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Giu 18, 2023 1739volte

Scandiano, 18° Fornacione: “Scopriremo Paolino di che pelle è!”

Dal 2017 al 2023 Dal 2017 al 2023 Roberto Mandelli

Iano di Scandiano, 17 giugno – L’ennesima creatura di Paolo Manelli e del gruppo atletico scandianese (da Duilio all’Orietta, a Tiziano che meriterà un discorso speciale, a tutti gli altri cominciando da chi mi ha indirizzato all’ottimo parcheggio del campo sportivo, però con un cancellino molto stretto) è diventata maggiorenne, come si suol dire in una frase che lo stesso speaker Brighenti (ai vertici della forma, giuro, e sapete che non ho peli sulla lingua https://podisti.net/index.php/cronache/item/1544-jano-re-19-maggio-15-fornacione-trail-segnali-di-stanchezza.html ) ha criticato nell’usarla.

Col tempo sono cambiati la formula e i percorsi, e non è detto che questo sia il modulo definitivo: per riassumere, una 12 km individuale e una 21 a coppie (è la nostra Monza-Resegone… salvo che Mandelli è là e non qua, seppure da lui nascano i geniali collage fotografici su restio input anche di Italo);  percorso trailizzato con eliminazione di molti tratti su strade bianche, sostituiti da sentieri e pezzi di salita brevi ma brutali, specie verso la quarta e ultima cima al termine del famigerato sentiero Spallanzani.

In compenso (o a peggiorare le cose?) è venuto lo spostamento diurno delle gare: non più partenza dopo il tramonto e arrivo a bujaun, ma partenze alle 16,15/17, sotto un sole bollente che specie nel sentiero da capre, tra i calanchi verso la prima cima del km 6, produce svenimenti o abbandoni (bontà loro, gli organizzatori al controllo sacche pre-partenza ci hanno esentato dal telo di sopravvivenza, eppure mi hanno consigliato di tenere l’impermeabile perché radio-Furnasoun prevedeva uno scroscio alle 20). Non è stato preso in considerazione l’invito di Beppe Grillo a indossare i passamontagna, sebbene avessimo tante montagne da passare.

Non so se è per l’escalation di difficoltà, o per la data insolita, già estiva (la data tradizionale di un mese fa è saltata per le famose alluvioni reali o minacciate), o per il costo di iscrizione, diciamo alticcio (non trascrivo il commento di Paolino davanti alla cassa), sta di fatto che le coppie presenti erano 58, di cui 53 arrivate, più 96 singoli nella gara individuale. L’ultima volta che c’ero stato (nel 2018) fummo 101 coppie, l’anno prima 111, prima ancora 145…

Ciancio alle bande, come diceva il campione modenese di Lascia e Raddoppia, il grandissimo Enzo Cambi (vinse 5 milioni che gli servirono a pagare i debiti di suo padre) e diciamo subito i risultati.

Anzi, vi lascio indovinare chi ha vinto tra le donne nell’individuale, perché quando corre la prof di Unimore, per le altre non ce n’è proprio. E si è risparmiata, perché 16 ore dopo doveva vincere un altro trail a Castiglione dei Pepoli (BO). La seconda è stata Matilde Roncaglia a 19 minuti, ci siamo capiti.

Tra i maschi, successo di un eroe di casa, Federico Ganassi Spallanzani (con quel secondo cognome, le strade di casa non gli fanno problemi), che con 1.03:38 ha dato tre minuti al secondo, Manuel Cecchini.

Le staffette hanno visto il predominio (9 minuti sui secondi) della mista Modena Runners-Mud&snow (simply the best) Xhemalaj-Stefani in 2.11:10, e mi è stato fatto notare che sono tempi superiori di una ventina di minuti alle precedenti edizioni, a significare l’indurimento del tracciato (ormai, siamo quasi ai tempi di una maratona su strada!); secondi, due affezionati Lauffreunde della Val Sarentino, Markus Planoetscher e Annelise Felderer, ovviamente stravincitori tra le coppie miste, mentre le prime donne-donne sono risultate altre Mud& Snow, Chiara Morotti e Anna Favaretto, un pelino sotto le tre ore, 4 minuti meglio del duo Formiginese Rinaldi-Venturelli. Festeggiate quasi come avessero vinto le terze, Badiali-Bravi dalla Leopodistica Faenza (tè bòta).

E adesso riavvolgiamo il nastro (come dicono quelli che non hanno mai visto un VHS) tornando all’inizio, all’assolato ingresso nel magnifico impianto sportivo di Iano (o Jano secondo altri; come Jonio e Jader, insomma), che da un lato confina con una moderna e rumorosa ceramica, dall’altro gode lo spettacolo di tre o quattro Furnasoun, le stupende ciminiere coniche che punteggiano questi posti e hanno dato il nome alle corse della zona (“l’è tri or ch’an vdam eter che di Trii Cros e di Furnasoun”, commentava il mio compagno di squadra Paolino, accolto in partenza da Brighenti con la frase a doppio senso, che ho messo a titolo). Tra Brighenti e Bergonzoni, come battutista scelgo Brighentl, che se la tira molto meno e non si fa invitare al festival filosofia.

Scalpitano nel recinto gli individuali della 12: Paolo Giaroli, Margherita Gandolfi al cospetto di colei che due domeniche fa aveva ringraziato per non essere venuta a Vezzano. Giaroli-cugino, anni addietro, controllava severamente le sacche; ora lo fa Nerino, che è più indulgente e gli basta che abbiamo il telefono (e siccome Paolino non ha nemmeno quello, basta il mio… mi ricordo anni fa, gente che passava il controllo poi di là dalla rete lanciava il proprio telefono al partner perché potesse essere arruolato anche lui…).

I “corti” partono, mentre noi ventunisti sbrighiamo le pratiche, tra Pellacani e l’Orietta, delle 4 firme da mettere sul modulo di scarico responsabilità (che due piantedosi… Paolino, se io firmo che faccio uso di droghe, mi lasciano correre?). Pacco gara, due lambruschi e una fettona di parmigiano, poi si va alla chiama, quasi tutti col cappello in testa data la vampa e i suoi 31 gradi. Molto apprezzabile il pettorale che segna tutte le cime, le distanze, i ristori: è la prima volta in un trail che lo consulto così spesso e lo trovo incriticabile.

Come detto, mi sono riaccoppiato (come nel 2017) con l’eterno amico-rivale Paolino Malavasi; l’altra mia coppia fissa fornasonica, Ideo Fantini (2013, 2018) non lo vedo da un po’, mentre is blowing in the wind Stefano Pistilli da Albinea, che l’organizzazione mi assegnò d’ufficio nel 2011.

Il record da battere sarebbe 3.25 con Ideo, mo l’era più curta… Sicuramente nessuno batte neanche lontanamente il nostro attuale record di longevità, 144 anni in due (beh certo, se la facevo con Cuoghi…), ma non ci sono i compassionevoli premi di categoria, e anche i premi a sorteggio non ci baciano (mi bacia sulla guancia invece Annamaria Cavallo in Acito, vuoi mettere?).

Sembravamo staccati, ma sulla prima salitaccia (quella degli svenimenti, non a caso denominata Mazzalasino) raggiungiamo presto un gruppone di almeno dieci squadre, compreso Giancarlo Greco, il Berardi del podismo, accoppiato a uno/una dal palese falso nome (ma mi assicurano che il cambio è stato regolare, solo che hanno dimenticato di trascriverlo).

Su questi single track, le scuole di pensiero sono due: o ti accodi, specie se davanti a te hai uno stupendo posteriore femminile, oppure pensi al cronometro e chiedi pista: un paio di volte esorterò Paolino (che in salita mi precede sempre) a sorpassare, perché di quella ci eravamo riempiti gli occhi abbastanza e bisognava andare avanti. Il nostro agonismo imbranato mostrerà il suo culmine alla salita del km 14, quando una magrolina in bikini dalla parte delle Tre Croci ci saluterà amichevolmente: macchè, nemmeno le diamo il cinque, che magari lei ci dava il numero. Brutta ludopatia quella del podismo.

Bei panorami, comunque, tra Scandiano, i vari fornacioni, e la zona matildica dall’altra parte, con castellucci e torri. Il sentiero diventa più bello nella parte alta, tra il circolo della caccia e la discesa a Ventoso (c’è anche un night, chissà se lì i podisti cuccano?), malgrado la salita disumana a quel casotto assurdo del km 9.

Controlli e punzonature per verificare se siamo insieme (noi due sempre in perfetta regola, mentre certe donnine intraprendenti sono invitate ad aspettare il loro maschietto attardato, per il quale non funziona il proverbio a tira piò un pel ed*** ecc.). Paolo e Cinzia Manelli come sempre ai piani alti (fra 82 anni, quando avranno raggiunto in paradiso la prof dott cav nomismat ecc. Flavia Franzoni e la sua Mortadella, proporrò che gli sia dedicata l’area sportiva di Scandiano).

Ad ogni salita imprevista che interrompe un tratto in discesa, Paolino invoca dialettalmente le divinità; in un tratto più duro delle grotte di Lourdes mi fermo un istante, e la ragazza dietro mi chiede sportivamente se ho problemi. Dopo il ristoro di Ventoso (dove gli organizzatori hanno pietosamente disposto un itinerario alternativo per arrivare al traguardo tagliando…) sarà la salita Spallanzani a fare le differenze, con i “Diversamente giovani” Giancarlo e Filomena (sì, vent’anni meno di noi!) che prendono il largo e ci daranno due minuti.

Eccoci al favoloso guado del Tresinaro, sorvegliato dai coniugi Cavallo/Acito (il luogo del citato bacio): l’acqua è deliziosamente caldina, verrebbe voglia di arrivare sul fiume fino al traguardo. Invece c’è da risalire, su un pallet malmesso e scivoloso al massimo, con l’aiuto di una corda. Siamo tranquilli? Macchè, con la coda dell’occhio vedo una coppia che ci sta raggiungendo! Non fia mai, Paolino è pessimista (is ciapen ed sicur), eh no, Brighenti sta commentando là in fondo e secondo la sua faziosa interpretazione sono io che trascino Paolino a conquistare il 48° posto, con 9 secondi su Antonio e Gaetano (32 anni complessivi in meno); e lasciamoli a fare il segno churchilliano di V, sulla Cecilia che arriva mezz’ora dopo, ma non sui rognosi malamarri.

Terzo tempo: docce. Ustionanti! Non si regolano i rubinetti, risultato che viene giù un’acqua bollente che non ci stai sotto. Lo stratagemma cui ricorriamo è prendere il tubo di gomma per lavare le scarpe e miscelare il getto freddo a quello delle docce. Mai successo nelle mie 380 maratone precedenti. Manelli, altro che ciucciare mortadella, guarda che con la Flavia ti mando all’inferno!

Poi si passa al bar-ristorante, dove svetta la voce tenorile del barista Tiziano Possessi, grande maratoneta, grande diffusore di ceramiche nel mondo e grandissimo seduttore (visitammo insieme il porto di Dresda, e lui ci provò con una insigne professoressa, figlia di un grande costruttore locale, diciamo il Berlusconi dell’Emsland): corse la maratona di Reggio-Carpi 1997 all’indomani della nascita della sua ennesima figlia dall’ennesima donna, onore al merito. Un’altra signora che ne vede le foto gli riconosce che non è cambiato per niente.

Da lui prendo volentieri due bicchieroni di birra, suscitando i sospetti di Italo secondo cui supererò il tasso per guidare fino a casa (gli racconto di quella volta a Carpi, quando fui indagato dopo una cena podistica innaffiata da un litro di bianco e un grappino, e il mio quoziente risultò 0,350, il più basso della retata). Italo beve solo acqua (a collo, ma non divulgherò la sua foto), mentre a fianco Brighenti presiede una seriosa tavola rotonda di giudici Fidal, compreso Nerino, da cui esce tutto chiaro, salvo il paesello dove “Foligni” si sarebbe smarrito, se Pecorile o La Vecchia o Camporella.

Ma il Furnasoun è anche questo, una fatica boia, una disidratazione pazzesca, e la voglia di rifarlo da domani.

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: Roberto Mandelli - qualche originale da Italo Spina
Fonte Classifica: Irunning- Gruppo Giudici RE

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