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Ott 24, 2020 Claudio Romiti 62882volte

Se va avanti così, mettiamoci l’anima in pace

Se va avanti così, mettiamoci l’anima in pace Roberto Mandelli

Dal momento che i numeri della pandemia in Italia (a mio avviso, relativamente rassicuranti per gran parte della  popolazione), ognuno li legge e interpreta a modo suo, credo che per ciò che concerne il nostro agognato ritorno alla normalità sportiva dobbiamo metterci il cuore in pace.

Andando avanti di questo passo anche il 2021, al di là delle effettive misure di chiusura eventualmente adottande nel futuro prossimo, trascorrerà nella quasi assenza di competizioni.  D’altro canto, come ci ricorda Giorgio Palù, già Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università di Padova, e considerato da molti esperti il più autorevole virologo italiano, “il 95% delle persone trovate positive al tampone non hanno sintomi e quindi non si possono definire malate.”  Inoltre lo stesso specialista, per 7 anni presidente dei virologi europei, si è detto assolutamente contrario ad un secondo lockdown perché “sarebbe un suicidio per la nostra economia; come scienziato perché penalizzerebbe l'educazione dei giovani, che sono il nostro futuro, e come medico perché vorrebbe dire che malati, affetti da altre patologie, specialmente tumori, non avrebbero accesso alle cure".

  “Tutto questo –ha concluso- a fronte di una malattia, la Covid-19, che tutto sommato ha una bassa letalità (attualmente dell’0,3% con tendenza a scendere man mano che cresce il numero dei positivi rilevati). Cioè non è così mortale. Dobbiamo porre un freno a questa isteria.”

  La medesima “isteria” (Palù dixit) che, con tutta probabilità, sta di fatto imponendo una sorta di auto-chiusura nel nostro piccolo mondo antico, fatto di gare e garette amatoriali diffuse in tutto il territorio nazionale. Lo testimonia la sfilza di annullamenti, i quali nella mia Umbria, nonostante la ancora scarsa diffusione del virus, hanno praticamente azzerato per i mesi a venire il calendario. Ma già nei mesi estivi, quando i numeri dell’epidemia erano ridotti ai minimi termini, la scarsa affluenza nelle poche competizioni in programma rappresentava la misura del clima di terrore che persino tra i podisti, che per stile di vita dovrebbero avere un sistema immunitario più efficiente della media, sembra aver fatto strage .

  A questo punto, nell’approssimarsi di uno dei più bui inverni della storia non solo sportiva di questo Paese, credo che sia ragionevole canalizzare le nostre energie fisiche e mentali sul mantenimento di una pratica che, se fatta con equilibrio, costituisce un importante presidio di salute, così come ci ricorda spesso l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

  In questo senso dovremmo eventualmente far sentire forte e chiara la nostra voce nel caso ci venisse impedito, come accaduto nella scorsa primavera, di correre all’aperto in solitaria.

Estratto dall’ultima intervista rilasciata da Giorgio Palù al “Corriere della sera”, 20 ottobre

https://www.corriere.it/cronache/20_ottobre_23/coronavirus-virologo-giorgio-palu-il-95percento-positivi-asintomatico-chiudere-tutto-no-basta-l-isteria-40778a62-156d-11eb-b371-ea3047c1855f.shtml

 «Parliamo di “casi”, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state “contagiate”, cioè sono venute a contatto con il virus, ma non è detto che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi».

Altri motivi per cui certe persone «positive» non sono «contagiose»?

«Perché potrebbero avere una carica virale bassa, perché potrebbero essere portatrici di un ceppo di virus meno virulento oppure perché presentano solo frammenti genetici del virus, rilevabili con il test, ma incapaci di infettare altre persone».


Allora, riassumendo: so che certe persone sono positive al tampone, so che sono asintomatiche, quindi non malate, so, però, che in una certa percentuale di casi (non è possibile stabilire quanto grande) possono contagiare altri. E, quindi, come comportarsi, visto che a Milano, per esempio, si è dichiarato il fallimento della possibilità di tracciare i contatti?

«Ci si dovrebbe attivare nel caso si individuino dei “cluster” (traduzione: raggruppamenti, ndr): quando, cioè, il positivo è venuto a stretto contatto con altre persone in un ambiente di lavoro, a scuola o in famiglia. Allora si dovrebbero fare i tamponi a tutti».

Quindi, conoscere i dati giornalieri, come da bollettini, sui contagi/casi/positivi non è, in definitiva, utile?

«Quello che veramente conta è sapere quante persone arrivano in terapia intensiva: è questo numero che dà la reale dimensione della gravità della situazione. In ogni caso questo virus ha una letalità relativamente bassa, può uccidere, ma non è la peste».

 

NdD. Per l'esattezza, come è stato precisato nei giorni successivi con rinvio al bollettino dell’Istituto superiore di Sanità, gli asintomatici assoluti sono il 55%; ad essi si aggiungono i paucisintomatici  (17%), e i lievi (24%). Resta  il 4%  di severi/critici.

 
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