comunque segnata nel 2016 da un terzo posto assoluto; mentre una nuova vittoria (della quale l’autore quasi si scusa) sarà nel novembre 2016 al “Barbarossa Doble Trail” di Montorfano nel comasco: in tanti sbagliano percorso, e Francesco (che ha sbagliato “meno”) si ritrova primo a sorpresa, un “insperato trionfo… pur non essendo il più forte”.

All’estremo opposto sta l’esperienza della “First Marathon”, che “non certo in un luogo suggestivo”, Calderara di Reno a fianco dell’aeroporto di Bologna, inaugurava l’anno, per “pochi coraggiosi (69 in totale)”, che si mettono in maggioranza a camminare o trotterellare chiacchierando allegramente, “stupiti della nostra andatura”. E così commenta il protagonista: “Mi domando se quelli strani siano loro … o siamo noi che ci danniamo l’anima per non perdere nemmeno un secondo… E’ solo una questione di punti di vista”. Complice un guaietto fisico analogo a quelli che (si dice) erano l’assillo costante di Zenucchi, da quella gara arriverà solo un secondo posto in 2.58. appena davanti alla prima donna.

È un’esperienza anche quella, come sul fronte opposto lo sono le scalate alla Torre Allianz di Milano del 2018 e ’19, o le corsette all’alba nelle città meta di gite scolastiche (prima che gli studenti si sveglino): finché arrivano il Covid e i lockdown, con l’autore che s’ingegna a correre sul tapis roulant o nel cortile o sulle rampe del garage di casa a Seregno, fino a completare una 42 autogestita.

I mesi che seguono, a parte le rare e avventurose vacanze strappate alle limitazioni, saranno dedicati alla raccolta delle proprie emozioni per questo libro, per dire a tutti noi che “la corsa riporta la calma, rimette in ordine i cocci e le priorità della vita”.

 

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