6 aprile – Fine settimana di grandi eventi: tre maratone in Italia (troppa grazia!), varie maratonine europee di prestigio, Vivicittà lungo tutta la penisola (Modena esclusa, da quel bel pezzo), Colli bolognesi in agguato a prezzi da usura come oggi va di moda… E “gli altri”? Vanno a Fossoli di Carpi, sotto le ali del Circolo “La Fontana” e dell’Ilva Guidetti, dove per due euro e mezzo è promessa la 43^ edizione del “Giro delle risaie”, pacifica escursione campagnola di 13 km: misurati per vero dire con l’elastico, perché i Gps sentenziano 11.8, e amputati di quella che anticamente era la distanza più lunga, quasi una maratonina che sconfinava tra le risaie e gli allevamenti di pescigatti, nel Novese fino alla torre di Gruppo.
I tabelloni stradali sono gli stessi di allora, solo che sulle indicazioni del percorso lungo hanno incollato una striscia bianca, così non ci resta che svoltare tutti a destra in direzione di San Marino che sarà il nostro giro di boa, con l’aggiunta della deviazione lungo il canale fino a Cibeno in modo da ricongiungersi alla storica sede dove nacque la maratona di Barbolini, sfiorando anche il Club Giardino che fin dall’anno del Covid fu tra i pochissimi a offrirci di correre.
Da Cibeno poi si va verso la storica Ramsèina per chiudere il cerchio sfiorando la casa in rovina di nonno Pietro Verrini e nonna Aristea, capifila della dinasty del “Molino Verrini”, e tornare da dove siamo partiti, e adesso veniamo gustosamente coccolati con sacchetti di tagliatelle all’uovo (eh, però una volta, per stare in tema, davate un chilo di riso…) e sofficini di formaggio, più gnocco fritto senza limiti, oltre alle usuali bevande che avevamo trovato anche nei due ristori intermedi (il primo, gestito dalla gloriosa Marisella protagonista di tante maratone in tutta Italia).
Qui, lo proclamo ad alta voce, si respira Ivano Barbolini, anche in absentia, ancora nei discorsi dei reduci da quella recente e infausta mezza maratona che gli ha copiato la denominazione ma non la capacità organizzativa: perché non basta erogare cinquanta o settantamila euro (secondo le voci che corrono) per fare arrivare acqua e medaglie e vestiario al traguardo. Ed ecco Marco Medici della “Patria”, capofila del gruppo barboliniano che nel 2008 fu spedito a Londra per celebrare il gemellaggio nel nome di Dorando Pietri (purtroppo, ci si aggiunsero politicanti succhiaruote, e ne scaturì un pessimo romanzo di Pederiali, donde un film in cui l’unica cosa apprezzabile erano le tettine di Laura Chiatti che la dava alternativamente a chi vinceva la corsa di paese); ed ecco Ermanno Pavesi, che sbandiera sul percorso (come già la coppia Losi-Orlandi- “csagh manca”), mentre sua moglie Vanna distribuisce i pacchi-premio.
Manca solo il leggendario Gamba ed legn-Danilo Sala, che trovavamo sempre appostato nei pressi del suo albergo Lina, e invece adesso sta combattendo altre battaglie, forse più dure di quei 100 km Modena-Abetone che affrontò da solo lasciandosi credere disperso.
In compenso c’è Italo, reduce dall’aver “aiutato” (dice lui) i cooperanti di Sassuolo che ieri hanno dovuto gestire ben 170 camminatori che puntavano soprattutto al ristoro finale; e c’è Pietro Boniburini, altro eroe di un’altra epoca podistica, col suo banchetto di scarpe a dire il vero non molto frequentato, mestizia che si aggiunge a quella juventina. Mentre a Carpi festeggeranno tra poco per una vittoria - come si diceva una volta - "corsara".
A correre c’è perfino Fabio Orlandelli, ovvero “il Fabio formaggiaio da Rio Saliceto che andrà in Albania a maratoneggiare con Lolo” (come si disse il 24 luglio 2022 da un trail nell’alto parmense: https://podisti.net/index.php/cronache/item/8994-bore-val-cenedola-il-riscatto-e-le-glorie-del-podismo.html); poi un folto gruppo di bassaioli, da Dervis a quelli di Finale e Mirandola (là dove tutto è nato con la Sgambada del 1972), Peppino Valentini e Rambo Benassi abbonati al premio del gruppo più numeroso, i fratelli Morena e Loriano Baldini (oggi senza colbacco), Micio e Lella Cenci scesi dalle alture fananesi e/o dalle alte latitudini polari; la presidentessa Emilia della Guglia colla solita tendona-maxi, la statuaria coppia sassolese Franca & Evaristo…
Insomma, “l’altro podismo”, che da mezzo secolo si alza ogni domenica mattina alle 6 per piantare la sua tenda nel luogo prescritto dal Coordinamento, raccogliere le iscrizioni, prendere i pettorali e alla fine (se ci sono) i premi dei gruppi più numerosi, da smaltire poi nella cena sociale. La sensazione è che sia un mondo in via di esaurimento: ma che rimpiangeremo.