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Set 25, 2022 Fabrizio Sandrelli 1264volte

Torri del Benàco (VR), 1° “Cammina con l’AVIS”: un esordio ‘divertente’

Torri del Benàco (VR), 1° “Cammina con l’AVIS”: un esordio ‘divertente’ Roberto Mandelli

24 settembre - Una corsa ricca di fascino (e un incontro mancato): credo sia questo il miglior modo di sintetizzare questa non competitiva “discreta”, poco pubblicizzata e dalle melanconiche   atmosfere autunnali, ben organizzata dalla sezione AVIS locale ed erede di altre corse analoghe svoltesi a Torri negli anni pre-covid.
Corsa piuttosto insolita anche per la sua collocazione temporale, nel primo pomeriggio di un sabato grigio e piovigginoso e anche un po’ freddino. La lunga estate calda ci ha lasciato frettolosamente e l’autunno è arrivato con puntualità un tantino fastidiosa anche in queste terre – la costa veronese del Garda - celebri per la dolcezza del clima.
Giunto in paese verso le 14, fatico a individuare il luogo di partenza. E così, dopo essermi spinto fino in fondo al lungolago, a nord del paese, scopro che la partenza è solo a qualche metro da dove ho parcheggiato l’auto, all’ombra dell’antico castello altomedievale che ospitò, tra l’altro, re Berengario I e che è sede attuale di un interessante museo. Quota d’iscrizione modesta (4 euro per i non iscritti all’Unione Marciatori Veronesi) che darà diritto, tra l’altro, a un modesto gadget e a qualche  ottima mela.
Partenza alla spicciolata, con attraversamento di un varco molto angusto che immette sul lungolago. Superato l’imbarcadero del traghetto per Maderno (sull’opposta sponda bresciana), si prosegue ancora per qualche centinaio di metri sulla ciclabile che costeggia la riva del lago prima di attraversare la Gardesana e inerpicarsi sulle colline. Una lunga salita asfaltata ci conduce su una stradina sterrata in falsopiano (la bellissima Via dei Castei, che collega Torri a Punta San Vigilio) che si snoda attraverso gli uliveti protetti da sapienti e antichi muretti a secco, con ampia vista sul paese e sul lago.
Da lì a poco, passiamo accanto a un enorme complesso residenziale ancora in costruzione, dove spicca una gru gigantesca. “Non stanno certo costruendo case popolari”, commenta qualcuno. “No, ed è proprio un bello schifo”, aggiungo io, con amarezza, visto che proprio lì, dove l’eco-mostro fa brutta mostra di sé, sorgeva una splendida casa contadina, circondata da mandorli, cipressi e ulivi, dove trascorsi, tantissimo tempo fa, gli anni più belli della mia fanciullezza.  Ora, nel breve volgere di qualche mese, è tutto scomparso, abbattuto, obliterato dalla faccia della Terra, per far posto all’erigenda mostruosità che sarà venduta – a peso d’oro presumo – ai tanti vacanzieri germanici che affollano queste zone.
In ogni caso, la vita continua e si prosegue per salire verso Albisano (frazione di Torri), coi cartelli segnaletici che scandiscono puntualmente il succedersi dei chilometri. Poco dopo, in località Coi, il percorso dei 12,8 km e quello dei 6,7 divergono. Io scelgo il più lungo  e dopo aver bevuto un sorso d’acqua ad uno dei due o tre punti di ristoro presidiati da volontari gentili, affronto il tratto più duro (che mi costringe a procedere al passo), quello che, attraverso una ripida mulattiera, ci porta poco oltre il centro di Albisano, sulla strada per San Zeno di Montagna. Siamo più o meno all’altezza del 7° km. Da lì comincia il tratto in discesa verso il lago, lungo un bellissimo sentiero che fende la boscaglia e ci offre altri magnifici squarci panoramici. Correre nel sottobosco è piacevole, ma in qualche punto occorre anche attraversare delle rocce affioranti, chiamate localmente “liscioni”, che con l’umidità diventano estremamente scivolose e pericolose. Per fortuna, è un terreno che conosco piuttosto bene, avendovi corso spesso i miei allenamenti. Un’altra discesa su stradina asfaltata ci riporta infine sul lungolago e nonostante giunture e muscoli indolenziti riesco perfino a percorrere a passo di carica l’ultimo chilometro, sfiorando passanti tranquilli e indifferenti. Tempo complessivo: 1h e 23’, che, per i miei livelli attuali, posso considerare accettabile.  
Non eravamo in moltissimi a questa “camminata” (credo che, ad occhio e croce, che i partecipanti non superassero la sessantina), ma il percorso era – a mio modesto avviso – molto ben disegnato, un minitrail che per me ha rappresentato anche una specie di regalo di compleanno (oggi infatti compivo… la mia ennesima primavera) e ha fatto riemergere vecchi e cari ricordi del bel tempo che fu.

Solo una volta rientrato a casa mi accorgerò in ritardo di un messaggio del Direttore, che mi preannunciava la sua presenza alla corsa di Torri. Per qualche motivo non ci siamo incontrati nella patria di Domizio Calderini, umanista “torrigiano” del Quattrocento, anche se più tardi abbiamo avuto modo di scambiare egualmente le nostre impressioni per telefono.  
L’indomani, concluderò il mio lungo tour da “Wandervogel” podistico tra laghi e fiumi, che nell’arco di una settimana mi ha portato dalle rive (un tempo inquinatissime) del Bormida, alle sponde amene del Benaco, per approdare infine ad Acquanegra sul Chiese, nella terra dei padri, bagnata dall’Oglio e dal Chiese.

 

[Fabio Marri] Aggiungere qualche nota alle osservazioni di Fabrizio Sandrelli diventa probabilmente ozioso. Permettete però a chi veniva per la prima volta in questa incantevole località del Gardasee (dove la prima lingua, almeno nella stagione turistica, è il tedesco), e una volta tanto ha preso parte a una fiaspata delle più classiche (non c’era nemmeno quel simulacro di partenza di gruppo in un’ora fissa, come almeno si fa nella Bassa padana; da qui, penso, l’impressione di scarsa partecipazione sopra esternata), di dire che ogni tanto vale la pena anche di non guardare il cronometro, ma piuttosto lo spettacolo della natura. Siamo appena a nord della linea Garda-Salò, dove due promontori e un’isoletta accentuano il restringimento del lago, che da lì in su si assottiglia, e dagli 8 km tra Torri e Gardone quasi si dimezzerà tra Limone e Malcesine (teatro di partenza e arrivo della maratona del Garda, che ebbe un successo clamoroso quanto effimero una ventina d’anni fa).

Le previsioni meteo, concordi nell’annunciare deboli piogge tra le 14 e le 17, sono anticipate dalla realtà, che porta pioggia alle 13, ma la fa smettere poco dopo il primo via delle 14,30; cosicché correremo praticamente sempre all’asciutto, sebbene qualche stagionata camminatrice insista nel procedere imbacuccata o addirittura con l’ombrello.

Il tracciato, per i primi 4 km circa comune al percorso dei 6,7 km, dopo un km di lungolago, sale come eccellentemente descritto sopra. Gli scorci e i panorami visibili dall’altura (specie dopo la separazione dal percorso più breve), col dissolversi della foschia dei primi minuti meritano più di una sosta e di una foto: basta stare attenti ai già evocati liscioni, dei tratti di roccia inclinata che a volte ci fanno da pavimento e con l’acqua sono diventati scivolosi.
Per il resto, il fondo è più da trail che da corsa (dei 12,3 km totali, con 400 m di dislivello, non credo che più di 3 siano asfaltati o lastricati), e chi non ha le doti di elasticità di Sandrelli ritiene più opportuno camminare (il mio Gps sentenzierà 8:40 a km).

Ma kalipè, come ci ha insegnato Ossini: camminare a passo corto e lento ti svela bellezze che altrimenti perderesti, e siccome al traguardo non ci sono giudici ma soltanto delle squisite mele (tra le più buone mai sentite, giuro), e per chi ha pagato la quota di 4 euro, un porta-telefonino impermeabile garantito subacqueo, vale la pena di indugiare. Le segnalazioni si perdono al rientro, nella zona del porto: procedo a memoria, e giusto o sbagliato che sia passo davanti alla chiesa dove si sta svolgendo un matrimonio (non l’unico della giornata qui, a giudicare dalla sposa che in mattinata si faceva fotografare nella limonaia del bellissimo castello, e dall’altra sposa a pranzo verso l’una in un ristorante di rivalago).

Peccato che, quando arrivo, Fabrizio, che ha terminato da un abbondante quarto d’ora, sia già irreperibile, pensando all’immediata destinazione mantovana; come pure il sottoscritto, che deve affrontare 130 km per tornare a casa (se non altro, il casello e il tratto attorno ad Affi non presentano più gli ingorghi paurosi dell’estate), rinunciando al sorteggio di premi previsto per le 18,30 recupera l’auto dal parcheggio adiacente (2 euro l’ora, e 11 totali, ma non c’è scelta) e prima del buio raggiunge il suo ‘porto sicuro’.
È stato un diversivo, anzi, un “divertimento” utile e quasi necessario per entrambi, e certamente per tanti altri.

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