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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

18 aprile – La dottoressa Clizia De Santis, laureata a Ferrara nel 2007 e specializzata a Bologna nel 2011, non si sorprenda se prendiamo a prestito il titolo della sua tesi per raccontare la decima edizione della maratona di Crevalcore andata finalmente in onda per la Pasquetta dell’anno di crescente grazia 2022.

Il fatto è che, cercando online info sulla maratona, piuttosto che resoconti dalle fonti ufficiali si trovano notizie di questo romanzo pubblicato dalla scrittrice Neera (Anna Maria Radius Zuccari) nel 1907: “una strana storia, che a riassumersi risulta gratuita, un montaggio di motivi e di tempi già uditi, un impasto romanzesco messo insieme a effetto, insomma una ben poco leggibile cosa. Eppure, entrandovi, la voglia che hanno i bambini quando si racconta loro una favola, sapere come va a finire, nasce anche nel lettore smaliziato" (così ha scritto Gina Lagorio ripresentando l’opera): insomma, piacerebbe sapere anche a noi come è andata a finire questa corsa, dopo l’annullamento del 2021 sia nella data tradizionale del 6 gennaio sia nel recupero sperato a maggio, e che pure nel 2022 ha avuto un esito alquanto travagliato.

Annullata a poche settimane dalla data ufficiale (così ne aveva scritto Stefano Morselli):

Atteniamoci ai fatti, e diciamolo noi che siamo spettatori informati, al posto degli organizzatori che sono costretti a subire la decisione altrui: il primo cittadino, chiedendo di spostare la gara, HA INCISO NEGATIVAMENTE sullo svolgimento della manifestazione.

Si tratta di una richiesta che non è supportata da nessun decreto legge già in vigore perché, lo ricordiamo in questo articolo, il D.L. del 24/12 non coinvolge le manifestazioni sportive.

Quindi, ancora una volta, così come successe per la Stramagenta 2021, gli amministratori impongono le loro paure, mentre organizzatori e atleti le subiscono.

Per Crevalcore non ci si può neppure appellare alla Fidal (la gara non è federale), ci si potrebbe appellare al CONI attraverso l'EPS che promuove l'evento, ma la strada sarebbe lunga ed un braccio di ferro con il comune sarebbe probabilmente sproporzionato, ma parliamone almeno.

Sarebbe tuttavia doveroso, da parte del Sindaco, elencare le motivazioni logiche di tale decisione, spiegare ad esempio cosa c'entra la scuola (cui noi tutti, ovviamente, teniamo) con poche centinaia di anzianotti che corrono per le campagne la mattina della Befana, quando gli scolari sono ancora a letto; o se la scuola non subirà danni dall'apertura di tutti i 16 comprensori sciistici della regione, compreso quello della provincia di Bologna. Andare insomma al di là dei generici rilievi quotidiani su curve di contagi, indice Rt, affermazioni dei virologi nei talk show, ecc., cose che tuttavia al momento non spostano l'Emilia dalla "zona bianca" in cui è collocata. Nel frattempo (notizia delle ore 17,20) a 22 km di distanza da Crevalcore, precisamente a Calderara, il 31 dicembre si correrà l'annunciata 7 km di San Silvestro.

e rimandata al lunedì di Pasqua, in questo 18 aprile si è finalmente svolta: peccato però che dal comitato organizzatore, così prodigo di comunicati fino al sabato di vigilia, non sia ancora giunta nessuna notizia, a degnamente celebrare la città del silenzio; e restino muti tanto il sito ufficiale della gara quanto il media-partner privilegiato, che si era assicurato l’esclusiva delle fotografie immaginando chissà quali esiti lucrativi.

Unica fonte d’informazione restano le classifiche sul sito di Endu responsabile del cronometraggio, e le relazioni di qualche amico che c’è stato. Peccato che alla infodemia preventiva non abbia corrisposto l’informazione quando ce n’era più bisogno; ma forse è meglio così, perché i numeri delle classifiche sono dei fatti, non dei romanzi mitologici, delle torte indorate o cosparse di alchermes onde rifilare un pacco vendendo qualche ‘pacchetto’.

Dunque, le spietate cifre: la maratona 2022 ha classificato 103 corridori (7 dei quali benevolmente accolti oltre il tempo massimo); il numero chiuso prefissato era a 400, nel 2020 avevano finito in 239 (qui il nostro racconto: http://podisti.net/index.php/cronache/item/5554-crevalcore-bo-9-maratona-di-crevalcore-e-5-maratonina-della-befana.html );

nel 2019 gli eroi erano stati 301: allora, la gara era stata definita ufficialmente “ottava e ultima”, http://podisti.net/index.php/cronache/item/3162-crevalcore-bo-8-e-ultima-maratona-di-crevalcore.html, poi dagli stessi attori è venuto il contrordine, e viva tutti.

Però la maratonina odierna (col numero chiuso speranzosamente fermato a 700) vede al traguardo 200 partecipanti, contro i 545 di due anni fa (nel 2019, quando si correvano ancora i 10 km, gli arrivati erano stati 450).

Sui due giri della 42 km ha vinto senza problemi Stefano Rizzotti (Km sport) in 2:30:27; secondo, a un quarto d’ora, lo straordinario Massimo Sargenti, M 50 dei Modena Runners, che ha preceduto tre M 45. Una over 45 è pure la vincitrice donna, Lorena Brusamento  della Gabbi (3.13:45), che ha preceduto di 7 minuti la toscana over 50 Isabella Manetti, e di mezz’ora abbondante un’altra F 45, Elena Malaffo.

La partecipazione alquanto limitata ha dato soddisfazione a molti premiati delle categorie, tra cui salutiamo i due modenesi ‘ariosi’ Libero Zerbinati e Aligi Vandelli, che si sono contesi il titolo M 75 arriso al primo con 5.56.

Mentre Simonetta Monari, ravarinese laureata in Lettere sul Muratori, ha vinto tra le F 45 in 4.35, precedendo Ilaria Pozzi, carica di trofei incamerati per la gloria del suo patron Gregorio Zucchinali. Tra loro due è giunto il nostro Paolino Malavasi, primo M 70 come già lo era stato a Russi, che non aveva programmato questa corsa ma alla fine, attratto dalle tariffe di iscrizione da black friday, ci si era iscritto, ovviamente insieme al figlio Maurito, risultato secondo degli M 35 dietro un irraggiungibile Fabio Corradin.

Ma gli occhi di molti erano puntati su Luisa Betti, prima F 35 in 4.09, scortata respiro dopo respiro, ansimo dopo ansimo, da Luca Zerbinati figlio di Libero e già grande capo indiano. Insomma, il numero dei partecipanti è stato rimpinguato da qualche supermaratoneta, ma molti meno del previsto dato che la gara ufficiale di oggi, per loro, era la 6 ore di Torino, dotata di tutti i crismi federali; e, se i supermaratoneti conoscono l’arte di fare una 42 al mattino e una al pomeriggio, non hanno ancora imparato la bilocazione contemporanea; e i restanti podisti, nella stessa Pasquetta potevano scegliere, in un raggio di poche decine di km, tra le mezze di Novellara e di Alfonsine.

Come predicava Marescalchi, spostarsi di data sembra essere una furbata, ma non sempre si trova un coperchio alla pentola lasciata troppo tempo sul fuoco.

La mezza maratona ha risultati tecnici più interessanti, col successo di Angino Asado Adimasu (22enne tesserato Emilsider, che una settimana fa aveva registrato un 33:26 ai 10mila di Correggio) in 1.11:56, un minuto davanti al titolato trentino Alessandro Degasperi, e poco di più su due valorosi dilettanti delle nostre contrade, il mirandolese M 45 Roberto Bianchi dei Pico Runners, e Filippo Capitani dei Modena Runners: società che si sono aggiudicate rispettivamente pure il primato negli M 40 con Ciro Mascherini e negli M 55 con Giovanni Tilocca. Ma non si può ignorare il 200° posto di Daniele Vassalli del Quadrilatero di Ferrara, che due giorni prima aveva lasciato vincere a Bondeno Giuseppe Cuoghi, ma qui ha orgogliosamente indossato la maglia nera con 3.25:13.

Tra le donne, commovente il ritorno di Cecilia Tirelli, Fratellanza Modena (ma non alla patetica Corrida dello stesso giorno), che io vidi esordire bambina, con papà Giuliano e mamma Mara, e ora da F 40 vince in 1.30:50, un minuto scarso prima di Federica Gismondi, e poi su Nicoletta Venturelli.

Tra le F 60 ha fatto la sua figura Cecilia Gandolfi, che aveva pure al seguito il marito Italo Spina: grande fotografo di podismo, ma qui impedito dall’esercitare la sua passione dal “verboten, alles verkauft” per la cessione dell’esclusiva dei diritti fotografici alla Premiata Agenzia. Che si era offesa quando avevamo definito “di serie C” questa gara; adesso, con 303 arrivati complessivi, ne avrà di pacchetti da vendere… noi ci accontentiamo del collage simbolico di Roberto Mandelli tratto da foto d’epoca ‘esenti da diritti’.

16 aprile – In un’epoca nella quale sono più le gare morte di quelle sopravvissute, e molte di quelle che rinascono lo fanno nello stile di gioioso ritrovo a partenza libera, una delle società giovani del territorio modenese, i Modena Runners fondati nel 2015, esporta il suo modo di vedere la corsa in un lembo estremo della Padania, “in c*  al mondo” come ci ha confessato un partecipante riuscito ad arrivarci a forza di gps/google maps: eppure un “mondo piccolo” che vale la pena di scoprire.

La ragione iniziale è il gemellaggio tra le due fabbriche Generalkoll (collanti e mastici ad uso soprattutto edilizio), collocate una a Modena capoluogo e l’altra in questa frazione (Ponti Spagna) di una frazione (Zerbinate) di Bondeno, dove il Po e gli immensi canali della bonifica Burana separano tre regioni (Emilia, Lombardia, Veneto); dove ti aspetteresti soprattutto fumana e zanzare, e invece trovi un paesaggio affascinante tra acque pescose, argini e percorsi ciclabili, scoperto dai tedeschi che infatti affollano un agriturismo dal nome di “Lucciole nella nebbia”, meta pure di un raduno motociclistico che riempie i prati e sparge nell’aria il profumo delle grigliate.

Qui (a 22 km da Ferrara, 44 da Bologna, 62 da Modena) si è svolta, il Sabato santo, questa gara che ha attirato alcune decine di giovanissimi per le gare preliminari in un rettifilo del quartiere industriale, e 140 iscritti competitivi (di cui 32 donne) alla gara-clou delle 16, di 9.3 km un terzo dei quali su sterrato, in un anello su e giù per gli argini, con vista sul Grande Fiume e passaggio dalla storica Rocca Possente ed la Stlà (italianamente Stellata, cl’an gh’entra gnint cun i stracch mort stlaa ma è dalla forma a stella del maniero estense).

Ad aggiungere un pizzico di eroismo alla vicenda ha provveduto il clima, che in un revival fantozziano ha collocato un nuvolone esattamente sull’area di gara e, allo sparo del via, ha cominciato a scaricare acqua e un po’ di quella che qui chiamano timpesta, salvo smettere esattamente quando Giuseppe Cuoghi (qui in vantaggio sullo storico rivale Daniele Vassalli presidente della Quadrilatero di Ferrara) è disceso dall’argine per imboccare lo stradone dell’arrivo.

A quel momento erano già arrivati i vincitori, che la bici e l’obiettivo di Teida Seghedoni hanno ripreso lungo l’anello, anche in un raro tratto dove – alla faccia di Fantozzi – non pioveva: il 29enne modenese Riccardo Tamassia, che con 29:40 ha avuto la meglio per soli 11 secondi sul veronese Daniel Turco; e la reggiana Fiorenza Pierli, 42enne indiscussa primattrice del podismo emiliano, che con 34:54 ha distanziato la rivale abituale Rosa Alfieri, altra reggiana sebbene tesserata Minerva Parma, di 44 secondi.

Ma c’è stata gloria per tanti altri, con premi fino al cinquantesimo classificato (la mamma del 51° ha chiesto perché non premiavano anche lui), mentre i concorrenti continuavano a tagliare l’arco gonfiabile di Lupo Sport, inventariati con diligenza dal plenipotenziario Uisp/Fidal Vincenzo Mandile, e tosto invitati a salire sul podio dove li incoronavano l’assessora allo sport di Bondeno e Silvia, direttrice dello stabilimento di Zerbinate.

La classifica per società, calcolata non solo sul numero dei partecipanti ma anche sui piazzamenti, incorona un’altra associazione titolare di una gloriosa gara popolare e agonistica, i mantovani di Malavicina, che hanno brandito il lambrusco vinto come se fosse un Barolo vinificato dal conte Cavour, nettamente superando la Salcus rovigotta di Occhiobello, i Modena Runners e i Corriferrara. Ma vorrei segnalare la Podistica Finale Emilia di Ottavio e Antonella (nel ricordo dello scomparso Giuliano, al sgnor Guldoon protagonista di tante maratone; una la dovette saltare perché al gh’iva da dar l’aqua ai perseg), una società non prettamente agonistica ma che non ha paura di acquistare i pettorali competitivi anche se sa che la spesa non le ritornerà sotto forma di premi in natura (tre degli ultimi quattro classificati indossavano la sua maglia gialla): come ha sintetizzato lo Spin Doctor della società organizzatrice, “grazie a chi ha vinto e a chi è arrivato un’ora dopo i primi: alla fine vince solo chi sta bene”.

Un tramonto rosseggiante, “al pio colono augurio di un più sereno dì”, ha scaldato i reduci dalla gara e asciugato le loro scarpette umide; poi, la luna piena di Pasqua ha illuminato i campi e salutato il ritorno a casa da quest’angolo di mondo oggi giustamente valorizzato. E' Pasqua ogni volta che canti in macchina e che ti piaci ancora; è Pasqua quando pensavi di non farcela e invece vivi, malgrado tutto.

 

CLASSIFICA MASCHILE

1 501 29:40 TAMASSIA Riccardo M 1993 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2 560 29:51 TURCO Daniel M 1998 FONDAZIONE M. BENTEGODI

3 559 31:04 GARAVASO Edoardo M 2002 FONDAZIONE M. BENTEGODI

4 502 31:20 GINOSA Arturo M 1986 LOLLIAUTO ASD

5 509 31:44 ANTONIOLLI Federico M 1985 A .S.D. ATLETICA BONDENO

 

CLASSIFICA FEMMINILE

 

1 505 34:54 PIERLI Fiorenza F 1980 POL. SCANDIANESE

2 506 35:38 ALFIERI Rosa F 1970 CIRCOLO MINERVA ASD

3 540 36:04 ARDIZZONI Silvia F 1984 ATLETICA CORRIFERRARA

4 538 40:19 BELLI Lorena F 1980 ATL. REGGIO ASD

5 614 41:22 DEL CARLO Sonia F 1974 PODISTICA FORMIGINESE ASD

Giovedì, 14 Aprile 2022 10:09

Auguri a Roberto Mandelli

14 aprile - Per chi non avesse la ricorrenza segnata nell’agenda, o in quei diabolici congegni informatici che alle 0,01 fanno partire gli auguri in automatico, segnaliamo che oggi Roberto Mandelli, fotografo-principe nostro e di tutti quanti settimanalmente lo vedono sui campi di gara o ne apprezzano gli scatti, compie ** anni.

Per orientare la ricerca numerica, diciamo che lo stesso compleanno è festeggiato oggi da Chris Mortimer, ex pilota di moto (Ducati, Yamaha) sette volte vincitore all’isola di Man, o da Anita Bartolucci, attrice di teatro e cinema interprete, fra l’altro, di Vieni avanti cretino sotto Luciano Salce e di Perdiamoci di vista sotto Carlo Verdone. Mentre qualche candelina in più la spengono oggi l’ex calciatore Aldo Agroppi, bandiera del Torino, che un paio di volte diede dispiaceri al tifo bianconero di Roberto, segnando gol decisivi alla Juventus; o il mitico chitarrista dei Deep Purple, Ritchie Blackmore. Un paio d’anni in meno di Roberto li ha Adelio Moro, ex calciatore di Atalanta, Inter, Milan e non solo.

Ma a noi oggi interessa solo Roberto, che onoriamo con una sua foto storica nella Berlino del muro: immagine che non sarà bella e rifinita come quelle che fa lui… ma capite che l’obbligo della sorpresa non poteva comprendere la richiesta di un altro dei suoi lavori di cesello… Se poi va a vedere l'attach, è la volta che ci "toglie l'amicizia"!

 

 

Fossoli (Carpi, MO) 10 aprile – A Modena città si arranca (è annunciata per Pasquetta un’edizione della Corrida che fa ridere i polli e piangere i podisti con mezzo secolo di attività come il sottoscritto), invece Carpi e la Bassa riprendono il loro antico ruolo di traino del podismo amatoriale, in un desiderio di continuità dimostrato anche dal sacchetto del ristoro-pacco gara finale, che recupera l’antico centenario della maratona di Dorando Pietri.

Niente di che, beninteso: la quarantesima edizione del “Giro delle Risaie” è una non competitiva, in cui la presenza di molti supermaratoneti che girano l’Europa (dall’Assunta alla famiglia Paolino-Maurito, dalla Cecilia ai podisti del Pico, tra cui Claudio Morselli e il vincitore platonico della gara sui 13 km, che rimane Milite Ignoto da quando non c’è più Rispoli sul traguardo a prendere giù i nomi per la Gazzetta) dimostra solo che questa domenica era considerata giorno di ‘scarico’ prima dei cimenti da affrontare entro il mese; e che una tantum si può fare a meno del cronometro godendosi un tuffo nelle corse dai frutti dimenticati, in una giornata limpida e fredda (speriamo di non essere smentiti sulle temperature dall’Atletica Reggio…), dove la vista spaziava dalle Prealpi veronesi a Cusna e Cimone innevati, e da calpestare avevamo strade piene di storia (anche luttuosa, come la Remesina del campo di concentramento, poi riscattato in direzione della Vita da don Zeno e infine dai profughi giuliani), di lavoro (le risaie che come sottoprodotto davano rane e pescegatto, i campi di frumento quando era più conveniente produrlo che importarlo) e assolutamente vuote di traffico, grazie a una chiusura ermetica e una sorveglianza puntuale (mi sono vergognato trovando una rotonda intera chiusa da un volontario e una graziosa vigilessa solo perché a 20 metri stavo arrivando io ai 6/km).

Su tutto vigila l’Ilva Guidetti (pronunciare Guidètti alla carpsana), patrona di qualunque scarpetta si muova in un raggio di 10 km, da San Martino Secchia a Rovereto, dalla corsa di don Camillo cun i macaròun a quella di Peppone per il giornale che non esiste più: lei c’è sempre, e grazie al suo potere diplomatico riesce ad avere al suo servizio i vigili carpigiani (compreso Ermanno Pavesi, decano dei vigili: e dove sarà finita l’ex campionessa Bellelli Manuela?), le fondazioni bancarie che estinguono le loro pubblicazioni storiche, le figurine e statuette della Panini, un nugolo di sbandieratori e ristoratori a cominciare da Azio&Lella, e il meglio della fotografia modenese e reggiana: ad esclusione di una premiata fotografa sassolese, che sa il greco ma negli scatti non è platonica né tantomeno evangelica (“Date e vi sarà dato; vi sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi”). Nel mio mezzo secolo di podismo, ne ho viste di ditte fotopodistiche a cui è stato rimisurato il tariffario… e come diceva la Gialappas band, quando ci sono Teida, Nerino e Italo, se mancano altri, dove dobbiamo scrivere col pennarello “chissenefrega”?

Mi sono meravigliato che all’orario ultimo di partenza (ore 9; in teoria si poteva già dalle 8,30) sulla linea del via aspettassero con pazienza almeno 3/400 persone: di solito, appena spillato il pettorale (talvolta anche senza spillarlo, anzi senza comprarlo per l’esosa cifra di 2 euro), si avviavano alla chetichella, in due o tre, per ripresentarsi al ristoro finale magari prima della partenza ufficiale. Ce ne saranno stati anche oggi, ma la maggioranza era lì, forse a recuperare le tante chiacchiere perdute in questo biennio di terrore reale e di terrorismo gonfiato: una cui traccia residua vedo negli sbandieratori che, in aperta campagna, presidiano solitari gli incroci indossando la mascherina…
Certamente sarà un ordine dell’Ilva, come la Rai ordinava fino a poco fa ai suoi cronisti di esibire la mascherina anche se trasmettevano da Piazza Grande deserta… e vedremo quando le pseudoregole vigenti o evanescenti permetteranno di avere ai ristori il tè caldo, che farebbe ancora comodo con questo clima pre-primaverile. Oggi intanto è spuntata qualche tenda sociale: qualcuno dice che è vietata (da quale ordinanza “contingibile ed urgente”?), ma se l’ha messa su anche la squadra delle Forze dell’ordine, vuol dire che si può.

Percorsi ufficiali di 9 e 13 km (bè, facciamo 11,8), essendo saltato per ragioni viabili  il giro classico di 17 km che sconfinava fino alla torre di Gruppo; passaggio iniziale dal campo di concentramento, all’incrocio con una erigenda via di Nomadelfia in degno ricordo della storia carpigiana (storia cui appartiene anche l’attigua casa Verrini, ormai diroccata, ma da cui sono partiti i mugnai più famosi della Padania, incrociatisi poi coi Papotti, che i mulini li costruivano).

Poi si gira a destra per uno stradone bianco, che porta in prossimità di San Marino con la prospettiva della cantina vinicola da cui partì una tappa delle mitiche “Tre sere”, quando a Ivano Barbolini nessuno diceva no. A San Marino, tra le ville di Nereo Lugli e del Podestà Zuccolini, si svolta a destra (sotto la sorveglianza di Danilo Gamba ed Legn) verso Fossoli, che i podisti dei 9 km raggiungeranno direttamente, mentre quelli del lungo saranno istradati sul canale di Cibeno, dove borghesi raccolgono l’erba per i conigli o le pote per sé stessi, mentre Teida ci riprende quando incrociamo Helga e Claudio (Neujahrslauf e UTMB 2007) in sgambata libera.

Si fiancheggia il Club Giardino che seppe organizzare una gara, addirittura para-competitiva, in tempi di semilockdown; e quando si è in prossimità della storica sede da dove partivano le primissime edizioni della maratona di Carpi, si piega di nuovo a destra per raggiungere la Remesina e ricongiungersi col percorso dei 9 e della nostra partenza di un’ora prima.

Ristoro e paccogara nel sacchetto-cimelio che si diceva; a richiesta e senza sovrapprezzo, una scatola di figurine e giochini per i più piccoli, e per le società libri di storia carpigiana: mi tocca una suggestiva storia del cappello di paglia, ovvero del “truciolo”, i tronchi di salice o di pioppo intrecciati, per i quali Carpi fu grande fino all’ultima guerra. Poi, il cambio delle mode e la crisi: se ci fossero stati i governi e i sindacati di oggi, sicuramente avrebbero finanziato a fondo perduto la costruzione di “pagliette” che nessuno comprava più, o avrebbero pagato ditte estere per rilevare le aziende decotte, scoprendo poi in breve che le aziende comunque chiudevano. Invece non si fece niente del genere, e i carpigiani genialmente si convertirono alla maglieria e alla moda, creando il benessere tuttora palpabile da queste parti.

Un cui sottoprodotto, alla faccia delle crisi, dei ministri menagramo che non si fanno la barba, dei Dpcm cassati da tutti i tribunali, delle multe da 100 euro per mancata vaccinazione a una signora morta nel 1999 (dal Corriere di oggi), si è fatto realtà questa domenica a Fossoli, nell’allegria serena di una mattinata distesa e distensiva che, come le estati di Nereo Lugli, si voleva non finisse mai.

Bagno a Ripoli (FI), 3 aprile – 282 classificati nelle tre gare competitive, cui si sono aggiunte una non competitiva di 11 e (sabato) una passeggiata eno-gastronomica. Nella giornata di tre grandi, o almeno storiche, maratone stradali, la Toscana ha offerto un’altra delle sue rinomate eco-maratone, su dolci colline che non impongono sforzi estremi, belle stradicciole bianche (bè, oggi marroni per il fango e cosparse di enormi pozzanghere), qualche soffice sentiero e in più  con apparizioni improvvise e stupefacenti di Firenze, dove la cupola del Fiore, il campanile di Giotto, il Palazzo Vecchio ti facevano inumidire gli occhi. “Te beata, gridai…”, scriveva Foscolo, un veneto arrivato da di là del mare, che a Firenze, tra colline, monumenti e uliveti trovò il porto per una quiete mai raggiunta altrove.

La gara più lunga (quantificata, secondo le fonti, con un dislivello tra i 1200 e i 1500 metri) è stata nettamente vinta dal “ragazzo di paese” Paolo Lepri, tesserato proprio a Gràssina dove la gara partiva e arrivava, in 3.14:44, con oltre 8 minuti di vantaggio su Federico Badiani (Montecatini) e 10 su Alessandro Dommi (Firenze). Più tranquilla l’andatura delle donne, regolate da Serena Martini (Scandicci) in 4.06:30, anche lei 8 minuti sulla seconda, Francesca Capelloni, e un quarto d’ora sulla terza, M. Laura Chellini. 112 gli arrivati, entro le 6.53, largamente sotto il tmax fissato in 8 ore.

La 23 km, che per la prima metà coincideva con la 42 ma evitava la salita più impegnativa al “Poggio Firenze” o Fontesanta, è stata vinta da un altro di Scandicci, Filippo Bianchi (1.37:13), e da Sara Emily Bulukin (Le Panche Castelquarto), 1.46:29, su 98 partecipanti in tutto.

La 11 km, in sostanza una bella escursione su prati ameni e dolcissimi pendii, è andata a Giuliano Burchi in 52:51 ed Elisa Parrini in 53:57: 72 i classificati in questa competitiva, cui si aggiungono i camminatori e non competitivi.

Tutte le classifiche, redatte e messe online in tempi brevissimi malgrado la mancanza di chip, sono state elaborate grazie all’eccellente coppia di giudici Uisp posta al traguardo e orchestrata dal mio quasi omonimo Fabio Marranci, per lo zelo del quale basta riferire un episodio: al mio arrivo, mentre mi mettevano al collo la medaglia, ha immediatamente sentenziato che ero a premio di categoria,  ha stampato la classifica accompagnandomi al box dell’organizzazione (foto 3 del servizio messo insieme con perizia da Roberto Mandelli, malgrado il furto con destrezza che la sua Juventus ha patito ieri sera) e addirittura dandomi con le sue mani il sacchetto alimentare (non troppo) meritato, oltre alla sua porzione di lasagne provenienti dalla vicina risto-tenda l’Arena. (Che differenza con domenica scorsa (non dico dove), quando gli organizzatori avevano volentieri dimenticato di chiamare i vincitori di categoria, mandando a casa a mani vuote per esempio tutte le signore F 55, ignare del premio…).

Poi il Marranci è tornato sul traguardo, dove nel frattempo l’aveva surrogato la giudice-avvocata con cui c’è stata anche l’occasione di considerazioni varie giuridico-sportive.

I benefit non finivano qui, perché appunto esibendo il pettorale andavi all’Arena trovando, oltre alle lasagne, del buon vino rosso. Signori, questa è la Toscana.

Confesso che prima della settimana scorsa manco sapevo dov’era Bagno a Ripoli: a parte la Firenze Urban Trail (quest’anno cancellata), le mie ecomaratone erano tutte nella zona del Chianti, qualche decina di km più a sud; ma fortunatamente, un avviso sul sito del Club Supermarathon informava dell’evento e di uno sconticino sulle quote d’iscrizione, peraltro modeste (da 30 a 40 euro, secondo i tempi; 5 per la 11 km): infatti, i supermaratoneti in classifica (si capisce, sul percorso lungo) sono ben 13 su 112, e sarebbero stati 14 se avesse potuto venire Massimiliano Morelli, il Morellino non di Scansano, che in queste gare c’è sempre, a ravvivarle con le sue battute. Purtroppo, la mancanza del Morellino dimostra che non tutta la Giustizia è quella dei tribunali italici; e per ora non dico altro, se non che il suo Club si è già attivato per la concreta solidarietà a un confratello nel bisogno.

Torniamo alle dolci colline a sud di Firenze, punteggiate di pievi medievali, tra cui stupefacente quella di Vicchio (con un panorama da lucciconi agli occhi), e il convento dell’Incontro, a monte di Villamagna, nelle cui spoglie celle ci si santificava forse, ma sicuramente si conquistavano la serenità e la Pace interiore; e si lavorava con gli strumenti conservati in un piccolo museo (foto 36).

Poi, scesi nel pomeriggio a Gràssina, nella grande Casa del Popolo, e nel vicino centro parrocchiale con la sagoma inconfondibile di uno dei tanti “Nuovo cinema Paradiso”, si tocca con mano quanto l’associazionismo delle due grandi Chiese del dopoguerra ha risollevato l’Italia fiaccata e demoralizzata. Qui don Camillo e Peppone, disinteressati, entusiasti, entrambi innamorati del loro Popolo per il quale rinunciavano a ogni tornaconto personale (quasi… come oggi), diedero alloggio, calore, bicchieri di vino, partite a carte, la radio, le prime tv, certamente qualche predica o comizio, ma tutto a fin di bene, e in una concordia sostanziale che non si poteva dichiarare pubblicamente ma era nei fatti (vedere foto 4-7).

E quando la situazione rischiava di precipitare e qualcuno pensava alla “seconda ondata”, ecco, proprio da qui, da Ponte a Ema, saltava fuori un Gino Bartali, un eroe del Popolo, che fa girare le balle ai francesi (copyright Paolo Conte), rivince il Tour a dieci anni di distanza, dona la maglia gialla alla Madonna del Ghisallo, e tutti a festeggiarlo, da papa Pio XII a Palmiro Togliatti sul letto d’ospedale; e la rivoluzione può attendere (foto 8, 9, 14-20).

Che Italia era quella, dove se non vinceva Bartali vinceva Coppi, e se non vinceva Nuvolari (copyright Dalla) vinceva Ascari o Farina, e poi avevamo il Grande Torino, e Nearco all’Arc de Triomphe… “Ils gagnent tout, ces Italiens!”, mormorò il presidente francese con le balle giranti di cui sopra, e quando al Tour per il terzo anno consecutivo, dopo Bartali e Coppi, la maglia gialla era ancora nostra, di un altro toscanaccio come Magni, i francesi aspettarono i ciclisti italiani sul col d’Aspin per bastonarli. Ma non vinsero nemmeno allora, perché li fregò uno svizzero: tiè.

Tutto questo cosa c’entra? Ma è l’aria che si respira, ma è la parlantina alla Pieraccioni che senti in trattoria, ma è lo scorrere dell’Ema, è la Toscana: che dopo un sabato anche di neve e grandine ci regala una mattinata dove i cristalli dell’auto sono ghiacciati (aspetteremo dal presidente di Reggio Atletica i numeri della temperatura, che non azzardo, ma nella vestizione pre-gara opto per maniche lunghe e guanti); dove il giovane e sportivo sindaco di Bagno a Ripoli dà il via con la pistola dal tappo rosso, e noi ci mettiamo per strade carraie, senza aver dovuto esibire (per la prima volta dopo due anni) la cervellotica autodichiarazione, e incontrando finalmente, nei 7 ristori, l’acqua e la cola in bicchieri, così niente va sprecato.

Fino al km 12 si può correre quasi in scioltezza, poi quando comincia la salita, che al km 15 ci fa varcare i 500 metri (dagli 88 della partenza) e al 18 ci porta alla “cima Coppi” di 675 metri, chi ne ha di più si fa avanti: così l’avvocato Reali da Latina (manco a dirlo, supermaratoneta), che migliora di un’ora il tempo della sua precedente partecipazione nel 2019 (l’ultima che fu fatta); e prima di lui, quel prodigio di Leandro Pelagalli da Prato, 70 anni suonati da quel po’, capace di un 4.38 da schiantare gli altri; e venti minuti dietro lui, Mauro Gambaiani modenese (tra Fanano e la terra dei Pico), ma “troppo giovane” per arrivare a premi di categoria. E appartenendo il sottoscritto alla razza di chi rimane a terra, subisco il sorpasso di talune ragazze biondissime e bellissime nelle chiome o trecce ondeggianti, di cui leggo solo i nomi di società sulle magliette (Oltrarno, La Nave), non riuscendo nemmeno a complimentarmi tanto vanno veloci.

Una breve discesa e siamo alla metà gara: oddio, arrivo al ristoro dalla sinistra, mentre altri arrivano da destra: dove ho tagliato? Le angosce sono sopite dalle due simpatiche signore, che tra una cola e un muffin mi spiegano che niente, tutto OK, devo solo girare a destra e fare l’anello di 7 km, dopo di che ci rivedremo. Così è: 230 metri di discesa in 2 km, fino a San Donato in Collina lambito dall’A1, poi si risale, in parte su sentiero con altre visioni che non è retorico definire mozzafiato (e mi valgo di Sara, brava podista e organizzatrice di gare dell’Ellera, per qualche foto panoramica; e parliamo anche di quanto sia ‘pericoloso’, da Gabrielli in poi, allestire una corsa).

Di nuovo al 28, quando il cielo comincia a rannuvolarsi (bè, i primi sono già arrivati), e da qui è quasi tutta discesa: in 5 km si va giù di 400 metri, fino a S. Andrea, su belle stradine sterrate che addirittura, ai nostri livelli, permettono medie da 6:50/km (!). Un gran dubbio ci prende al 35, dove una villa medicea è preceduta da un uliveto dove tutti gli alberi sono fettucciati, ma senza far capire qual è la direzione… Siamo in 4, comincia a piovere, telefoniamo all’organizzazione (sembra che uno sbandieratore abbia abbandonato il suo posto, è l’unica pecca in un allestimento per il resto perfetto), poi qualcuno vede una fettuccia sulla via di Mondeggi della foto 57; salvezza raggiunta, ultimi 4 km di asfalto con salitina di 30 metri e altrettanta discesa su Gràssina (un superaccessoriato compagno di gara, che vedete sorpassarmi all’arco gonfiabile nelle foto 59-60, dice che è l’undicesima discesa su 11, è lunga 1600 metri e finisce sul traguardo).

Ed ecco il Fabio-giudice-premiatore-factotum (“quest’anno no, non vengo alla Corrida perché non ci sono le bancarelle”), un lavaggio sommario nei lavandini della Casa del Popolo, le lasagne, il caffettino col podista che cerca di farselo offrire a scrocco (tanto te-ttu mi honosci…). E’ tornato il sole, sono arrivati tutti, si può tornare a casa a raccontare un’avventura in più.

27 marzo – La vocazione agonistica di Reggio (sotto questo aspetto, capitale morale della Regione) si è confermata, sebbene con numeri un po’ ridimensionati e un percorso che a qualcuno non è piaciuto granché. Avevo preso parte all’ultima edizione pre-Covid, 17 marzo 2019, e ci eravamo classificati in 573: oggi sono 385, un calo attorno al 30%. Sorprende la notizia, sentita al traguardo, di una settantina di iscritti che non hanno preso il via, ma probabilmente si tratta di iscritti della gara annullata nel 2020 (allora paganti 14 euro), che non hanno confermato la propria presenza; perché non è da tutti pagare ora 25/30 euro di iscrizione e poi non venire nemmeno a ritirare il pacco-gara (peraltro, non strabiliante).

Certo, il giorno scelto era forse la data peggiore quanto a concomitanze: c’erano la maratona di Roma, cioè la più affollata d’Italia (sebbene i 5500 arrivati di oggi la ridimensionino alla grande), quella di Treviso (comprensiva di una 10 miglia), la mezza di Ravenna che ha una tradizione pluridecennale e solitamente viene abbinata a mangiate di pesce, e una quantità di maratonine padane che non finiva più (oltre alla ripresa, ormai inarrestabile anche dal patetico ministro Speranza, delle non competitive). E dunque, anche i quasi 400 ‘reggiani’, rinforzati da un contingente foresto forse attratto dalla qualifica Fidal Bronze, sono da considerarsi un numero incoraggiante.

Dicevo del percorso, non più un anello unico ma un doppio giro che ricalcava un po’ la prima e ultima parte della maratona, forse le meno panoramiche dell’insieme (il bello verrebbe da Coviolo in poi, mentre noi oggi da Coviolo riprendevamo la via di Reggio, percorrendo peraltro una minima parte del centro storico, con esclusione ad esempio della piazza Prampolini alias del Tricolore, glorioso arrivo delle antiche edizioni della 42). Doppio giro che per la prima tornata ha garantito una chiusura assoluta al traffico, mentre al secondo passaggio, specie nella zona di Coviolo, qualche auto nei due sensi almeno noi tardoni l’abbiamo incrociata. Rigorosa comunque la chiusura degli incroci urbani, spesso presidiati non solo da addetti ma anche da fettucce. 2+2 ristori, di sola acqua in bottigliette da 375 cc che andavano sprecati in massima parte. Non esistono più le bottigliette da 125 o 250?

Giro leggermente ondulato (ma non più di 100 metri di dislivello), perfettamente misurato (ho avuto dubbi al paletto del km 1, poi aggiustati al 2), su strade larghe dove le uniche seccature erano costituite dalle infestanti rotatorie piazzate anche dove non servono. Parcheggi non comodissimi, se si esclude quello Zucchi a pagamento (che tempi, quando i maratoneti parcheggiavano allo Zucchi per 1 euro complessivo!); la mancanza di un deposito borse in zona arrivo (dove pure di spazi ce ne sarebbero in avanzo, foss’anche all’aperto) ha costretto quasi tutti noi a correre avanti e indietro, parcheggio – ritiro pettorale – riparcheggio per lasciare la borsa – partenza – e dopo l’arrivo tornare al parcheggio per mettersi qualcosa addosso, perché 14 gradi e un po’ di vento non consigliano di starsene mezzi nudi in piazza.

Chissà se dopo la fine dell’emergenza, da domenica prossima, verranno meno anche questi proibizionismi, incuranti per esempio del fatto che da varie settimane ormai andiamo nelle palestre e negli spogliatoi e ci facciamo pure la doccia. C’è mancato, insomma, il corollario tipico del dopo gara, quando si resta lì a dirsene quattro; e l’immensa piazza della Vittoria sembrava addirittura sovradimensionata. Mancava anche il consueto corredo di fotografi amatoriali, essendoci l’esclusiva delle foto a una ditta professionale (pacchetto fotografico a 18,99 euro, per quanto mi riguarda No grazie): ho visto a Reggio due abituali fotografi di Reggiocorre, ma uno faceva il giudice d’arrivo, l’altro correva (c’è sempre il modo di riciclarsi per gli sportivi veri).

Aldilà dei campioni su cui si sofferma la cronaca principale della gara http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/8484-reggio-emilia-mezza-di-reggio-a-barbara-bressi-e-amaniel-freedom.html

la gara ha mostrato altri elementi di interesse: come la conquista di molte posizioni di spicco da parte della società quasi neonata dei Modena Runners (ammetto di essere campanilista), che ha portato il suo Saimir Xhemalaj a stabilire il primato sociale con 1.12:39, e tre suoi componenti sul podio: gli SM 40 Giuseppe Castiello e SM 45 Giacomo Carpenito (medico nonché pianista) secondi nelle rispettive categorie, la SF 50 Chiara Mezzetti (dietologa) terza. Ce ne sarebbe anche un altro, arrivato secondo M 70; ma per lui niente podio, perché tutte le categorie over 60 erano accorpate: si vede che il regolamento Bronze dirà così, oltre a prescrivere l’arcaico tempo ‘brutto’ per formulare le classifiche.

Faccio i personali complimenti a Emilia Neviani, presidentessa attivissima della Guglia Sassuolo, che in partenza mi confidava di puntare a 2:10 e ha finito in 2:00, e a Soraia Pozzi che oggi compiva gli anni e li ha festeggiati lasciandoci indietro tutti e due; infine, a M. Antonietta Raffaele, una ragazza che a 45 anni ha corso da Runcard la prima mezza della sua vita, in 2:04, anche perché nell’ultimo km ha aspettato la sua più giovane amica Greta che la seguiva un centinaio di metri dietro. Il suo obiettivo, mi diceva, è New York, ma ci vuole arrivare senza bruciare le tappe.

La 21 di Reggio ha anche questa funzione di apripista.

Martedì, 22 Marzo 2022 22:21

Da Pieve di Cento ai bimbi ucraini

Era stato promesso nelle ultime righe del commento alla mezza di Pieve di Cento

http://podisti.net/index.php/cronache/item/8426-pieve-di-cento-bo-37-maratonina-delle-4-porte.html

e lo si è potuto mantenere, grazie a una catena di solidarietà che ha avuto come punto di partenza la famiglia Cossarini organizzatrice della maratonina pievarola (non si dice “centese”!), come intermediario-trasportatore fino ai colli bolognesi Michele Marescalchi, come protettore dal Cielo Angelo Pareschi – che tanto si impegnò per le vittime di Chernobyl - e come conclusione l’arrivo dell’agognato salame-premio a Modena, presso l’asilo della parrocchia di Santa Teresa, dove da due settimane sono ospitate famiglie fuggite dall’Ucraina con bimbi piccoli e altri adolescenti (e ne arriveranno ancora, fino a un numero stimato di una trentina).

A dividere un salame in trenta, lo si finisce presto; ma speriamo che una fetta in più sia andata ai due bambini dagli occhioni espressivi, che hanno visto cose che non dovevano vedere, e che almeno per qualche minuto si saranno potuti aprire al sorriso e alla fiducia per un mondo un pochino più ‘buono’.

Siamo in attesa di leggere sulla Gazzetta Ufficiale il testo del decreto governativo annunciato il 17 marzo e per ora leggibile solo in bozza (vedi sotto). Nel frattempo, i tribunali concordemente (da Borgo Valsugana a Reggio Emilia, da Milano a Frosinone a Brindisi ecc.) emettono a raffica sentenze di annullamento di sanzioni emanate in dipendenza dai vari DPCM del 2020 e 2021.

Pensare che il 27 agosto del 2020, in un commento che si legge ancora su queste colonne, avevo scritto testualmente: “Quanto alla parte giuridica del dibattito, da non giurista, ma da studioso che si picca di andare in fondo alle parole e alle cose che ci stanno sotto, credo che nessun costituzionalista possa dichiarare che i DPCM tanto abusati siano "pienamente" legali: non sono previsti dalla Costituzione, ma sono retaggio di consuetudini o leggi anteriori alla Repubblica e spesso all'Italia come Stato attuale. Li si tollera in casi di estrema urgenza, non per l'uso regolare che se ne sta facendo. Anche qui, a proposito di "verificare e falsificare", aspetteremo che qualche tribunale discuta e possibilmente risolva una qualche causa specifica intentata da un cittadino o da un ente con personalità giuridica; ma coi tempi italici, la cosa si saprà all'incirca all'epoca della cinquantesima maratona di Vercelli”.

Mi sbagliavo: il prossimo 1° maggio è annunciata una maratona di Vercelli (dislocata a Santhià) che non sarà la cinquantesima, ma i tribunali l’hanno anticipata, dimostrando che “c’è un giudice a Berlino”, ovvero “a questo mondo c’è giustizia, finalmente”.

Tra i casi più recenti e clamorosi, l’annullamento disposto dal Tribunale civile di Pesaro, il 10 febbraio, della multa da 800 euro inflitta dalla polizia al ristorante “La Grande Bellezza di Mombaroccio”, per aver fatto cenare trenta persone, tra cui Vittorio Sgarbi, in pieno lockdown il 15 gennaio 2021 alla faccia del Dpcm del 3 dicembre 2020 che imponeva la chiusura dei ristoranti alle 18. La sentenza di annullamento prescrive la "disapplicazione del Dpcm del 3 dicembre 2020".

Pochi giorni dopo, sono arrivate le motivazioni della sentenza del Tribunale di Pisa dell’8.11.2021 (conformi ad altre poco precedenti, ancora a Pisa (17 marzo 2021) e a Roma (16.12.2020).

Riassumo dal dettagliato resoconto in

https://www.lagazzettadilucca.it/cronaca/sentenza-clamorosa-del-tribunale-di-pisa-che-abbatte-conte-e-i-suoi-decreti-illegittimi-i-suoi-dpcm-per-lui-e-i-suoi-successori-si-profila-una-vera-e-propria-violazione-dei-diritti-umani#:~:text=Il%20Tribunale%20di%20Pisa%20ha,650%20del%20codice%20penale ): tre persone, sorprese fuori casa senza le giustificazioni previste dal DPCM dell’8.03.20 (quello dell’ “io resto a casa” e dell’ “Italia zona protetta”) sono state assolte con formula piena perché il fatto non sussiste  essendo previsto da un decreto illegittimo, che fa leva su uno ”stato di emergenza” non previsto dalla Costituzione salvo il caso di guerra. Mentre “la delibera dichiarativa dello stato di emergenza adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario”, e limitare, ad esempio, il diritto di mobilità. Ciò che semmai doveva essere disciplinato da un decreto legge, emanato dal governo o dal Presidente della Repubblica e sottoposto al vaglio delle Camere.
Il divieto di uscire dalla propria abitazione si configura - secondo la magistratura pisana - come un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare, e come tale limitativo della libertà personale che però, ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, può essere compressa solo con provvedimento dell’autorità giudiziaria e solo nei modi e nei casi previsti dalla legge, mentre i DPCM che hanno praticamente istituito gli arresti domiciliari per tutti gli italiani sono stati emessi senza questi presupposti garantisti.

Di più, il Tribunale di Pisa ha osservato come lo stato di emergenza sia stato prorogato varie volte sino alla prossima scadenza del 31 marzo prossimo. Questo stato di emergenza era disciplinato dall’art. 24 del decreto legislativo n. 1/2018 il quale dispone che esso non possa protrarsi più di 12 mesi prorogabili di altri 12 mesi. Sennonché, rileva il Tribunale, lo stato di emergenza è stato dichiarato dal 31.01.2020 fino ad arrivare al 31.03.2022, mentre il termine massimo di proroga era scaduto il 31.07.2021: dunque tutti i provvedimenti che abbiano prorogato lo stato di emergenza oltre tale data e tutti i provvedimenti medio tempore adottati in base allo stato di emergenza invalidamente prorogato sono illegittimi.

In attesa di prossime sentenze, ieri 17 marzo il Consiglio dei Ministri (trascrivo dal comunicato ufficiale del governo https://www.governo.it/it/coronavirus-misure-del-governo ;  https://www.governo.it/node/19404

per la conferenza stampa del primo ministro) ha introdotto “disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”. Tra le nuove norme abbiamo:

fine del sistema delle zone colorate;

capienze impianti sportivi: ritorno al 100% all’aperto e al chiuso dal 1° aprile;

Il 31 marzo cesserà lo stato di emergenza Covid-19.

Graduale superamento del green pass.

Eliminazione delle quarantene precauzionali

Dal 1° aprile sarà possibile per tutti, compresi gli over 50, accedere ai luoghi di lavoro con il Green Pass Base per il quale dal 1° maggio eliminato l’obbligo.

Approfondisco rapidamente le decisioni più interessanti per il nostro movimento, citando dal sito ANSA (18 marzo 2022 ore 12:20):

1 APRILE - L'Italia non sarà più in stato di emergenza Covid e di conseguenza decadono il Comitato tecnico scientifico e la struttura del Commissario straordinario Francesco Figliuolo.
Termina l'obbligo di Super Green pass sui luoghi di lavoro per gli over 50 (la sospensione di coloro che ne saranno sprovvisti non avverrà più, ma resta la multa): a chi ha superato questa soglia d'età sui luoghi di lavoro dovrebbe essere richiesto solo il pass base. (Ci auguriamo che la cosa sia recepita anche dagli organizzatori di gare e dagli estensori dei protocolli Fidal!).

Stop al certificato verde sui bus ed in generale sui mezzi di trasporto pubblico locale, dove proseguirà l'obbligo di indossare le mascherine fino al 30 aprile. Non sarà più necessario avere almeno il Green pass base per entrare negli uffici pubblici, nei negozi, nelle banche, alle poste o dal tabaccaio. Anche nei ristoranti all'aperto non sarà più prevista l'esibizione di alcun certificato (a maggior ragione per le corse all’aperto!). Dal primo aprile decade ovunque il limite alle capienze nelle strutture e dunque anche negli stadi - dove per accedervi sarà richiesto il lasciapassare base - sarà possibile occupare il 100% dei posti.

1 MAGGIO - Termina l'obbligo del Green pass quasi ovunque. Fino al 30 aprile per alcune attività come mense, concorsi pubblici e colloqui in carcere, oltre ai trasporti a lunga percorrenza, sarà infatti ancora obbligatorio in versione base. Quello rafforzato resterà in vigore fino al 30 aprile per la ristorazione al chiuso (per i turisti stranieri cade già dal primo aprile), centri benessere, sale gioco, discoteche, congressi ed eventi sportivi al chiuso (dunque si potrà anche accedere a spogliatoi e – inaudito!- fare la doccia?). Sempre dal primo maggio via l'obbligo delle mascherine in tutti i luoghi al chiuso, anche a scuola.

Mi sembra, finalmente, molto chiaro: piangeranno forse i virologi che perderanno i gettoni di presenza dei talk show e (orrore!) dovranno tornare negli ospedali senza l’usuale seduta dalla visagista o dalla truccatrice tv (e chissà che il ministro della salute adesso trovi il tempo per farsi la barba come Dio comanda); d’altronde il Covid non fa più notizia, e per trovarne traccia sul Corrierone di oggi 18 marzo bisogna andare a p. 23.

Ciò non significa che il coronavirus sia estinto e che bisogni smettere con le precauzioni più elementari, o che si possa fare a meno delle vaccinazioni (nella speranza che i vaccini in elaborazione siano più efficienti di quelli che ci hanno propinato e adesso non si riescono nemmeno a regalare al Terzo Mondo: lo dico da trivaccinato nei primi giorni utili delle rispettive campagne vaccinali). Ma smettiamola, almeno, col terrorismo e la caccia allo sportivo praticante che ci hanno taglieggiato ormai da due anni e tre settimane.

9 marzo - Chi scrive era presente come corridore alla prima Unesco Cities Marathon, da Aquileia a Cividale, il lunedì di Pasqua del 2013: gara di cui l’anno dopo si decise di invertire il percorso, rendendolo più agevole nella parte finale e mantenendo il suggestivo passaggio della “mezza” attraverso la città stellata di Palmanova.

La gara andò avanti fino al 2019, quando, dopo la conclusione della 7^ edizione, si decise di istituzionalizzare una partenza a rotazione, alternando le tre città, con prima esecuzione del progetto il 29 marzo 2020.

Sappiamo come è andata a finire, con l’annullamento causa Covid delle edizioni primaverili del 2020 e 2021. Però nell’ottobre 2021 la maratona ricomparve a Cividale, sia pure con nome mutato e dicitura “1^ edizione”; ne rendemmo puntualmente conto

http://podisti.net/index.php/cronache/item/7938-cividale-del-friuli-ud-1-mytho-marathon-vincono-njeri-e-getahun.html

come avevamo, prima, informato del programma, che trasformava l’antica gara in linea in un anello di 21 km da ripetere due volte per chi si cimentava nella gara più lunga, che negli anni successivi avrebbe spostato le tende prima a Palmanova poi ad Aquileia.

http://podisti.net/index.php/notizie/item/7442-mytho-marathon-svela-i-suoi-42195-metri.html

L’edizione 2021 di Cividale andò così così: i 275 arrivati del 2019 quasi si dimezzarono, a 175; i 418 della mezza scesero a 260: a uno sguardo superficiale, poteva sembrare l’usuale tributo alla pandemia e allo spostamento di data, sia pure nell’unitarietà delle due realizzazioni.

Così non era. Ci è pervenuta oggi in redazione una lunghissima lettera aperta, indirizzata alle autorità politiche e amministrative della regione, oltre che a numerosi altri enti, da parte degli organizzatori della “vecchia” Unesco, che prendono decisamente le distanze dalla “nuova” Mytho, la quale si sarebbe semplicemente appropriata dell’idea innovativa, con risultati molto inferiori ai contributi pubblici ricevuti.

Senza prendere posizione per l’uno o l’altro partito, e segnalando nel frattempo che il 10 marzo è giunta la prima notizia dagli "altri" organizzatori, che programmano la propria gara il 2 ottobre dall'inedita sede di Sacile (PN), portiamo a conoscenza dei lettori l’intero contenuto della missiva (peraltro, pubblica), che era accompagnata da questo messaggio introduttivo:

 

Gentilissimi

L'8^ edizione dell'Unesco Cities Marathon del 29 marzo 2020 è stata sospesa per il Covid. Stiamo riprendendo l'organizzazione per la prossima edizione che pensiamo di programmare per i primi mesi del 2023 senza rischi conseguenti all'attuale periodo pandemico.
Nella storia dell'Unesco Cities Marathon voi tutti, collaboratori e  partners,  siete stati importanti e determinanti per il successo dell'evento.
Per questo riteniamo informarvi e rendervi partecipi di una Lettera Aperta inviata alle Istituzioni pubbliche per quanto successo recentemente.

Cordialmente

UNESCO CITY MARATHON

Il Segretario Generale

Giuseppe Donno

 

CLASSIFICA GENERALE (pdf) - 6 marzo – Secondo l’Uisp era la 35^ edizione, secondo il comune di Albinea la 37^, ma poco importa (dipende se si dà un numero alle corse degli ultimi due anni, non svolte): è stato il primo grande evento dell’era post Covid, che ha richiamato più di mille appassionati da tutta la regione. Per forza: domenica scorsa c’era la maratona di Busseto, saltata; oggi c’era quella di Bologna, saltata; ecco perché (assenti giustificati i modenesi, impegnati dalle loro parti in una non competitiva, parimenti intitolata al fiore con odore di strinato; ma Giangi è venuto ad Albinea) ho visto i parmigiani, i torrilesi amici del Fanfo, alcuni mirandolesi ex sudditi di Libero, e qualche bolognese, oltre ovviamente ai padroni di casa reggiani: che, come erano i migliori a organizzare podismo ante-Covid, così mantengono il primato adesso che si ricomincia..

“Niente sarà più come prima”, secondo una frase fatta di questi mesi, che nella classifica dei luoghi comuni della nostra epoca ha uguagliato “Andrà tutto bene” [e si è visto!]; e infatti, l’iscrizione a questa gara è stata programmata a numero chiuso e fortemente raccomandata con preiscrizione che scadeva tre giorni prima. E i 250 pettorali della competitiva da 23 km (+450 D) sono andati a ruba; contingente aumentato, ma altri che lo desideravano non hanno trovato posto, e alla fine i classificati (secondo una prima graduatoria con qualche 'baco') sono 264. E si aggiungono 584 preregistrati per la non comp di 12 km e 185 per la 5 km; tanti, almeno, erano i preiscritti, ma questa mattina c’era una lunga fila per le nuove iscrizioni alle non competitive (partite in coda alla competitiva, con possibilità di dilazionare la partenza per i 45 minuti successivi, a patto di chiudere tutti i giochi entro mezzogiorno esatto).

Preiscrizione individuale e ritiro del pettorale individuale, previa esibizione del greenpass e consegna dell’autocertificazione (per quello che servono ste carte, io ho smaltito una delle autodichiarazioni che tenevo in auto per viaggiare nel 2020, in base a questo o quel DPCM dalla dubbia costituzionalità); anche sull’utilità sanitaria del greenpass ci sarebbe da ridire, ma tutti sanno che è stata solo una scusa per obbligare a vaccinarsi, e siccome vaccinarsi è un bene, venga pure l’inganno del greenpass (“e dall’inganno suo vita riceve”, scriveva Tasso). Non ho capito bene come funzionava con l’obbligo di mascherine: alla partenza: grosso modo direi che fossimo metà e metà (mascheratissimi tutti gli addetti). Mancava il ristoro finale, sostituito da un sacchetto con generi alimentari vari, più che sufficiente (con 2 euro cosa si può pretendere?).

Percorso bello, come tutti quanti in questa area reggiana pedemontana (penso a Scandiano, a Montecavolo, a Canossa e Quattro Castella): forse tra i più duri, data la lunghezza eccedente la classica maratonina,  i 450 metri di dislivello dichiarati (il mio Gps dice 22,850 +425) e i quasi 5 km sterrati nella salita verso il Parco dei Gessi di Borzano (alias parco del Vento o del Lupo), fino all’uscita di Cavazzone a poco meno di 500 m slm, e l’inizio della discesa verso Albinea, che però ci riserverà altre salitelle fino a quella dell’ultimo km dove sono appostati i fotografi Nerino (dotato di moglie irredentista del Donbass) e Domenico Petti.

Italo è al traguardo e aspetta fino agli ultimissimi (come, ovviamente, i giudici, e lo speaker Brighenti); Italo ha anche una giustificazione famigliare dato che tra le competitive aveva moglie e cognata (e figlio, ma quello va forte), che se la prendono un po’ comoda arrivando grosso modo nel tmax, più o meno insieme a Simona Neri (la quale mi segnala l’eccellenza del percorso e dell’organizzazione, salvo la segnalazione insufficiente a un bivio del km 19 dove rimaneva l’istinto di proseguire per lo stradone verso la chiesa, come si faceva in tempi antichi, invece di imboccare uno stradello più rustico indicato solo da una minifreccia sull’asfalto).

Il giro che poi abbiano fatto i partenti anticipati (ecco in vezzo pre-Covid di cui non sentivo la nostalgia), già per le strade almeno tre quarti d’ora prima del via, non lo so proprio: e il giorno che capiterà un incidente stradale, vedremo chi pagherà. Devo dire che, negli orari legali, il traffico era quasi assente (qualcosa in più nello stradone di discesa), e i pochi incroci sorvegliatissimi.

Venendo all’élite, hanno vinto Simone Corsini e Manuela Marcolini. Corsini (MDS), non ancora trentenne (con 2.27 alla maratona di Reggio 2021), era arrivato 5° nell’ultima edizione di Albinea del 2019, in 1.27:26, e oggi si è migliorato alla grande chiudendo in 1.20:53. A due minuti un altro habitué dei podi locali, Andrea Bergianti della Corradini Rubiera

La Marcolini (che sta per toccare il traguardo personale dei 40 anni), dello Sportinsieme, nel 2019 aveva vinto in 1.37:05, confermando la sua predilezione per questa gara della quale detiene anche il record, con 1.36:14 del 2017. Oggi le sono bastati 1.39:45 per sbaragliare la concorrenza, rappresentata da Evegenya Kovaleva (Sampolese) giunta a oltre due minuti.

Ecco il nostro resoconto dell'ultima edizione, nel 2019:http://podisti.net/index.php/cronache/item/3505-albinea-re-34-mimosa-cross.html

E quello della penultima, accorciata dalla neve nel 2018: http://podisti.net/index.php/cronache/item/860-albinea-siamo-goviani-il-sottozero-non-ci-ferma.html#!Albinea_2018_Morlini_Ferraboschi

 

Ripartendo da Albinea, è d’obbligo per noi più anziani un ideale saluto alla memoria di William Govi, che qui viveva (e se volevamo parlargli al telefono dovevamo chiamare solo tra le 17 – quando arrivava dalla fabbrica – e le 17,30, quando partiva per i suoi allenamenti) e su queste colline correva e a un certo punto inventò le maratone individuali autogestite. Chissà se il suo privatissimo e ordinatissimo museo della maratona sarà prima o poi a disposizione del pubblico.

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