Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

26 luglio - Nei tempi ante-Covid-natum, per S. Anna (appunto oggi) i coordinamenti podistici modenese e reggiano si gemellavano in una gara sulle colline di Castellarano (bè, per i nostalgici duri e puri era esistita anche, in un’altra frazioncina chiamata Sant’Anna, una camminata dell’Unità, sepolta però dalle macerie del Muro).

Poi è successo quello che sappiamo, e dalla fine di febbraio 2020, salvo iniziative isolate di singole società, non ci sono più state le classiche gare non competitive di massa. In provincia di Modena si è ricominciato da poco più di un mese, ma – salvo un paio di casi, come al Club Giardino di Carpi, o in altri luoghi collinari dove però ci si orientava verso il tipo-escursione  – sempre in forma competitiva; cioè niente camminatori o comunque non agonisti, quelli che numericamente costituivano forse l’80% della massa podistica.
I quali invece sono stati invitati a Sassuolo, con la benedizione del Coordinamento modenese e la presenza prestigiosa dello speaker Brighenti richiamato d’urgenza da Livigno, addirittura per una corsa nuova, fortemente voluta dal “Gruppo sportivo Totip” di Pippo Ansaloni (foto 15 del mio albumino messo insieme come al solito dal Mandelli: https://podistinet.zenfolio.com/p459607342 ), storico gestore di una tabaccheria e ricevitoria sportiva a pochi passi dalla partenza.
E’ vero che il “piazzale Porrino” indicato dal volantino è ignoto a tutti i navigatori e Gps, e pochi minuti prima del primo via (la partenza era consentita tra le 19 e le 20) abbiamo incontrato nel centro di Sassuolo l’altra presenza di grido del fotografo Italo Spina (foto 1-2-3, e alla meta nella foto 9) che, in assenza della coniuge, cercava appunto il ritrovo (tempestivamente raggiunto invece dal collega Nerino, che ha già scattato le prime decine del suo mezzo migliaio di foto https://podistinet.zenfolio.com/p262814954 ).

Chiedendo e tirando a indovinare, abbiamo trovato tutti il posto, poco dopo la chiesetta di S. Anna (appunto: foto 4-8 del sottoscritto), al confine della zona pedonale tra i due parchi Ducale e Vistarino, ampiamente usufruiti dal podismo locale.
Vabbè, quanto a fake news circolava anche, su una chat di podisti, la notizia di una imminente grandiosa eclissi lunare, la più estesa mai vista… salvo che era un’eclissi di tre anni fa. Almeno piazzale Porrino esiste, sebbene avrei da ridire sulla mania di rinominare le strade ad ogni cambio di regimetto (che a Sassuolo avviene regolarmente, e ce ne accorgiamo dall’apparizione o scomparsa del nome dialettale Sasôl sui cartelli stradali) o ad ogni suggerimento della moda. Vuoi celebrare uno? Dagli il nome di una strada nuova, e lascia in pace quelli di via Belmeloro che adesso si trovano in via Andreatta, dando un’ulteriore scusa alle poste per non recapitargli la corrispondenza.

A ogni modo, nel nostro luogo iscrizione supereconomica, anzi sottocosto, perché ai rituali due euro della tariffa pre-Covid corrispondono una bottiglia di lambrusco di marca e una bottiglietta di minerale (oltre a un buono sconto del 20% per acquistare altro vino). Si continua la formalità della autodichiarazione e del tracciamento, ma comincia ad aprirsi la possibilità di esibire il green-pass spazzaproblemi, e di fare a meno delle mascherine (gli spazi sono tutti all’aperto, e meno male che la grandinata pomeridiana si è conclusa da tempo, lasciando solo una benefica scia di aria fresca, facciamo 27 gradi): ma la signora Ceci usa la mascherina anche nel primo giro, poi saggiamente la toglie (rinunciando però agli elogi dai suinifici partenopei).
Non ci sono ancora le tende né il deposito borse, ma Brighenti sa provvedere pure al controllo de visu e collaborare alla gestione del traffico, sulla base del tormentone “A m’arcmand, a v'aspet tott!” reso 'virale' (come si dice oggi) da un tardo imitatore del rimpianto Gianni Vaccari (foto 9-11).

Il percorso è misurato, forse con un po’ di generosità, in 3,7 km, che raddoppiati diventerebbero 8,4 (sic) secondo il volantino, diciamo 7,0 secondo il Gps. Qualche dubbio viene nella piazzetta un tempo adibita a ritrovo delle tende, dove qualche freccia resa poco visibile dalle auto parcheggiate può indurre a svoltare troppo presto (foto 19-20, e nella 21 si vede la parte nord del tracciato che minaccia di esser esclusa). Ma l’importante è ritrovare i vecchi amici che avevi perso da un anno e mezzo (a parte i superagonisti alla Paolino Malavasi, che si era preoccupato non vedendomi nei ‘suoi’ ultratrail dell’ultimo mese; però dalle foto di oggi non mi sembra corra a un gran ritmo, a differenza dell’austero e solitario prof ligure di San Donnino che si impegna allo stremo anche nelle corse attorno al condominio e schiaccia il cronometro nel millimetro esatto del traguardo…); riecco la storica coppia sassolese Franca-Evaristo alle iscrizioni (foto 25-26 di Nerino), la premiata ditta cioccolatiera Bandieri da Formigine (mia foto 12), la farmacista Rossana, di Maranello con estensione sportiva fino a Formigine; Nossa Senhora Auxiliadora do Brazil con marito sassolese un passo indietro e un po’ su di peso (foto 282 e 426 di Nerino), Mameli a cui il lockdown ha prodotto un significativo rialzo dei globuli rossi e presto riprenderà a suonare il suo Inno al podismo; la giovane e graziosa podista-stretcher delle foto 16-18, e soprattutto (per quanto mi  riguarda) il Giuseppe Cuoghi della Cavazzona, che ribadisce la compaesanità con Raffaella Carrà (altrocché ‘bolognese’ o igeotamarina: suo cugino Athos Pelloni era il più grande produttore di formaggio della Cavazzona, oltre che driver e possessore di cavalli da corsa, su cui Cuoghi scommetteva arrivando a vincere quasi come il suo stipendio da bancario costretto alle trasferte quotidiane in pullman fino alla sede obbligata di Verona….).

Insomma, anche tagliato il traguardo sotto gli scatti di Nerino e Italo, non si vorrebbe mai venire via: Brighenti conversa amabilmente senza microfono, anche i cioccolatieri di Formigine indugiano a festeggiare, adesso che il buio nasconde gli orrori edilizi di Sassuolo, mentre le luci artificiali illuminano le bellezze che Nerino va a passare in rassegna. Consoliamoci che il gruppo Totip dà appuntamento, tra poco più di un mese sempre da queste parti, per la Sassolissima Night; il resto, dopo un ultimo passaggio dalla contigua pista di Fiorano giovedì prossimo (dove correrà Yohannes Chiappinelli), ce lo diremo allora.

4 luglio – Ripartono le non competitive Fiasp, in quel territorio della Bassa lombarda (unito alla Bassa emiliana, Mirandola e dintorni) che è sempre stato il nocciolo duro del podismo all’antica, fatto più di “bagulament” in allegria che di agonismo cronometrato (c’è spazio per gli uni e per gli altri, a saperlo trovare, come c’è un tempo per vivere e un tempo per morire secondo il Qohelet).

Paradossalmente, il Covid ha trasformato in quasi-regole quelle che apparivano eccezioni a malapena tollerate, come la partenza libera e a gruppetti ridotti se non addirittura individuali: in quest’anno e mezzo in cui personalmente (e alla faccia degli iettatori squalificati) mi sono fatto un sacco di competitive lungo mezzo Stivale, mi è capitato spesso di partire da solo o comunque distanziato dai colleghi. Beninteso, col chip che alla fine dava a ciascuno il suo tempo e la sua classifica.

Prima, molto spesso avevo biasimato (e non me ne pento) l’anarchia delle partenze nelle gare non competitive: pazienza le fiaspate, che hanno nel non-agonismo e nell’apertura a tutti il loro fulcro vittorioso, ma continuava a seccarmi la gente che, convocata per le 9, partiva alle 8,30 onde approfittare dei ristori finali prima che arrivassero i corridori rispettosi degli orari, e come cavallette infilava nelle proprie bluse o sportine della spesa bottiglie e panini e dolcini trovati sui tavoli dell’arrivo.

Ma non era il caso di oggi: qui sulle due sponde del Po vige un podismo fatto anche di camminatori, di anziani che domenicalmente si ritrovano per raccontarsi i loro fatti, dove nessun giudice al traguardo stabilirà che Pinco Palluccio ha vinto la categoria M 75 correndo a 7:30/km e battendo l’unico altro concorrente che avendo una gamba sola ha fatto i 12’ a km.

Qui si arrivava al ritrovo (uno di quei meravigliosi centri del Mondo Piccolo di Guareschi, o se volete un Rio Bo di Palazzeschi: un argine, una chiesina, un prato di fianco, una strada sola che finisce nella scalinata contro l’argine), si pagano 2/2,5 euro per l’iscrizione, si riceve un pettorale con nome-cognome-anno di nascita, ci si incammina quando si vuole, e al traguardo ti danno un chilo di pasta e un po’ d’acqua o di tè da bere (se va bene, c’è anche la lingòrria, mentre è ormai finita nel mito degli estinti la polenta col lardo ad la Tajada).

Quando impari dal calendario l’esistenza di questa Marcia di Scorzarolo, se non sei di queste parti devi per forza consultare Google Maps e altre fonti, da cui apprendi che:

Nella frazione o località di Scorzarolo, in 39 case risiedono centodiciannove abitanti, dei quali cinquantotto sono maschi e i restanti sessantuno femmine.

Vi sono cinquanta individui celibi o nubili (ventisei celibi e ventiquattro nubili) quarantasette individui coniugati o separati di fatto, e sei individui separati legalmente, oltre a due divorziati e quattordici vedovi.

A Scorzarolo risiedono quindici cittadini stranieri o apolidi, sette dei quali sono maschi e otto sono femmine. Sul totale di quindici stranieri 6 provengono dall'Africa e 9 dall'Asia.

Non c’è banca né farmacia né albergo (un meraviglioso ristorante “Terrazze sul Po” lo vedremo però in gara). Bè, cinquanta celibi su 119 è una bella cifra per i cacciatori/cacciatrici di sistemazione e magari di cittadinanza... Basta sopportare in un anno otto mesi di nebbia e quattro di zanzare, e si vive benissimo. Anzi, lo raccomanderei. In questi posti il tempo scorre più lentamente: se giri con l’auto, devi mettere nel conto che ogni tanto devi fermarti perché due che si sono incrociati davanti a te si fermano a chiacchierare sulla raccolta dei pomodori o sugli storioni del Po o su dove avranno sepolto Saman (io punterei su queste parti, non su quelle dove la cercano: a scavare la sabbia o il fango del Po basta una paletta da bambini..).

Poi si cerca di capire il perché del nome della gara, scoprendo che "i Bagulun da Scursarol" sono una associazione di volontariato addetta alla cura e gestione del verde pubblico, organizzazione di feste, sagre e mercatini, tra cui la processione del venerdì santo, la sagra del Paese, la Cena sotto le stelle; e naturalmente questa corsa.

Mah, con tanti bagoloni che imperversano a pagamento in tv per spiegare che la vaccinazione eterologa va male, anzi va bene, anzi va così così, mi sembra che questi almeno qualche cosa concreta sappiano farla.

Parcheggio più che sufficiente di fianco alla partenza; percorso segnatissimo (magari – oso dire – misurato un po’ con l’elastico, dato che i 12 km dichiarati saranno grosso modo 10), in parte sull’argine del Grande Fiume, in parte nella campagna fertilissima dove i malghetti sono un bosco che fa ombra, e i canali garantiscono acqua perenne per le colture (zucche come da queste parti non nascono in nessun altro posto).

Dopo meno di mezzo km una rampa porta sull’argine, verso la confluenza dell’Oglio e il mitico ponte di chiatte di Cesole. Tante altre chiatte sono arenate e servono da casette private, o chissà, da ristorantini con attorno una balera come usava nei tempi del miracolo economico, a da pied-à-terre per cena romantica con una delle nubili di cui sopra: confesso che oggi, ogni tanto devio dal percorso per visitare posticini affascinanti, tanto non devo battere nessuno, e anzi è bello quando raggiungi qualcuno fermarsi a scambiare le impressioni.

Purtroppo fra le prime notizie che ricevo c’è quella della scomparsa del grande Franco Pederzoli da San Martino in Rio: 76 anni, se ne è andato in fretta lunedì scorso. Podista navigato, più volte finisher del Passatore, organizzatore di camminate nella sua zona (citerò solo l’ultima, la Tre Sere di Correggio), fino all’estremo si era impegnato nel sociale: mi dicono che nell’ultimo anno, in tempo di pandemia, passava tutti i giorni a controllare che nella mensa scolastica tutto fosse a posto e in sicurezza, e se qualcosa era rotto, lo sistemava lui. Di Uomini come Franco ce ne sono sempre meno (lo dico anche dopo aver raccolto alcune confidenze che mi faceva): santo subito, aggiungo.

E continuiamo, come ci avrebbe detto di fare anche lui: un primo ristoro si apre a fianco di una meravigliosa villa nel verde adibita ad agriturismo, un secondo è sull’argine di un canale dal nome dialettale. Il fotomontaggio di Mandelli vi dà un’idea del fascino impensato di questi luoghi.

In tutti i ristori ci si ferma a scambiare qualche bagolada: con Sara, signora bionda di classe, che a Novi gestisce con Claudia il negozio di una azienda vinicola con sede centrale al Cavezzo, e garantisce la bontà del suo lambrusco; con Uber da Viadana, compagno di tanti ultratrail (rievochiamo la notte passata nel seminario di Bobbio, con Mario, alla vigilia della Abbotts Way). E mi permetto una deviazione anche verso una casetta di campagna, dove quattro micini nati da poco cercano affetto.

Si sale di nuovo sull’argine, ed ecco riapparire Scorzarolo, come apparve a Guareschi il paesello che poi divenne l’immagine-tipo del borgo di Peppone e don Camillo. Ma no, non deve finire così presto: tiro dritto lungo l’argine, arrivo fin dove quattro-cinque persone stanno facendo il bagno in Po (come lo facevo io nell’estate del 74 quando non avevo i soldi per le spiagge ufficiali): poi ridiscendo con calma verso le 39 case e le 24 nubili di Scorzarolo.

C’è un po’ di afa e, come prevedibile, i vestiti sono mogli di sudore: ma a cinquanta metri dal traguardo c’è una meravigliosa fontanella pubblica (di quelle che dovrebbero rendere obbligatorie in ogni paese e città), e complice il poco affollamento riesco a ripulirmi alla perfezione. Così da essere pronto per ripercorrere il ponte di Cesole, mai così in pendenza (un tipo in Panda si blocca sulla salita beccandosi le maledizioni di chi deve passare); e puntare poi su Sabbioneta, una delle cittadine più belle d’Italia (parola d’onore), organizzatissima nella tutela e visita dei suoi monumenti. E dove un pranzo per due, in una centralissima bottega-ristorante, compreso dolce, vino (un lambrusco mantovano che sa ancora d’uva), acqua Lauretana (alle cui fonti avevo appena corso, in quel di Biella), e caffè costa 27 euro. Si spende di più mangiando a casa.

Altro che cashback annullato due giorni prima dell’avvio, con tipica decisione da Repubblica di Bananas. Oggi posso dire di essermi ripagato, e non solo nel portafoglio, i 190 km di viaggio fatti per venire alle 39 case di Scorzarolo e alle stupende geometrie di Sabbioneta.

 

SERVIZIO FOTOGRAFICO - CLASSIFICA GENERALE - 26 giugno - Dopo la forzata interruzione del 2020, si è svolta nel tardo pomeriggio di sabato la seconda edizione dei “Diecimila della bilancia”, una gara che già al suo esordio nel 2019 aveva suscitato commenti molto favorevoli http://podisti.net/index.php/cronache/item/4351-la-prima-10-km-di-campogalliano-corsa-e-birra.html

e quest’anno si presentava come campionato regionale Uisp sui 10 km oltre che come prima gara competitiva stradale in provincia di Modena (una delle più pigre a ripartire, come si è già lamentato).

Non sarà un caso che ad organizzare questa gara sia stato lo stesso poliedrico personaggio che poche settimane fa aveva riacceso il podismo nel capoluogo della Ghirlandina, con un 5000 sulla pista del vecchio ippodromo di Modena http://podisti.net/index.php/cronache/item/7289-modena-5000-del-novisad.html:

risponde al nome di Emilio Mori, podista di vaglia, e nella vita ex fonditore e idraulico, poi pianista, regista radiotelevisivo e infine organizzatore di eventi sportivi.


L’abbinamento Uisp ha pressoché quadruplicato i partecipanti, e il tetto prestabilito dei 300 (prudenzialmente limitato causa le fatiscenti norme anticovid, proprio nella città dove risiede il presidente della regione) era stato raggiunto vari giorni prima della scadenza, con un doppio svantaggio: molti che lo desideravano non hanno potuto iscriversi, e d’altra parte le troppo favorevoli condizioni di iscrizione (dai 10 ai 15 euro a seconda delle date, ma da pagare solo il giorno della gara) ha fatto sì che dei 300 iscritti si siano presentati in poco più di 240, con un discreto danno economico per chi organizzava (e aveva predisposto un pacco gara non male, da asciugamano a maglietta e perfino a “mascherina filtrante precauzionale”: come ‘precauzionarsi’ dalle zanzare mettendo le inferriate alle finestre).

Solo in extremis, coi fattivi uffici della giudice Fidal Simona Neri e il beneplacito del Governatore (lui sì che lo è) Uisp - Fidal –quant’altro Christian Mainini, si è riusciti a sostituire qualche rinunciatario con chi stava in lista d’attesa. Ma un altr’anno sarà meglio trovare un modo per punire i fedifraghi (certo, ci sarà sempre uno che si stira il muscolo deltoide o si becca la variante delta, ma 60 su 300 proprio no).



Ciò nonostante, ampi parcheggi esauriti già un’ora prima del via, peraltro con riserve di posti disponibili entro 150 metri. Preparativi in ghingheri, con The Voice Brighenti, The Advisor Bernagozzi, e lo schieramento di tutti i migliori fotografi tranne Nerino Carri che… correva, dopo aver però piazzato la consorte fotomunita in un punto strategico.

Si è rivista tanta gente che il proibizionismo sembrava aver mandato in letargo, eppure fino al 2019 costituivano il nerbo del podismo modenese: citando a caso, la Ilva da Fossoli, Pivetti da Modena/Formigine (in veste di atleta), il cioccolataio Bandieri Ottanta-voglia-dicorrere, che ha riformato la coppia con Cecilia Gandolfi; e appena fuori dei confini Soraia Pozzi, gli immancabili cugini Giaroli, l’hockeista Cuoghi della Cavazzona (che sportivamente si è aggiudicato il 229° posto, lasciando davanti a sé le 86 primavere di Giovanni Sirotti); e così via.

Circuito di 4 giri, due dei quali più lunghi di circa 400 metri rispetto a quelli “corti”, tutti con passaggio davanti al santuario campestre della Madonna della Sassola, e gli ultimi 500 metri su una ombreggiata pista ciclopedonale con curve abbastanza ‘tecniche’. Ovviamente chiusura assoluta al traffico; un ristoro di acqua, non propriamente ghiacciata, dopo circa 5,500 km, ripetibile nel giro successivo dunque verso l’8.

Ha vinto nettamente Luca De Francesco, 39 anni a breve, accreditato di un 32:14 sui 10mila in pista, due mesi fa, di un più stagionato 32:08 sui 10mila stradali, di 1.09:59 alla mezza di Verona 2020, e di tre under 2:30 alle maratone di Reggio (visto che va forte, sta a vedere che Saverio Fattori e quelli del suinificio lo autorizzeranno a farsi i selfie).



Qui ha celebrato il suo fresco tesseramento per i Modena Runners con un 32:18 in progressione: quelli della mia stazza, intenti al loro secondo giro, sono stati doppiati dai primi due, al loro terzo. Era ancora in testa Mamadi Kaba dalla Guinea ma tesserato Castenaso, ma la gente tifava Luca e lo spingeva “dai che lo prendi!”,  e così è stato, con un vantaggio finale di 29 secondi, e di un minuto e mezzo su Marco Ercoli, il ‘gemello’ che già avevamo ammirato in pista a Spezzano. Seguono i migliori nomi del podismo regionale, inclusi alcuni già presenti nel 2019: sesto William Talleri (terzo nel 2019), 9° Federico Davoli (ottavo due anni fa), 19° Paolo Calamai, cui basta peggiorare 21” per perdere 14 posizioni, a riprova di quanto si fosse elevato il livello qualitativo.


Appena dietro Calamai arriva la vincitrice femminile, Federica Proietti della Corradini, che con 37:09 precede di un minuto e mezzo la compagna di squadra, altra habituée della pista di Spezzano, Fiorenza Pierli. Un’altra ‘spezzanese’, e protagonista annunciata, Laura Ricci, sembra incappi in una crisi e abbia bisogno del compagno di squadra Andrea Rovina per chiudere quinta in 40:54. Ottima cosa è l’acqua, esordiva Pindaro, e anche l’oro, ma noi tesseremo le lodi di Giuseppina Luongo, del Lamone, che arriva ultima donna, ma terza della sua categoria, in 1.14:34.

Ce n’è di che sbizzarrirsi per Roberto Mandelli, concittadino del Pessina goleador azzurro, che sulla base delle foto più o meno amatoriali ricevute si profonde in fotomontaggi d’arte, affiancando anche (con un atto di forza) il vincitore a braccia alzate, il sottoscritto intento a dribblare Italo e Morselli, e il gruppetto di Simona Neri nel momento in cui William Talleri affianca e supera. Contento lui, contenti tutti quelli che erano a Campogalliano in questa elettrizzante serata di un sabato italiano.


24 giugno – Due gare, sugli 800 e i 5000 metri, nella seconda puntata del “Challenge Circuito di Fiorano”, organizzato nella frazione di Spezzano da Modena Runners Club (della prima serata abbiamo già detto http://podisti.net/index.php/cronache/item/7317-il-podismo-accorre-alla-pista-di-fiorano-per-una-festa-innovativa.html )

Hanno concluso la propria corsa 66 atleti (di cui 24 donne) sugli 800, e 42 (con 8 donne) sui 5000, gara che ha registrato uno spettacolare incremento tecnico, con ben 7 corridori sotto i 15 minuti, tutti nella prima delle tre manches maschili (più una femminile), cui ha assistito Stefano Baldini al seguito dei suoi ragazzi.

Ha vinto abbastanza nettamente Luis Matteo Ricciardi, ventottenne della Sacmi di Imola (tre atleti piazzati nei primi 9), con quattro secondi e mezzo sul secondo.

1          83        RICCIARDI Luis Matteo      1993    SM      BO014 ATL. IMOLA SACMI AVIS            14:34.09         

2          60        CASINI Marco           1999    PM      MO403 DELTA ATL. SASSUOLO 14:38.52

3          84        ROSSI Davide           2000    PM      MO052 A.S. LA FRATELLANZA 1874     14:40.68         

 

Tra i primi dieci, ben tre ragazzi del 2003; agli ultimi due posti, due M 70, che potrebbero essere nonni dei primi e hanno replicato migliorandola la prestazione della prima serata.

Le otto donne sono state regolate dalla ferrarese 49enne Chiara Damiani in 20:09, 41 secondi davanti alla reggiolese Rita Bartoli.

Giovanissimi in cattedra, come era da aspettarsi, negli 800: ha vinto in 1:54:95 il diciannovenne Marlon Bettuzzi della Fratellanza, davanti al sedicenne Kevin Lodi. Il primo master è decimo, il quarantasettenne Alessandro Bianchi, con un più che rispettabile 2:04 .

 

1          10        BETTUZZI Marlon    2002    JM       MO052 A.S. LA FRATELLANZA 1874     1:54.95           
2          25        LODI Kevin   2005    AM     VI614 G.A. BASSANO        1:55.91           

3          20        FERRETTI Roberto   2001    PM      RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS.            1:56.11

 

Tra le donne ha prevalso la ventitreenne Giada Fuligni con un secondo scarso su Fiorenza Pierli, che di anni ne ha 18 in più ed era stata seconda anche nella prima giornata sui 1500 metri.

 

14        FULIGNI Giada        1998    SF       MO497 MODENA ATLETICA       2:14.10

20        PIERLI Fiorenza        1980    SF40   RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS. 2:15.0

10        DALLASTA Stefania 1987    SF       FI007 TOSCANA ATL.EMPOLI NISSAN 2:15.78           

Aggiornata dunque la classifica ‘compensata’ master, che al momento annovera 55 uomini e 28 donne over 35. Ricordo che per entrare in classifica si potranno scegliere i due risultati migliori dei quattro eventi in pista (i due prossimi, a luglio), sommandoli poi ai 10 km su strada programmati in settembre.

Fiorenza Pierli incrementa il suo vantaggio in campo femminile, dove solo Lara Gualtieri sembra poterla impensierire.

1

PIERLI Fiorenza

CORRADINI RUBIERA

SF40

968

889

 

 

1857

2

GUALTIERI Lara

LA FRATELLANZA

SF45

882

876

 

 

1758

3

CORRADINI Rossella

LA FRATELLANZA

SF55

806

707

 

 

1513

 

Tra gli uomini, assenti stasera i due capofila Marco Moracas e Manuel Dallabrida, passa in testa il ferrarese Luciano Magagnoli, M 65, che dopo i 1500 di due settimane fa stavolta si è cimentato sui 5000 (19:44)

1

MAGAGNOLI Luciano

C. ATL.COPPARO

SM65

797

763

 

 

1560

 

2

VIGNOLI Andrea

ACQUADELA

SM45

747

700

 

 

1447

 

3

GENTILE Fabrizio

MRC

SM45

701

724

 

 

1425

 

 

Ottimi balzi in avanti di altre tre cinquemillisti, Fausto Barbieri, Fabio Poggi e Giacomo Carpenito, ora nelle prime posizioni di rincalzo. E accanto a Carpenito, del comitato organizzatore, vorrei segnalare anche il suo presidente Alberto Cattini, che si è preso un solo intervallo nelle cinque ore della serata (dedite sempre a trasportare premi e consegnarli sotto i podii di ogni singola gara, con mascherina d’ordinanza per l’ultima volta), per correre gli 800 in 2:24: quello che si dice “cantare e portare la croce”.

Ci si ritrova, per chi non va in vacanza, sempre a Spezzano il 15 luglio per una serata dedicata alle staffette, la 4x400 e una più inedita 3x2000.

SERVIZIO FOTOGRAFICO - 20 giugno – Il bosco, o foresta, del Cansiglio (spartito tra Belluno e Treviso, senza escludere Pordenone) non so se rientri nella sterminata popolazione dei “patrimoni dell’umanità” (non capisco nemmeno questa corsa degli enti locali a ottenere il bollino dell’Unesco, con patteggiamenti vari e accordi sopra o sotto il banco), ma è un luogo ben meritevole delle migliaia di turisti che alla festa lo percorrono (con le famiglie, coi cani, in solitudine), a piedi, in bicicletta, a cavallo, e affollano le numerosissime aree picnic, ad onta del fatto che gran parte della zona “non ha campo”, insomma i whatsapp e in molte aree anche gli sms e le chiamate vocali non partono (che bello! un giorno senza telefonino).

Il bosco è curato benissimo (perché i boschi vanno curati, gli alberi tagliati quando è ora: altro che riserva naturale dove edera e rami spinosi soffocano tutto), i sentieri sono ben tenuti, la segnaletica è eccezionale, in più ci sono due musei della gente cimbra e un giardino botanico da perderci un giorno intero. Lascia un po’ a desiderare la ricettività: per esempio il rifugio Sant’Osvaldo, su cui si impernia la gara, sembra sprangato (lo ritroveremo in mani cinesi?); però c’è in giro un sacco di venditori di cibo “da strada”, e i ristorantini al chiuso o all’aperto fanno il pieno e devono mandare indietro i potenziali clienti (tornato dopo la corsa al mio alberghetto, alle 14,30 non c’era più niente da mangiare).

Quanto allo sport, questa è una zona ad alta densità podistica: alla base del Cansiglio, dal lato di Conegliano stanno Cappella Maggiore e Fregona, teatro di storiche maratone su asfalto e su trail (ovvero Troi come si dice nella lingua locale, stupenda varietà di tedesco antico: ae, vae, drae, fire, fife, sese…); dal lato di Alpago, lungo la mitica SS 51 delle Dolomiti, ci sono le corse attorno al lago Santa Croce, e appena più su, Longarone, Zoldo, Cortina...

Senza dire che i nostri organizzatori, con in testa il disponibilissimo Maurizio Simonetti (che vedete nella foto 7), sono di Conegliano, già teatro di una ‘variante’ della maratona di Treviso nonché punto di passaggio della storica maratona che partiva da Vittorio Veneto, ai tempi che Luca Zaia era uno dei promotori; e in un enorme supermercato di Conegliano avviene la distribuzione di pettorali e pacchi gara di questo sabato (ma si poteva anche fare tutto a Pian di Cansiglio la domenica mattina).

Dunque, Bolkènt in Lont von Zimbarn: eccoci tutti, pochi minuti prima delle 8 di domenica, a percorrere il labirinto studiato per le norme o fisime anticovid: prova della febbre (e gli asintomatici?), dichiarazione di non soffrire di anosmia o ageusia (avrei voluto soffrire di anosmia nel mio alberghetto, dove invece l’odore dei porcini fritti impregnava fin la camera da letto; ma per fortuna la “geusia” mi è servita per gustare alcuni dei piatti favolosi serviti in tavola come da menù in foto 3).

Per eccesso di meticolosità, i nostri nomi sono spuntati sull’elenco degli iscritti all’ingresso nell’area, e poi, una volta schierati alla ‘rigorosa’ distanza di un metro, cento per ogni gruppo distanziato di 5 minuti dall’altro, due giudici passano a prendere giù di nuovo i nostri numeri (e se non basta, Morselli ci fotografa tutti). Infine c’era il tappeto dei chip: insomma, era difficile per un ipotetico truffatore padano inserirsi nella corsa partendo, che so, da quota 1350 circa dei km 9-18 (zona del monte Pizzoch) e poi buttarsi alla caccia di premi…

Premi che erano molto numerosi per la gara principe della giornata, una 30 km Fidal che ha visto al traguardo 291 atleti, anche di ottimo livello, e che in campo maschile registra i primi due, Matteo Vecchietti (2h03’31”) e Said Boudalia separati da un minuto, mentre fra le donne Sara Mazzucco (13a assoluta)  ha vinto in 2.29 con 11 minuti sulla seconda, Chiara Moretto (e siccome le due ragazze, partite un quarto d’ora dopo di noi maratoneti, mi hanno superato all’incirca verso il km 15, posso garantire che si tratta di due miss affascinanti, oltre che ovviamente di due atlete coi controfiocchi).

Scaglionamento-Covid a parte, i tre percorsi erano identici sin verso il km 12, quando i 545 cor-camminatori dei 16 km si staccavano scendendo verso la piana del traguardo, per salutare la vittoria di Simone Masetto in 1h11’43, un buon minuto sul secondo, mentre fra le donne Martina Brustolon non aveva rivali per prevalere in 1h25’06.

I colleghi dei 30 km condividevano con noi gli eccellenti ristori nel bosco (circa uno ogni 4 km, troppa grazia: al 18,5 sembrava di essere in paradiso) fino all’appostamento fotografico di Jader Valentinowski, indi al bivio del km 25, poco oltre il citato alberghetto; quando loro erano dirottati verso destra su una stradetta che, volendo, arriverebbe a Piancavallo, mentre per noi stakanovisti della fatica, giunti al punto più basso del percorso a 900 metri slm dopo una fantastica discesa in cui il mio Gps stupiva segnando punte di 5:03/km, cominciava una salita lieve ma costante di una decina di km.

Al posto di un ristoro che ci saremmo aspettati, da un ceppo secolare spunta la scritta “Tutto andrà bene” (foto 32): ma si entra di nuovo nel bosco e nessuno soffre troppo, fino al successivo ristoro del km 29 (come sempre, acqua, tè fresco, uvetta, banane e tanto simpatico ciacolar in veneto/furlano/mòcheno/bisiacco e ostregassa de na beverassa). Siamo sul sentiero 0 ovvero anello del Cansiglio, una riposante stradetta ghiaiata che passa dal sito archeologico neandertaliano del Palughetto e dal Colle Piova, stazione di arrivo di una ferrovia del 1841 a forza di gravità. L’idillio si interrompe al km 39, quando l’ottima segnaletica (guardate nella foto 40 i cartelli portati a valle dopo la fine) ci dirotta verso una discesa di 500 metri, il tratto più trail dell’intero percorso, dopo di che sbuchiamo nell’assolato piano del Cansiglio in fondo al quale, dopo due km abbondanti di strada sassosa nell’afa e nei 24 gradi delle 13/14, torniamo al prato degli ultimi metri, che avevamo percorso baldanzosi di primo mattino.

I primi (Luigi Vivian in 3.11:03 e Fabiola Giudici in 3.39:21) sono arrivati da un pezzo, ma si aspetta fino alle 6h 59 dell’ultimo, mezzo minutino scarso sotto il tempo massimo: a giudicare da quanti eravamo in partenza (due scaglioni), suppongo che ci siano molti ritirati.

Proprio i maratoneti (diciamolo senza arrossire: corridori da serie B rispetto ai campioni della 30 km) sono quelli che vengono da più lontano, e non certo per smania di prosciuttini dato che le premiazioni sono limitate ai primi 5 assoluti, poi allargate anche al primo di ogni categoria: gente da Saronno, dalla Franciacorta, dal parmense, da Città di Castello; c’è il modenese Mauro Gambaiani, con cui rileverei che l’altimetria complessiva misurata dai Gps (1400 metri, contro i 1200 dichiarati dall’organizzazione) equivale a quella per salire dal suo paese nativo, Fanano, fino in vetta al Monte Cimone, e poi discenderne. C’è un discreto numero di bolognesi, tra cui mi concede la rivincita Eduardo Guzman de la Hoz, l’ecuadoregno di Castenaso che mi aveva battuto all’ultra di Firenze ma oggi arriva duecento metri dietro…
Non chiamiamole guerre tra poveri: lasciamo pure che gli ex Atleti con la puzza sotto il naso blaterino sui social, in combutta con gli squalificati invidiosi, che chi corre una maratona sopra le 2 ore e 30 non è degno di farsi un selfie. Siamo dilettanti, che a nostre spese viaggiamo l’Italia per respirare l’aria dei suoi boschi e sentire lo scrocchiare delle foglie sotto le nostre scarpe, e alla fine di gare-modello come questa non troviamo di meglio che sederci sull’erba, sotto gli alberi, a consumare il nostro pranzo al sacco, magari con una grigliatina e qualche bottiglia del vino portato da casa.

Dopo di che, gustatevi pure i felpati duelli stile Italia-Galles dove vincono tutti senza combattere troppo: mi permetto di azzardare, però, che lo sport vero sia il nostro.

SERVIZIO FOTOGRAFICO - 13 giugno – Come si vede dalla nostra homepage, mai così ricca da un anno e mezzo, quest’ultimo fine settimana ha segnato una ripresa del podismo in tutta Italia, letteralmente dalle Alpi all’Etna. Anche l’Emilia, finora piuttosto pigra, e nemmeno troppo celere nel passare dal giallo al bianco (accade questo lunedì), ha ricominciato, e insomma ogni settimana risulta ormai ‘coperta’ da almeno un paio di eventi nel weekend e, più sparsamente, qualcos’altro nelle serate feriali.

La stagione del trail, più gestibile sanitariamente delle corse su strada, sta riprendendo, anche nel bolognese e nel reggiano seppure con gare brevilinee; per le distanze più lunghe la zona parmense è forse la più attiva, grazie soprattutto all’Uisp, dall’Abbots way (peraltro interregionale) a questo “Trail del Pan e Formai”, titolo quasi in rima, giunto all’11^ edizione dopo la forzata sospensione del 2020.

La risposta degli appassionati è stata superiore alle previsioni, dato che i programmati 100 pettorali per ognuna delle due distanze, di 10 km (+450 D) e di 21 km (+900), già esauriti una decina di giorni prima, sono stati accresciuti per la distanza maggiore, che alla fine ha contato 108 classificati (più 4 assenti, come puntigliosamente segnalano le graduatorie ufficiali), in maggioranza parmensi, ma con presenze di un certo numero anche dal reggiano e dal modenese: inclusa la fotografa-top Teida Seghedoni che per una domenica ha abbandonato i piacevoli ozi marini o lacustri per beccarsi i 30 gradi dei 400 metri di Pellegrino (località già nota come punto di passaggio e sosta per la 50 km di Salsomaggiore ideata da Giancarlo Chittolini, e che da qui affronta la salita più dura del tracciato). Vabbè che i 30 gradi della collina diventano 34 al livello padano: insomma, è cominciata l’estate, e oggi davvero non spirava nemmeno un refolo di vento.
Va comunque detto che i ristori, alle canoniche distanze di 5 km (si vede il primo alle foto 58/59) erano ben forniti di acqua fresca in bottigliette, e cibi solidi – assai meno gettonati -. Devo però dire che l’acqua più fresca, sia per lavarmi sommariamente, sia per bere, l’ho trovata al traguardo, nei rubinetti all’esterno degli spogliatoi (dove però non si poteva entrare, a parte le toilettes: vedremo se col “bianco” si oserà di più): sono i rubinetti per lavare le scarpe infangate, ma oggi di fango ce n’era una dose omeopatica e quindi i rubinetti ci sono serviti anche ad “uso interno”. D’altra parte, in queste parti (alta valle dello Stirone, il torrente al cui estremo opposto sono ambientate le storie di don Camilo), c’è la fonte Ramiola da cui sgorga l’acqua minerale Verdiana, si va sul sicuro.

Acqua fresca pure nel pacco gara consegnato alla fine, dove il formai è rappresentato da una gustosa fetta di parmigiano, e il pan da enormi grissini di produzione locale.

Il rispetto (che i comunicati ufficiali accompagnano obbligatoriamente con l’aggettivo “rigoroso”, perché, direbbe Nino Manfredi, se non è rigoroso, che rispetto è?) delle norme anticovid ha portato allo scaglionamento dei partenti in gruppetti da 20/25 atleti, chiamati e ‘spuntati’ nominalmente uno per uno, tenuti a distanza e con mascherina: per fortuna che le coeve cronache dalla riviera adriatica documentano “di mascherine, nemmeno l’ombra” e “movida incontrollata” (Tg3 Emilia-Romagna).
Fra le tante statistiche, utili, inutili o dannose che sono circolate in questi mesi e settimane (over 60? Under 18? 8, 12 o 16 settimane? “vaccinazione eterologa”, l’ultima invenzione di politici e giornalisti sprovveduti con la mente alle anziane signore che si fanno fecondare da non si sa chi??), mi piacerebbe che se ne facesse una sul “tasso di positività” dei podisti praticanti, e sono convinto che sarebbe nettamente inferiore a quello della popolazione in generale. Alla faccia dei droplet che ci saremmo sparati ansimando in corsa a due metri l’uno dall’altro, e che oggi si è ansiosi di farsi sparare nelle discoteche.
Comunque, in duecento siamo a Pellegrino Parmense, chi proveniente da Salsomaggiore, chi da Fornovo attraverso la Varano dei Melegari e dei Dallara (ma ci sono anche liguri e lombardi): misurazione della temperatura (il mio 36°1 diventa 36°9 dopo uno straccio di riscaldamento), autocertificazione, gel e, ripeto, appello nominale. Più di così!

I percorsi corto e lungo sono in comune per i primi 5 km, direi i più antipatici, perché dopo un primo km erboso e quasi in piano, cominciano salite dure e perlopiù su fondo sassoso (vedere foto 35, 61, 125 e seguenti, 172 ecc.): al km 4,500 siamo saliti di 300 metri verticali, cui i “lunghisti” ne aggiungeranno altri 100 nei 2 km successivi.

Tracciato abbondantemente segnalato, con frecce e bandelle (foto 30, 47, 336 ecc.), e perfino un paio di corde alpinistiche nei tratti più ripidi (foto 337). Rispetto all’edizione del 2016, cui avevo partecipato, i Gps mi danno un allungamento di quasi 2 km, ma un addolcimento delle salite che allora risultarono di 1100 metri contro i 1000 dichiarati: oggi siamo nettamente sotto, però la collocazione quasi esclusivamente nella prima metà fiacca i meno preparati, che dal punto più basso raggiunto al km 14 (350 m) devono salirne poco più di 100 in 4 km, trovandosi infine abbastanza spiazzati dalla salita finale, una cinquantina di metri verticali a 800 metri lineari dall’arrivo (vedi foto 337-339).

Parlo ovviamente per quelli del mio livello scarso: un collega, nel sorpassarmi su uno strappo, mi soffia “pensa che poteva andar peggio: poteva piovere!”; ma forse la pioggia ci avrebbe fatto sentire meno la fatica e la sete. Peccato, perché i sentieri/stradine dell’ultima parte sono deliziosi (come nelle foto 149, 184, 290 ecc.) e si potrebbero davvero correre tutti; ma (parlo per me) forse tirare un 5000 in pista giovedì sera e presentarsi a un trail lungo dopo 60 ore non è la preparazione ideale…

Salendo ai piani nobili della corsa, vediamo che la 10 km è vinta da Simone Pau (Italpose, società di Gossolengo, PC) in 48:10, con quasi due minuti su Enrico Fieni ed Elia Trauzzi; ma la prestazione più memorabile resta quella di Isabella Morlini, non nuova a successi in terra parmense, quarta assoluta in 51:14, con 9 minuti di vantaggio sulla seconda. La “prof”, partita un quarto d’ora dopo me, mi raggiunge appena prima del bivio tra i due percorsi, su un sentiero strettino proprio mentre io sto inciampando su una liana, diciamo un rametto orizzontale bloccato dalle due parti. Per fortuna non le frano addosso, e così sono salvi i buoni rapporti tra UniBo e UniMoRe: ma da come andava, credo che avrei potuto anche farla cadere, risollevare, fasciare e medicare, e vinceva lo stesso.

Senza storia anche la corsa dei 21, vinta in 1.45:07 dall’unico assoluto maschile (e uno dei pochissimi Runcard), Michele Tibaldi, con 7 minuti su Davide Pau (Synergy di Gropparello, PC; evidentemente consanguineo del vincitore dei 10), e un quarto d’ora su Mattia Frigeri terzo.

Più combattuta la competizione donne, affare interno fra tre ragazze parmensi, con prevalenza di Elisa Adorni (2.13:32), 47” davanti a Giulia Giordani e 4 minuti su Evgenya Kovaleva. Saggiamente, non era previsto un tempo massimo, e così le tre amiche/amici sassolesi ritratte da Teida nelle foto 22 e 23 arrivano insieme, passeggiando come avevano programmato, in 4h12. Ma il cronometraggio manuale c’è anche per loro, e risulta accurato nel conteggiare i diversi orari delle partenze.

Giusta la definizione di gara “per tutti” data dalla Uisp di Parma, che malgrado qualche annullamento calendarizza durante l’estate almeno altri quattro trail.

Un passo in avanti, e si potrà riaprire anche alle non competitive: i droplet di chi trotterella senza classifica non sono più contagiosi di chi corre col cronometro acceso e di chi, in questo momento, si sta facendo le coccole nelle zone più ‘protette’ dei parchi.

SERVIZIO FOTOGRAFICO - 10 giugno - Non è bastato un nubifragio, scatenatosi sull’Emilia centrale nel tardo pomeriggio: all’inizio delle gare, un arcobaleno a 180 gradi sulle colline fioranesi ha annunciato che si poteva procedere con la prima giornata del “Challenge Circuito di Fiorano”, organizzato da Modena Runners Club, società giovane ma che si sta distinguendo per l’intraprendenza oltre che per aver raccolto un gruppo interessante di atleti giovani e soprattutto meno giovani, sia pure senza le disponibilità finanziarie dei grandi gruppi della regione che monopolizzano le classifiche nazionali.

L’idea è maturata verso la fine dell’epoca più buia del confinamento e del proibizionismo, quando l’elezione del nuovo Presidente FIDAL Stefano Mei, e l’amichevole collaborazione col nuovo delegato provinciale di Modena Vincenzo Mandile, hanno indotto a riportare lo sport della corsa anche a Modena (provincia tra le più penalizzate, ma direi anche più amorfe, nell’epoca-Covid).

E se le corse su strada sono tuttora ostacolate da balzelli vecchi (la circolare Gabrielli, per esempio) e nuovi (come lo stupido divieto, degno di una grida spagnola, del pubblico lungo le strade; o l’inutile rilevamento della temperatura, come se tutti quelli con meno di 37°5 fossero automaticamente Covid-free), i Modena Runners hanno pensato, secondo un modello già attivo a Parma (ma che in epoche antiche avevo sperimentato nel reggiano, tra Scandiano e Castelnovo Monti) di portare i praticanti della corsa sulla pista di atletica, luogo al momento più ‘sicuro’ e dove già da varie settimane è ripresa l’attività, perlomeno a livello giovanile.


Come mia personale opinione (lo dice la parola: opinabile), non mi sembra che l’atletica italiana in pista goda di troppa salute: i medaglieri vuoti nelle massime competizioni mondiali, dove i pochi trofei vengono solo da italiani acquisiti o di seconda generazione (per fare un paragone calcistico, più dai Balotelli o Jorginho che da Rossi-Tardelli-Altobelli), mi inducono a pensare che l’italiano medio non apprezzi troppo il rinchiudersi in una pista a inanellare 12 o 25 o 105 giri (personalmente l’ho fatto, per una maratona a Ferrara, ma come esperienza da non ripetere), prediligendo invece gli spazi liberi che si aprono ai margini delle strade o dei sentieri in altitudine. Forse ha ragione lo storico dirigente Fidal Sebastiano Scuderi, che atletica e podismo sono due sport distinti che andrebbero gestiti da due federazioni diverse; ma i podisti, cioè la stragrandissima maggioranza dei tesserati Fidal, sono utili per fare cassa, e sarà difficile lasciarli svincolare.

Stante la situazione, la proposta del Challenge di Fiorano è stata di sposare la strada alla pista, prevedendo quattro meeting di mezzofondo tra giugno e luglio, su distanze dai 400 ai 5000 metri, a formare graduatoria unica con la già classica 10000 su strada “San Donnino Ten”, esistente da vari anni ma il cui tracciato sarà ufficialmente certificato e il 19 settembre concluderà la kermesse.

Interessante e da verificare anche l’idea di una classifica master, che superi le premiazioni di categoria (un po’ patetiche per le età più avanzate) tenendo conto delle due migliori prestazioni in pista più quella su strada, utilizzando i punteggi stabiliti dalla Federazione che rapportino i tempi ai percorsi e all’età. Qualcosa di più del tempo compensato, grazie alla quale non è mai troppo tardi per andare in pista, e non ti devi vergognare se il ventenne ti doppia quattro volte, perché ognuno fa gara a sé, e magari la tua sfida ideale va ad un coetaneo che corre i 1500 metri.


L’occasione è stata opportuna anche per ridare vita, grazie al patrocinio del Comune di Fiorano e all’appoggio della Società RCM, alla più bella pista di atletica della provincia: non quella nota a tutti i patiti dei motori col nome di “pista di Fiorano” (sacrario che i podisti non potevano profanare nemmeno quando partiva da lì la Maratona d’Italia), ma a quella nella frazione di Spezzano (Spsan) a ridosso della collina e della tomba del patriota risorgimentale Ciro Menotti, un carpigiano che ha trovato riposo solo qui: pista recentemente ripristinata, già punto di partenza e arrivo di una delle gare podistiche più apprezzate in provincia, il “Giro delle salse di Nirano”.

Eccoci dunque, all’imbrunire di giovedì 10 giugno, sotto il guanto di velluto di Alberto Cattini, Simona Bedeschi, Roberta Lodesani ed Enrico Zanella (più tanti altri sottotraccia), con la direzione tecnica di Christian Mainini e il sobrio commento di Claudio Bernagozzi, alla prima serata, che prevedeva gare sui 400, 1500 e 5000 metri e aveva raccolto 240 iscrizioni, inclusi nomi di prestigio dalla regione e fuori.

Lascio la parola al comunicato ufficiale Fidal di Giorgio Rizzoli per le distanze più brevi.

Il miglior risultato tecnico è stato ottenuto nei 1500 metri femminili vinti da Sofia Giobelli, venticinquenne della Atl. BS '50 Metallurg. San Marco, che ha vinto la gara in 4.26.86. Non è il primato personale di questa atleta, che l'anno scorso aveva corso questa distanza in 4.24.56. Al 2° posto si è piazzata la master sf40 Fiorenza Pierli (Corradini Rubiera) in 4.37.96, primato personale. Seguono la master sf35 Elena Borghesi (Atl. Santamonica Misano) in 4.45.31 e l'allieva Giulia Bertacchini (Fratellanza 1874 Modena) in 4.46.47 e oltre 3 secondi di progresso.
Nei 1500 metri maschili vittoria di Omar Stefani (Atl. Lecco Colombo Costruzioni) in 4.00.50, seguito da Giovanni Fontana Granotto (Expandia Atl. Insieme Verona) in 4.05.65 e a Gianmarco Accardo (Fratellanza 1874 Modena) in 4.05.85. Interessanti le prestazioni dei master sm60 Marco Moracas (Fratellanza 1874 Modena) con 4.41.22 e sm65 Luciano Magagnoli (Centro Atl. Copparo) con 5.18.72, prestazioni non lontane dai rispettivi primati regionali.


Nei 400 metri maschili i migliori tempi sono stati di 2 atleti della Fratellanza: Luca Calvano 49..28 e Lorenzo Lamazzi 49.34; al 3° posto Tommaso Rabbi (Cus Parma) con il primato personale di 50.30.
Nei 400 metri femminili 2 atlete sotto il minuto; 1° posto per Veronica Valcavi (Self Montanari Gruzza) in 58.53, davanti a Alessia Gaggini (Francesco Francia) in 59.45.

Nel giro di pista si sono classificati in totale 59 atleti (di cui 23 donne): i vincitori, sia uomo che donna, erano entrambi di ‘ben’ 25 anni (la ragazza era la più anziana del lotto, mentre tra i maschi le macchie di colore, fra tanti millennials, erano costituite da due classe 1969 e 1976 de “La Fratellanza”.

Età media appena più elevata tra i 54 uomini e le 29 donne dei 1500: due SM 65 e tre SM 60 (tra cui Medardo Corsinotti, vincitore di tante corse su strada negli anni Ottanta-Novanta), e molte stradiste, tra cui mi piace citare le compagne di tante competitive e non-comp sulle strade modenesi-reggiane, Eugenia Ricchetti, Carmen Pigoni, Annarosa Mongera più altre che quasi non riconosco perché mi davano sempre la polvere. A occhio, direi che in questa classifica femminile dei 1500 si veda più che altrove il successo di aver portato dalla strada alla pista tante ragazze e signore altrimenti, forzatamente, ‘sottooccupate’.

Per i 5000 ridò la parola al comunicato ufficiale.

Nei 5000 metri maschili doppietta dei fratelli Ercoli del Circolo Minerva. La classifica assegna il 1° posto a Fabio Ercoli in 15.13.43 e il 2° a Marco Ercoli in 15.13.50. Al 3° posto Marco Fiorini (Atl. Castenaso Celtic Druid) in 15.23.12, poi lo junior Marco Cornali (Atl Reggio) in 15.43.60.
Nei 5000 metri femminili 1° posto per Laura Ricci, sf40 della Corradini Rubiera, in 19.15.19, davanti a Francesca Selmi (Pistoiatletica 1983) in 19.41.48.


Questa gara (divisa in tre batterie maschili, per un totale di 41 arrivati, e una  a sé per le 7 donne che si sono cimentate nei 12 giri e mezzo) ha ovviamente attirato i più anziani, e – direi – una stragrande maggioranza di stradisti: la classifica generale vede ai primi posti quelli della prima batteria, la più veloce, dove hanno vinto appaiati i due gemelli Ercoli, trentunenni, davanti al 25enne Fiorini e al diciottenne Cornali, che ha preceduto di 6” il compagno di squadra Salvatore Franzese, più anziano di 12 anni e ben noto alle competizioni stradali. Dodicesimo assoluto, nella classifica cumulativa, risulta il primo della batteria sulla carta più debole (quella in cui avevano meritatamente schiaffato sia il sottoscritto sia Stefano Morselli, che per mezz’ora ha lasciato l’obiettivo fotografico al collega Jader Consolini ed è entrato in pista): Fabio Poggi, 44 anni, da Castelnuovo Rangone e tesserato Modena Atletica, ci ha doppiato grosso modo tre volte finendo in un 16:52 che sicuramente gli varrà una miglior batteria alla prossima edizione.

Gli ha tenuto testa, finendo a 8 secondi, solo il ventisettenne Saimir Xhemalai, un Modena Runner che per una volta è venuto in pista, dai terreni trail dove già eccelle con vari successi nazionali, e nella graduatoria finale si piazza 14° precedendo di un secondo e mezzo il vincitore della batteria ‘intermedia’, il correggese Gilioli, più giovane di lui di un anno. Date di nascita variabili tra il 2005 di Giuliano Manzi (21°) e il 1949 di Mauro Zoboli, a testimoniare il largo spettro di attrazione per questa gara. A fare giustizia provvedono i punteggi ‘compensati’ (vedi sotto), per lui o ad esempio per Fausto Barbieri, un classe 64 di queste parti (Maranello), la cui fluente barba bianca non gli ha impedito di segnare un 18:42.

Tra le donne, tutto o quasi come prima del lockdown: Laura Ricci, classe 1979, col suo passo rasoterra da stradista si impone di 26” sull’andatura più aerea, da pistard, di Francesca Selmi (classe 1998), doppiando tutte le altre, tra cui due signore classe ’69 e l’onnipresente Georgina Busuoli da Bondeno, del ’72. Insomma, anche nel mondo cosiddetto rosa chi fa la strada non ha età e preferisce le distanze lunghe.

11 giugno - Ed eccoci alle classifiche ‘compensate’ master, che in un solo elenco mettono insieme 45 partecipanti uomini e 24 donne senza distinzione di gare (però i 1500 sono i più generosi nel regalare piazzamenti): in testa per il momento è Marco Moracas, SM 60 de La Fratellanza, il cui 4:41 sui 1500 produce 1028 punti, mentre Manuel Dallabrida, SM 45, ne fa 1006 col suo 4:08. Un bel balzo in avanti compie il ferrarese Luciano Magagnoli, M 65, con 5:18 nei soliti 1500, che vale 797 punti, e lo mette davanti a un altro “Fratello”, Giancarlo Bonfiglioli, M 50 che col suo 4:44 era finito appena dietro a Moracas. Il tempo di Fausto Barbieri sui 5000 lo issa al 12° posto, mentre Corsinotti è 14° e Poggi 15°.

Nelle parti basse, il derby di Podisti.net Morselli-Marri, vinto sul campo dal primo, viene rovesciato (diciamo così) dal Var, che al sottoscritto assegna 303 punti, solo 188 al collega.

Tra le donne, è Fiorenza Pierli, che nei 1500 aveva ceduto soltanto a una venticinquenne, a capeggiare la graduatoria; i 5000 vittoriosi della Ricci la collocano invece appena al 9° posto. Poco dietro lei, Eugenia Ricchetti (unica F 60 della graduatoria), poi Carmen Pigoni F 55, entrambe sui 1500; mentre fra le donne intrepide che hanno sfidato i 5000, Barbara Debbi, Barbara Giovanelli e Annalisa Tironi sono separate dall’inezia di 15 punti.

Insomma, una gara nella gara, un modo nuovo di fare le classifiche, un motivo di interesse in più per la prossima puntata tra due settimane.

6 giugno - Organizzata dal Club Giardino, un grande circolo sportivo e ricreativo nella periferia nord di Carpi, questa quinta edizione ha avuto una risonanza molto maggiore delle precedenti per essere risultata forse la prima gara non competitiva della Bassa modenese, in una provincia che è fra le più tarde a ricominciare col nostro sport. L’Emilia-Romagna rimane, per ora, vestita di giallo e sarà tra le ultime regioni ad andare in bianco: come “in bianco” sono andati, finora, i podisti/camminatori non agonisti, che da un anno e mezzo aspettano occasioni di ritrovo non competitivo, per correre liberamente come una volta.

Carpi, nello stesso giorno in cui si celebravano l’anniversario del D-Day e il compleanno del beato Odoardo Focherini, Giusto tra le Nazioni, ma in cui anche il responsabile della Medicina sportiva ha esortato a riprendere con l’attività fisica, finalmente ha risposto anche al richiamo della corsa per tutti, da una sede a un tiro di schioppo da quella Cibeno dove era nata e morta l’unica maratona che toccasse il capoluogo della provincia di Modena (sebbene anche oggi mi sia capitato di incontrare un portatore di t-shirt esibente la scritta “Carpi provincia di Carpi”: piccole liti tra cugini poveri, con due squadre di calcio che vivacchiano in serie C mentre il detestato Sassuolo sfiora l’Europa e innerva la Nazionale).

Nella stessa mattinata, a Modena si è svolto il 5000 in pista da 800 metri, largamente documentato su queste colonne http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/7289-modena-5000-del-novisad.html#!BBR00218 :

ma si trattava di gara solo agonistica e con una tassa di iscrizione decisamente superiore alla media ‘calmierata’ cui si è abituati da queste parti.

Al Club Giardino invece la cifra da versare era di appena 2,50 euro, che davano diritto a una maglietta, al ristoro intermedio (molto ricco) e a quello finale, e per di più andavano alla Onlus Porta aperta per l’acquisto di un mezzo di trasporto: dunque, ne avremmo dati volentieri anche di più, sebbene da certe foto in circolazione abbia visto certi vecchi habitués dell’evasione fiscale circolare allegramente senza pettorale. La scusa dei tempi antichi suonava che il pettorale era troppo piccolo, si sarebbe perso, e l’avevano “lasciato in tenda” (o infine un minaccioso “csa t’in frega a tè?”); ma siccome stavolta non c’erano tende né spogliatoi (sì invece i servizi igienici e lavabi, oltre a tutti i dispositivi igienizzanti ecc.), e il pettorale misurava cm 20x20, e al ritiro c’erano migliaia di spille per attaccarselo, ho piuttosto paura che la pandemia non abbia fatto perdere certi vizietti.

Comunque, i pettorali “venduti” sono stati almeno 300: la gara era annunciata come non competitiva a partenza libera tra le 8 e le 10, ma in realtà per chi volesse erano disponibili degli orari fissi di partenza a ondate, con cronometraggio, tanto è vero che alla fine ci sono state le premiazioni dei primi 15 uomini e donne, oltre che dei bambini cimentatisi in percorsi minori perlopiù all’interno del Club.

Il percorso esterno, invece (dichiarato di 12 km ma in realtà di 13,3), era prevalentemente campestre, su bei sentieri e stradicciole in parte calpestati da altre competizioni locali (Cibeno, Fossoli, San Marino, Cortile), in parte nuovi, con giro di boa al Club 33, altro circolo ricreativo posto sul canale della Lama, storico confine tra Carpi e Rovereto, coll’attiguo santuario dei Pundzée a radunare pellegrini dall’una e dall’altra parte nel mese di maggio.

Tracciato segnatissimo e popolatissimo di addetti, quasi ad ogni svolta: un sorvegliante andava su e giù in bicicletta, fischiettando lo struggente “Concerto dedicato a te” di Bindi; un altro, verso le 11, brontolava al telefono contro quelli partiti “a dés meno un quèrt”, che l’avrebbero fatto aspettare chissà quanto. Si passava anche vicino al canile/gattile intercomunale, e uno sbandieratore mi ha avvertito di stare attento perché era l’ora della passeggiata dei cani. L’ora in cui, se ho capito bene, non solo i volontari ma anche i liberi cittadini possono presentarsi al canile e ‘adottare’ temporaneamente un animale per farlo sgambare tra prati e boschetti: anche questa è civiltà.

Il mio animo nostalgico, di famiglia contadina proprio di queste parti, mi ha portato a visitare un paio di vecchie case coloniche abbandonate: sopra l’ingresso di una c’è una inferriata a mezzaluna con le iniziali CMC, spero che vada a finire in un qualche museo. Altre soste, o brevi pause-chiacchiere per riannodare i fili spezzati da 15 mesi, le abbiamo fatte volentieri ogni volta che si ritrovavano amicizie antiche: il compaesano Ermanno Martinelli, già braccio destro e sinistro di Barbolini per le mitiche “Tre Sere di Carpi”, o Giorgio Diazzi le cui ultime parole famose erano state “la maratona tornerà e tu sarai il primo a saperlo”; Helga e Claudio, quanti ricordi della Ultra Trail Mont Blanc e della maratona a mezzanotte dell’anno nuovo attorno a Zurigo; l’enologo Werther Torricelli che corre sul serio e andrà a premio. Ma perfino i suzzaresi con Bottazzi e la Daniela da Reggiolo, i finalesi di Ottavio e Antonella…Più una serie di amici che mi saluta mentre io non sempre riesco a riconoscerli: fugit inreparabile tempus, ci sarà l’agio di recuperare tutti i nomi e gli affetti?

Intanto, quello che importava era dare a tutti l’occasione di ripartire: dicono che questo lunedì sera si riunisca per la prima volta il Coordinamento Podistico modenese, chissà che non ne venga fuori qualcosa per una estate bianca ma non in bianco.

Oropa, 5 giugno - Questa nuova dimostrazione del ruolo trainante di Biella nella ripresa del podismo nazionale, come già lo era stata storicamente nel "fare l'Italia", merita un commento in più rispetto al tempestivo comunicato ufficiale già su queste colonne

https://www.podisti.net/index.php/cronache/item/7296-graglia-oropa-bi-la-2-santuari-run-trail.html

Questo, piaccia o non piaccia a qualche italiano "non fatto", o malfatto, o malefaciente, che dal suo pulpitino di squalificato continua a schiumare rabbia impotente: altrocché (cfr. Gesualdo Bufalino, L'uomo invaso, 1986/1995, p. 35).

Dopo essere stato, poco più di due mesi fa, a un'altra corsa in salita (la Biella-Piedicavallo), dalle caratteristiche abbastanza simili per lunghezza e altimetria, era stato un commento inserito in questo magazine a mettermi sull'avviso, su una gara che discende essa pure dalle capacità organizzative di Claudio Piana (qui nella foto 11 del servizio messo insieme, come sempre, da Roberto Mandelli) e di tutto quel reticolo sportivo e sociale che lo affianca, con le autorità politiche e federali in primo piano, e appena dietro un insieme di collaboratori appassionati (foto 10-12, 18, 28) tra cui non sfigurano le belle presenze femminili.
Infatti, se la "Piedicavallo" è una gara magnifica, questa "Due Santuari", che gode di scorci panoramici addirittura superiori (come si intravede appena dalle foto 17 e 23, poco professionalmente scattate correndo a 6/km), aggiunge la mistica di due luoghi sacri, meta secolare di pellegrinaggi che oggi sono incoraggiati da una rete di sentieri e itinerari favolosi: Oropa, probabilmente il più grande santuario mariano d'Italia, annuncia addirittura il suo giubileo del mezzo millennio, programmato per il prossimo agosto.
Ma anche Graglia merita più che una visita: la solennità del suo complesso, che rinvia ai climi austeri di uno o due secoli fa (basti vedere la facciata del ristorante/refettorio annesso all'antico ospizio per i pellegrini, dove in tanti abbiamo consumato un economico pranzo pre-gara), si sposa all'acqua purissima che sgorga dalle sue sorgenti, classificata come la più leggera d'Italia, e liberamente disponibile dalle fontanelle, oltre tutto dotate (come anche a Oropa, foto 30) di mestolini dai quali attingere gioiosamente, almeno in era-pre Covid, un'acqua della salute.
L'acqua detta Lauretana (appunto per il gemellaggio coll'altro grande santuario di Loreto) era disponibile senza risparmio anche nei tre ristori del percorso di circa 19 km che da Graglia portava ad Oropa, lungo una stradina asfaltata ma totalmente interdetta al traffico durante le 3 ore del nostro passaggio. La pendenza era di un certo rilievo nei primi 2 km, che dagli 810 metri di Graglia facevano salire a quasi 950, con un picco di 90 metri da rimontare al km 2; poi si addolciva, con una discesina abbastanza marcata verso il km 7, per poi risalire al punto più alto del percorso, intorno ai 1200 metri tra il 15 e il 17, regalandoci infine una lieve discesa su Oropa, a lato di prati dove pascolavano pacifiche le vacche, e infine col fiancheggiare il cimitero tra i faggi, dove è sepolto Quintino Sella (un altro dei grandi biellesi che hanno fatto l'Italia… "e lascia dir gli stolti", per citare Dante), col nipote Vittorio Sella inimitabile fotografo delle grandi montagne.
Partenza, dalle 4 pomeridiane (quando a malapena si erano digeriti i tortelloni e il vitello brasato del refettorio di Graglia), in due scaglioni distanziati di 15 minuti per i 206 in scarpette alla fine classificati: prima le donne e gli over 55, poi i maschietti più giovani (i più veloci dei quali colmavano il gap dopo 4-5 km; a quel punto, erano ancora affiancati i primi tre poi arrivati a Oropa nello spazio di un minuto).  
Stante il traguardo in discesa (una quarantina di metri giù, nell'ultimo km, per un complesso di 500 metri D+ e 175 D-), tutti abbiamo avuto la soddisfazione di arrivare correndo, compreso l'87enne Gianni Ceccon nel giorno del suo compleanno. Parafrasando Andreotti, direi che la corsa fa male a chi non la pratica.
Premiazioni di categoria in modalità-self service; anche agli ultimi (arrivati più o meno contemporaneamente ai meno veloci dei 59 trailer) è rimasto il tempo di prendere una benedizione dalla Madonna Nera, davanti a cui si inchinò un altro grandissimo piemontese, il chimico Amedeo Avogadro le cui leggi funzionano perfettamente pure oggi; e poi, nel dolce tramonto, consumare un pasto sotto i portici della basilica, in uno dei tanti ristorantini a prezzo modico: qui, era d'obbligo la polenta concia, non senza una caraffina di rosso locale che ti va giù quasi come la Lauretana.

Si riparte un po' malvolentieri nell'aria che si annera, precipitandoci verso le luci di Biella che si accendono: appena consolati dal sapere che in queste parti, quasi con cadenza settimanale, sono programmate altre corse per ricreare fisico e spirito.

2 giugno - Dopo Ravenna, anche Ferrara ha messo in campo la sua gara, con un esordio che in certo senso riceve il testimone dalla non lontana classica “11 ponti” di Comacchio della famiglia Rossetti/Fogli, saltata negli ultimi due anni per i troppi adempimenti da rispettare (come mi diceva l’ex campione di maratona Giuseppe Rossetti, qui per assistere).
Si è trattato di una gara totalmente campestre, su sentieri e stradine erbose nelle immediate adiacenze del resort “Oasi bianca”, virtualmente all’ombra del gioiello di Pomposa, come mostrano le foto di Teida Seghedoni tornata tra noi (in particolare l’ultima ventina di immagini del servizio; mentre nelle prime vedete alcuni aspetti dell’Oasi, compreso il laghetto di ninfee e la piscina costantemente igienizzata da erogatori d’aria ‘trattata’).

Il tracciato, anche se non era ben specificato dalle info online, aveva tutte le caratteristiche di una corsa campestre: due giri di circa 3,850 km, con molte curve secche, alternanza di tratti erbosi e in terra battuta a fianco di campi dove il grano comincia a imbiondire, e perfino qualche decina di metri sul fondo sabbioso nel quale emergono le viti da cui poi si ricaverà il “vino della sabbia” (significative le foto 380 e 425 con tante altre, nelle quali i podisti sembrano mimetizzati tra le vigne, immersi nello spirto silvestre - avrebbe detto D’Annunzio).

Oltre 340 gli iscritti (gratificati, per 10 euro, di un pacco gara pesante soprattutto di specialità alimentari ferraresi); ovviamente il costo del servizio non va misurato con la roba che ti danno, ma piuttosto con l’allestimento della competitiva, chip, relativi rilevamenti ed elaborazione dati, giudici e tecnici.
In più, confesso che ho goduto di un servizio non dichiarato: nel parcheggio esterno più vicino all’Oasi stava un prefabbricato con servizi igienici, attrezzato anche con docce. Senza troppe speranze ho provato, dopo la gara, ad aprire un miscelatore, e ne è uscita un’acqua letteralmente ustionante! Non ditelo al fu-Arcuri delle primule e dei banchi con le rotelle, ma io la doccia l’ho fatta (preciso: ogni localino-doccia era individuale, e quando c’ero io nessun altro è entrato lì, appunto perché non era dichiarato).

316 i classificati, partiti in varie batterie distanziate un paio di minuti l’una dall’altra (niente gun-time, ovviamente, ma cronometraggio individuale per ciascuno; chissà perché il mio tempo è esattamente di un minuto più alto rispetto a quello indicato dal mio cronometro…): è ovvio che ci sono stati dei sorpassi, e ogni tanto dai due megafonisti giungeva l’invito a mantenere le distanze: ma come dice il mio compagno di squadra dottor Giacomo, ci vuole una bella mira a centrare coi propri droplet un altro corridore all’aria aperta. In ogni caso, vigeva il solito obbligo a tenere la mascherina per i primi 500 metri, e di rimetterla appena usciti dal terreno di gara. Distanziamento anche per le premiazioni, come documentano le nostre foto; al massimo qualche saluto col gomito, un altro dei lasciti più ridicoli dell’era pandemica, al cui inizio ci raccomandavano di starnutire proprio nel gomito.

Secondo le previsioni, ha vinto nettamente il ferrarese Rudy Magagnoli (Atl.Corriferrara, classe 1977) con 26’15”, che sarebbero 3:17/km se la distanza fosse giusta, precedendo di 24” Giovanni Luca Andreella (Running Club Comacchio) e di 50” Federico Valandro (Assindustria Padova), entrambi di 15 anni più giovani; 223 i maschi classificati.
Più combattuta la lotta tra le donne, 93 in tutto, dove le due reggiane Isabella Morlini (Atl.Reggio) e Rosa Alfieri (Circolo Minerva), che vedete insieme nella foto 24, hanno resistito solo in parte a Nadiya Chubak, l’ucraina divenuta cittadina italiana (Lughesina, classe 1976) che ha vinto in 30’33”, 14” davanti alla Alfieri (classe 1970); mentre la Morlini ha accusato un malanno dopo il primo giro per cui la terza piazza è andata, con distacco notevole, ad Anna Spagnoli (Gs Gabbi) a 1’42”.

Ricche le premiazioni anche per le categorie, sia pur ridotte di numero rispetto alle canoniche. Alcuni di noi hanno poi premiato il proprio spirito con una visita all’attigua Abbazia (un gioiello assoluto, tra i tanti che abbiamo in Italia, e oltre tutto meta dell’ultimo viaggio di Dante, che in questi luoghi contrasse la malaria fatale), e infine ristorato il fisico con un tuffo nell’Adriatico già caldissimo e con gli ombrelloni occupati attorno alla metà della capienza. Doveroso anche un saluto alla vicina Goro, nel ricordo della sua Pantera appena scomparsa, ed a Gorino, paesello al limite delle terre emerse, dove probabilmente le zanzare sono ritenute un deterrente al coronavirus perché quasi nessuno indossa la mascherina. Poi non venite a dire che gli untori sono i podisti.

2021-Abbazia di Pomposa - Codigoro (Fe)

 

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina