1° Serra Trail: la corsa perfetta
Serramazzoni (MO), 29 settembre – “Che voto dai?”, mi ha chiesto l’antica compagna di trasferte podistiche Rita, quando l’ho raggiunta a 3-4 km dalla fine. Non sono un oracolo e come prof non sono più abilitato a dare voti, ma ho risposto senza esitazione: nove. Voto destinato a salire, considerato il pasta party finale compreso nel prezzo, lussuoso e se vogliamo anche lussurioso (aggettivo suggeritomi da Enrico Z., come da foto 5), e considerato infine che le docce nel palasport (sebbene scomodo da raggiungere, causa l’urbanistica demenziale di quel quartiere) erano caldissime anche dopo tre ore dall’arrivo dei primi. Senza tacere poi che le classifiche by Vincenzo Mandile erano disponibili dopo poche ore, facilitando enormemente il lavoro di chi vuole (come diceva Gianni Brera) compicciare una cronaca.
Signori miei, 20 euro fino a tre giorni dalla gara (25 per l’iscrizione in loco), per avere un percorso di 18 km ufficiali (i Gps dicono piuttosto 18,5): dove le segnalazioni (il cosidetto balisaggio) si sprecavano da tante che erano, come credo mi sia capitato di vedere al massimo in altre due occasioni sui 120 trail e i 60 ultratrail che ho frequentato finora. La promessa di una segnalazione ogni 150 metri (almeno) è stata pienamente mantenuta, anche nei tratti rettilinei e senza incroci, dove noi trailer, che spesso corriamo in solitudine, abbiamo bisogno di rassicurazioni.
Percorso oltretutto molto scorrevole, cosa un po’ sorprendente visto che l’ha disegnato il celebre Francesco Montanari (le foto 6-8 lo mostrano durante il briefing), nei tempi antichi un oltranzista del trail e delle “regole di Morfasso” (esistono ancora?) per cui guai se c’era dell’asfalto e se i sentieri scoscesi non superavano per estensione le carraie (e se c’era qualche tratto EE o meglio PD, ancora meglio!): invece il tracciato di oggi era tutto corribile, fatti salvi pochi tratti tra i km 10 e 12,5, cioè nel punto più basso dove sono le cascate del Bucamante e la pioggia caduta in nottata aveva reso scivoloso il sentiero, e - almeno per noi scarsi – la risalita verso Monfestino, dove la stanchezza induceva a camminare persino una campionessa veterana come Ermanna Boilini, di casa sui sentieri valdostani e del Monte Bianco (foto 14).
Ma il discorso non vale per i primi: sui 165 classificati, di cui 39 donne, ha vinto Robert Ferrari (del Team 3.30, co-organizzatore della gara) in 1.30:58, tre minuti abbondanti sul titolatissimo Giulio Piana e 6 su Alessandro Marcolini. Le donne sono state regolate da Dinahlee Calzolari, abituata ai successi perlomeno in campo regionale (io la ricordo vincitrice sui 34 km al Trail della Riva di Rocca Malatina il 20 aprile, dove Robert Ferrari aveva vinto i 20 km), e che a Serra con 1.43:30 ha inflitto più di 5 minuti all’altra habituée dei podii emiliani Manuela Marcolini, e 11 minuti alla terza Laura Prampolini.
In 31 sono stati sotto le 2 ore, in 112 sotto le 2h30 (limite che forse distingue i podisti “in gamba” da quelli “normali”, almeno questa domenica). Io confesso la mia simpatia per i compagni di cordata, seppure con qualche invidia verso le 5-donne-5 (Sara, Silvia, Danila, Enrica e la già citata Ermanna) che mi hanno staccato negli ultimi 4 km: solo di Enrica (più giovane del mio figlio più giovane…) ho visto le spalle fino al traguardo, dove peraltro mi ha preceduto di un minuto buono.
E anche dietro me c’era “roba buona”, generalmente reduci dalla Capanna Tassone di una settimana fa: appena 3 minuti (cioè 400 metri sì e no) mi hanno separato da Lolo Tiozzo, il principe del maraturismo, da cui mi è venuta l’amara disillusione sul fatto che da Bologna possano mai partire aerei diretti per le maratone americane: ci hanno provato solo un anno, ma hanno constatato che in quest’aeroporto del cavolo è pericoloso atterrare per i grandi aerei (ecco servita la spocchia di Prodi e dei suoi favoriti, nonostante la lunga chiusura dell’aeroporto per risibili lavori di miglioria sfociati soprattutto nel penoso trenino di collegamento, mentre non si sono nemmeno fatti i finger per entrare direttamente in aereo dalla zona imbarco). Il che produce un altro scherzo da preti, frequente a chi si imbarca per esempio verso Londra onde fare il salto dell’Atlantico: per un minimissimo inghippo degli hub europei, i primi voli cancellati sono quelli su Bologna (non da Pisa o da Orio).
A Serra, Lolo (ripeto, classe 1945) non ha fatto compagnia alle sorelle Gandolfi, come era accaduto a Fanano, lasciando che questa volta Margherita (foto 20) precedesse di quel bel pezzo Cecilia (che però aveva ‘piazzato’ il figlio Gianluca un’abbondante ora davanti); tra le due si è inserita la carpigiana Stefania Camurri, mentre un minuto scarso dopo Cecilia gli arrivi sono stati chiusi da due pluridecennali protagoniste delle tapasciate modenesi, Ginetta Palandri e Giorgia Ruffilli.
Per tutti e tutte, il succulento pasta party compreso nel prezzo, e a 10 euro per gli accompagnatori: foto 15 per il contenuto, foto 3-4 per la clamorosa ostessa del Barone Rosso che ci ha ospitati, una signora di San Rocco (zona Zebio Cotal per intenderci) per la quale ogni elogio è superfluo.
A proposito di Zebio, si consenta al vecchio professore una postilla storica: se questo era definito primo Serra Trail (e non c’è dubbio che con questo nome fosse il primo, almeno nella memoria di chi scrive), in realtà nei mesi di settembre dal 2013 al 2016 furono organizzati quattro “Cascate del Bucamante Wild Trail”, su lunghezze variabili dai 16 ai 27 km, con dislivelli tra i 700 e i 1140 metri (erano previsti due distanze in ogni gara), su percorsi che oggi abbiamo in buona parte rifatto. Lo dico perché c’ero, come ero pure a uno “Zebio Run Moonlight” del 30.4.2016, a un “Rogaining alla ricerca di Zebio” del 10.9.2016, e a una edizione non ufficiale del Bucamante Trail che corremmo (19 km) in diciassette il 16 novembre del 2013; e scartabellando meglio all’indietro troverei altre gare simili (una mi è rimasta impressa perché prima nevicò poi piovve, e il mio telefonino prese tanta acqua che un mese dopo dovetti buttarlo…).
Oggi invece, la giornata perfetta è stata suggellata da un cielo quasi limpido e da una temperatura ideale sui 10-12 gradi: tra Nostro Signore, Zebio Cotal e Mogol-Battisti (Il sole ha cancellato tutto - di colpo volo giù dal letto - e corro lì al telefono - parlo, rido e tu, tu non sai perché…) sono stati tutti d’accordo nel benedire questo eccellente prodotto del nostro Appennino.
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