Fuorilegge come sul Mekong?
19 marzo - Sembra di essere in un film. Di genere molteplice: drammatico, surreale, horror. La Campania, l’Emilia Romagna, alcune zone della Sicilia hanno già vietato espressamente passeggiate e corse all’aria aperta. In realtà da stasera (19 marzo) la sensazione è che ci sia stato un forte giro di vite da parte delle autorità. Il ministro per le Politiche sociali e lo sport, Vincenzo Spadafora ha provato fin dalla sera del 18 a preparare il popolo degli sportivi prima della stangata finale, il divieto assoluto: “Credo che nelle prossime ore bisognerà prendere in considerazione la possibilità di un divieto completo anche all’attività all’aperto”. Minaccia analoga era venuta il giorno prima dall’assessore ff alla Sanità dell’Emilia Romagna.
Mi domando quale regista avrebbe potuto dirigere un film di questa portata, e soprattutto chi lo avrebbe mai finanziato. Fra qualche anno, quando usciranno nelle sale cinematografiche film (che saranno certamente realizzati) su questo soggetto: “il mondo ai tempi del coronavirus”, appariranno anche i podisti impauriti, imbavagliati, menomati… perseguitati.
E dire che in altre circostanze passate, una delle immagini più usate per sottolineare la ripresa della normalità dopo un cataclisma, un terremoto, una guerra, è stata proprio quella dei podisti di nuovo all’aria aperta. Un’immagine dinamica che sottolinea serenità, voglia di vivere e in qualche modo sguardo positivo al futuro.
Veniamo privati del gesto più naturale che esista. Un’azione, la corsa, imparata in maniera spontanea da piccoli, perfezionata e affinata in età adulta per farla diventare un beneficio totale, una cura del corpo e dell’anima. Gli allenatori, i preparatori atletici, in questi giorni sono prodighi di consigli su come fare esercizi tra le mura domestiche per non perdere la forma e la forza. Alcuni consigliano tapis roulant, ellittica o spin bike. Ma correre all’aperto è altro.
Ricordo quando ho corso sulle sponde del Mekong, il fiume che per centinaia di chilometri segna il confine tra la Tailandia e il Laos. Un corso d’acqua con il profumo della morte addosso, come quello che respiriamo in questi giorni. Tanti sono stati ‘eliminati’ proprio nel gesto dell’attraversamento, di corsa e a nuoto, che li avrebbe portati verso uno stato più democratico e tollerante. Calpestando i fondi di sabbia compatta per qualche chilometro mi sembrava di intravedere volti, di intercettare speranze, di udire colpi… fuorilegge, ma con un sogno nel cuore, inseguiti e ammazzati.
Noi sogniamo in questi giorni una qualche normalità. Ci insegue un virus piccolo e potente, sembra anche a noi di essere minacciati, di avere gli occhi addosso, di non avere scampo. Corriamo in casa o in giardino, cerchiamo un chilometro (ma anche 500metri) da ripetere su e giù continuamente, va bene anche una rampa di scale... Continueremo a sbuffare e sognare.
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