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Feb 17, 2020 2994volte

Rubiera (RE), 40^ Eco Caretera ed Rubera

La gioia di darci dentro La gioia di darci dentro Nerino Carri

16 febbraio – Una gara che arriva alla quarantesima edizione, sebbene non si possa parlare di gara vera e propria dato che la sezione competitiva è stata abolita da un pezzo, merita tutto il rispetto: d’altronde, qui siamo nella patria adottiva di Stefano Baldini, della società Corradini e… di Roberto Brighenti, quindi il podismo è componente essenziale del territorio, al pari dei mangimifici e della Tetrapak. Ogni anno si parcheggia sempre più lontano dal centro, e la grossa area messa a disposizione da qualche anno, mezz’ora prima del via è già esaurita.
E’ vero che, mezz’ora – o forse un’ora - prima del via, ci sono già parecchi podisti per le strade, a impegnarsi nella loro simulazione di quella che un tempo era una corsa agonistica di gruppo: guardate le foto di Nerino Carri tra la 500 e la 600, o quelle di Domenico Petti tra la 365 fin quasi alla 1000, e avrete un’idea di quanti sono partiti e arrivano alla spicciolata: chissà se i primi arrivati tra i partenti regolari sono quelli delle foto 598 e 600 di Nerino, o il 1171-2 di Petti; e la prima donna è quella della foto 801-802 di Petti.
Ma l’agonismo qui oggi è la cosa che conta meno, per i circa 5500 iscritti ufficiali (senza contare gli scolari, in elenco a parte): forse, quello che importa di più è il premio di una borraccia in alluminio per i primi 5000 (a fronte del pagamento dei soliti 2 euro), tant’è vero che quasi tutti ci precipitiamo, prima della partenza, a ritirare l’ambito premio (ritratto nelle foto 20-22, 31-32 di Teida Seghedoni), col risultato che nessuno correrà col pettorale, necessariamente consegnato agli organizzatori!
Il numero esorbitante (a mia memoria, toccato, fuori dai capoluoghi di provincia, in una sola altra gara della regione, la Quattro Porte di Pieve di Cento) è dovuto alla ‘desistenza’, ovvero compartecipazione, del Coordinamento di Modena, che ha sempre incluso Rubiera (e quasi sempre la vicina Scandiano, mai invece la confinante Arceto) tra le ‘sue’ gare; tant’è vero che, delle prime dieci società classificate come numero di iscritti, otto sono modenesi, e le loro tende spiccano nella piazzetta davanti al teatro (foto di Petti 14-40, di Teida 51-58). La prima società reggiana, il Correggio di Pederzoli (foto 700 di Nerino), è appena settima, con meno di un terzo degli iscritti del gruppo più numeroso, la solita Cittanova di Modena, località che dista da qui 5-6 km (ah, quel 1997 quando passammo di qui per la maratona Reggio-Carpi in edizione unica! Allora c’era la rinomata e costosa trattoria Nunziadeina, oggi abbandonata e nascosta dai rampicanti che le arrivano fino al tetto).

La partenza dei ‘regolari’ intasa la via Emilia centro per lunghi minuti, e per centinaia di foto (Petti 143-316, Nerino 80-500); e la cosa più pittoresca sono le famiglie, specialmente le mamme coi bimbi: guardate nelle immagini di Nerino la bella mamma della 657, con due bimbi di cui il più piccolo è voluto scendere dal passeggino e camminare pure lui; oppure l’altra mamma della 693, coi due che sembrano gemelli; e poi, verso il traguardo, i piccoli delle foto 945-956, poi 1133-34 ecc., che si impegnano nello sprint.

Poi, naturalmente, ci siamo noi vecchiardi che abbiamo fatto la storia, anzi la preistoria del podismo: Gamba ed legn Sala, fermo nella foto 27 di Teida, in azione nella 1024 di Nerino; Tiziano Franchini, già motore della fu-Casa Modena, ora col suo cane (Nerino 1108); nonno Bandieri che, forse lanciando la prospettiva di tazze fumanti del suo cioccolato, corre in compagnia di due bellezze femminili (Nerino 1895), fino a che il figlio non lo ricondurrà alla dura realtà quotidiana (Teida 927-8).

Impegnatissimo (tra i pochi) Micio Cenci (Teida 392), mentre chi scrive passa un’ora e mezzo in compagnia di Paolo Giaroli (cugino del celebre Gelo: foto di Nerino 397, di Teida 674-5): uno che a 19 anni corse la sua prima maratona nella bassa reggiana (dove organizzavano delle 42 con partenze ogni anno da un luogo diverso, Rolo, Novellara ecc.); fu ingaggiato seduta stante dal sottoscritto come staffettista in una 4 per mezz’ora di Barco, vent’anni fa, dove era venuto a mancare uno dei 4; e ora spesso classifica, come giudice di gara, i maratoneti, raccomandando spesso indulgenza per chi sfora di poco il tmax. Mentre ce lo stiamo raccontando, raggiungiamo Cecilia Gandolfi (moglie del fotografo renitente Italo), che racconta appunto di essere nota agli addetti della maratona del Ventasso come colei che devono aspettare prima di chiudere la gara.

Si entra nel tratto più suggestivo, la Villa Spalletti (niente a che fare con lo scarso allenatore calcistico), nel cui parco ci attende Teida per la maggior parte dei suoi scatti (tra il 200 e il 500 circa, con proseguimento lungo i viali e le campagne illuminate da un sole convinto): ci ripasseremo, noi del percorso lungo di 16 km, dopo il giro di boa di Arceto (teatro della famosa gara della gallina come premio, cui Rubiera contrapponeva il cosciotto di tacchino): adesso, niente tacchino, ma ristori ecologici che comprendono persino dei ceci cotti al punto giusto.

E’ tempo di tornare a Rubiera, nella piazza come al solito piena di banchetti e con ristoro sufficiente per tutti (il tè è bello carico e zuccherato): sono rimaste perfino alcune borracce-premio, che possiamo riempire con l’acqua fresca dell’ente intercomunale di servizi (coraggiosamente diverso dalla megautility romagnola che spadroneggia a Modena, Bologna e altrove). C’è poco da dire: nel territorio di quelli che Guareschi chiamava “quadrispigoluti” sta il meglio del podismo italico.

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: N. Carri, D. Petti, T. Seghedoni

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