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Mar 06, 2023 4223volte

Maratona di Bologna: i passi avanti e i passi indietro

Maratona di Bologna: i passi avanti e i passi indietro Roberto Mandelli

5 marzo – Parto dai fatti, sui quali (e solo sui quali) vanno poi elucubrate le opinioni. Arrivati di questa maratona (sebbene il tempo massimo fosse stato alquanto elasticizzato rispetto all’annunciato, fino alle 6h21 dell’ultimo): 1313, più 50 non competitivi in ordine alfabetico (perlopiù stranieri, in ossequio a regole che in tutto il resto del mondo, Francia esclusa, sono incomprensibili). Arrivati nell’ultima edizione (31 ottobre 2021: vedi qui

http://podisti.net/index.php/cronache/item/7944-bologna-marathon-first-edition-be-parliamone.html), 1596+7 nc. E pensate che c’erano state tante defezioni, dovute al rinvio di un anno e mezzo rispetto alla data primitiva, e anche per ripicca di fronte alla richiesta di altri 10 euro per confermare la presenza; e c’erano tutte le procedure Covid, greenpass, autocertificazioni, tracing, mascherine…. Dovemmo avere un gran pelo sullo stomaco per venire nel 2021, forse nel 2023 sono venute meno tante motivazioni (a parte la “restituzione” dei 10 euro, promessa e mantenuta per i reduci della prima edizione).

Nella 30 km odierna (partita alle 9,15 insieme alla maratona): arrivati 958+32 NC; nel 2021 furono 744. Nella 21 km, ossia la vecchia Run Tune Up nata una ventina d’anni fa per sponsorizzare un pacchiano e commerciale gemellaggio con la maratona di New York, e ora accorpata in una sorta di fusione fredda, stile PD, con le due gare maggiori (ma con regolamento diverso made in Uisp, percorso diverso e partenza tre quarti d’ora prima), 1410 classificati. Nelle due ultime edizioni “autonome” (2018 e 2019) erano stati 2399 e 2411.

Quanto ai tempi, io non credo al miraggio dei supercampioni (che magari dopo due anni si scoprono superbombati) ingaggiati a suon di dollari, che vengono a vincere con mezz’ora di distacco sui piazzati. In queste, che una volta si chiamavano “maratone popolari”, la parola ingaggio dovrebbe essere bandita; e ben venga un vincitore bolognese adottivo malgrado il cognome straniero, già secondo nel 2021, che malgrado il miglioramento di 6 minuti sulla volta scorsa realizzi in un tempo col quale nelle major (ma nemmeno a Milano o Roma) a stento arriverebbe nei primi 50; e ben venga il Mandelli junior che arriva terzo in 2.30. E che tra le donne si vinca con 3.10, cioè 17 minuti in più del risultato 2021, a me sta bene purché la vincitrice non venga presentata come una big. E comunque c’è poca trippa per gatti, dato che le categorie restano accorpate due a due, insomma i cinquantenni devono competere coi 41enni: ma le “convenzioni al tortellino” (come le chiama qualcuno) consentono questo e altro, e i patetici inseguitori di prosciuttini possono stare a casa.

Migliori i tempi finali (come scrive Lorenzini: https://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/9861-bologna-bologna-marathon-ripartita-bene-ottimi-i-tempi-e-buona-la-partecipazione.html ) sulla 30 km, mentre la 21 mi è sembrata ancor più nello spirito della festa popolare per corridori locali: non a caso, ben 500 dei classificati ci hanno messo più di due ore, qualcuno anche più di tre. E come dice Marescalchi, non essendo distanza omologata, i risultati non valgono per le sue statistiche.

Se non ci lasciamo deprimere dalle cifre, io comunque parlerei di qualche buon passo avanti, quanto meno per l’allestimento, molto, molto migliorato rispetto al 2021, quando l’assessora allo sport si era arrabbiata minacciando di non dare più i permessi. Allora furono carenti, e in qualche caso mancanti, i ristori; il passaggio in centro nella parte finale divenne una gimcana in mezzo alla movida e ai tavolini dei ristoranti, inclusi gli sbagli di percorso causati da carenza di segnali e di addetti (mentre in periferia avevamo assistito a battibecchi e scazzottature tra podisti, ciclisti e autisti). Quest’anno dichiaro solennemente che in cinque ore ho contato in tutto tre auto (probabilmente clandestine) procedere lentamente sul nostro tracciato, e incredibilmente solo a un incrocio ho assistito a un dialogo pacato tra un vigile e una guidatrice, senza mai sentire strombazzamenti.

Se sommo però queste percezioni all’assenza assoluta di tifo lungo il percorso (a parte un paio di incoraggiamenti arrivati dai piani alti dei casermoni stile DDR in zona Savena/Due Madonne), ai non più di dieci bambini che ti porgevano il cinque (cui aggiungo la sorpresa privata della mia adorabile nipotina Annina, che mi ha teso l’agguato al km 23 accompagnandomi di corsa, mano nella mano, per un po’: la sua mamma, con cui feci 7 km, sotto i 5’/km, durante la maratona di Assemini nel 1993, in attesa di riprendere a correre oggi si limitava a fotografare) direi che i bolognesi, ben avvertiti delle limitazioni del traffico, sono fuggiti dalla città, per riemergere poi nel primo pomeriggio per lo struscio improduttivo lungo la cosiddetta T. A differenza di Milano, Bologna non odia i maratoneti: li evita.

Mentre l’organizzazione ci ha costretti ad affollare gli alberghi cittadini, o a fare doppio viaggio, rifiutando di consegnare i pettorali la mattina della gara e obbligandoci a venire venerdì o sabato nell’intasatissima zona del palasport, oltretutto pure minacciata da divieti di transito. È una prassi non solo bolognese, e certamente messa sul piatto della bilancia davanti al Comune: noi vi rompiamo le scatole la domenica, ma vi portiamo tanti begli eurini. Ma certo non favorisce la partecipazione.

Anche il percorso, evidentemente frutto di compromessi con la pubblica amministrazione, si è attorcigliato nel centro storico per la prima dozzina di km, con un’infinità di curve ad angolo retto e di stradette minimali da imboccare, e l’unica grave sbavatura del “frontale”, intorno al nostro km 10, per circa mezzo km, coi corridori della 21 ormai alle battute finali, ma costretti a salire sul marciapiedi perché la strada non larghissima era tutta nostra. Con tutti questi ghirigori, ci saranno state almeno 100 occasioni di “tagli”, di fronte a due soli controlli chip; gli squalificati in effetti sono parecchie decine, ma chissà se i colpevoli sono solo loro. 
In compenso, dal km 12 circa siamo andati su stradoni lunghi chilometri, tutti per noi, fino a farci sentire spaesati lungo la Cristoforo Colombo-Marco Polo che da Castelmaggiore riporta in centro: strada larga trenta metri, percorsa da noi quattro gatti over 4h30, mentre le auto chissà quali viottoli campagnoli dovevano fare. 
La maglietta blu compresa nel pacco gara rappresentava stilizzate le “emergenze” bolognesi: San Luca dove fortunamente non ci hanno mandato, San Petronio, e le due Torri, che nel disegno non sono pendenti, e che abbiamo visto solo alla partenza, attraversando via Rizzoli per raggiungere via Indipendenza, ma poi sfioreremo solo alla distanza di sicurezza di 2/300 metri (a differenza del 2021 quando ci passammo proprio sotto).

Numerosi i monumenti sotto cui siamo passati (San Domenico – ma non San Francesco  né San Giacomo né Santo Stefano con annessa casa di Prodi, lasciate a un centinaio di metri -, i Servi, casa Carducci, alcune piazze grandiose inclusa quella nuova del “Liber Paradisus”), peccato che nessun cartello li indicasse, e rimanessero dunque estranee ai non bolognesi (personalmente ho scoperto, dopo mezzo secolo, la casa dove abitarono i fratelli Arcangeli, uno poeta e l’altro finissimo intenditore d’arte, vicino al leggendario liceo Minghetti; ma siamo pure passati davanti alla casa del pittore Morandi e nessuno se ne è accorto).

Maratona intestata anche a Lucio Dalla, ma facevano un po’ pena le cinque-ragazzotte-cinque (4 per l’esattezza, più un maschio), che accompagnate da un chitarrista eseguivano canzoni di Lucio, magari cambiandoci le parole per inserirci la parola “maratona”: se penso che a Nashville ogni miglio c’è un complesso rock che ti suona Pretty woman o The house of rising sun o Lay Lady Lay… tiremm innanz; ho sentito il dovere di applaudire queste stakanoviste senza pubblico. Versi di Dalla erano incisi anche sulla medaglia, originale nel disegno come ormai lo sono tutte: quando una medaglia-medaglia, tonda e dorata, diventerà una rarità, allora gli organizzatori riprenderanno a proporle (è il conformismo dell'anticonformismo, qui ci vorrebbe Umberto Eco a spiegarlo).

Ristori molto migliorati rispetto al ‘21: acqua abbondante e quasi sempre fresca, in bottigliette chiuse (che buttavamo piene ancora per tre quarti generando allagamenti per strada); a volte sali liquidi in bicchiere, niente bevande calde (eppure siamo partiti con 5-6 gradi, arrivando intorno ai 16°), banane intere o a fette. A gestirli erano le società bolognesi, e mi sono un po’ vergognato a vedere amici del Calderara o del Ponte Lungo ridotti a servire me che andavo più piano di quanto sarebbero andati loro. Scarse invece le toilette mobili; quasi nessuna lungo il percorso, e in numero insufficiente in zona partenza, col risultato che decine di podisti si sono liberati dei liquidi pre-gara facendola contro il muro del palazzo comunale: è passata una macchina della polizia, e un pulotto ha urlato “ma voi pisciate contro il muro di casa vostra?”, per fortuna senza estrarre il libretto delle multe. Per le docce bisognava tornare al palasport, 1 km e mezzo rigorosamente da fare a piedi, e credo che ben pochi ne abbiano usufruito. Si perdono nella nebbia dei personali ricordi evanescenti le docce militari istantanee allestite a pochi metri dai traguardi di Ferrara o Firenze.

Misurazione del percorso: non metto lingua, e non so cosa pensare dei 150 metri di dislivello annunciati dai due gps che avevo; i quali, al km 12 ufficiale sono arrivati segnando entrambi 12,500; poi si sono stabilizzati sui +500 (cioè i km parevano ‘esatti’), salvo calare dal km 30 e arrivare quasi a cifre normali, compatibili con le misure giuste: salvo un’ultima risalita dal km 42,000, segnato esattamente all’ingresso in piazza Galvani, ma dove per il traguardo sotto il palazzo Re Enzio mancano (mappa TCI e doppio decimetro alla mano) quantomeno 250 metri.

Classifiche date rigorosamente col gun-time, senza nemmeno indicare il real-time (ma a che servivano i tappetini in partenza?); qui non dico nient’altro rispetto a quanto detto più volte, e così non mi attiro nemmeno l’ira concorde di Lorenzini e Marescalchi. Il quale ultimo co-gestiva, simpaticamente, gli arrivi, e mi ha costretto a una intervista finale appena tagliato il traguardo: fortunamente, malgrado la cotta che mi attanagliava da quel maledetto cavalcavia sulla tangenziale (km 27) , riuscivo a reggermi in piedi e soprattutto a collegare il cervello. Del ristoro finale, frazionato in vari tavolini, anche dalla Patty ferroviera maratoneta, ho apprezzato soprattutto le squisite prugne; primo viatico per affrontare il faticoso rientro alla stazione fendendo la calca della T (bus, neanche a piangere fino alla Montagnola). Sul treno, fortuito incontro con una famigliola bergamasca, in cui il papà ha corso oggi la sua prima maratona. Tra un po' arriverà in stazione anche il padre Castrilli, ovviamente per scendere lo Stivale: anche il suo è stato un ri-esordio, e le sue prime considerazioni sono, come sempre, molto indovinate: http://podisti.net/index.php/commenti/item/9875-bologna-marathon-promossa-percorso-da-migliorare.html

Continuo a credere più nel passaparola dei podisti che nelle ingannevoli comunicazioni ufficiali secondo cui è tutto ottimo e meraviglioso e ogni anno si fa un record: appunto per questa fiducia, vorrei sperare che nella prossima maratona di Bologna (se e quando ci sarà: della nuova serie, questa è la prima che si svolge nella data prevista) gli amici dei podisti che oggi hanno corso torneranno a popolare una gara degna di una grande città dove “non si perde neanche un bambino”.

 

Informazioni aggiuntive

Fonte Classifica: ENDU

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