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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

 8 novembre - La corsa era stata programmata inizialmente per il 29 febbraio, inizio dei nostri guai. Spostata adesso (in un momento che rischia di ripetere il già visto) per quanto mi concerne comincia da questi scambi di messaggi col modulo “contatti” dei Runrivierarun, giovedì 5 novembre; le sollecite risposte sono del presidente Luciano Costa, che così mantiene la promessa, indicata sul sito, di essere disponibile 24 ore al giorno.

- Salve, confermate che domenica la gara si farà? Qualcuno scrive che è stata annullata. Eppure le iscrizioni sembrano ancora aperte. Come va con quelli che vengono da fuori Liguria?

-Buonasera, chi scrive che é stata annullata? E dove? Ad oggi é confermata, anche se dobbiamo attendere la lettera del Coni, da DPCM di ieri, che attesti (la Fidal lo ha già fatto) che la gara é nazionale (da ieri nel DPCM sono cambiate le competenze). Dal Piemonte e dalla Lombardia chiaramente non possono venire, é penale. [infatti gli iscritti sono stati avvisati che “per rispettare il DPCM del 3 novembre, quindi la legge, e per non incorrere voi nel Penale, gli atleti provenienti dalle aree rosse e arancioni non possono partecipare. Spiace comunicarlo, ma anche per rispetto del Comune di Andora, dobbiamo seguire le direttive del DPCM”].

- Che sia annullata lo scrive un famigerato blog di Fb, e vi prende anche per i fondelli (“Fate un bel CIAONE a Ultrandora Run. Io lo avevo detto, eh: #CIAONEEEE”) Scusa, dall'Emilia non si può venire? noi siamo zona gialla, dipende se si può entrare in Liguria.

- Dall'Emilia potresti venire, perché anche noi siamo Area Gialla e le iscrizioni si chiudono domani sera alle 24, ma, come ti dicevo, dobbiamo attendere la lettera del Coni. Ecco il punto e) di ieri che ha completamente cambiato ciò che vi era scritto nei precedenti: “sono consentiti soltanto gli eventi e le competizioni ‒ riconosciuti di interesse nazionale con provvedimento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e del Comitato italiano paralimpico (CIP) ‒ riguardanti gli sport individuali e di squadra organizzati dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva ovvero da organismi sportivi internazionali, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico”.
Entro domattina dovremo, per forza, uscire con una comunicazione su fb.

- Grazie. Infatti anch'io sto rileggendo il testo del DPCM, e sapendo che la vostra gara è nazionale mi sembrava che ci fosse spazio. Sebbene ci siano dei cavilli pazzeschi per cui... All'inizio pareva che la Liguria fosse arancione: ma se è gialla la Campania...

- Se hai letto il DPCM, vedrai, come ti ho scritto sotto, che la competenza é passata al Coni e non più alle Federazioni. La comunicazione deve arrivare dal CONI perché non possiamo andare contro ad un DPCM.

Il venerdì a mezzogiorno ecco il messaggio sintetico: Noi confermiamo. Lo apprende anche il personaggio del suddetto blog (che, approssimandosi il centenario dantesco, si candida quale erede del “falso Sinon greco di Troia”, condannato nelle Malebolge tra i “falsatori di parole”), e schiuma rabbia mista a minacce: “Ci dicono che Ultrandora si farà.. Stavolta prima ve la faccio fare [bontà sua, l’Onnipotente ve la lascia fare!] poi faccio formale richiesta agli atti: voglio vedere l’autorizzazione, voglio vedere il pagamento ANTICIPATO degli straordinari ai Vigili Urbani…” e via minacciando, chiamando pure in causa i “molti amici dalle tue parti: non ci metto niente a farmi fare una formale richiesta di accesso agli atti” (il suo vicino di casa Roberto Saviano, come definirebbe uno che chiama in causa gli “amici” per ottenere quello che un comune cittadino farebbe fatica ad avere?).

Basta, smettiamo col “tanto leppo” di Sinone (Dante). C’è tempo fino a mezzanotte per iscriversi, e così faccio, per almeno tre ragioni: è l’unica gara in Italia (se c’era Ravenna sarei andato là, lo dico sinceramente) – l’impegno degli organizzatori merita riconoscimento - mi punge curiosità di vedere se alla fine prevarrà lo scrupoloso rispetto della legge o (diciamolo ancora con Dante), “la lingua  e l’acqua marcia che ‘l ventre inanzi a li occhi sì t’assiepa”.  
Mettiamoci allora in viaggio verso Andora: che per me era solo un nome, legato al mondo del calcio: ad Alessandra Massabò, vigorosa attaccante del Modena femminile, serie A anni Ottanta (e bella donna, il che non guasta); e a Riccardo Gagliolo, il difensore “vichingo” di Carpi e Parma in serie A. E ora si materializza grazie al podismo, dopo un viaggio attraverso autostrade deserte e autogrill vuoti (ma solo in autogrill puoi mangiare: arrivato ad Andora dopo le 18,30, trovi qualche luce accesa nei bar e ristoranti, ma tutto chiuso, anche alla Creuza de mà, e nessuno per strada).
Nessuno, tranne nella zona del porto, dove Luciano Costa e due sue collaboratrici lavorano per sistemare tutta la zona del ritrovo, “e s’affretta e s’adopra di fornir l’opra anzi al chiarir dell’alba” (questo non è Dante, lo dico agli adoratori di quel certo blogger). Due file di tavoli al coperto vengono apparecchiate con tutto quanto servirà a ciascuno dei podisti, messi in ordine di pettorale: gel, mascherina, guanti, gli abbondantissimi ristori individuali da usare l’indomani, persino una boccetta di profumo detergente. Ognuno ha la sua sedia numerata e il suo spazio accessibile da entrambi i lati.
E mentre noi podisti curiosi andiamo a dormire (“lo sai che sono già arrivate tre denunce preventive?” Ah bè, si bè), nel porto di Andora si lavorerà tutta la notte, e quando al mattino apriremo le finestre di via della Pineta, sotto un cielo che pian piano si pulirà, vedremo l’allestimento ormai completo, e i primi atleti in mascherina che arrivano, invitati come prima cosa a igienizzarsi le mani, poi a farsi misurare la temperatura (l’ho a 36°4, quasi la febbre!), a firmare il modulo di autocertificazione e a prendere possesso del proprio stand. Più di così non so cosa si possa fare; e più sicuri di così non so cosa si possa pretendere.

La gara è stata anche anticipata alle 9, questo perché i partecipanti alla 12 ore non abbiano poi difficoltà col rientro, dato il cervellotico divieto di circolare dopo le 22,30. Certo che gli amici influenti potrebbero pur sempre denunciare l’organizzazione perché, siccome la gara finisce dopo le 18,30 e gli atleti troveranno sempre dei ristori, si incorre nella distribuzione di cibo dopo ‘o coprifùoco. E, permanendo il divieto di spettatori alla gara, siccome dalle barche ormeggiate nel porto turistico qualcuno ci saluta (orrore, anche a 8 metri soli di distanza!), stiamo in gontravvenzìone… Avandi, avvogati!

È campionato italiano, anche se la partecipazione purtroppo è prevalentemente locale: io penso a don Gregorio Zucchinali, patron della IUTA, impossibilitato a spostarsi per una manifestazione che ha fortemente voluto; e penso a Mihaela Englaro, la bulgara di Concorezzo, che avrebbe avuto i numeri per andare sul podio, o alla supercampionessa Francesca Canepa, pure iscritta. Mi spiace per loro e tanti altri; anche il campionato di calcio si sta giocando con squadre talora dimezzate, eppure non cessa di essere valido per l’assegnazione dello scudetto; così come le Olimpiadi di Mosca e Los Angeles assegnarono medaglie ‘vere’ sebbene mancasse mezzo mondo. Che dobbiamo fare: metterci tutti a letto in attesa che passi ‘a nuttata?

Invece si parte (distanziati e con mascherina per i primi 500 metri), e con noi parte il consigliere comunale Ilario Simonetta, pettorale 235 delle 6 ore, che supererà i 55 km piazzandosi 12° assoluto, poi partecipando alle premiazioni (lui stesso premiato come secondo degli M 55): ecco i politici che mi piacciono.
Il tracciato è di 2 km, ricavato sui due bracci del porto, con giri di boa ovviamente dove la tenaglia del molo si apre al mare. Bello, con viste sull’acqua da un lato, sulla boscosa collina di Andora dall’altro, sugli altri paesini abbarbicati ai pendii, appena più in là. Quanto alla misurazione, aspetteremo oltre un’ora dopo lo scoccare del tempo perché i giudici Fidal abbiano rifatto tutto il giro con la rotella metrica assegnando a ciascuno il suo chilometraggio esatto.

Non siamo molti, ma inanellando i giri impariamo a conoscerci, e le battute non mancano per nessuno: spicca il bel gruppo giovane di Arenzano, ragazze tutte bionde, e se una si ferma per andare alla toilette le altre rallentano per aspettarla. Quella che vediamo più spesso è la candidata al successo, Virginia Oliveri da Varazze, che mantiene le attese coprendo 68,700 km e piazzandosi terza assoluta dietro il primo, Alessandro Civitiello che sfiora i 75 km, e il secondo uomo Davide Giribaldi con quasi 69 (le sei ore mi fermano giusto di fronte a Virginia, ma lei ha dieci giri di vantaggio!).

Naturalmente la nostra ammirazione e gli incitamenti vanno agli “eroi” delle 12 ore, a cominciare da Pablo Barnes (pure lui Varazze) che vincerà compiendo 65 giri e rotti (130,3 km), 16 km davanti a Diego Di Toma tesserato Bergamo Stars.
Tra le donne vince Sonia Lutterotti, atleta vegana F 55, sfiorando i 96 km; 8 km in più di Gabriella Lavezzo; mentre terza arriva una delle concorrenti forse più lontane, Adele Rasicci, insegnante d’arte dall’hinterland ferrarese, i cui occhi alla Liz Taylor sono ben noti agli ultramaratoneti (era stata persino a Faenza otto giorni prima nella speranza di correre la 6 ore della Birra). Nei nostri frequenti colloqui da sorpasso o da incrocio (per l’esattezza, nelle prime 6 ore siamo a pari giri), mi parla del suo zio di Ortona, il poeta Ranalli discendente di una antichissima famiglia abruzzese, e mi dice di dedicare questa gara all’ambiente in pericolo (sia pure ammettendo che qui ad Andora l’ambiente non ha subito la “rapallizzazione” del resto della Liguria marina).

È tempo di chiudere: noi mezzi-lunghisti depositiamo il chip Wedosport nel luogo esatto dove ci ha sorpreso lo sparo finale e aspettiamo il responso, facendo intanto il tifo, dai nostri stalli, per i compagni che procedono: io in particolare per Marco Serci, che parte e arriva camminando, e Barbara Cosma, che ogni tanto invece va di corsa e chiuderà a 67 km, più o meno come da pronostico.

Tendone delle premiazioni dove accedono solo i tre di ciascun podio, e chi li premia, dopo misurazione della temperatura e indossamento della mascherina. Che sorpresa: mi scopro campione italiano della categoria più vecchia, e con rossore per la modestia del chilometraggio dedico questa vittoria (ricoprendomi la bocca con mascherina avuta in omaggio alla maratona di Pescara) a Paolo Gino, presidente del Club Supermaraton, e ad Enrico Vedilei, entrambi scippati dal destino e dalla volontà umana di una gara cui avevano dedicato ogni sforzo.

Anche in nome loro, oggi ad Andora, we-do-sport.

 

 
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L’annullamento di una corsa a circuito, più goliardica che competitiva, in altri tempi avrebbe meritato tutt’al più un “flash”. Questa volta invece va sbattuta in prima pagina, perché completa la storia di un weekend, quello imminente al cambio tra ottobre e novembre, dove già sono saltate le due maratone che c’erano (Lago Maggiore e Cesenatico), e viene meno anche questa possibilità, un’occasione di divertimento molto più che competizione.
La frase che chiude il titolo è ripresa dal sito dell’organizzatore, Enrico Vedilei di krakatoa sport (Bagnacavallo), personaggio notissimo sia per le sue prestazioni nell’ultrarunning, sia per l’instancabile attività di organizzatore nella sua Romagna, fra l’ultratrail del Lamone ai primi di gennaio e le 6 ore in varie località del Ravennate.

Destino parallelo, quello capitato alla “Birra” e al “Presidente”, annullate lo stesso giorno: programmate in estate, rinviate a tempi più tranquilli e con modalità più riposanti, spostate dalla loro sede originaria e collocate in parchi pubblici di massima sicurezza, fornite di tutti i crismi anticontagio, hanno dovuto cedere insieme  sotto i colpi di un ennesimo decreto improvvisato, raffazzonato, feroce e imbelle nello stesso tempo, perché incapace di aggredire le cause del contagio (la movida incontrollata, il rifiuto della mascherina, i bivacchi nei tavolini dei dehors, ridendo o fumando, senza nemmeno la finzione del bere un caffè), ridotto così a sparare nel mucchio, alla pesca a strascico: siccome non siamo capaci di controllare se ci sono palestre o bar che se ne infischiano delle regole, siccome non abbiamo la forza o la voglia di andare nelle piazze e strade del centro dove si addensa incontrollata la gioventù più indisciplinata e irregolare, siccome le nostre aperture scaglionate delle scuole (ogni dieci minuti: ma che scaglionamento è?) producono l’assembramento degli studenti seduti sui marciapiedi e sui gradini davanti alle scuole in attesa che venga il loro turno, allora chiudiamo tutte e per sempre le palestre, aboliamo la cena in ristorante, lasciamo a casa il 75% degli studenti (e quelli che già prima andavano a scuola una volta la settimana, rientrano nella percentuale o no?), infine tartassiamo e quasi proibiamo lo sport amatoriale. Con l’aggiunta moralistica: pensate ai 36mila morti e state in casa, equivalente a dire: pensate al Vajont e non accendete più la luce, pensate a Marcinelle e non usate più il carbone.

Dunque la notizia, nuda e cruda, è che la “6 ore della birra”, spostata da giugno a questo sabato 31 ottobre, dalla sede originaria della campagna e del Senio a sud di Castelbolognese al nuovo “Pistino ciclistico Vito Ortelli” (altro campione degli anni di Coppi Bartali e Martini) di Faenza, è stata annullata per decisione superiore presa nel tardo pomeriggio di oggi 28 ottobre (per chi non lo ricordasse e volesse stabilire qualche parallelo: anniversario della Marcia su Roma), a seguito – si è detto – di “avvertimenti” ricevuti, magari mascherati da precetti salutari: come dice il titolo di un libro recente, “per il tuo bene ti taglierò la testa”.

Pensare che, poche ore prima, Vedilei aveva diffuso un memoriale per gli iscritti e chi dovesse iscriversi (a differenza di tante corse annullate, che prima incassano e poi ti fanno l’edizione virtuale, per la “Birra” il pagamento era previsto solo all’ingresso nel recinto di gara, e anzi la quota era stata ribassata dai 30 euro originari a 25). Si anticipava che ”l'Ente di Promozione Sportiva ASI Italia, il Comune di Faenza e la Societa Ciclistica Faentina, dopo aver analizzato il nuovo Decreto, hanno dato l'ok per effettuare la gara”, ma che ci sarebbero state tutte le precauzioni necessarie: “Come organizzatore vi misurerò la febbre prima di entrare dentro l'area recintata che ospita il Pistino e vi daremo un braccialetto di riconoscimento da usare per tutta la permanenza dentro l'impianto”. “PER EVITARE ASSEMBRAMENTI vi faremo trovare una sedia per ogni atleta, distanti almeno 1mt fra di loro. Sopra troverete una cartella con l’Auto dichiarazione Anti Covid 19 da compilare, una penna, il pettorale e il chip. Oltre a ciò troverete il bicchiere da birra e apribottiglia a mo’ di medaglia, personalizzate con logo manifestazione. Dentro la cartella lascerete la quota iscrizione e una volta tolto il pettorale e il chip, la stessa dovrà essere riconsegnata all'organizzazione”.

Non potremo fare festa come gli altri anni, ma volevamo mantenere la manifestazione, quindi per evitare che l'alcool influenzi il comportamento di qualcuno, il bonus birra non sarà valido per le premiazioni” (nelle precedenti edizioni, accanto alla classifica normale ce n’era una goliardica, che assegnava un km in più di percorrenza per ogni bicchiere di birra bevuto ai ristori)

Ognuno di voi si porterà da casa il proprio kit di ristoro (da lasciare sempre sulla propria sedia personale). L'organizzazione mette a disposizione solo della birra in bottiglia, 2 da 0,66cl o 4 da 0,33cl, dipende da quello che riusciremo a trovare in commercio in questi ultimissimi giorni.

Come da Decreto Nazionale, tutti DOBBIAMO arrivare sul campo di gara e stare in zona partenza con la mascherina di protezione, questa deve essere usata anche in gara, almeno per il primo giro.             Durante la gara è VIETATO correre appaiati ad altri atleti e nel momento del sorpasso prendete bene le misure, allargatevi in modo da avere almeno 1,5mt di distanza”.

Basta? No, seguivano suggerimenti, ad abundantiam: “Visto anche il periodo non troppo caldo e quindi sopportabile, usare una bandana/buff in modo che se per caso e involontariamente si percorre qualche metro insieme ad un altro atleta, ci si potrebbe proteggere con questo accessorio. Durante l'anello, saranno presenti dei giudici che vi ricorderanno di rispettare queste regole, fate in modo che non prendano decisioni che potrebbero farvi arrabbiare”.

Evidentemente non è bastato. Abbiamo chiesto a Vedilei se voleva dichiararci qualcosa; il suo whatsapp di cinque parole rende l’idea: “Non so, sono senza forze”.

Da altre parti, i camerati da tastiera esultano; a commentare questi Eia eia alalà basta l'altro whatsapp ricevuto da un’amica maratoneta: “Se siamo ridotti così è perché persone del genere hanno un seguito. Che tristezza”.

 
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Martedì, 27 Ottobre 2020 21:56

Spazio all'autodifesa di El Khalil

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato la notizia della lunga squalifica inflitta dal Tribunale Antidoping nazionale a Yassin el Khalil, atleta di origine marocchina tesserato per la Pol. Policiano di Arezzo.

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6628-doping-yassin-el-khalil-squalificato-per-8-anni.html

L’interessato (che dal sito Fidal viene ancora accreditato di 1.05:23 nella mezza di Padova del 28-4-2019, di 30:09 nel Diecimila di Arezzo del 25-5-2019, e ancora lo scorso 11 ottobre aveva vinto l’Ecotrail Collungo- Castelvecchio in Umbria) ci ha fatto pervenire una serie di messaggi contenenti precisazioni e giustificazioni varie, da cui estraiamo quanto possa servire a una migliore informazione; senza che questo costituisca da parte nostra un avallo o metta in discussione la sentenza.
Certamente gli argomenti sotto esposti sono stati presentati al Tribunale senza risultare convincenti, e secondo un luogo comune, le sentenze si applicano; ma a testa alta, in nome dell’art. 21 della Costituzione (
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure), che vale per noi come per il “reo” El Khalil, ripetiamo ugualmente la frase “c’è un giudice a Berlino”, nel senso che ogni sentenza può essere appellata e (quasi) sicuramente le sentenze erronee vengono riformate da un grado superiore di giudizio.
Sulla “fuga” dell’atleta dal primo controllo abbiamo già riportato la motivazione dell’imputato, che riprendiamo:

Innanzitutto mia moglie aveva appena partorito, il 7/06/2019. Nella gara di Montone, dopo aver fatto Il primo giro mi è stato detto che mia moglie stava male, ho lasciato immediatamente la gara e mi sono recato in ospedale. (Questo è tutto documentato). Poco dopo essere giunto in ospedale , ricevo una chiamata, in cui mi viene passato un signore che mi dice di essere il dottore e mi ingiunge di venire a Montone per sottopormi al test doping. Gentilmente ho risposto che non potevo lasciare mia moglie, invitando il dottore a venire all’ospedale di Città di Castello. Ciò viene confermato da Pierini Giuseppe, però condannato a 6 mesi di squalifica sotto l’accusa di intralcio e insulti verso un pubblico ufficiale (il dottore): la sentenza ha considerato solo l’insulto infliggendo la pena maggiore, cioè 6 mesi di squalifica.

Quanto ai controlli che ho saltato, premetto che non sono mai stato trovato positivo a sostanze doping. Dopo essere stato inserito nella RTP nazionale in data 5.07.2019, ho subito un controllo doping in data 10 agosto 2019, risultato negativo.
Il primo mancato controllo violato è stato in data 11/11/2019, non è dunque un secondo mancato controllo bensì il primo, nell’arco di 12 mesi. Questo controllo doveva avvenire a Pietralunga alle ore 22, ma due giorni prima, in data 9 novembre alle ore 01.38 nella wherebouts ho cambiato l'orario del controllo anticipandolo alle 5 del mattino, non più alle ore 22. Nella whereabouts puoi mettere una fascia oraria di 60 minuti, dalle 5 alle 22, quindi sono libero di cambiarla se in quell’orario io non sono disponibile. Ma il dottore incaricato del controllo non ha verificato nella whereabouts a che ora avevo la disponibilità, e si è presentato a Pietralunga alle ore 22.00 . Avevo anche, in data 11 novembre alle ore 21.13, cambiato il mio luogo di disponibilità sbagliando indirizzo (emetto cartella diversa).
Dunque, in data 11/11 il dottore viene per le ore 22 per fare il controllo, ma il controllo sarebbe stato alle ore 5 del mattino. Non ricevo alcuna chiamata nonostante nella wherebouts ci siano tutti i recapiti sia telefonici che email. Scopro solo dopo (in data 23 gennaio 2020) che il dottore in tale data e ora era venuto per farmi il controllo.

Fin qui le dichiarazioni di El Khalil. Le abbiamo riportate fedelmente, ma fin d’ora ci permettiamo di notare almeno una ‘piccola’ incoerenza: cambiare luogo di reperibilità 47 minuti prima del controllo, oltretutto dando un indirizzo sbagliato, non depone a favore di una precisa volontà di essere rintracciato.

Con questo, crediamo di aver assolto al dovere giornalistico di informare, lasciando spazio alla ‘parte’  senza arrogarci il diritto di giudicare. Al momento, c’è una squalifica, insolitamente pesante, che costituisce, fino a prova contraria, l’unico elemento certo [F.M.]

 

 
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25 ottobre – Questa domenica ci sentiamo un po’ come i partecipanti alla maratona verdiana del 23 febbraio, temendo che possa essere l’ultima volta, prima di un lungo lockdown (quello che i politici negano a parole e istituiscono nei fatti).
Vedo che alla Ecomaratona di Alba, fortemente limitata dagli organizzatori che avevano stabilito un tempo massimo tale da scoraggiare la più parte del nostro mondo, in 69 hanno finito la 42 km (compresi gli 8 che oltre il tempo massimo ci sono comunque andati), e in 215 la mezza.

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6644-alba-cn-11-ecomaratona-e-maratonina-del-barbaresco-e-del-tartufo-bianco.html

A Ponte Buggianese, località presumibilmente sconosciuta ai non toscani (pochi km a ovest di Montecatini, recuperata da un’antica palude nella quale si è corsa la non competitiva di 10 km, vedi foto 11), le ore concesse erano 8, e ci si poteva iscrivere fin la mattina della gara, ragion per cui molti reduci da Pescara di domenica scorsa si sono incamminati fiduciosi verso il circuito “Alfredo Martini” (1921-2014, ciclista dei tempi eroici, compagno di squadra di Coppi, maglia rosa al Giro del 1950 dove finì terzo dietro i supercampioni Koblet e Bartali… quando c’era anche Totò; poi commissario della Nazionale, che portò ai successi mondiali di Moser Saronni Bugno e non solo).
Il giorno prima era piovuto, il cielo era ancora imbronciato e la temperatura sotto i 10 gradi (diventeranno 19 nelle ultime ore di corsa quando un sole velato ci sovrasterà e il vento si farà più forte al punto da far cadere alcune transenne).
Per fortuna, nessun pubblico amministratore aveva preso alla lettera i diktat terroristici, improvvisati (ma in quale repubblica di Bananas si fa un decreto alla settimana che contraddice il precedente?) e antisportivi, che già erano stati firmati ma sarebbero entrati in vigore solo da lunedì; anzi, il sindaco della località era presente ed ha partecipato all’allestimento, che anzitutto esibiva il rigoroso rispetto delle misure anti-Covid (ingresso contingentato - foto 4-5 -, mascherina fino a dopo il via - foto 9 - , gel preliminare sulle mani, misurazione temperatura, autocertificazione, distanziamento nella pista fino alla partenza per scaglioni, coi nostri numeri di pettorale marcati sull’asfalto). Originale la consegna ad ogni atleta di un cartone numerato, contenente il ristoro da disporre sul tracciato e accessibile solo dallo stesso (radiocorsa alla fine diceva di un corridore che andava a frugare nei cartoni degli altri; se fosse vero bisognerebbe proprio essere morti di fame: a me è sparito un bicchiere, già usato in un paio di passaggi!): acqua, cola, banana, cornetto, cioccolato, gel, birra analcoolica; bottigliette supplementari di acqua erano disponibili in zona traguardo.
Discreto anche il pacco gara, inclusivo di una felpa di valore, anche oltre le 70 garantite dal regolamento; efficiente la segretaria (la vedete nella foto 6 alla consegna del cartone-ristoro), che addirittura mi pratica uno sconto sulla cifra che sarebbe stata in vigore per l’iscrizione tardiva (“ti ho riconosciuto, l’anno scorso ti ho iscritto io alla Vinci-Collodi”), e sarà assidua nell’assistenza anche dopo la conclusione delle fatiche.
Mancano docce e spogliatoi, come da norma, ma si può accedere alla zona toilette fornita anche di lavandini. Funziona regolarmente il bar da cui alla fine mi caverò lo sfizio di due calici, uno di bianco uno di rosso locale.
La pista, disegnata molto bene, con lunghi rettilinei interrotti da curve a gomito (foto 7), misura 2000 metri esatti, ma era stata ‘allungata’ di qualcosa con transenne che ci facevano prendere le curve dal lato esterno, in modo da aggiungere quei 10 metri a giro che alla fine avrebbero portato, su 21 giri, alla fatidica lunghezza dei 42,195: sulla correttezza dei dati vigilava l’altro “sindaco”, il Simonazzi da Mantova, che infatti dopo la caduta delle 'chicanes' di cui sopra rimprovererà la terza donna assoluta perché, al suo ultimo giro, imposta le curve dal lato corto.

Abbiamo dunque rivisto gli amici ‘pescaresi’, il supermaratoneta presidente Paolo Gino, che ha spesso corso (foto 19) affiancato al suo consigliere Gianfranco Toschi (al rientro, dopo un intervento chirurgico), salvo farci scoprire, vedendo le classifiche, che aveva un giro di vantaggio! Ol sindic, invece, ogni tanto si esibiva in scatti cui nemmeno io riuscivo a resistere, e chiuderà addirittura in 5.50 cioè 4 minuti meglio che a San Marino e 14 meno di Pescara! Riuscirà a battere i due vecchi amici Carlotta Gavazzeni (alias signora Piccinelli) e Giordano Lucidi, di cui personalmente ricordo un arrivo allo sprint con Govi e il sottoscritto alla maratona di Caen del 1994, e che rimane il principale indiziato per una burla tirata alla maxiclassifica di Correre, quell’anno.
Lucidi e Gavazzeni sfruttano addirittura le 8 ore a disposizione per allungare la distanza di maratona, arrivando, lei a 54 km (insieme a Gaspare Belotti, che aveva corso la maratona col Sindic), lui a 52.
Ad ogni sorpasso, o incrocio su rettilinei opposti, era tutto uno scambio di battute: sul tale che non smette di sparare (in attesa delle bombecarta avanzate ai suoi concittadini nei tumulti anti-chiusura) gli insulti che costituiscono la sua unica cifra stilistica, contro i maratoneti, colpevoli di andare dove lui, plurisqualificato, non può più farsi vedere. E di ammonimenti al figlio Maurito Malavasi che non ha scrupoli a doppiare il papà Paolo (solitario in foto 20); o le domande a quelli che nella maglietta hanno il nome di Bibbiano (ma, precisano, è quello di Toscana). Il più allegro è l’enfant du pays Massimo Morelli, che ridendo e scherzando o corteggiando arriva dietro persino alla Carlotta.
Poi c’è chi corre seriamente e non ha tempo per chiacchiere: come il ritrovato Massimo Cortella, capelli lunghi (un po’ grigi rispetto ai tempi che “i se g’ha dà na maia che xera na strassa”) e t-shirt gialla, che indicato al 15° posto a metà gara, scalerà fino all’11° finale (il sistema di chip Icron, stavolta in formato-rotolo di cerotto, ad ogni giro proietta sullo schermo i nostri tempi e piazzamenti, a lungo lasciandomi sperare in un secondo posto di categoria che svanirà solo al momento delle premiazioni per la misteriosa apparizione di un concorrente prima non censito…); il sempre più inarrivabile Leandro Pelagalli da Prato, dominatore degli M 70 con 3 o 4 giri sui piazzati; Mauro Gambaiani che si migliora di 8 minuti su Pescara, poi la coppia inossidabile Alle-Simo, che il chip separerà di 13 secondi, stavolta a vantaggio di lui (ma l’uomo non separi ciò che Dio e i fotografi hanno unito! foto 16-18); e Ilaria Razzolini, che si dimostra lettrice di Podisti.net e anche questa volta accompagna l’amica non vedente Chiara, probabilmente rinunciando a concorrere per il podio di categoria che sarebbe stato alla sua portata.

Ci rivedremo a breve? La risposta è nel grembo dei DPCM ultimo, che si apre con un chiarissimo rimando al “decreto-legge 23 febbraio  2020”, “convertito,  con  modificazioni” e “successivamente abrogato dal decreto-legge n. 19 del 2020 ad eccezione dell'art. 3, comma 6-bis, e dell'art. 4” (una legge che si basa su un’altra legge abrogata tranne un articolo e mezzo??), e prosegue con ben 90 “nonché”, 66 “epidemiologico” e soli 6 “epidemico”, ripristinando le “mascherine di comunità” che erano state soppresse una settimana fa (ma vanno portate anche "al disopra del naso", cioè sugli occhi, come Zorro o più); e il suo autore, dopo aver chiuso le palestre perché sono state cattive (ma non doveva chiudere subito quelle 'cattive' lasciando vivere quelle in regola?) promette perfino i "ristori", non sappiamo se in cartoni individuali, o con il gel per far scorrere meglio la supposta. Grasso che colerà per gli avvocati, mentre noi di mezzana cultura cerchiamo di districarci tra enigmi e sgrammaticature, e per smaltire l'uggia ci tuffiamo nel medioevo luminosissimo (rispetto a quello dei decreti d'oggi) della piazza Duomo di Pistoia.

Ecco il comunicato-stampa coi risultati, pervenutoci da Giancarlo Ignudi

Sulla distanza della maratona (km 42,195) hanno preso il via quasi100 concorrenti.
La vittoria assoluta è andata al rappresentante del Gruppo Sportivo Orecchiella Garfagnana Damiano Lippi,che termina la gara nel tempo di 2h54’31, secondo si classifica Marco Bonamigo (Runcard), al terzo posto il bolognese Bruno Trebbi (Polisportiva Monte  San Pietro), quarto Mirko Cardelli (Montecatini Marathon) e quinto Manuel Amantini (Pietralunga Runners).

Nella categoria  veterani si presenta per primo sulla linea d’arrivo Alberto Cappello (Alpi  Apuane) che conclude nel tempo  di 3h15’18’’, al posto  d’onore Mimmo Caraccioli (Toscana Atletica Empoli) e terzo, Thimoty Chaplin (Isolotto Firenze).

Paolo Scalella (Club Supermarathon Italia) vince nella categoria veterani argento in 3h48’22’’, il secondo posto se lo aggiudica Michele D’Alvano (Atletica Cascina) e il terzo Giovanni Onorato, compagno di colori del vincitore.

Il pratese  Leandro Pelagalli (Prato Promozione) ottiene il primo posto nella categoria veterani oro terminando la gara in 4h00’54’’, seconda posizione per  Nicola Gaggiano (Nuova Virtus Cesena) e terzo Fabio Marri (Modena Runners Club).

Nella classifica assoluta donne si aggiudica la gara ,Andrea Salas (Orecchiella Garfagnana - foto 12) in 3h17’06’’, seguono poi al secondo e terzo posto, Elena Malaffo (A.s.d. Team Sport) e Marta Doko (Gruppo Sportivo Lamone Russi).

Nelle donne veterane  il primo posto va alla sanmarinese Mona Fristad (Gruppo Podistico Atletica San Marino) in 4h06’18’’, secondo gradino del podio per la fiorentina Debora Buffalino (Unione Sportiva Nave) e terzo posto per Michela Aniceti (Polisportiva 29 Martiri Figline Prato).

Nelle donne veterane argento l’unica classificata e stata la romagnola Paola Grilli (Amici della Fa

Nella 10 km  (141 hanno finito la gara) nella categoria assoluti successo per il fiorentino Domenico Passuello (Il Fiorino) che compie la distanza nel tempo di 33’05’’, precedendo di 24” Samuele Oskar Cassi (Toscana Atletica Futura)  e di 31’’  Adriano Curovich (Podistica Castelfranchese); seguono Federico Matteoni (Orecchiella Garfagnana), Filippo Bianchi (Il Ponte Scandicci), Andrea Belluomini e Mario Bendoni, entrambi dell’ Orecchiella Garfagnana, Andi Dibra (Il Fiorino), Antonio Prestianni (Podistica Castelfranchese) e Simone Gamenoni (La Stanca Valenzatico).

Nella categoria veterani, il primo posto è andato a Luca Silvestri (Montecatini Marathon) in 35’25’’  su Giulio Buchignani (Alpi Apuane) e Massimiliano Lunardini (La Galla Pontedera Atletica).

Adriano Matteoni (Orecchiella Garfagnana) ottiene il primo posto nella categoria veterani  argento in 39’56” , al secondo posto Roberto Mei (Silvano Fedi Pistoia), terzo Sergio Matteucci (Rossini Ponteaserchio).

Lo  spezzino Claudio Cevasco (Atletica Favaro) si impone nella categoria veterani oro concludendo la gara in 45’33’’; secondo posto per Sirio Salvadori (La Galla Pontedera), terzo Silvano Panichi (Silvano Fedi Pistoia).

Nella categoria assolute donne si aggiudica la gara Ilaria Lasi (Atletica Vinci) che conclude in 37’56, precedendo di 1’31’’ Laila Hero   (Atletica Arcobaleno) e di 1’36’’ la compagna di squadra Damiana Lupi; seguono Costanza Del Bravo (Atletica Castello Firenze) e Beatrice Macelloni (Atletica Vinci).

Nelle donne veterane ottiene il primo posto la lucchese Flavia Cristianni (Lucca Marathon) in 44’15’’, seconda classificata Tiziana Pacini (Virtus Orentano), terza Sabrina Casini (Montecatini Marathon).

 

“Tanto di cappello a Ponte Buggianese”, come scrive il comunicato stampa del G.P. Parco Alpi Apuane:

In uno dei momenti bui di questo periodo, l’attività del GP Parco Alpi Apuane Team Ecoverde è andata avanti, con risultati come sempre ottimi. A Ponte Buggianese, nel percorso del ciclodromo, è andata in scena la “Ponte Buggianese Run” sulle distanze di dieci chilometri, mezza maratona e maratona. Molti sono stati gli atleti biancoverdi al via, con le prestazioni migliori arrivate da Giulio Buchignani, argento di categoria sulla dieci chilometri, e da Alberto Cappello, oro di categoria e argento assoluto nella maratona, con buone prove per Roberto Ria, Guglielmo Landi, Francesco Frediani e Igor Marracci sulla distanza più breve.

 
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Dal sito http://www.primoepizzabike.eu apprendiamo che una delle poche corse rimaste in calendario, il Loffia Trail (per podisti e biker) previsto sulle colline di Migliana-Cantagallo (Prato) è stato annullato a causa dell'estendersi dei contagi da Covid. Chi fosse stato interessato è bene che cerchi un'altra destinazione per la sua domenica.

 
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18 ottobre – Così, questa maratona doveva esserci, e c’è stata nel giorno previsto dal calendario nazionale (che, curiosamente, doveva essere il giorno della maratona di Parigi secondo il primo annuncio di rinvio, poi di nuovo rinviato e infine annullato, secondo la tipica coerenza dei francesi che fanno la rivoluzione e uccidono il re per mettere al suo posto un imperatore, dopo di che trattano noi altri europei come scolaretti di fronte alle loro lezioni di storia, di filosofia e di politica).

Dunque, più forte la Uisp abruzzese e nazionale, più forte Alberico Di Cecco degli attacchi al bazooka di un personaggio che non si rassegna ad essere passato dal ruolo di delatore squalificante a plurisqualificato portafortuna (nel senso che più attacca la gente, più questa ha successo); e tra i meritevoli aggiungo anche Massimo Faleo, foggiano a sua volta organizzatore di maratone dalle sue parti, che a Pescara è stato magna pars istituendo un rapporto stabile tra gli organizzatori e il Club Supermarathon (di cui ben 110 associati sono venuti in Abruzzo); e come antipasto ha allestito, il sabato, una “50 km sulla sabbia” con 45 arrivati, 10 dei quali hanno poi fatto doppietta la domenica mattina. (In fondo il resoconto)

La manifestazione del 18 ottobre (col suo antefatto del 17) si è distinta anche per il raro tempismo di essere stata cotta e mangiata poche ore prima del nuovo DPCM che, chissà chi lo sa, dice e non dice che presto non si potrà correre, o forse non si può già più (aspettiamo le circolari esplicative che ci diranno se andare agli 8 a km in maratona è jogging, marcia o camminata, da fare in maschera o in topless, in 6 a tavola o in 200 al palasport, contattando sì o no la bellona che fatica a respirare sotto sforzo).

Intanto, come quando si dice che uno è morto e gli si allunga la vita, così gli iettatori alla rovescia iettano sé stessi e spandono su Pescara quel delizioso profumo di pini appena umidi che, durante la gara, si sentiva al confine con Montesilvano (terra d’origine di Dean Martin, alias Dino Paolo Crocetti, come recita il segnale stradale che per noi coincideva coi km 14, 25 e 36).

La maratona di Pescara affonda le sue radici tanto lontano che gli stessi organizzatori odierni non sanno darle un numero preciso: il sito ufficiale parla di 15^ oppure 16^ edizione, ma se discendo al 2016 della mia partecipazione precedente, trovo che anche allora era chiamata 15^ edizione, e infatti in qualche sito si legge che quella del 2019 era stata la 19^ edizione. Senza dire che, nei tempi eroici, quando si girava l’Italia per correre una maratona con tutti i crismi e non le si costruivano nel proprio pied-à-terre, da queste parti esisteva una “Maratona di Spoltore”, appena a monte del capoluogo. Cercansi topi d’archivio che consultino emeroteche e memorie private onde ridare a Pescara tutte le sue maratone.

Dunque, Pescara si è animata di circa 900 partecipanti (domenica mattina è stata svolta anche una 10 km per pattinatori a rotelle, con 65 atleti), e dei relativi familiari, che hanno dato una discreta boccata d’ossigeno alla ricettività locale.

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6612-maratona-di-pescara-arriva-la-zampata.html

Curiosamente, se nella settimana precedente si cercava un hotel attraverso i soliti canali, ti rispondevano che era tutto esaurito! (il trucco era che il buon Faleo aveva fermato dieci alberghi, tutti collocati fra il ritrovo e l’avveniristica stazione FS – in dieci minuti si andava dall’uno all’altro estremo). A me è toccato (distribuzione made by Faleo) un tre stelle che poteva valerne anche 4, dove la padrona dopo la colazione di ciascuno disinfettava addirittura la sedia dove c’eravamo seduti (“poi – diceva mestamente – andate nel corso e verso la spiaggia e vedrete quanti giovanotti in allegra promiscuità senza mascherine” ecc.). E che non ha avuto difficoltà a lasciarmi la camera fin dopo le 14,30 per la doccia.

Prezzo d’iscrizione veramente esiguo (vogliamo dire, un terzo che a Venezia, dove stanno cercando di incamerare la quota pagata in cambio di una gara virtuale e di una medaglia che comunque gli organizzatori dovrebbero buttare), pacco gara più che discreto, in due consegne prima e dopo la corsa: tra i vini e la maglietta spuntava anche una mascherina griffata (chissà se il nuovo DPCM la considera valida, dato che dopo 5 giorni dal precedente decreto, l’articolo 1, comma I, punto c ha abolito le “mascherine di comunità” imponendo al loro posto “i dispositivi di protezione delle vie respiratorie”: si chiederebbe uno, anche le sciarpe e gli scaldacollo?!).

Partenze scaglionate, pochi minuti dopo le 9, per gruppi di 50 secondo il numero di pettorale: i miei amici sposi inseparabili Alessandro e Simona erano spietatamente separati di 4 gruppi, col risultato che lui ha voluto aspettare lei un km dopo il via e, pur arrivando insieme (anche al sottoscritto, in posa provocatoria), in classifica si trova oltre 3 minuti indietro!

Strade perfettamente chiuse al traffico, con abbondante sorveglianza di vigili urbani a tutti gli incroci; ristori ogni 5 km, con bottiglie d’acqua fresca sigillate, barrette e gel energetici (che io mi facevo sempre aprire dagli addetti perché da solo non ci riuscivo); controllo chip nei punti strategici cosicché nessuno ha tagliato, e misurazione direi abbastanza precisa. Al traguardo, ristoro finale consegnato in un sacchetto, che alla solita fornitura aggiungeva un tenero panino alla mortadella e una banana. Premiazioni spartane ma reali: è toccato salire sul podio pure a me per ricevere un pacchetto molto superiore ai miei meriti da Vito Piero Ancora, il primo maratoneta italiano a tagliare il traguardo delle mille.

Del resto, l’avant indree di Montesilvano ha consentito per tre volte in su e tre volte in giù di salutarci tra amici: ovviamente la personale esperienza riguarda quelli più o meno al mio digradante livello atletico, dal quale ormai sono irraggiungibili lo psichiatra Franco Scarpa (2° della sua categoria in 3.51), il pratese Leandro Pelagalli (1° della mia categoria in 4.13), Luciano Bigi past president (che a San Marino mi aveva doppiato, oggi mi dà solo mezz’ora…), e quel ragazzone figlio d’arte di Maurito Malavasi (4.06 sebbene alla fine si fosse messo a camminare). Stavolta mi ha battuto perfino suo padre Paolino (4.40), mentre mi sono scusato per avere quasi affiancato il fananese Mauro Gambaiani, di ben altra statura tecnica ma che il giorno prima aveva corso i 50 km (anche di lui mi sono servito per farmi aprire i croccantini; e intanto commemoravamo suo nonno, che forse era custode nel collegio dove io licealino ero rinchiuso, agli anni Sessanta, insieme al futuro sindaco di Fanano “Bobby Charlton” Passini).

Mi sono preso invece una rivincita sul maresciallo bombardiere Lorenzo Gemma, che a San Marino mi aveva lasciato indietro, a Francesco Capecci (auspicato organizzatore di una prossima maratona sulla sabbia a S. Benedetto del Tronto), che mi aveva battuto negli ultimi km della Pescara 2016, e all’avvocato Paolo Reali, con cui scambiavamo pareri sul dubbio valore legale dei DPCM e delle “ordinanze contingibili”, e ad ogni giravolta il saluto era “ci vediamo in Cassazione!”. E non poteva mancare un saluto, giro dopo giro, con l’affettuosa Carlotta Gavazzeni e “ol sindic” Marco Simonazzi, che come a San Marino stavano nelle retrovie ma non sono arrivati ultimi.

Fuori programma, mi raggiunge e accompagna in bicicletta per qualche km Leonardo Manfrini, già bibliotecario all’università di Bologna e pensionato da pochi mesi, qui nella terra dei Padri. Insieme corremmo un Passatore, qualche lustro fa; ora pratica solo ciclismo perché lo appaga di più, ma ha l’iscrizione alla maratona di Bologna 2020 e, se-quando la faranno, tornerà all’antico amore.

Insomma, come splendidamente recita il nastro della medaglia (qui ricostruito da quel maestro del fotoshop di Roberto Mandelli): “Abbiamo corso sui terrazzi, abbiamo corso intorno casa. OTTOBRE 2020. Abbiamo corso perché correre è speranza”.

Ci contageremo? Non credo per questo. Piuttosto per il viaggio in treno, dove nessuno rispetta i sensi unici di salita e discesa né sulle carrozze né ai sottopassaggi delle stazioni, dove il riempimento all’80% dei regionali non è controllato da nessuno (sono otto mesi-Covid che faccio su e giù tra Modena e Bologna: mai visto un controllore; salute a parte, mi sa che molta gente abbia smesso di comprare i biglietti). “E’ necessario che tutti ci aiutano”, ha sentenziato a sera il commissario governativo Arcuri: speriamo che lui se la cava, come nelle forniture di banchi scolastici; ma sarebbe preferibile trovarsi sul lungomare di Porto Cesareo con Manuela.

Sportivamente parlando, io credo invece che dopo Pescara, contagiosa più che mai, sia emersa la voglia di correre e di “contatto” (non fisico, ma sociale, che nessun politico ci potrà mai togliere).

Ecco infine, passatomi in anteprima da Faleo, l’ordine d’arrivo dei primi alla Ultra Beach Pescara 17.10.2020 (circuito di km 5 da ripetere 10 volte per la km 50 e 8 volte e mezzo per la maratona; 22 gradi alla partenza, 17 alla fine, verso sera). Ecco le foto

http://podisti.net/index.php/component/k2/item/6615-17-10-2020-pescara-pe-ultra-beach-pescara.html

Classifica km 50 maschile

1 Nocera Matteo sm 40 asd Napoli nord marathon 4h16m02s

2 Di Paolo Sebastiano sm 45 Esercito 62 Reggimento Fante 4h29m00s

2 Margiotta Secondo sm 50 Esercito 62 Reggimento Fante 4h29m00s

50 km femminile

1 Grilli Paola sf 60 Amici della fatica Cesena 6h03m00s

Maratona maschile

1 Firmani Mauro sm 60 Marathon Truppen 4h02m00s

2 Lamacchia Adriano sm 50 be different be ultra 4h06m00s

3 Marchi Massimiliano sm 45 apd Amatori atletica Vesuvio Napoli 4h18m00s

Maratona femminile

1 Cifali Elena Rita sf 45 Esercito 62 Reggimento Fante 4h49m50s

2 Marzoli Rita Maria sf 45  run card 4h58m00s

3 Matone Anna Maria sf 40 Marathon Minervino 5h13m00s

 

Arrivati in tutto 45, da 12 regioni: l’ultimo è stato il presidente del Club Supermarathon Paolo Francesco Gino, sm 55, Atletica Castellania Gozzano, con 6h58m00s: che il giorno dopo ha poi ultimato la maratona in 5.53.

Da notare anche il successo di Mauro Firmani, inappuntabile organizzatore della ecomaratona di Castelfusano, che domenica era poi sul luogo della nostra fatica a incoraggiarci, al pari della sua pupilla, la bellissima campionessa di ultramaratona Eleonora Corradini (il cui padre ha corso i 42 km).

E a proposito di supermaratoneti aggiungo, su segnalazione di Raffaele Luciano, l'annuncio che Domenico Martino ha concluso la sua 250 maratona. Dal timore per le lunghe distanze, con il rifiuto di partecipare alla Maratona di Roma, alle ultramaratone e al traguardo tagliato ieri, di chilometri ne sono passati tanti sotto le scarpe di Domenico:  una Nove Colli (202km) una ventina di 100 km, qualche 24 ore, alcune 100 miglia, qualche 12 ore, molte 6 ore e tantissime maratone corse in ogni angolo d’Italia con puntate anche all’estero. Alle quali si aggiungono tante gare su distanze inferiori e la partecipazione ad iniziative ludiche e benefiche. Non sono mancati i trofei conquistati e i titoli ottenuti, Domenico è stato tra l’altro Campione Italiano nella 24 ore due anni fa. Numeri a parte quello che va apprezzato è lo spirito con il quale Domenico interpreta questa passione: una sorprendente leggerezza che unita alla sua simpatia e al suo carattere gioviale ne fa un’icona del podismo italiano. Conosciuto ad ogni latitudine podistica, anima le gare alle quali partecipa con la sua allegria e il suo sorriso. A Domenico va riconosciuto il merito di aver avvicinato alla corsa tante persone, alle quali racconta con una innaturale semplicità le sue avventure sportive. Non si può non volergli bene e proprio per questo gli organizzatori della Maratona D’Annunziana hanno organizzato una mega festa per tributargli un riconoscimento per questo traguardo importante. Alberico Di Cecco, Massimo Faleo, Paolo Gino, Roberto Paoletti e tantissimi amici ultramaratoneti e semplici atleti si sono idealmente stretti a Domenico in un abbraccio, che testimonia anche un invito a continuare ad essere il Folletto del podismo che tutti apprezzano e stimano.

 
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11 ottobre – Nella prima mattinata davvero autunnale in Padània (o Padanìa come dice Sgarbi, uno di queste parti), con la pioggia caduta fino a poco prima della partenza, e ripresa poche ore dopo, possono ritenersi un mezzo successo gli oltre duecento partecipanti (su 260 pre-iscritti) a questa camminata quasi estemporanea, messa in giro praticamente solo attraverso i social in mancanza dei consueti ritrovi domenicali alle gare. Per il Coordinamento di Bologna, che qualcuno dice finalmente in pace dopo la forzata defezione di Alessio Guidi (in pace… eterna, come quella delle foto 76-80 dedicate da Teida Seghedoni a chi un tempo sgambava su questi prati: da fine febbraio non si è più corso ufficialmente, salvo la non competitiva di Ripoli, praticamente in Toscana, poche settimane fa), è stata la prima gara in pianura, a una trentina di km dal capoluogo, in una zona fecondissima, nei tempi normali, di grandi corse da migliaia di partecipanti, campioni inclusi (Pieve di Cento, S. Agata, Cento, Crevalcore, Persiceto, ecc.), e oggi invece frequentata soprattutto dai cacciatori; o qualche mese fa, nascostamente, dai malati di podismo che nelle loro corsette solitarie sfidavano i droni osannati dall’assessore assatanato Venturi. Droni tenuti poi prudenzialmente a riposo quando si è riaperta la movida (ieri, camminando sotto i portici in centro di Bologna, ho dovuto letteralmente fare lo slalom fra i tavolini dei bar e ristoranti allargatisi all’aperto, dove decine di amiconi commensavano allegramente, ovviamente senza mascherine, e altri giravano, pure smascherati: fare la multa a questi – a parte che le cifre comminate non le pagherebbe nessuno – porterebbe via troppi voti agli amministratori; meglio dare la lezione esemplare al podista unico, che vota solo per uno).

Oggi invece si è tornati a correre ufficialmente, nel pieno rispetto (addirittura eccessivo) delle norme: preiscrizione obbligatoria fino a due giorni prima, autocertificazione da lasciare agli organizzatori, misurazione della febbre dopo di che non puoi più uscire dal recinto, niente spogliatoi, pettorale numerato da tenere addosso (lontano ricordo del podismo non competitivo di 40 anni fa), tariffa calmierata di 2 euro di fronte a un pacco gara comprendente bottiglietta d’acqua e sacchetto di biscotti che è consegnato solo all’arrivo, con preghiera poi di allontanarsi velocemente verso casa o le proprie auto. Il tutto sotto la regia di due amici di Alessio Guidi, anzi quasi due “anime nere” per usare il linguaggio di un plurisqualificato fautore del fine-pena-mai: Angelo Pareschi, a lungo presidente del Coordinamento bolognese, che per una volta si distoglie dalla sua nuova attività di dirigente delle “5,30” tornando nei suoi luoghi d’origine; e Claudio Bernagozzi, già accomunati nella leggendaria Bologna-Zocca il cui nome tornava sul volantino d’oggi (e vedeteli meglio nelle foto iniziali di Teida, poi nella 300).
Partenze scaglionate a gruppi di 30, con mascherina da togliere solo dopo (ma qualcuno non se l’è tolta mai); nessuna partenza anticipata, piaga comune da queste parti, cosicché il primo che passa alla foto 119 è sicuramente il primo (chiaramente, del suo gruppo) e non un nottambulo partito all’alba.

È chiaro che nel corso della camminata, prevalentemente sterrata e campestre, e per circa un km sull’argine del Reno, dove Teida ha trovato spazio per le sue panoramiche (vedere foto da 82 in avanti, i campi pezzati della foto 144, le belle immagini attorno alla 192, 273 ecc.), capitava a chi correva di sorpassare i camminatori, finalmente tornati anche loro (foto 222 e ss., 253 e ss. per l’allegria dei bambini), ma più disciplinati di prima (vogliamo tornare a dire, con don Abbondio, che il sig. Coronavirus è stata una gran scopa?): ho addirittura assistito, alla richiesta di “permesso?”, a podiste che si spostavano in diagonale dall’altra parte dello stradello. Se tutti facessero così sempre, non ci sarebbero né contagi né discussioni in corsa o sul web.

Lunghezza totale un po’ scarsina, 6.5 km (e c’era addirittura un percorso mini, che però non ha fatto quasi nessuno); ampia possibilità di farlo due volte, nel ricordo della mitica 21 km di Castel d’Argile dove al ristoro finale c’era il bensone da pucciare nel vino bianco, e magari al bar ti imbattevi in Giuliano Sarti, portiere della Fiorentina e della grande Inter di don Helenio (Sarti-Burgnich-Facchetti per intenderci, e di lì non passava nessuno).

Alle 10,30 avevamo finito tutti, senza prendere una goccia d’acqua, compreso Armando Righi, glorioso patron della Pontelungo, appena tornato con la medaglia d'oro dai campionati nazionali Fidal di Arezzo, specialità lancio del martello categoria M 85 (e mi raccontava: "uno della mia età ci ha messo 40 minuti a fare i 5000 metri!").
Si ricomincia piano anche a Bologna, ma per chi volesse fare qualche sforzo in più, il benemerito “Bernie” ci invita sabato 24 prossimo a tornare in Val Carlina, per la “zeresima edizione” della Corno alle Scale Mountain Race, 15 km +800 D da Lizzano in Belvedere. Ce ne fossero, di organizzatori così.

 

 

 
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Mercoledì, 30 Settembre 2020 16:03

Formigine prova a rompere… la nebbia il 18 ottobre

Sarebbe stata, e sarà comunque, la quarantesima edizione della corsa della Carovana (così detta perché la località è proverbiata per la storica presenza tzigana), quella che ogni anno invitava i podisti modenesi e reggiani ad una 21 km competitiva autunnale. Quest’anno la prudenza è d’obbligo: dal marzo in provincia solo la corsa di Monchio ha più o meno rispettato il calendario annuale (sia pure limitandosi alla non competitiva, che poi è stata bissata qualche mese dopo); il Coordinamento podistico provinciale, come Conte, ha dichiarato il prolungamento dell’emergenza fino a tutto il 2020, e insomma, chi organizza lo fa di sua iniziativa (sebbene qui si dichiari l’egida di Aics e Uisp, e l’omologazione del Coordinamento podistico).
Il coraggio di ricominciare non tuttavia è mancato ai formiginesi, che per il 18 ottobre tentano di rompere, non il ghiaccio ma la nebbia dei punti interrogativi e del dolce far niente di troppi organizzatori, confermando la propria corsa, seppure ridotta a 7,5 km non competitivi, con numero chiuso a 450 e partenze scaglionate ogni 3 minuti per gruppi di 20: cosicché, in caso di pienone, in un’ora e un quarto si dovrebbero risolvere tutte le partenze.

L’iscrizione, obbligatoria e attraverso il portale Uisp di Atleticando.net, costerà i soliti 2 euro (che poi l’organizzazione devolverà in beneficenza a favore dello sport giovanile), e darà diritto a una borraccia, lo stesso premio che arrivò in una delle ultimissime gare della zona prima del blocco, quella di Rubiera.

Rispetto assoluto delle regole: mascherina se si è a meno di 2 metri (e speriamo proprio che non diventi obbligatoria sempre e ovunque, come alcuni comuni hanno già deciso: magari, i comuni che durante il lockdown esibivano con orgoglio il podista sorpreso col drone ad allenarsi in solitudine, ma adesso autorizzano 1216 spettatori al coperto del Palasport di Modena, e spandono lacrime di coccodrillo quando appaiono le foto della movida reclamata dai baristi dell’happy hour).

A Formigine, niente ristoro finale, niente tende societarie ma premi per le società con almeno 10 iscritti. “Evitiamo di cadere nella tentazione di fare aggregazione”, recita saggiamente il volantino: proprio questa è l’incognita. Perché il podismo modenese, al pari di quelli delle province circostanti, ha di anno in anno perso i caratteri agonistici per adagiarsi sul modello di “aggregazione”, di adunate di massa, dove la minoranza corre e la maggioranza si incammina, già da un’ora prima del via… ma verso i ristori, arraffando quanto più può e lamentandosi se manca il panino imbottito con cui imbottire il marsupio o simulare di essere incinte per la merce nascosta sotto la maglietta o l’elastico dei pantaloncini.

Sarebbe una bella sorpresa se questo genere di frequentatori facesse il suo ravvedimento operoso, accettando il ritorno a un sano passato, a una corsa dove si va per correre e non per fare colazione "a-gratis" (a-pagare si fa sempre in tempo). I precedenti delle ultime settimane non sono ottimali: si canta vittoria se alle corse vanno in cento… vedremo il 18 ottobre.

Per info, 348 533 55 71.

27 settembre - Non è la prima volta che la classifica assoluta di una maratona vede in testa una donna: certo, non accade nelle maratone dove il tintinnio della moneta attira da ogni dove i mercenari maschi e i loro manager. Ma per Federica Moroni, primatista italiana di vittorie sui 42.195, e seconda al Passatore nel 2019, che aveva cominciato lo sciagurato 2020 con un paio di vittorie nella propria regione (Maratona di Crevalcore, Ultra della Pace di Bagnacavallo), non è una novità totale, dato che il 2 febbraio scorso aveva vinto, seppure a pari merito con Francesco Lupo, la maratona Ippociok a Fusignano, andando appena sopra le 3 ore. Più volte ne abbiamo descritto le imprese, fino alla mezza di Casal Borsetti di due settimane fa, dove aveva vinto (solo tra le donne, stavolta…). Però a memoria non ricordiamo una maratona nella quale la prima donna preceda di oltre 9 minuti il primo uomo, come invece accaduto per la maratona “special edition” di San Marino, introdotta in via straordinaria nella già collaudata Ekiden Marathon (per squadre di cinque staffettisti, su distanze variabili ma tutte rapportate al circuito di 5,9 km nel quale la manifestazione è stata instradata), con centro ai 520 metri slm del Borgo Maggiore.

Ma facciamo due digressioni storiche, una a breve distanza e una a più ampia gittata, ma tuttavia (azzardo) determinante per lo svolgimento della gara. Podisti.net era nato da poco più di un anno, quando nella RSM si disputò la prima maratona (7 ottobre 2000): partenza e arrivo in cima, circuito iniziale e poi discesa che – se ricordo bene – ci portò a sconfinare in Italia (l’organizzatore era un riminese, Zavatta se non erro), e infine risalita; insomma, un dislivello abbastanza pauroso, dichiarato dagli organizzatori in 2066 metri. La finimmo in 183, nella nebbia. L’esperienza tornò nei due anni successivi, fino al 20 ottobre del 2002, su un percorso diverso, ma sempre concluso dalla salita alla zona pedonale dei castelli e del merchandising (tanta paccottiglia, nessun giornalaio!): ci eravamo però ridotti a 126, è chiaro che l’esperienza non poté durare a lungo; e di San Marino come sede di maratone individuali non si parlò per un pezzo.

La seconda digressione arretra al 17 ottobre di 281 anni fa (1739), quando lo Stato della Chiesa, col pretesto ‘sovietico’ di tutelare la popolazione dall’oppressione dell’oligarchia, occupò la Repubblica con un esercito di un centinaio di soldati comandati dal cardinale piacentino Giulio Alberoni. Ma i sanmarinesi resistettero, recuperando la libertà dopo meno di quattro mesi (5 febbraio 1740). Libertà conservata fino ad oggi, e in base alla quale San Marino non è Italia ma si basa su leggi proprie. Se fosse entrata a far parte dello Stato Pontificio, sarebbe poi stata annessa all’Italia, come la Romagna e le Marche che la circondano.

Dite che non c’entra niente? Bè, sarà un caso, ma la prima maratona stradale, su asfalto urbano, della penisola (a parte esperienze, diciamo così, quasi private svoltesi nelle settimane scorse), dopo gli annullamenti delle più grosse maratone autunnali, si è svolta in uno “stato estero”, dove non fanno testo San Mattarella o quello “che conta più di lui” (secondo quanto dicono a Perugia); dove le circolari dei nemici del podismo, i prefetti Gabrielli e Piantedosi, si fermano a Dogana. Dove insomma il Covid lo si combatte con un po’ più di giudizio.

Ecco allora che, a 9 giorni dall’evento (18 settembre), è apparsa in rete la notizia che la Ekiden Marathon si estendeva a una “special edition” individuale, con numero chiuso e altre limitazioni (niente spogliatoi e docce – ma libero accesso ai bagni pubblici cento metri sotto il traguardo, e agli altri sapientemente dislocati dai sanmarinesi lungo i viali), distanziamento in partenza, mascherine obbligatorie per i primi 500 metri.

Iscrizioni per soli 25 euro, un ristoro fisso poco sotto la partenza (banane, acqua, tè, idrosalini, biscotti), in progressivo impoverimento giro dopo giro (al personale ultimo passaggio dopo 4 ore e 06 agguanto l’ultimo mezzo bicchiere di tè rimasto; al mio arrivo non c’è più niente, però dietro c’era ancora gente con un giro di distacco). Pacco gara oggettivamente scarsino (in sostanza, una t-shirt che nel mio caso sembra di dimensioni spropositate), premiazioni ridotte ai primi tre assoluti, mentre per i partecipanti alla Ekiden c’era un sacco di premi, compresi quelli bizzarri, per esempio a squadre assemblate un tanto al braccio.

Giusto così, nel senso che noi ammalati di maratona, in crisi di astinenza (quanto al territorio nazionale) da sette mesi, e con vacche magre in prospettiva, dobbiamo solo ringraziare per l’ospitalità, e anzi fare il mea culpa se, complice anche la scarsa risonanza degli annunci, e probabilmente il tempo massimo fissato inizialmente in 5h30 (elevate ‘in corsa’ a 6), per una gara con un dislivello che sfiora i 600 metri, siamo venuti solo in 69 (contro i 275 staffettisti). Chissà se i sanmarinesi ci ospiteranno ancora, o si richiuderanno di nuovo alla sola Ekiden, dove la partecipazione è stata davvero qualificata e i risultati di buon livello.

Ha vinto una staffetta abbastanza stratosferica, a livello regionale, come la Gabbi-Diolaiti A di Fabio e Marco Ercoli, Diego Gaspari, Giacomo Pensalfini e Vasil Matviychuk con un tempo finale di 2:17:38 cioè 3:15 /km. Doppietta dello stesso team in campo femminile, dominato appunto dalla Gabbi-Diolaiti A donne di Monica Freda, Eliana Patelli, Luana Leardini, Eleonora Gardelli e Celeste Ferrini, decime assolute in 2.48:19 vale a dire 3:59/km. Trentotto le squadre maschili, sette le femminili, dieci le miste, regolate dal Bar Maina (mista, vabbè: 4 maschi, e la ciliegina di una donna a fare gli ultimi 7 km scarsi) in 2.50:08.

Logico che l’entusiasmo e le attenzioni pubbliche fossero rivolte soprattutto agli staffettisti: un video captato da quel mostro di Mandelli nel profilo Fb di un partecipante mi ritrae mentre, al terzo o quarto dei miei sette passaggi sotto il traguardo, devo vedermela con l’auto che precede la squadra dei primi (al suo ultimo cambio), si ferma nella piazza già affollata dagli staffettisti in attesa e quasi mi obbliga a fermarmi (vabbè, direte voi, da andare ai 7/km a stare fermi c’è poca differenza).
Il passaggio e arrivo erano al culmine dei cento metri di salita più dura dell’intero tracciato, peraltro tutto corribile, persino dal sottoscritto, sebbene parecchi del mio livello lo camminassero. A proposito di camminatori, per un po’ mi ha fatto compagnia il mantovano Marco Simonazzi, detto Ol Sindic per la sua passata candidatura alle elezioni comunali di Mantova, che insieme all’ingegnere lughese Daniele Zoli aveva adottato la tattica del birillo: nei numerosi tratti di strada in cui il nostro tracciato era separato da quello automobilistico mediante birilli, a 30/40 metri uno dall’altro, i due compagni adottavano la tattica di correre “per un birillo” e camminare per l’altro. Con questo sistema hanno chiuso in 5.54, tre minuti davanti alla “pantera rosa” bergamasca Carlotta Gavazzeni, forse la più ‘viaggiatrice’ dei partecipanti (in gran parte romagnoli, più cinque modenesi).

Percorso abbastanza suggestivo, sostanzialmente nella circonvallazione a mezza quota di San Marino, con qualche interferenza automobilistica solo verso il km 4, in prossimità della ex stazione ferroviaria, dove lavori in corso restringevano la nostra corsia a un metro scarso, che qualcuno si autoriduceva passando per la rotonda anziché seguire la chicane prescritta (devo dire però che di frecce segnaletiche ne abbiamo viste poche; mi echeggia nella mente la voce della bella vigilessa bionda posta a presidiare l’area, che a un tizio alle mie spalle dice “vadiquà”, non so se divisibile in “va di qua” oppure “vadi qua”).
Dopo di che cominciava il tratto panoramico, con vista a destra sul mare tra Misano e Gabicce/Gradara, e prospetto finale, in verticale alla nostra sinistra, dei tre caratteristici castelli. Suggestivo anche il passaggio per le due gallerie restaurate (a occhio, 5/600 metri complessivi a ogni giro), dove fra l’altro faceva anche più caldino rispetto al meno confortevole clima esterno (per fortuna è piovuto solo dopo le 5 ore di gara): hanno mandato a pallino le misurazioni dei nostri Gps, ma questo conta poco.

Ho detto della vittoria della Moroni in 2.53:03; secondo (e primo uomo) Luca Benazzi in 3.02:24. Sesta assoluta è la seconda donna, Fausta Borghini; undicesima la terza, Marta Doko.
Mi aspettavo qualche ‘supermaratoneta’ in più, ma ci siamo accontentati dell’ex presidente Luciano Bigi, uno dei patron della Maratona Alzheimer, che mi ha doppiato proprio mentre io stavo doppiando la Carlotta, e ha chiuso in 4.04, precedendo di poco un supermaratoneta emergente come Maurito Malavasi (primo dei modenesi, 4.12). Tra gli altri, ho rivisto con piacere, dopo il lungo blocco, l’ammiraglio Vincenzo Carulli (che dopo l’ultima nostra gara comune a Lanzarote aveva corso e raccontato per noi la maratona di Cartagine); la famosa pacemaker toscana Ilaria Razzolini, qui alla scorta dell’amica ipovedente Chiara; gli sposini di Magreta Bacchi-Mascia, sempre in luna di miele e che spesso ci hanno raccontato le loro maratone in giro per l’Italia; e l’altro toscano Massimiliano Morelli, 600 e passa maratone all’attivo, che al terzo giro ha tentato il colpaccio di superarmi ma si è arreso al penultimo, andando così a ingrossare la fila striminzita di chi mi è arrivato dietro.

Ma la sfida era soprattutto con noi stessi, con la nostra disabitudine a stare sulle gambe per 4 ore e più, la continua tensione fino al giorno delle gare cui siamo iscritti, nel timore che ci sia l’ennesimo annullamento, come leggiamo ogni giorno. Per fortuna, San Marino è una repubblica libera e indipendente: sebbene acciaccati e stanchi all’indomani, possiamo solo benedire la sua autonomia.

30 settembre - Estratto dal comunicato stampa della società organizzatrice.

Una partenza impressionante, con uno scatto fulmineo dalle prime file. Un ritmo di gara attorno ai 3 minuti al kilometro ha fatto sin da subito selezione tra i concorrenti della prima frazione di gara. Saldamente al comando nella categoria Team Pro, dal primo kilometro, la squadra “Gabbi Diolaiti Bologna - A”, composta da Fabio Ercoli, Diego Gaspari, Giacomo Pensalfini, Vasil Matviychuk e Marco Ercoli, con una velocità media spesso sotto ai 3’15” al km e il miglior tempo finale con 2h 17’ 38”. A seguire i team CorriForrest di Forlì e Dinamo Sport di Bellaria hanno lottato fino all’ultima frazione, rispettivamente arrivate al 2° e 3° gradino del podio, con il tentativo di recupero di Rachid Benhamdane (Dinamo Sport) nella 4° frazione di gara.

Nella categoria Team Corporate, la sfida più accesa con tanti sorpassi ad ogni frazione gara, si è vista tra le squadre EnerGreen, Colombini, MVP Sport e The Space.

Poi nel finale il sorpasso di Ilie Laurentiu (EnerGreen) su Federico Borlenghi (Colombini) regala al team EnerGreen la gioia della vittoria di categoria con il crono di 2h 30’ 35” e la seconda posizione assoluta. Al secondo posto il team Colombini, al terzo MVP Sport e The Space al quarto.

Le migliori prestazioni assolute in campo maschile, nelle rispettive frazioni, sono di Giacomo Pensalfini, con il tempo di 18’ 29” nel giro singolo di 5,9 km (media di 3’07”al km) , Vasil Matviychuk, con il tempo di 37’ 02” nel doppio giro da 11,8 km (media di 3’08”al km) e Marco Ercoli, con il tempo di 22’ 46” nel giro finale da 6,795 km con variante (media di 3’20”al km).

In ambito femminile dominio assoluto, nei Team Pro, della “Gabbi Diolaiti Bologna – A” composto da Monica Freda, Eliana Patelli, Luana Leardini, Eleonora Gardelli e Alice Cuscini, con il crono di 2h 48’ 19”, davanti alle atlete dell’Atletica 85 Faenza (3h 00’25”) e della Miramare Runner (3h 07’ 29”).

Le migliori prestazioni assolute in campo femminile, nelle rispettive frazioni, sono di Monica Freda, con il tempo di 25’ 14” nel giro singolo di 5,9 km (media di 4’ 16”al km), Eleonora Gardelli, con il tempo di 43’ 47” nel doppio giro da 11,8 km (media di 3’ 42”al km) e Emanuela Brasini, con il tempo di 27’ 58” nel giro finale da 6,795 km con variante (media di 4’ 06”al km).
Nella maratona individuale il miglior tempo assoluto, sui sette giri del circuito, lo ha fatto registrare Federica Moroni, portacolori della AVIS Castel San Pietro e regina indiscussa della San Marino Marathon 2020, con il crono di 2h 53’ 03” (media di 4’ 06”al km) seguita da Fausta Borghini, Running Team San Patrignano e Marta Doko, GS Lamone.

La classifica maschile incorona al primo posto Luca Benazzi (3h 02’ 24”), portacolori della LifeRunner, seguito da Paolo Callegari dell’Atletica CorriFerrara e Loris De Paoli della Grottini Team Recanati.

 
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Domenica, 13 Settembre 2020 23:00

Trail dell’Abbazia, il coraggio di ripartire

Zola Predosa (BO), 12 settembre – Più o meno nel giorno in cui il Coordinamento podistico modenese annuncia che fino a fine dicembre non organizzerà più niente (e perché dovrebbe riprendere a gennaio? Si sta così bene in smart-no-working…), Zola Predosa aderendo alla ripartenza della Uisp regionale manda in scena un trail “light”, ridotto, rispetto al glorioso passato, a 7 km con 200 metri di dislivello, che conosce un successo impensabile. Il numero di partecipanti, originariamente fissato in 120 e già andato esaurito dieci giorni prima dell’evento, è stato elevato a 150: altra cifra bruciata ben prima della scadenza.

Perché così pochi, e perché così tanti? Nick Montecalvo, organizzatore principe (col fratello Daniele), neo-bi-papà e raffinato esegeta di scritti poetici spiegherebbe entrambe le cose: sono pochi perché le norme anti Covid suggeriscono la partenza individuale a cronometro, che inizialmente era programmata ogni 30 secondi per un’ora complessiva; poi l’intervallo si è ridotto a 20” (più che sufficienti), e ci siamo stati dentro in 150.
Ma sono tanti, gli iscritti (con rispetto parlando, il triplo dell’esordio del calendario Uisp nel reggiano), perché c’è voglia di correre, di scrollarsi di dosso le paure e il terrorismo dei guru da talk show, di andare a una movida finalmente sana, di spillarsi i pettorali senza pensare allo spillover. E perché la tariffa di iscrizione (5 euro solo corsa, con pacco-gara; 15 euro compresa la cena) è davvero minima: se penso che una settimana fa in provincia di Bologna l’unica cosa che il fatiscente coordinamento bolognese ha saputo proporre è stata una non competitiva al modico prezzo di 12 euro, avete capito.
Infine, c’è poco da discutere: Zola è bella, e l’epicentro, non del contagio ma della bellezza, è la zona dell’Abbazia (allietata, questo sabato pomeriggio, da un matrimonio con eccellenti musiche: così finalmente qualcosa va anche ai ristoratori ‘banchettisti’).

Perfetta l’organizzazione: parcheggio più che sufficiente a fianco del ritrovo; campo sportivo recintato dove si accedeva solo dopo verifica della febbre (non si sono fidati della misurazione fatta a casa dai genitori, come vorrebbe una ministra umorista che un mese fa voleva i banchi a rotelle), uno spazio sufficientemente largo e distanziato a misura più-che-droplet per lasciare singolarmente le borse; accesso al cluster (che non è un focolaio) delle partenze a gruppi di 20, cinque minuti prima della partenza individuale, con mascherine da togliere all’istante della partenza (un altro capoccia umorista vorrebbe che le tenessimo per 500 metri…), e che al traguardo ci vengono rimpiazzate da mascherine nuove dell’organizzazione.
In più, un bellissimo percorso, panoramico (foto 26-27) prevalentemente tra le vigne, con due salitine brutali (dai 67 metri slm della partenza si sale fino ai 183) ma brevi, prevalentemente erboso con erba rasata di fresco, spesso ombreggiato, ottimamente segnato, e col valore aggiunto delle fotografie ‘istituzionali’ di Jader e generosamente spontanee di Teida (più i fotografi locali, le cui immagini sono promesse come parte integrante dei servizi). Cosa voglio di più? Canterebbe non Ivano Fossati (vero Nick?) ma Lucio Battisti. Ah, il di più è il ristoro volante con grappolo d’uva offerto da Teida al km 4.

C’è perfino la bionda e affabile Simona Neri (foto 6-7-8, 10) a coordinare per l’Uisp i giudici d’arrivo; Nick è sul percorso (foto 39) e si occuperà poi di stendere e divulgare materialmente le classifiche. La temperatura del cielo (non la nostra: io ho 36,4 all’ingresso e 35,9 all’uscita) è sufficientemente calda per suggerire ad alcune signore di correre en deshabillé (foto 151-153, 168-169): arriveranno nell’ordine quinta e sesta, mentre la regina della corsa è Isabella Morlini, la cui castigata canottiera si presenta al traguardo tre minuti prima della seconda, Elisa Bettini, che a sua volta precede di poco Chiara Vitale (29 in tutto le classificate, 31:37 il tempo della vincitrice, che si colloca al decimo posto della classifica assoluta).

Gli uomini che arrivano in fondo sono 111: li regola, con un buon vantaggio, Riccardo Vanetti, ventisettenne, con 27:50, un minuto meglio di Fulvio Favaron, ventottenne e figlio d’arte. Insomma, tra i maschietti emergono nuove leve, mentre le signore vanno sul sicuro, ma alle spalle delle prime due emerge una ventottenne che, come si diceva una volta, potrebbe essere figlia delle suddette, ed è la seconda più giovane dell’intero lotto.

Premiazioni a ora di cena (si è cominciato alle 17, gli ultimi arrivano quasi alle 19); poi ci si accomoda appunto nell’ampia sala da pranzo, al modico prezzo che si diceva e con supplementi ancora più modici: per il mio bicchiere di barbera (ovviamente locale) e il sorbetto finale mi chiedono addirittura… due euro.

Insomma, la rinascita del podismo, messe da parte certe zavorre (torneremo sul discorso a ragion veduta) passa per iniziative come questa.

 
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