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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

A tenere viva l’attenzione sulla 18^ edizione delle quattro serate cilentane, appena conclusa, arrivano ora le foto di Giuseppe Beneduce, compagno di squadra, nella CarMax Camaldolese, dei due primi arrivati (il primo assoluto, col numero 1, compare con l’autore nella foto 61), e lui stesso atleta di valore: 21° in generale, sesto degli M 40 (ma premiato come terzo di categoria dopo l'esclusione degli assoluti): lo vedete in varie immagini del suo album, dalla 29 e dalla 61 in poi, fino alla tenera posa della 184. https://podistinet.zenfolio.com/p246637757 

Le foto documentano esaurientemente, se vedo bene, tre delle 4 tappe: nelle prime settanta circa vediamo il ritrovo e le formalità iniziali nel paese di Piano di Vetrale, poi pochi scatti fuggitivi nella seconda tappa di Prignano; più oltre, dalla 77 in avanti, l’incanto panoramico di Trentinara seguito dall’arrivo a Capaccio (foto 121 e seguenti); e infine, dalla 143 in poi, le immagini dell’ultima tappa ad Aquara, con relative premiazioni e festa finale.

Molti dei protagonisti si potranno riconoscere: segnalo, nella foto 9 l’incontro con la coppia più celebre dell’insieme, i barlettani Gargano/Rizzitelli, e nella 36 il tenero atteggiamento dell’altra coppia Carolina Auricchio/ Gaetano Manzo; nelle foto 17-18, uno dei più giovani tra i compagni di squadra di Beneduce, Riccardo Forlenza 18° assoluto; nella 21 e 26, il saluto con gli amici-rivali dello Sporting Calore, Carmine Babbone ed Enzo Cavallo.

Dalla foto 29 comincia ad apparire una intrigante foto di Monica Alfano, terza assoluta, che ritroveremo nella 126 dopo l’arrivo della terza tappa a Capaccio. Intanto, gli scatti 38-43 documentano gli ultimi istanti prima del rompete le righe della prima tappa, e la foto 49 mostra l’arrivo allo stesso Piano di Vetrale di Rosario Pingaro.

Nella foto di gruppo 74, prima della partenza, spiccano Rosalia Pepe (pett. 61) e Rosmary Antico (pett. 55), che sarà seconda alla fine e reincontreremo nelle foto 123 dopo l’arrivo a Capaccio, e di nuovo alla 164 per la conclusione.

La terrazza di Trentinara, col meraviglioso panorama dai monti al mare, si accaparra un gran numero di foto di gruppo dalla 77 in avanti: nella 93 (come poi nella 154) spicca l’altra compagna di squadra Angela Abrunzo. La terrazza dei baci, nelle foto 101-105, è al momento popolata solo di uomini; le graziose signore sono altrove, come Anna Katia Di Sessa (foto 115) o Daniela Capo (foto 144) o Maria Bruno (154).

Ogni tanto si fa vedere l’indaffaratissimo presidente Funicello (foto 111, 150), altrimenti sempre impegnato a gestire ristori o trasportare coppe e magliette-premio. Dalla foto 143 ci siamo spostati ad Aquara, gara in diretta tv (l’operatore è nella 146). Alla fine è festa generale, coi gruppi uniti davanti allo scatto (173-174 ecc.), le premiazioni generose e le fette di anguria distribuite all’uscita, dove l’autore delle foto è piacevolmente atteso (184).
Le scarpe consumate possono appendersi all’albero che ha già dato i suoi frutti: per il Cilento 2022 ce ne saranno altre.

Vedi anche: http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/7564-copione-rispettato-alla-transmarathon-e-festa-generale-per-178.html

 

CLASSIFICA FINALE - 14 agosto – Nemmeno l’ultima tappa di Aquara, altra località di mezza montagna tra le cime e il mare di Paestum (e proclamatasi “città del vino”, malgrado il nome), ha cambiato gli esiti delle prime tre piazze maschili e femminili, chiaramente indicati fin dalla prima giornata. Basta ricopiare gli ordini d’arrivo delle altre giornate, cambiando solo i tempi, e l’ordine dei fattori quasi non cambia, così come le foto 22 e 31 del servizio assemblato da Roberto Mandelli).

A conti fatti, qualche piccolo sconvolgimento per le posizioni di rincalzo era stato registrato nella penultima tappa, la vertiginosa discesa, in parte trail, da Trentinara a Capaccio: nel mio risibile cimento per l’86° posto complessivo (!), ho dovuto soccombere per due minuti e mezzo al più settentrionale del lotto, Enrico Pantano da Saronno, che ha costruito il suo successo rifilandomi 3’16” in quella terza tappa, perdendo solo spiccioli nelle altre puntate (1 minuto e 40” in questa ultima). Meno male che nella lotta per il secondo posto di categoria, il mio concorrente, che nelle stesso discesone mi aveva affibbiato due minuti e mezzo, oggi che c'erano salite toste ha scatenato un attacco che si è esaurito al km 2, dopo di che... 2 sono stati i minuti di differenza a mio favore sotto lo striscione: degno commiato delle vecchie Kalenji Kiprun del 2017, dopo 10 maratone (due su percorsi trail), due ultra e altra robetta del genere.

Gara diversa dalle altre, e addirittura seguita in diretta tv, con tanto di elicottero-ponte, da un pool di tv locali (Lira TV: dovrebbe essere possibile recuperare via web la trasmissione su cui vedi foto 49): un circuito su tre giri, il primo dei quali diverso e più duro contemplando una salita fino al vecchio centro storico a 534 metri d’altezza, e gli altri due più abbordabili, con discese brevi e violente, ma salite dolci, con gli ultimi 400 metri quasi in piano, buoni per lo sprint. Lunghezza appena superiore agli 8 km, dislivello di 285 metri, dunque il più elevato dei quattro turni.

Ma fin dal primo giro il capofila solito, Giorgio Mario Nigro, transitava sotto il traguardo con netto vantaggio su un pool di 5-6 inseguitori, che successivamente si frazioneranno, materializzando alla fine il solito ordine d’arrivo: 1. Nigro in 30:30; 2. Vitolo a 32”; 3. Kamel a 1:25”.

Identico è il risultato finale del Giro: 1. Nigro in 2.10:37 (stando al mio Gps, i km complessivi sono risultati 37, con quasi mille metri di dislivello); 2. Vitolo a 2:24; 3. Kamel a 5:03.

Mini-sorpresa nella gara femminile, non per il successo della romena-romagnola Ana Nanu, 19^ assoluta in 37:32, ma per la piazza d’onore arrisa questa volta alla terza di sempre, l’amalfitana Monica Alfano, che ha preso solo 58” dalla prima, rifilando a sua volta più di un minuto all’eterna seconda, ma oggi terza, la cilentana Rosmary Antico.
Vantaggio però insufficiente a colmare il distacco in classifica generale, che dunque ripropone il solito ordine, con tre F 45 ai primi tre posti (foto 124): 1^ Nanu 2.38:57; 2^ Antico a 9:07, 3^ Alfano a soli 24” dalla seconda. Anche qui, risultano decisivi i 26 secondi che la Antico aveva inflitto alla collega nel discesone-trail di Capaccio.

Piccoli scambi di posizione nella varie classifiche di categoria (s’intende, non in quelle a partecipante unico), premiate secondo prassi all’imbrunire, in una piazzetta finalmente gremita, dal sindaco del luogo (foto 39-42), col capataz Funicello a predisporre le maglie di campione (spettacolare la vestizione in scena di Miss Sara Cetrangolo, prima F 40, foto 46) e Brighenti a telecomandare tutti i movimenti; mentre a bordo ring stazionava pronto a ogni evenienza l’altro masterchef capaccese (guai a dirlo capaccino altrimenti si rischia nu capaccione) Valentino Ristallo, che ha sempre collaudato i percorsi dal di dentro, giungendo alla fine 80° e quarto della sua categoria, appena dietro a Mister Nanu, alias Solerte Righini (foto 43-44), che si è accaparrato il cosiddetto ultimo gradino del podio.

In totale, i classificati a giri pieni, cioè dopo aver partecipato a tutte le tappe, sono 96; ma dietro di loro la graduatoria colloca, con penalità prestabilite, anche quanti hanno saltato una o più tappe. Con loro, si arriva al rispettabile numero di 178, non male viste le difficoltà dell’epoca.

Nel dopo gara, tra una fetta e l’altra delle angurie (o melloni d’acqua) offerte come ristoro finale, ho percepito soprattutto allegria ed entusiasmo, e – giuro – nessunissimo mugugno su questo o quel dettaglio. Gli unici accidenti erano indirizzati a Google Maps, che per Aquara suggeriva uno strano itinerario per stradacce d’infima categoria, mentre sarebbe stato così semplice prendere la statale per Roccadaspide, e da lì, nel ritorno, a Paestum dove Massimo Ranieri, monumento tra i monumenti, stava per cominciare il suo rituale concerto (ad Agropoli invece ci accontentiamo di Michele Pecora).
Il giorno che Google Maps ci dirà di buttarci giù, come i lemming o le pecore di Dindenault, dalla rupe di Trentinara, scommetto che qualcuno lo farà: ma non se la prenda col professor Funicello (foto 11-12), che ben si merita la scritta apparsa nella foto 13.

 CLASSIFICA FINALE

CLASSIFI DOPO LA 3^ TAPPA - 13 agosto – Anche la terza tappa della Transmarathon cilentana, da Trentinara a Capaccio, ha ripetuto per le prime tre piazze gli stessi ordini d’arrivo delle prime due, consolidando dunque le classifiche cui l’ultima tappa, la più breve, difficilmente porterà modifiche. Ma nella terra di Zenone, il grande filosofo della vicina Elea/Velia secondo cui era logicamente impossibile che Achille raggiungesse una tartaruga o un atleta arrivasse in fondo allo stadio (paradossi cui nemmeno Aristotele seppe rispondere in maniera convincente), rimane sempre l’ipotesi teorica che  qualcosa di rivoluzionario possa accadere.

Intanto però, dopo il giorno di riposo, il terzo appuntamento è stato l’unico con gara in linea: gli atleti sono stati portati dai pulmini dell’organizzazione a Trentinara, 600 metri sul mare, con una spettacolosa vista sulla costiera attorno a Paestum. Se è molto dubbia la vulgata secondo cui il nome discenderebbe dai “tre denari” di paga dei soldati romani qui di stanza, è un fatto che Trentinara si presenta come il paese dell’amore, con una via ad esso intitolata, che attraverso una serie di epigrafi con poesie e disegni amorosi mena a una rupe da cui due innamorati illegali si sarebbero buttati nella notte dei tempi, e dove secondo un cartello stradale sarebbe obbligatorio baciarsi.

Operazione problematica per i podisti almeno nei primi rituali 500 metri con obbligo di mascherina, e anche successivamente sconsigliata causa la ‘delicatezza’ del tracciato, che per circa 2500 metri si svolgeva su un tratturo sassoso in leggera discesa, con l’obbligo di guardare bene dove si mettevano i piedi…

Il giro è probabilmente il più bello dei tre finora sperimentati, con spettacolari visioni sulle rupi che si gettano in mare verso sinistra, e una salutare immersione nel bosco che scende da destra durante il tratto-trail. Partenza come al solito ritardata di mezz’ora causa calura; due ristori di acqua, la prima decisamente calduccia, la seconda, personalmente gestita dal presidente Funicello, fin troppo deliziosamente fresca.

L’altimetria dice 60 metri di salita e 275 di discesa, più accentuata negli ultimi 3 km quando si va in picchiata su Capaccio-capoluogo, ma con un’ultima asperità a un km dalla fine quando si attraversa l’area di un convento francescano alla cui soglia il fraticello benedice noi che passiamo anfananti.

Mentre il sole si avvia al consueto spettacolare tuffo in mare, e si stanno per accendere le luci della costa, arrivano nell’ordine i soliti: la “maglia bianca” del capofila assoluto Nigro in 32:48, un minuto abbondante sul compagno di squadre ed eterno secondo Vitolo (ora distanziato di 1’52”) che precede di poco il terzo, Hallag Camel (un M 50, a 3’38” in generale)

Dopo qualche minuto arrivano le donne da podio, come al solito precedute da Ana Nanu che in 40’01”senza problemi regola le – per dir così - damigelle Antico (ora a 7 minuti complessivi) e Alfano.

Bella e gradita sorpresa, il ristoro gestito dalle donne di Capaccio: torte casalinghe (tipica quella di fichi), banane e uva, oltre ad abbondanza di bevande.

Confortati da quelle, seguiamo nell’aria che si annera le premiazioni generali e di categoria condotte con verve incessante da Roberto Brighenti, e qualche ammiccamento a Valentino Ristallo enfant du pays - maestro cerimoniere generale.

Questo sabato, con partenza dichiarata ufficialmente per le 18,40 causa ripresa diretta tv, si chiude con l’ultima tappa, 8 km in circuito ad Aquara, 500 metri di altezza alle pendici dei monti Alburni: nelle giornate limpide dicono che si veda l’isola di Capri. Se Zenone non  interviene con qualcuna delle sue frecce eleati, è certo che vedremo una doppia N (Nigro e Nanu) incisa a lettere cubitali nell’albo di questa 18^ Transmarathon.


CLASSIFI DOPO LA 3^ TAPPA

CLASSIFICA DOPO LA 2^ TAPPA
11 agosto – La seconda tappa del giro a tappe “Transmarathon” aveva un tracciato simile alla prima, ma - se si può dire così – a parti invertite. La partenza-arrivo erano a Prignano Cilento, località sulle colline a sudest di Agropoli, quota 420 con una bella vista sul mare: in mezzo ci stava la discesa a Ogliastro, quota 350, lungo la vecchia statale 18 “Tirrena inferiore” (che arriverebbe fino alla punta dello Stivale ma sembra ormai abbandonata salvo il traffico locale), per poi risalire fino a Prignano attraverso una provinciale con qualche tratto duretto specie ai km 7-9 (lunghezza complessiva dichiarata di 9,900, dislivello secondo i Gps circa 160 metri).

Gli ordini d’arrivo hanno ricopiato fedelmente quelli di ieri, almeno per le prime due posizioni: ha rivinto Giorgio Mario Nigro in 34:15, più nettamente di ieri su Giovanni Vitolo (34:45), dunque incrementando il vantaggio nella classifica generale.
Mentre fra le donne Ana Nanu (che come sua abitudine si sposta in camper tra le varie località di tappa) ha aggiunto altre foglie ‘pesantissime’ (come piace dire ai cronisti à la page) alla corona d’alloro che certamente la incoronerà sabato, rivincendo in 42:08: tempo non eccelso, direi di amministrazione del vantaggio, ma che le ha regalato quasi due minuti ulteriori sulla seconda di ieri e di oggi, Rosmary Antico (43:55).

Anche oggi la partenza è stata posticipata di mezz’ora con la giustificazione della calura, che in realtà questo mercoledì (giornata parzialmente nuvolosa) si faceva sentire un po’ meno di ieri, venendo mitigata da una discreta brezza. Perfino le bottiglie dei ristori (due, come ieri; il secondo gestito in prima persona dal general manager Roberto Funicello) erano più fresche del primo giorno.

Strade totalmente chiuse al traffico, con qualche partecipazione del pubblico “presente e non pagante”, come l’ha definito il puntuale speaker Brighenti: per quanto abbia percepito io, al km 7 (l’inizio dell’ascesa più dura, all’uscita da Ogliastro) due spettatori ci incoraggiavano con “dai, mancano solo 3 km!” salvo ridacchiare tra loro, a voce più bassa: “tutti di salita”.

Premiazioni abbastanza celeri, anche stavolta officiate dal sindaco del paese, per i primi tre assoluti e il primo di ogni categoria: tra le donne, piace segnalare i primati della bionda longilinea Maria Bruno tra le SF (cioè la categoria under 35) e di Angela Gargano tra le F 60 (in realtà, età ‘millesimata’ ma non ancora compiuta anagraficamente).

L’aria imbruniva in questa terrazza col mare da un lato e i monti più alti del Cilento (1300-1400 metri) dall’altro lato; noi si discendeva alla base, mentre sul litorale continuavano per ore e ore i fuochi artificiali in onore della Madonna delle Grazie.

Domani riposo, e occasione per visite turistiche (fatti salvi i ‘professionisti’, che non mancheranno di allenarsi) o bagni di mare, in queste acque la cui purezza è garantita dal proliferare dell’alga Posidonia (il nome greco di Paestum).

Si ricomincia venerdì, con l’unica tappa in linea della serie, 10 km che secondo il programma iniziale dovevano partire dal santuario della Madonna del Granato (il melograno che la Madonna teneva in mano in una apparizione ormai millenaria), fino a Capaccio (terra natale del summenzionato Valentino Ristallo, agropolitano o agropolese solo lato sensu); e invece saranno dalla pittoresca cittadina di Trentinara, "la terrazza del Cilento", per una distanza analoga fino a Capaccio, con prevalenza di discesa.
È probabile che venerdì sera avremo per i primi posti classifiche quasi definitive, che l’ultima tappa di 8 km potrà solo ritoccare.

CLASSIFICA DOPO LA 2^ TAPPA

Mercoledì, 11 Agosto 2021 10:38

Cominciato il giro a tappe del Cilento

10 Agosto - Dopo la pausa forzata del 2020, è ripartita la “Transmarathon”, ovvero il giro in 4 tappe del Cilento e Vallo del Diano, organizzato dalla Libertas Agropoli e in prima persona da Roberto Funicello, che si avvale di una collaudata schiera di collaboratori grazie a cui durante l’anno si svolgono altre qualificate competizioni: la mezza maratona Città di Agropoli, gara di rilievo nazionale; l’altra mezza Agropoli-Paestum, la Maratona dei Templi alias Paestum Marathon (7 novembre) e la 50 km dal profondo valore storico, Paestum-Velia.

È il momento del giro a tappe, della lunghezza di circa 10 km ciascuna, generalmente sulle colline: questo martedì si è cominciato da Piano Vetrale, graziosissimo paesino a 575 metri di quota, famoso per i murales che ne ingentiliscono centro e periferia raccontando le storie della sua gente: dalla coltivazione delle piante aromatiche e medicinali alla dolorosa emigrazione e, a volte, al rientro dopo qualche anno, magari della “francesina” che ricompare con una bimbetta “matta come lei”, per la nostalgia della “parmigiana” (suppongo, di melanzane).

Ebbene, a Piano Vetrale si è svolta la regolarizzazione delle ultime iscrizioni, la distribuzione di pettorali e pacchi gara, e infine la partenza, con mezz’ora di ritardo per mitigare il gran caldo. Il percorso, quantificato in 9,5 km, congiungeva la frazione col suo capoluogo-rivale, Orria, circa 80 metri più su, attraversato prima di scendere nuovamente al punto di partenza accumulando in tutto circa 200 metri di dislivello complessivo. Obbligo di mascherina in partenza e subito dopo l’arrivo, due ristori con bottigliette d’acqua ai km 4 e 7, percorso chiuso al traffico.

Sono stati classificati 128 competitivi, regolati da Giorgio Mario Nigro che ha chiuso in 33:03, appena 10” su Giovanni Vitolo. Non c’è stata storia tra le donne, una ventina, dove una consumata cacciatrice di scalpi come Ana Nanu (rumena naturalizzata romagnola e sposa del supermaratoneta Solerte Righini) ha vinto in 39:15, con tre minuti abbondanti sulla seconda Rosmary Antico.

Cronometraggio manuale con supporto informatico, che ha consentito poco dopo l’arrivo degli ultimi di procedere alle premiazioni, assolute e di categoria, con l’anteprima della consegna di una targa-ricordo a due partecipanti tra i più celebri in campo nazionale: la coppia barlettana Michele Rizzitelli e Angela Gargano, che meno di un anno fa (alla maratona di Pescara, cui eravamo presenti) hanno raggiunto il numero di 1000 maratone concluse ciascuno. I due sposi non hanno intenzione di smettere, e infatti sono reduci da una serie di maratone “consecutive” a Curinga (CZ).

Su questa e le successive premiazioni, svoltesi nella suggestiva piazzetta antistante la chiesa di Piano alla presenza del sindaco locale, ha presieduto il principe degli speaker podistici, il modenese Roberto Brighenti, qui giunto grazie all’amicizia col plenipotenziario agropolitano per il Nord Italia, Valentino Ristallo.

Mercoledì 11 la seconda tappa, 10 km con sede a Prignano (una quindicina di km a monte di Agropoli). Seguirà il riposo di giovedì, per concludere con le tappe di venerdì 13, dal santuario della Madonna del Granato a Capaccio, e l’ultima di sabato 14 ad Aquara, terra natale di San Lucido a 500 metri di quota.

Sono possibili anche iscrizioni per le singole tappe, telefonando a 368 977950, E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

7 agosto – Nel settimo anniversario della scomparsa di Giancarlo Corà, fondatore e rifondatore (1993-2003) della società Corriferrara, già inventore della maratonina di Ferrara (la cui prossima edizione si svolgerà il 26 del mese prossimo) e della Diecimiglia, e resuscitatore nel marzo 2011 della maratona della sua città (qui sotto riporto uno stralcio dal mio commento di allora), il figlio Massimo e tutto il suo gruppo sportivo hanno riportato in vita, in questa fase di Covid sperabilmente calante, anche il trail del Castello di Mesola, ideato nel 2017 su una distanza inizialmente quantificata in 25 km. In un angolo della maglietta-omaggio sta scritto “Da allora tra le stelle corri con noi!”.
Questa volta le distanze ufficiali erano di 21 e 10 km per le due gare competitive (cui si aggiungeva una 10 km ludico-motoria): in realtà, i nostri Gps hanno indicato distanze tra i 22,7 e i 23,5, con un dislivello di circa 90 metri, che sembrerebbe difficile in un’area che sta in parte sotto il livello del mare, eppure è stato realizzato, soprattutto con le salite e discese lungo l’argine del Po nei primi 8 e negli ultimi 2 km. Il numero di iscritti era stato limitato, per prudenza, a 350 (150 ciascuno nelle due competitive, più 50 camminatori), e già una settimana prima dell’evento le liste erano state completate.
Ci si è poi messa di mezzo l’ “invenzione” del green-pass (nome barbaro, che nessun paese estero usa: ma noi se vò ffò l’americani der Kansas City), che sebbene ridimensionata dalla solita arte del compromesso (a pranzo su un lido ferrarese, poche ore prima, nessuno mi ha chiesto niente), era stata introdotta nel regolamento, causando la presumibile rinuncia di molti iscritti: sta di fatto che la classifica finale annovera 127 arrivati per il giro corto e solo 96 per il lungo; sebbene in quest’ultimo i partenti fossero una ventina in più, finiti poi nei ritirati anche per l’urgere del tmax fissato in 3 ore. Da aggiungere poi la schiera dei non competitivi.
Garantisco comunque che, all’ingresso nella bellissima piazza del Castello di Mesola, sotto l’argine del Po di Goro, i controlli sono stati scrupolosi (foto 22; il collega podista che mi precedeva nella fila ha avuto problemi, perché il suo cellulare aveva il vetro spaccato non permettendo allo scanner del controllo di leggerlo bene); dopo dei quali, e della misurazione della temperatura (questa, operazione davvero inutile, capace di far sfuggire gli asintomatici e invece di bloccare chi ha la febbre per un ascesso dentale), ci hanno avvolto attorno al polso un braccialetto cartaceo, che a nessuno è sembrato imitare la stella di Davide. Signori no-tutto, quando all’ingresso in certi musei, dopo che avete pagato, vi appiccicano alla giacca un adesivo di libera circolazione, vi sentite davvero degli ebrei perseguitati?
Dopo la benedizione del sindaco e del parroco, partenze in mascherina (chi ce l’ha, chi no, chi se la toglie subito: quando vedo che non l’ha quasi più nessuno, dopo 250 metri me la metto anch’io al braccio), differenziate di un quarto d’ora tra i due percorsi. In teoria ci sarebbe una minima dotazione obbligatoria per chi fa il lungo, ma non tutti abbiamo uno zainetto o marsupio per contenere gli attrezzi (il mezzo litro d’acqua sembra richiesta eccessiva, a fronte dei 4 ristori con acqua, talora anche tè e succhi, disposti lungo il percorso).
La gara breve è vinta da una vecchia conoscenza di queste parti, Rudy Magagnoli, in 37:07 con 40 secondi di vantaggio sull’altro ferrarese Mattia Bergossi (totale 96 uomini arrivati). Molto più lento il ritmo delle 31 donne, regolato da Francesca Moscardo in 47:09, due minuti sulla seconda Alice Munerato.
La vincitrice appartiene al GR Taglio di Po, località che nella storia si è rivelata fatale a Mesola: che quando fu fondata, a fine Cinquecento, era un’isola, avamposto sul golfo di Goro e Volano dove sorgevano i porti dello stato estense; se non che all’inizio del Seicento, quando il papa estorse Ferrara agli Estensi, i veneziani si vendicarono deviando il Po appunto nella località che fu chiamata “Taglio”, e mandando il fiume (foto 11, 15) con tutti i suoi detriti a ostruire i porti ferraresi, salvando però la laguna di Venezia (dove adesso, nel loro stile-piangina, piangono per l’acqua alta). Risultato, il Delta si espanse nella maniera che vediamo oggi dalle carte geografiche, creando un’infinità di paludi malsane da cui solo le grandi bonifiche tra Otto e Novecento (ben visibili durante il giro lungo) ci hanno salvato, favorendo il proliferare dei cervi e delle zecche loro ospiti abituali (una ha provato a mordere sul collo pure me, ma ha cambiato idea presto).
Più del doppio di tempo hanno impiegato i protagonisti dei 21 o meglio 23, che per almeno 7 km si svolgevano dentro il Boscone della Mesola, su sentieri e carrarecce, spesso con l’insidia delle radici emergenti (e con un clima che, all’interno del bosco di latifoglie, era ancora più pesante che nei tratti all’aria aperta). Ha vinto Giuseppe Del Priore dell’Edera Forlì in 1.23:55, con due minuti abbondanti sul “figlio d’arte” Fulvio Favaron tesserato Zola Predosa, e 8 minuti sul terzo, l’altro bolognese Christian Dall’Olio. Le 14 donne superstiti sono state regolate da una ferrarese ‘ariosa’, Elena Agnoletto da Formignana in 1.44:01, tre minuti su Giorgia Bonci da Russi, e addirittura nove sulla terza, Federica De Caria.
Sentiero ben segnato, e come detto da Corà in partenza, “nel dubbio tirate dritto”: sufficiente la presenza di addetti, con spade luminose nel finale, agli incroci più dubbi. Una sola perplessità ha attanagliato per pochi attimi il sottoscritto e la coppia di triatleti varesini che stavano con me, al km 17 dopo il suggestivo passaggio dalla torre di S. Giustina della foto 16: tirare dritto lungo il canale o tenere la sinistra seguendo certe lucine accese? La soluzione (suggerita dall’ultimo sbandieratore) era tirare dritto, poi tenere la destra a tutti gli incroci, rimanendo insomma sull’argine del canale, a battagliare con le zanzare fino alla risalita finale sull’argine del Po, quando i Gps avevano segnato da un pezzo il km 21 e invece mancava ancora qualcosa fino al traguardo che avevamo visto prima del tramonto (foto 6-7) e ora è illuminato come nella foto 17.

All’arrivo, ci aspettano acqua e birra ghiacciata, una medaglia di legno autentica (la mia ha venti cerchi), un sacchetto ristoro e la possibilità di una modesta risciacquatina negli adiacenti bagni pubblici, aperti ancora dopo le 21 (segno di civiltà, a differenza di quanto capita nelle città insigni dove se hai un certo bisogno devi cercare un cespuglio, e le poche fontanelle pubbliche sono in genere fuori uso).
E’ stata una faticaccia, ma anche l’occasione per conoscere delle aree cosiddette (ex) depresse, come Codigoro (foto 2-3) o la spiaggia di Volano, dove eravamo stati qualche settimana fa dopo la corsa di Pomposa. D’accordo, il mare non sarà quello di Sicilia o Sardegna, ma qua almeno i boschi non bruciano, e alle 9 di sera i 25 gradi possiamo anche considerarli una temperatura accettabile. E' stato anche l'addio alle mie scarpe, ormai scarpacce, Asics gel Pulse H, comprate nel 2015 da Decathlon che me le fece pagare 50 € contro gli 88 del listino; mi hanno accompagnato in 7 maratone, compresa l'ultima New York personale del 2016, e da ultimo nelle tre maratonine autogestite per prati e boschetti corse durante il lockdown di aprile-maggio 2020. Dalla foto 23 vedete che hanno già prestato il loro servizio: deo gratias, amen.

APPENDICE. 28 MARZO 2011. Giancarlo Corà e la rinascita della Maratona di Ferrara (cronaca d’epoca)

Molto nobile l’idea dell’attivissimo Corà, e del team che organizzava la grande maratonina di Ferrara, di subentrare alla vecchia e non meno gloriosa organizzazione della maratona di Vigarano (la cui decadenza cominciò proprio col trasferimento a Ferrara), che nel 2010 aveva gettato la spugna protestando, fra l’altro, contro la concorrenza sleale di Treviso (oltre che quella, meno prevedibile, di un turno elettorale). E se è destino che Treviso intralcerà sempre una maratona emiliana (nel suo gioco di squadra, più o meno voluto, con Roma: prima vittima, temporibus illis, fu Piacenza), era tuttavia giusto che una delle culle del maratonismo italiano e una delle regioni dalla pratica podistica più elevata e popolare ritrovassero la loro maratona, apprezzata non per i coloured strapagati ma per la partecipazione di noi ‘poveri’, dilettanti puri (al limite della risparmiosità e della taccagneria).
Dieci euro per l’iscrizione fatta fin dall’anno scorso (e ricordo Corà girare appassionato per tutte le manifestazioni in regione, a raccogliere moduli compilati), 30 euro come cifra massima pagabile alla vigilia, sono quasi da record ovvero da medaglia dei servizi sociali. Tanto più che la rinuncia a una data forte come quella di metà febbraio, che radunava migliaia di appassionati per la mezza e le gare minori non competitive, potrebbe aver privato gli organizzatori di un incasso certo, a fronte di spese per la maratona che sono indubbiamente elevate. Ad esempio il controllo del traffico, rigorosissimo quasi ovunque, ha visto impiegati centinaia di addetti e decine di vigili, polizia stradale e simili: e vada ad onore del team la frasaccia che ho sentito da un fighetto su auto di lusso, bloccata sui viali di Ferrara al nostro secondo rientro, verso mezzogiorno: “Dovreste correre alle 5 di mattina!”; e la risposta fiorita sulla bocca di un podista: “Alle 5 siamo a letto con tua moglie, corriamo dopo!”. A parte che alle 5 di stamattina (se non prima) ci eravamo davvero alzati, noi delle province limitrofe, complice l’inutile ora legale (i cui vantaggi sono paragonabili ai blocchi settimanali del traffico d’inverno, cioè lo zero virgola) e la situazione dei parcheggi ferraresi, non a ridosso della partenza.
Con tutto questo, alla fine la maratona registra 644 arrivati (su circa 800 iscritti; più i 1100 della maratonina), finalmente un italiano (modenese!) al secondo posto: molti meno dei 2200 di Treviso, ma un progresso rispetto ai 500 scarsi delle ultime edizioni 2008 e 2009 della Vigarano/Ferrara; e si consideri l’altra concomitanza della vicinissima Milano Marittima-Ravenna, che ha portato via altri 300 potenziali podisti, oltre alle maratone o “lunghe” minori organizzate in altre regioni. Evitata invece, una volta tanto, la concorrenza della frequentatissima maratonina e corsa regionale di Pieve di Cento, a 30 km.

Diciamo delle tante cose belle, che rendono comunque positiva questa esperienza: intanto, Ferrara è una città tra le più belle d’Italia, e il giro pressoché completo attorno alle mura, circondate da prati dove sgambavano jogger, giovani famiglie con bimbi e cagnetti; il costeggiamento dell’antico Po di Volano, su cui passeggiarono Ariosto e Copernico; l’arrivo dentro il Castello, sono cose che restano nel cuore.

Quanto ai ristori nostri, va elogiata la distribuzione su più tavoli lungo un centinaio di metri ogni volta; un po’ meno la qualità, perché se l’acqua abbondava sempre (e andava a spreco, in bottigliette troppo grandi), e non mancava una misteriosa bevanda idrosalina (abbastanza diluita!), la frutta (mele o arance) compariva solo dal 15, con biscotti dal color di cioccolato, l’uvetta verso il finale (salvo che non me l’avessero mangiata tutta i 460 che mi hanno preceduto!), banane mai. Regolamentari gli spugnaggi, salvo che al principio le spugne erano poche, più avanti venivano pescate da vaschette con acqua stagnante e sempre più marrone, dove non osavo nemmeno intingere la mia spugna personale. Molto abbondanti peraltro gli addetti, anche con passaggio al volo delle bottigliette. Buono il ristoro finale, dove finalmente compariva il tè mancato per tutta la corsa; da notare anche l’offerta del tipico pane ferrarese, purtroppo chiamato Italian Bread nella pubblicità del principale sponsor (il cui nome domina anche la medaglia). Più che adeguato, sempre rapportando al prezzo, il pacco gara, forte di una maglia tecnica a maniche lunghe (ma oggi, coi suoi 20 gradi, era il primo giorno dell’anno che ho corso in maniche corte!), alimentari (incluso aglio tipico!) e bagno schiuma che portavano molto su il peso.

Dopo il traguardo, molti colleghi cercavano le docce che ai tempi gloriosi erano sotto tendoni militari a cento metri dal traguardo (fatto che io ho sempre portato ad esempio, contro quelle maratone opulente che risparmiano sulla doccia); in mancanza di cartelli indicatori, li ho portati alle docce pubbliche della darsena, indicate sul sito, a 5-600 metri e sottodimensionate fin dai tempi della sola maratonina (mi ricordano, un po’ in meglio, le code che si fanno a Russi). Se non altro erano comode al parcheggio, che però si pagava (sia pure la miseria di un euro).

Baragazza (BO), 1° agosto. “Signore mio, cosa hai messo insieme questo 1° agosto!”, ha esclamato Herr Bragagna dopo le due medaglie d’oro italiane (rectius: una e mezza) di questo pomeriggio. Nel mondo piccolissimo delle corse amatoriali su strada, anche sull’Appennino bolognese si è verificato un evento fuori dell’ordinario di questi due anni: una gara non competitiva, senza classifiche, senza la gherminella delle “gare nazionali”, e persino (ma diciamolo sottovoce) con le docce e quasi senza mascherine…

Sarà un caso, ma l’evento è accaduto esattamente 17 mesi dopo quel 1° marzo 2020 in cui, a Vaiano (comune confinante con Castiglione dei Pepoli, sotto la cui giurisdizione si è corso oggi), si era svolta sotto il nubifragio l’Eco del Monte Maggiore, nel giorno che tutta l’Emilia Romagna era diventata “rossa” anche in campo sanitario, col divieto della maratona di Bologna (ma per fortuna Vaiano è in Toscana dove non valevano gli editti del nerovestito assessore alla Salute emiliano). Sono passati dunque 17 mesi, durante i quali il Comitato podistico bolognese è evaporato, e non più di 3-4 gare non competitive sono state organizzate per iniziativa di singole società. Oggi si è ripreso in questa località posta alla base della salita, con relativa Via Crucis, per l’antico santuario della Madonna di Bocca di Rio, originato da apparizioni quattrocentesche e ‘benedetto’ anche, ai tempi belli, dall’arrivo di corse con partenza da Prato.

Pure la gara di questo 1° agosto passava da Bocca di Rio: il percorso corto da 7 km direttamente nel piazzale del Santuario, dove sgorga un’acqua freschissima e ricercata dagli utenti; mentre il percorso lungo, dichiarato di 18 km sebbene il mio Gps ne certifichi 15,8 con 510 metri di dislivello, sfiorava il sito intorno ai km 5 e 12, tra i quali era collocato un piacevole itinerario trail nella “Foresta delle Cottede” (foto 2-10).

Tassa d’iscrizione, i canonici 2 euro, che davano diritto a un pacco gara (due grosse piade e una bottiglietta d’acqua) più 5 ristori d’acqua sul percorso lungo. La conclamata bufera da allerta arancione ha risparmiato i nostri luoghi (tra i 627 metri della partenza e i 1050 del punto più alto, verso il km 8), regalandoci una temperatura ancora un po’ altina, fino al 27 gradi. Partenza “suggerita” alle ore 9, quando però eravamo rimasti in pochi (come testimoniano le foto 23 e 26 di Italo Spina, appositamente giunto da Sassuolo come vedete nelle foto 3 e 12); sarà difficile, dopo un anno e mezzo di partenze ‘a cronometro’ causa Covid, sradicare la consuetudine già anteriore del “partéss prémma”. Ma intanto ce la teniamo, illudendoci che basti a disperdere per l’aria il Sars-Cov-2 (che poi la notte prima, ad Argelato BO si sia svolto un rave party, ovviamente no mask e free sex&drug, dovrebbe far capire agli assessori no pod chi sono gli ‘untori’).

Gara classica, giunta alla quarantesima edizione, ben segnalata (tranne forse il paio di km più trail, su per una carraia sassosa, dove una freccetta ogni tanto ci avrebbe confortato, mentre non mi restava altro che guardare le spalle della Signora Ceci), e popolata finalmente di tanti camminatori e amatori senza bisogno di certificato agonistico. Restava l’obbligo della mascherina prima della partenza e dopo l’arrivo, e del distanziamento tra 1 e 2 metri: sagge norme, ma un po’ superate dai tempi nei quali noi podisti ci ritroviamo ormai tutti ultramaggiorenni e vaccinati. Ancora utile il tracciamento, cioè il rilascio di una dichiarazione in base alla quale dovremmo essere raggiungibili se si verificasse un caso: ma si sa che il tracciamento è stata la grande lacuna nella gestione italica dell’epidemia, che malgrado misure anche draconiane (mi torna ad apparire l’allora assessore alla salute regionale, che perfettamente vestito di nero, camicia inclusa, ogni giorno in tv digrignava “non è il tempo delle corsette, vi chiudo tutti in casa!”) ha collocato il nostro paese nelle posizioni di coda, quanto a morti e infettati, del mondo civile. E certo, non per colpa dei podisti.

Comunque il peggio è passato, sebbene il rettore del santuario di Bocca di Rio alla fine della messa (foto 13-20) racconti che un certo cardinale non potrà presenziare alle solenni celebrazioni dell’Assunta perché attualmente in missione in Albania; e siccome l’Albania non è Unione Europea, al ritorno il cardinale, seppure vaccinato e negativo ai tamponi, dovrà fare dieci giorni di quarantena (io non credo alla “dittatura sanitaria”, ma alla stupidità dei politici influenzati dai virologi da salotto credo eccome).

Un cartello appeso al portico del Santuario dice “sono più le occasioni perse di quelle sfruttate, questo è il vero peccato”. Ma aggiunge una cosa che vale anche per noi modesti podisti della domenica: “vorresti essere migliore di quanto ci è concesso di essere? Non pretendere di essere più bravo, accetta di essere quello che sei”.

Mira il tuo popolo, o bella Signora – che pien di giubilo oggi ti onora: e alla fine della gara o delle celebrazioni, dopo usufruito anche (per chi voleva) della doccia calda messa a disposizione nel luogo di ritrovo (anche questa, la prima bolognese dopo 17 mesi) ha riempito ogni tavolo dei ristoranti, dalla cucina prevalentemente toscana tra ribollita e cinghiale, in tutto il comune.

29 luglio – Nonostante la stagione estiva ormai avanzatissima, la quarta prova serale del Challenge Circuito di Fiorano ha radunato sulla pista di atletica di Spezzano, a ridosso del fresco delle colline, 120 atleti (di cui 40 donne) sulle due prove degli 800 e 3000 metri, addirittura incrementando di una dozzina di unità i partecipanti all’ultima manifestazione del 24 giugno.

Non diremo di Yoannes Chiappinelli, che doveva venire ma non è venuto, perché la nostra simpatia va ai corridori amatoriali molto più che agli stipendiati dalle Forze Armate; per fare un nome, a quel Giancarlo Bonfiglioli, cinquantenne che di giorno costruisce case, alle 8 di sera si allena nelle stradette di periferia o, quando può, va alle manifestazioni come questa. Oggi ha concluso i suoi 800 metri in 2:10 che valgono 846 punti e lo piazzano al sesto posto nella classifica generale compensata.

I giochi, per lui e tutti gli altri, si completeranno con i diecimila su strada programmati a San Donnino (casello Modena sud) il 19 settembre: allora avremo i verdetti di questo originale tentativo del Modena Runners Club (di cui abbiamo già parlato) di compenetrare pista e strada, fondo e mezzofondo, corridori di tutte le età che possono confrontarsi con colleghi ricevendo la giusta valutazione delle loro prestazioni senza avvilirsi nelle penose “premiazioni di categoria”.

Vediamo intanto cosa è successo nella quarta prova (terza e ultima in pista tra quelle valide per il Challenge). Dei 40 finisher maschi sugli 800 metri (divisi in 4 serie) ben 11 sono stati sotto i 2 minuti: il podio ha visto premiati:

 

1

2I

41

SQUASSINA Filippo

2001

PM

BS521 FREE-ZONE

1:51.48

2

4I

21

GAVASSO Sebastiano

1997

SM

VI626 ATL.VICENTINA

1:51.76

3

5I

6

BIZZOCCHI Wondwosen

1992

SM

BO007 S.E.F. VIRTUS EMILSIDER BO

1:52.59

 

Tra le 19 donne, hanno primeggiato

 

1

2I

99

TESSARO Gloria

1991

SF

VI626 ATL.VICENTINA

2:16.65

2

4I

11

DALLASTA Stefania

1987

SF

FI007 TOSCANA ATL.EMPOLI NISSAN

2:17.38

3

2E

1

AVANZINI Matilde

1997

SF

PR436 CIRCOLO MINERVA ASD

2:18.86

 

Sono poi partite le 6 batterie (2 femminili e 4 maschili) dei 3000 metri, che sostituivano come da programma i 5000 delle prime due serate. Anche qui, buoni tempi per i primi, con netta prevalenza del reggiano Bergianti davanti a due atleti ‘d’importazione’:

 

1

52

BERGIANTI Andrea

1986

SM35

RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS.

8:46.77

             

2

51

BAZHAR Taoufik

1979

SM40

MO459 ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

8:58.01

 

 

 

 

 

EQUIPARATO/A

 

             

3

48

ALI Islam

2000

PM

CO912 MULTISPORT CANTU' 2012

9:02.30

 

 

 

 

 

EGIPT

 

 

Tra le 21 donne ha vinto con altrettanta nettezza Fiorenza Pierli (seconda nel precedente turno sugli 800, e già capofila della classifica master):

 

1

29

PIERLI Fiorenza

1980

SF40

RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS.

9:49.23

2

37

VETTOR Giulia

1994

SF

PR068 C.U.S. PARMA

10:03.51

3

23

FABRIS Marta

1991

SF

VR835 A.S.D. TEAM KM SPORT

10:10.63

 

La prestazione della vincitrice vale 984 punti e le fa portare il vantaggio sulla seconda (Lara Gualtieri, oggi assente) a quasi duecento punti. Va comunque notato che valgono solo le due migliori prestazioni, e dunque basta aver partecipato a due prove su pista per concorrere all’esito finale decretato dalla strada a settembre.

La Pierli è l’unica delle prime cinque donne master ad aver partecipato a tre prove, e dunque a dover scartare un risultato; mentre le sue rivali si sono presentate, tutte, due sole volte. Tra esse era presente questa volta la reggiana Daniela Paterlini, giunta ottava nei 3000, che ha scalato posizioni ritrovandosi ora al terzo posto assoluto.

La classifica del Challenge maschile issa al momento sui primi tre posti tre atleti che avevano saltato la penultima prova e dunque non hanno ‘scarti’: Manuel Dallabrida (M 45, oggi quinto assoluto nei 3000), Marco Moracas (M 60, 23° nei 3000) e Taoufik Bazhar (M 40), come si è detto secondo nei 3000, ma penalizzato quanto a punteggio dall’età relativamente più giovane. Tra il primo e il terzo intercorrono 150 punti, dunque l’esito finale sembra più incerto che tra le donne.

Grande soddisfazione per l’esito delle quattro serate da parte della società organizzatrice, che dopo aver raccolto le masserizie e riconsegnato ‘pulito’ il campo di gara, ha festeggiato con una festosa ‘pizzata’ (a prevalenza vegetariana) in un locale sassolese.

26 luglio - Nei tempi ante-Covid-natum, per S. Anna (appunto oggi) i coordinamenti podistici modenese e reggiano si gemellavano in una gara sulle colline di Castellarano (bè, per i nostalgici duri e puri era esistita anche, in un’altra frazioncina chiamata Sant’Anna, una camminata dell’Unità, sepolta però dalle macerie del Muro).

Poi è successo quello che sappiamo, e dalla fine di febbraio 2020, salvo iniziative isolate di singole società, non ci sono più state le classiche gare non competitive di massa. In provincia di Modena si è ricominciato da poco più di un mese, ma – salvo un paio di casi, come al Club Giardino di Carpi, o in altri luoghi collinari dove però ci si orientava verso il tipo-escursione  – sempre in forma competitiva; cioè niente camminatori o comunque non agonisti, quelli che numericamente costituivano forse l’80% della massa podistica.
I quali invece sono stati invitati a Sassuolo, con la benedizione del Coordinamento modenese e la presenza prestigiosa dello speaker Brighenti richiamato d’urgenza da Livigno, addirittura per una corsa nuova, fortemente voluta dal “Gruppo sportivo Totip” di Pippo Ansaloni (foto 15 del mio albumino messo insieme come al solito dal Mandelli: https://podistinet.zenfolio.com/p459607342 ), storico gestore di una tabaccheria e ricevitoria sportiva a pochi passi dalla partenza.
E’ vero che il “piazzale Porrino” indicato dal volantino è ignoto a tutti i navigatori e Gps, e pochi minuti prima del primo via (la partenza era consentita tra le 19 e le 20) abbiamo incontrato nel centro di Sassuolo l’altra presenza di grido del fotografo Italo Spina (foto 1-2-3, e alla meta nella foto 9) che, in assenza della coniuge, cercava appunto il ritrovo (tempestivamente raggiunto invece dal collega Nerino, che ha già scattato le prime decine del suo mezzo migliaio di foto https://podistinet.zenfolio.com/p262814954 ).

Chiedendo e tirando a indovinare, abbiamo trovato tutti il posto, poco dopo la chiesetta di S. Anna (appunto: foto 4-8 del sottoscritto), al confine della zona pedonale tra i due parchi Ducale e Vistarino, ampiamente usufruiti dal podismo locale.
Vabbè, quanto a fake news circolava anche, su una chat di podisti, la notizia di una imminente grandiosa eclissi lunare, la più estesa mai vista… salvo che era un’eclissi di tre anni fa. Almeno piazzale Porrino esiste, sebbene avrei da ridire sulla mania di rinominare le strade ad ogni cambio di regimetto (che a Sassuolo avviene regolarmente, e ce ne accorgiamo dall’apparizione o scomparsa del nome dialettale Sasôl sui cartelli stradali) o ad ogni suggerimento della moda. Vuoi celebrare uno? Dagli il nome di una strada nuova, e lascia in pace quelli di via Belmeloro che adesso si trovano in via Andreatta, dando un’ulteriore scusa alle poste per non recapitargli la corrispondenza.

A ogni modo, nel nostro luogo iscrizione supereconomica, anzi sottocosto, perché ai rituali due euro della tariffa pre-Covid corrispondono una bottiglia di lambrusco di marca e una bottiglietta di minerale (oltre a un buono sconto del 20% per acquistare altro vino). Si continua la formalità della autodichiarazione e del tracciamento, ma comincia ad aprirsi la possibilità di esibire il green-pass spazzaproblemi, e di fare a meno delle mascherine (gli spazi sono tutti all’aperto, e meno male che la grandinata pomeridiana si è conclusa da tempo, lasciando solo una benefica scia di aria fresca, facciamo 27 gradi): ma la signora Ceci usa la mascherina anche nel primo giro, poi saggiamente la toglie (rinunciando però agli elogi dai suinifici partenopei).
Non ci sono ancora le tende né il deposito borse, ma Brighenti sa provvedere pure al controllo de visu e collaborare alla gestione del traffico, sulla base del tormentone “A m’arcmand, a v'aspet tott!” reso 'virale' (come si dice oggi) da un tardo imitatore del rimpianto Gianni Vaccari (foto 9-11).

Il percorso è misurato, forse con un po’ di generosità, in 3,7 km, che raddoppiati diventerebbero 8,4 (sic) secondo il volantino, diciamo 7,0 secondo il Gps. Qualche dubbio viene nella piazzetta un tempo adibita a ritrovo delle tende, dove qualche freccia resa poco visibile dalle auto parcheggiate può indurre a svoltare troppo presto (foto 19-20, e nella 21 si vede la parte nord del tracciato che minaccia di esser esclusa). Ma l’importante è ritrovare i vecchi amici che avevi perso da un anno e mezzo (a parte i superagonisti alla Paolino Malavasi, che si era preoccupato non vedendomi nei ‘suoi’ ultratrail dell’ultimo mese; però dalle foto di oggi non mi sembra corra a un gran ritmo, a differenza dell’austero e solitario prof ligure di San Donnino che si impegna allo stremo anche nelle corse attorno al condominio e schiaccia il cronometro nel millimetro esatto del traguardo…); riecco la storica coppia sassolese Franca-Evaristo alle iscrizioni (foto 25-26 di Nerino), la premiata ditta cioccolatiera Bandieri da Formigine (mia foto 12), la farmacista Rossana, di Maranello con estensione sportiva fino a Formigine; Nossa Senhora Auxiliadora do Brazil con marito sassolese un passo indietro e un po’ su di peso (foto 282 e 426 di Nerino), Mameli a cui il lockdown ha prodotto un significativo rialzo dei globuli rossi e presto riprenderà a suonare il suo Inno al podismo; la giovane e graziosa podista-stretcher delle foto 16-18, e soprattutto (per quanto mi  riguarda) il Giuseppe Cuoghi della Cavazzona, che ribadisce la compaesanità con Raffaella Carrà (altrocché ‘bolognese’ o igeotamarina: suo cugino Athos Pelloni era il più grande produttore di formaggio della Cavazzona, oltre che driver e possessore di cavalli da corsa, su cui Cuoghi scommetteva arrivando a vincere quasi come il suo stipendio da bancario costretto alle trasferte quotidiane in pullman fino alla sede obbligata di Verona….).

Insomma, anche tagliato il traguardo sotto gli scatti di Nerino e Italo, non si vorrebbe mai venire via: Brighenti conversa amabilmente senza microfono, anche i cioccolatieri di Formigine indugiano a festeggiare, adesso che il buio nasconde gli orrori edilizi di Sassuolo, mentre le luci artificiali illuminano le bellezze che Nerino va a passare in rassegna. Consoliamoci che il gruppo Totip dà appuntamento, tra poco più di un mese sempre da queste parti, per la Sassolissima Night; il resto, dopo un ultimo passaggio dalla contigua pista di Fiorano giovedì prossimo (dove correrà Yohannes Chiappinelli), ce lo diremo allora.

4 luglio – Ripartono le non competitive Fiasp, in quel territorio della Bassa lombarda (unito alla Bassa emiliana, Mirandola e dintorni) che è sempre stato il nocciolo duro del podismo all’antica, fatto più di “bagulament” in allegria che di agonismo cronometrato (c’è spazio per gli uni e per gli altri, a saperlo trovare, come c’è un tempo per vivere e un tempo per morire secondo il Qohelet).

Paradossalmente, il Covid ha trasformato in quasi-regole quelle che apparivano eccezioni a malapena tollerate, come la partenza libera e a gruppetti ridotti se non addirittura individuali: in quest’anno e mezzo in cui personalmente (e alla faccia degli iettatori squalificati) mi sono fatto un sacco di competitive lungo mezzo Stivale, mi è capitato spesso di partire da solo o comunque distanziato dai colleghi. Beninteso, col chip che alla fine dava a ciascuno il suo tempo e la sua classifica.

Prima, molto spesso avevo biasimato (e non me ne pento) l’anarchia delle partenze nelle gare non competitive: pazienza le fiaspate, che hanno nel non-agonismo e nell’apertura a tutti il loro fulcro vittorioso, ma continuava a seccarmi la gente che, convocata per le 9, partiva alle 8,30 onde approfittare dei ristori finali prima che arrivassero i corridori rispettosi degli orari, e come cavallette infilava nelle proprie bluse o sportine della spesa bottiglie e panini e dolcini trovati sui tavoli dell’arrivo.

Ma non era il caso di oggi: qui sulle due sponde del Po vige un podismo fatto anche di camminatori, di anziani che domenicalmente si ritrovano per raccontarsi i loro fatti, dove nessun giudice al traguardo stabilirà che Pinco Palluccio ha vinto la categoria M 75 correndo a 7:30/km e battendo l’unico altro concorrente che avendo una gamba sola ha fatto i 12’ a km.

Qui si arrivava al ritrovo (uno di quei meravigliosi centri del Mondo Piccolo di Guareschi, o se volete un Rio Bo di Palazzeschi: un argine, una chiesina, un prato di fianco, una strada sola che finisce nella scalinata contro l’argine), si pagano 2/2,5 euro per l’iscrizione, si riceve un pettorale con nome-cognome-anno di nascita, ci si incammina quando si vuole, e al traguardo ti danno un chilo di pasta e un po’ d’acqua o di tè da bere (se va bene, c’è anche la lingòrria, mentre è ormai finita nel mito degli estinti la polenta col lardo ad la Tajada).

Quando impari dal calendario l’esistenza di questa Marcia di Scorzarolo, se non sei di queste parti devi per forza consultare Google Maps e altre fonti, da cui apprendi che:

Nella frazione o località di Scorzarolo, in 39 case risiedono centodiciannove abitanti, dei quali cinquantotto sono maschi e i restanti sessantuno femmine.

Vi sono cinquanta individui celibi o nubili (ventisei celibi e ventiquattro nubili) quarantasette individui coniugati o separati di fatto, e sei individui separati legalmente, oltre a due divorziati e quattordici vedovi.

A Scorzarolo risiedono quindici cittadini stranieri o apolidi, sette dei quali sono maschi e otto sono femmine. Sul totale di quindici stranieri 6 provengono dall'Africa e 9 dall'Asia.

Non c’è banca né farmacia né albergo (un meraviglioso ristorante “Terrazze sul Po” lo vedremo però in gara). Bè, cinquanta celibi su 119 è una bella cifra per i cacciatori/cacciatrici di sistemazione e magari di cittadinanza... Basta sopportare in un anno otto mesi di nebbia e quattro di zanzare, e si vive benissimo. Anzi, lo raccomanderei. In questi posti il tempo scorre più lentamente: se giri con l’auto, devi mettere nel conto che ogni tanto devi fermarti perché due che si sono incrociati davanti a te si fermano a chiacchierare sulla raccolta dei pomodori o sugli storioni del Po o su dove avranno sepolto Saman (io punterei su queste parti, non su quelle dove la cercano: a scavare la sabbia o il fango del Po basta una paletta da bambini..).

Poi si cerca di capire il perché del nome della gara, scoprendo che "i Bagulun da Scursarol" sono una associazione di volontariato addetta alla cura e gestione del verde pubblico, organizzazione di feste, sagre e mercatini, tra cui la processione del venerdì santo, la sagra del Paese, la Cena sotto le stelle; e naturalmente questa corsa.

Mah, con tanti bagoloni che imperversano a pagamento in tv per spiegare che la vaccinazione eterologa va male, anzi va bene, anzi va così così, mi sembra che questi almeno qualche cosa concreta sappiano farla.

Parcheggio più che sufficiente di fianco alla partenza; percorso segnatissimo (magari – oso dire – misurato un po’ con l’elastico, dato che i 12 km dichiarati saranno grosso modo 10), in parte sull’argine del Grande Fiume, in parte nella campagna fertilissima dove i malghetti sono un bosco che fa ombra, e i canali garantiscono acqua perenne per le colture (zucche come da queste parti non nascono in nessun altro posto).

Dopo meno di mezzo km una rampa porta sull’argine, verso la confluenza dell’Oglio e il mitico ponte di chiatte di Cesole. Tante altre chiatte sono arenate e servono da casette private, o chissà, da ristorantini con attorno una balera come usava nei tempi del miracolo economico, a da pied-à-terre per cena romantica con una delle nubili di cui sopra: confesso che oggi, ogni tanto devio dal percorso per visitare posticini affascinanti, tanto non devo battere nessuno, e anzi è bello quando raggiungi qualcuno fermarsi a scambiare le impressioni.

Purtroppo fra le prime notizie che ricevo c’è quella della scomparsa del grande Franco Pederzoli da San Martino in Rio: 76 anni, se ne è andato in fretta lunedì scorso. Podista navigato, più volte finisher del Passatore, organizzatore di camminate nella sua zona (citerò solo l’ultima, la Tre Sere di Correggio), fino all’estremo si era impegnato nel sociale: mi dicono che nell’ultimo anno, in tempo di pandemia, passava tutti i giorni a controllare che nella mensa scolastica tutto fosse a posto e in sicurezza, e se qualcosa era rotto, lo sistemava lui. Di Uomini come Franco ce ne sono sempre meno (lo dico anche dopo aver raccolto alcune confidenze che mi faceva): santo subito, aggiungo.

E continuiamo, come ci avrebbe detto di fare anche lui: un primo ristoro si apre a fianco di una meravigliosa villa nel verde adibita ad agriturismo, un secondo è sull’argine di un canale dal nome dialettale. Il fotomontaggio di Mandelli vi dà un’idea del fascino impensato di questi luoghi.

In tutti i ristori ci si ferma a scambiare qualche bagolada: con Sara, signora bionda di classe, che a Novi gestisce con Claudia il negozio di una azienda vinicola con sede centrale al Cavezzo, e garantisce la bontà del suo lambrusco; con Uber da Viadana, compagno di tanti ultratrail (rievochiamo la notte passata nel seminario di Bobbio, con Mario, alla vigilia della Abbotts Way). E mi permetto una deviazione anche verso una casetta di campagna, dove quattro micini nati da poco cercano affetto.

Si sale di nuovo sull’argine, ed ecco riapparire Scorzarolo, come apparve a Guareschi il paesello che poi divenne l’immagine-tipo del borgo di Peppone e don Camillo. Ma no, non deve finire così presto: tiro dritto lungo l’argine, arrivo fin dove quattro-cinque persone stanno facendo il bagno in Po (come lo facevo io nell’estate del 74 quando non avevo i soldi per le spiagge ufficiali): poi ridiscendo con calma verso le 39 case e le 24 nubili di Scorzarolo.

C’è un po’ di afa e, come prevedibile, i vestiti sono mogli di sudore: ma a cinquanta metri dal traguardo c’è una meravigliosa fontanella pubblica (di quelle che dovrebbero rendere obbligatorie in ogni paese e città), e complice il poco affollamento riesco a ripulirmi alla perfezione. Così da essere pronto per ripercorrere il ponte di Cesole, mai così in pendenza (un tipo in Panda si blocca sulla salita beccandosi le maledizioni di chi deve passare); e puntare poi su Sabbioneta, una delle cittadine più belle d’Italia (parola d’onore), organizzatissima nella tutela e visita dei suoi monumenti. E dove un pranzo per due, in una centralissima bottega-ristorante, compreso dolce, vino (un lambrusco mantovano che sa ancora d’uva), acqua Lauretana (alle cui fonti avevo appena corso, in quel di Biella), e caffè costa 27 euro. Si spende di più mangiando a casa.

Altro che cashback annullato due giorni prima dell’avvio, con tipica decisione da Repubblica di Bananas. Oggi posso dire di essermi ripagato, e non solo nel portafoglio, i 190 km di viaggio fatti per venire alle 39 case di Scorzarolo e alle stupende geometrie di Sabbioneta.

 

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