Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Dire che sia “la più bella del mondo”, come appare sul sito degli organizzatori, ha la stessa attendibilità di chi dichiara il medesimo per la Costituzione italiana (bisognerebbe vedere tutte le altre…): prima della partenza, un amico mi raccontava di essere reduce dalla 100 di Biel-Bienne, e non poteva che collocarla su un piedistallo, sopra tutte le altre Cento sedicenti più belle del mondo.

Sta di fatto che questa decima edizione della corsa del Monte Grappa ha segnato un record di iscrizioni così imponente da… lasciare senza medaglia parecchie decine di arrivati: la promessa è di spedirle a casa, e per ora ci fidiamo, **  anche perché ce ne convince la grande Natalina, che di queste dieci edizioni ne ha corse undici (cioè ha fatto per conto suo anche la gara annullata per Covid), ed è stata la principale responsabile della mia folle scelta, a quattro anni dall’ultima Cento e a due anni dall’ultima ultramaratona. Se no i xe mati no i  ge volemo.

Ma al lettore interessa anzitutto sapere i fatti, cioè chi ha vinto: le opinioni possono venire dopo e si ha diritto di sospendere la lettura a quel punto. Ha stravinto Massimo Giacopuzzi (Dolomitica Asd) con il tempo pazzesco di 7:49:22, media 4:42 a km. Vabbè, magari un tantino più alta dato che i Gps sentenziano una distanza reale di 96,5 km dovuta alla sostituzione forzata della strada per salire sul Grappa con circa 3 km di sentiero EE, presumibilmente più corto sebbene da percorrere con cautela, causa certi strapiombi che a volte suggerivano l’uso delle mani (oltre tutto, pioveva e dunque c’erano anche tratti scivolosi).

In ogni caso, il campione (che già al rilevamento di metà gara aveva 19 minuti di vantaggio) ha inferto 37 minuti al secondo, Marco Visintini dell’Aldo Moro di Paluzza (benemerita società che durante il lockdown ha saputo allestire squisite gare di montagna), che col suo 8.26 ha staccato di cinque minuti scarsi un altro specialista di queste gare, l’altoatesino di Laives Christian Hofer. Le premiazioni sono nelle ultime foto del servizio messo insieme come sempre da Roberto Mandelli (con cui mi collegavo ogni tanto via whatsapp, insieme ad Angelo Giaroli: sebbene i due mi garantiscano che non riescono proprio a immaginare imprese del genere. E chissà se le immaginano i miei nipotini, Davide il grande e Alex il tennesseano, nel farmi gli auguri telematici).

Si scende dalle alte cime col nome della vincitrice, Annarita Azzolini (Marathon Club Imperia, 10.29:15), appena quattro minuti meglio di Monica Affaticati (Up & Down) che a metà gara la precedeva di 23”. Non molto lontana la terza, l’altoatesina Julia Fatton (Rheinau, 10.43:43): le prime tre donne stanno tra il 15° e il 20° posto della classifica assoluta. Che, su 320 iscritti e 307 partiti, vede al traguardo 260 atleti (di cui 46 donne), più altri 10 che si sono fermati ai 50 km; è probabile che anche il primo cancello (inserito ex novo… contro il parere di Natalina, a Possagno dopo 33 km) abbia fatto una discreta scrematura.

D’altronde, la 100 di Asolo non è il Passatore dove riescono quasi tutti, compresi quelli che salgono in auto quando sono stanchi: qui le macchine degli accompagnatori (fortunatamente pochi: ho spesso incrociato la Golf che seguiva due cremonesi, ma rimasti molto indietro dal “Sàoto dea Cavra”, quando il gioco si è fatto duro) erano “schedate”, e a un certo punto impossibilitate a salire (“Mi dite dove c** devo andare per arrivare al Grappa senza prendere questa strada di m*?”, è sbottata coi vigili una pingue gentildonna, evidentemente ignara degli avvertimenti plurimi degli organizzatori). E nella meravigliosa discesa dal Grappa, praticamente in assenza di auto, il traffico si è fatto un po’ più intenso da mezzanotte in poi, solo per “merito” dei giovinastri che scorrazzavano schiamazzando a finestrini aperti e strombazzando: poi la domenica sera faremo la conta della consueta strage impunita ma continueremo a permettere lo sballo.

E torniamo al mezzogiorno di sabato 1, orario di partenza non troppo adatto per una corsa a luglio che per i primi 35 km si svolge tra i 100 e i 360 metri: per fortuna, la vigilia è piovuto e la temperatura non supererà i 27 gradi, ma con un tasso di umidità pazzesco, e i vapori che si sollevano dalla terra umida (ti sembra di essere nel bagnoturco).

Ottima collocazione logistica del ritrovo, l’impianto sportivo a un paio di km dal centro cittadino, con un servizio continuo di navette (magari, se mettevano qualche freccia per arrivarci in auto evitavo quel paio di inversioni a U causa strade a fondo cieco); buona disponibilità di parcheggi, perfetta la distribuzione pettorali e la ripartizione delle sacche di ricambio che ognuno di noi può lasciare ai tre punti chiave dei km 45, 55, 80.

Mi viene in mente che pure il 1° luglio di 55 anni fa faceva caldo, mentre cominciavo gli esami di maturità con la prima delle quattro prove scritte (ultimo anno che la maturità fu un esame tosto, con tutte le materie del triennio; adesso è una buffonata che crea soltanto illusioni e pretese in “maturati” senza qualità, quelli che poi scorrazzano giù dal Grappa o a Casal Palocco). Ai nostri tempi studiavamo che Bembo ha ambientato ad Asolo i suoi dialoghi sull’amore, e che quattro secoli dopo D’Annunzio ci ha vissuto (e raccontato nel "Fuoco") una storia intensa d’amore con la Divina, che qui è sepolta. E il mio povero padre aggiungeva i suoi ricordi della guerra, in questo scenario che sembrava tener lontani i pensieri cupi. Appena presi la patente, volle che lo accompagnassi qui, alla sua vecchia caserma dove dopo l’8 settembre gli uccisero il capitano, e i soldatini sbandati fuggirono verso casa: mio padre, in bicicletta, con un coetaneo modenese, che si chiamava Franco Anderlini, e più tardi vinse tutto come allenatore di pallavolo, e volle mio padre come testimone di nozze.

Asolo, borgo bellissimo (mi ricorda Gemona), e degnamente percorso dall’”Urban Trail” di 10 km che parte alle 19, quanto al podismo non lascia spazio per trucchi da sboroni della tacca: i quattro cancelli ammoniscono a badare subito al sodo, anche nei primi 10 km che saranno i più antipatici, ai bordi di una strada dal traffico intenso (quando si può, si usano i marciapiedi o le corsie ciclabili a lato; un vigile mi esorterà a rispettare il codice vedendomi tagliare una curva a destra).

Prima del via non può mancare una visita al duomo, di fianco alla piazza della partenza: una collega podista in arancione, Veronica della Franciacorta (foto 65 e 68), è assorta in raccoglimento. Uscendo le dico della mia preghiera nell’imminenza del via al primo UTMB: Signore, so che di queste cose non ti deve importare, ma se mi permetterai di arrivare qui tra due giorni, verrò a ringraziarti. Veronica mi fa venire un groppo alla gola rispondendo: “Tranquillo, Lui c’è sempre, anche qui”. Finirà in 12 ore e mezzo, al decimo posto: il Signore sia sempre con te.

Prima salitina verso quota 150 appunto attorno al 10: se non altro si va in stradetta senza traffico e con un po’ d’ombra. Nella discesa mi prende la Natalina, e dopo qualche km di elastico mi molla e non la rivedrò più se non in classifica, dove sta avanti un’ora, e nella foto del premio che riceve (“pesa più di me!”) in omaggio alle sue 10+1 partecipazioni.

Non faccio in tempo a riavermi del sorpasso (e comincio a chiedermi: ma io qua ci arrivo in fondo? - e rispondermi: Soldatino, non farti ammazzar!) quando una voce amica alle spalle mi dice: “Io parto piano, ma poi…”): è l’altra veneta Daniela Lazzaro, prof di matematica e fresca campione italiana di categoria sulle 12 ore. Il suo destino sarà di superare la stessa Natalina finendo in 14.47 (sono accomunate nella foto 66): ah già, ma è la più giovane del terzetto, non ne ha ancora 70…

Una zona industriale non troppo attraente ci porta a Possagno (ricordo un arbitro molto rigorista degli anni Sessanta), proprio davanti al museo di Antonio Canova (siccome sono in vantaggio sul tmax, due minuti per una visitina me li prendo) e poi su fino al tempietto-sacrario. Salita duretta, ma ne vale la pena: poi giù al primo cancello (“Dio vi benedica”, sussurro ai due rilevatori), e adesso si fa moolto seriamente, come Maestra Natalina mi aveva anticipato: in 10 km vai su di quasi 1000 metri, per una carraia in parte cementata o coperta di grossi lastroni. Profumo di Grappa (inteso come monte), fresco di bosco, panorami, ristori frequentissimi: si alternano ogni 3 km punti acqua e rifornimenti completi, dove troviamo fette tostate con marmellata, torte, biscotti, panini al salame o prosciutto, uova sode, patatine, angurie, mele, limoni, tè caldo e freddo, caffè forte, coca, acqua liscia e gassata, birra, prosecco. Tranne quest’ultimo, prenderò di tutto, e la varietà mi salverà dalle nausee incombenti.

Secondo cancello al km 43/45 (ci sarà sempre differenza tra i cartelli ufficiali e i nostri Gps), ristoro e recupero degli abiti di ricambio, l’avvocato Reali se ne va, la bella segretaria supermaratoneta Carla Ciscato arriva: il cielo si è fatto cupo, raccomandano di metterci della roba addosso perché sul Grappa piove. Magari!, mi dico, così ci rinfreschiamo un po’, e continuo con la maglietta a maniche corte sulla nuda pelle: per i tre o quattro sguazzarotti di un quarto d’ora l’uno basterà il cappellino. E siccome deve piovere, la borraccia non serve più: la lascio nello zaino che ridiscenderà poi per i fatti suoi.

E si va sul monte sacro alla Patria, una quindicina di km dalla bellezza assoluta, prati, scampanare di vacche al pascolo, fattorie, qualche discesina ristoratrice ogni tanto, fortini distrutti che emergono tra le nuvole, trincee, le grandi croci sul crinale (coglionazzo chi le vuol togliere), poi lo sbarramento sulla strada degli alpini, il sentiero da fare in fila indiana dalla Val Vecia. Dietro a me una coppia apparentemente di Latina: Barbara fa l’andatura e suggerisce a Luigi dove appoggiare il piede. Insieme, facendoci anche qualche foto, percorreremo tra le nubi il monumentale sacrario fino al doppio controllo del km 54 (due ore abbondanti di margine sul tmax!) e al ricambio, prima dei 25 km di discesona (25 km? - mi chiedo -. Ma riesco a concepire una distanza del genere?).

Sono le 9 di sera e pioviggina: ancora l’avv. Reali si stupisce che resti in maniche corte, solo aggiungendo una canotta sotto la maglietta. Ma io penso all’afa appena sotto, che si ripresenterà puntuale già al cartello altimetrico dei 1000 metri. La prima parte della discesa la faccio con una bella ragazza di Mestre, ma originaria di Boion (ostrega, cognostu el Boldrin?): Angela è alla sua prima Cento, dopo non aver mai superato i 25 km, però pensa già alla UTMB e alla IUTA. Pagherà un po’ lo scotto nel finale, concludendo comunque in 17.20 che non è male per una esordiente così giovane. Mentre la scafata Daniela Lazzaro mi manderà le sue impressioni matematiche:

Che dire? E’ stata dura, ma in fondo il tempo ha tenuto, molto meglio delle previsioni. Certo che se la visibilità dall’ossario fosse stata diversa, …, ma non è così facile sul Monte Grappa, già dal pomeriggio. E ci siamo consolati con la traversata nella verdissima, ancora di più con le nuvole basse, Val delle Mure.

E poi durante la discesa, con la visione da alcuni tornanti della luna piena in alto e le mille luci di Romano D’Ezzelino, anche se mancavano ancora più di 20 km all’arrivo.

La strada invita a correre, che per quelli del mio calibro significa i 6 a km; ma cuore e polmoni, il ”cavallo” inguinale che brucia dai primi km, e forse anche la testa dicono di camminare ogni tanto. Ma se cammini, le vesciche che si stanno gonfiando fanno ancora più male, e allora ci si barcamena.

I ristori adesso sono regolarissimi ogni 5 km, e per fortuna ci stanno anche sedie e tavoli, dove ci servono di maccheroni o riso all’olio; e se la coca scarseggia, birra e prosecco non mancano mai.

Le luci della pianura verso Bassano ti incantano e distraggono (un paio di volte, nel guardare giù, finisco contro il guardrail: e meno male che c’è!): ed ecco Romano, km 80, che mi illudo essere l’inizio della spianata finale. Macché: ricomincia la salita, vigliacca, titolata “via del Grappa”, verso Borso; ristoro degli 85 davanti alla chiesa, condiviso con amici vecchi e nuovi tra cui Luca Spaggiari, parmense di Torrile che sarà con me (si capisce, facendo l’elastico) fino al ristoro dei 95 alla macelleria di Castelcucco, e alla salita finale su Asolo: un po’ corsa e molto camminata, perlomeno da me che a forza di voltarmi indietro per capire se sono sul tracciato giusto (le frecce bicolori sull’asfalto, fedeli compagne di ogni incrocio, a volte latitano, e di cartelli “verticali” non se ne vedono quasi più) mi faccio superare quasi allo sprint da uno di Pordenone. Eppure, le classifiche sanciranno che nella seconda metà (9 ore per salire al Grappa, 7.20 per scenderne) ho recuperato 14 posizioni: faccio pietà – ne convengo – ma non sono ancora pronto per l’ospizio.

Arrivo nel cuore della notte, foto di rito, solo bottigliette d’acqua con la promessa che al campo-base ci sarà di tutto (dimenticano di dire che le bevande saranno a pagamento); spola di navette, spogliatoi, saluto con Daniela Lazzaro, recupero bagagli nello spogliatoio femminile (me ne scuso con le occupanti raccontando quella volta negli spogliatoi di Buhlertal…: mentre arriva anche Angela la mestrina di Boion); ricarica del cellulare morto al 95°, docce caldissime e shampoo offerto da un Bergamo Runner fedele di don Gregorio; maccheroni (questi, gratis) al sugo di carne, saluti ai colleghi e “arrivederci alla prossima”.

Per me, al momento, una prossima non è prevista: ma questa ne vale… cento.

** Aggiornamento alle 9,25 del 4 luglio sul problema-medaglie. Email ricevuto dai partecipanti:

abbiamo avuto dei problemi di produzione con il nostro fornitore di medaglie e non siamo riusciti a ricevere il quantitativo necessario di medaglie entro i tempi previsti.

Ci scusiamo profondamente per questo inconveniente e siamo molto dispiaciuti  di non essere in grado di consegnarti la medaglia all'arrivo come da tradizione.
Vogliamo però rassicurarti che stiamo facendo tutto il possibile per risolvere il problema e consegnarti la tua medaglia al più presto.

Per poter organizzare la spedizione della medaglia, ti chiediamo gentilmente di compilare il seguente modulo con i dati di spedizione:

RACCOLTA INFO MEDAGLIE 2023

Una volta ricevute le tue risposte, organizzeremo la spedizione della medaglia il prima possibile. Faremo tutto il possibile per fartela avere nelle prossime settimane. 

 

 

Ospitaletto (MO), 28 giugno – Ufficialmente è stata presentata come terza edizione, ma io rubando il mestiere di statistica a Isabella Morlini dirò che è almeno la settima, e non ripeterò le considerazioni fatte, da partecipante mai mancante, uno e più anni fa

https://podisti.net/index.php/cronache/item/8940-vertical-di-ospitaletto-mo-morlini-nel-diluvio-dei-modena-runners.html

Certamente è la terza edizione in grande stile, sotto l’egida permanente di Sonia Del Carlo e famiglia, e della Fratellanza di Bonfiglioli & C., più l’apporto in grande stile della Formiginese, di Modenacorre e direi di tutto il movimento podistico modenese, grazie all’inserimento della gara come tappa della Five Road Race.

https://podisti.net/index.php/notizie/item/9815-dal-25-maggio-riparte-il-circuito-five-road-race.html

Risultato numericamente straordinario, con 189 arrivati, un aumento del 70% rispetto a un anno fa; ed anche sigilli qualitativamente di valore assoluto, su questo tracciato ‘scoperto’ dalla Fratellanza e Gigliotti per la preparazione olimpica di Baldini, e il cui record di 25 minuti ufficiosi (una volta dipinto in partenza, adesso scrivono che c'è anche un 24:52 di P. Selvarolo) ormai barcolla sotto i colpi del pluricampione nazionale Alessandro Giacobazzi, oggi primo in 25:50 (rammento che ci sono 375 metri D+), con un abisso sul secondo Luca De Francesco (che però è un M 40: 27:31), vincitore l’anno scorso e che oggi si è migliorato di un minuto. Ma è bastato solo per dare 25 secondi al terzo, Nicolò Cornali, in un vero e proprio parterre de roi, coi primi 12 sotto i 31 minuti, e tra loro tanti titolati a cominciare da Fabrizio Gentile, fresco campione italiano Fidal M 50 sui 5000, e qui soltanto nono, davanti a Emilio Mori che solo tre giorni fa avevamo visto sul palco delle premiazioni a Campogalliano, ma in qualità di “datore”, non “percettore” come invece oggi.

Tanta roba, direbbe lo speaker Brighenti come al solito impeccabile persino nel distinguere i due Marri Fabio al traguardo in una manciata di metri. Tanta roba anche fra le donne, dove a fare notizia è il mancato successo di Isabella Morlini dopo le vittorie di sabato e domenica: ma anche gli dei dell’Iliade si stancavano di vincere, e questa sera il parterre des reines, ovvero i cosiddetti tre gradini del podio, mette in cima tre “Fratelle”, tra cui Martina Cornia (22 anni, già nazionale under 20 e pure schiacciatrice di pallavolo) con un grandioso 32:14 dà 25” alla compagna di squadra Francesca Badiali e un minuto alla terza Fratella Aurora Imperiale. Un arrivo davvero in sorellanza, come piacerebbe scrivere a quelle dello schwa. E mamma Isabella è subito dietro, quarta assoluta e straprima di categoria, davanti alle storiche rivali Rosa Alfieri e Laura Ricci che, quando c’è la Morlini, sanno che si lotta per le piazze d’onore.

Poi ci siamo noi: come diceva Brighenti quando correva con me le Tre Sere di Carpi ai 4:30 a km, non siamo gli ultimi dei primi o i primi degli ultimi: siamo quelli che ci sono sempre. E il sottoscritto ha visto andar via dopo 500 metri Giorgio Gaetani (pensare che correvo con suo padre negli anni Settanta), altro “fratello” da 42:38; e Maurito Malavasi, figlio d’arte pure lui (43:15). Irraggiungibili anche quattro signore di lusso, Carmen Pigoni, Rossana Montorsi (che un tempo, dopo le gare serali, andava a scatenarsi al Picchio Rosso fino all’alba), Barbara Giovanelli, Mara Fornasari specialista del Fassa Running, tutte finisher sui 45 minuti.

Scatenato anche Paolino Malavasi (incoo t’em ciap, in salida an vagh ménga: busièrd d’un busèder), che al primo tornantino del km 4 saluta il sottoscritto e la Simona Malavasi e va a finire in 49:12. Puntuale al km 5 esatto arriva il sorpasso di Angelo Giaroli, cui resisterò sì e no 500 metri e poi (per usare una pietosa bugia) “lo lascerò andare”; sebbene a tifare per me fosse anche il cugino Paolo, oggi in veste di giudice quasi-imparziale.

Cosicché la diretta di Brighenti sotto la chiesa di Ospitaletto non ha potuto che sancire l’ordine d’arrivo, nel raggio di una cinquantina di metri, Marri Fabio-Giaroli Angelo-Marri Fabio, con avvertenza che “l’originale” (come dicono a Campogalliano) era l’ultimo dei tre, accompagnato negli ultimi 400 metri dai tre meravigliosi nipotini, una “Coppa del nonno” che non cambierei con nessuna vittoria al mondo. E cmq il chip testimonia che ci ho messo lo stesso tempo di un anno fa, sebbene il cronometro luminoso avesse illuso su una prestazione ancora migliore.

E non sono riuscito a vietare a Roberto Mandelli di mettere in copertina l’arrivo e il postarrivo a quattro, immortalato nell’immediato da Italo Spina (in dolce attesa della moglie Cecilia, sempre presente e mai ultima).

Un po’ di sconcerto solo dopo, quando si è capito che il ristorante Spino dove si svolgevano le premiazioni ci aveva tirato un bidone, e chi voleva cenare ha dovuto cercare (su consiglio della tabaccaia di Ospitaletto) nella vicina San Dalmazio, dove la padrona-cuoca-cameriera che porta ancora la mascherina ma a naso scoperto, ci ha ammannito il menù unico di squisiti tortelloni burro e salvia, poi gnocco fritto dalle dimensioni di palloni da calcio, e un pignoletto fresco in caraffa che più lo mandi giù più ti tira su. Chiamiamola serendipity.

25 giugno – In una giornata di piena estate, con temperatura largamente sopra i 30, la quarta edizione della corsa in circuito voluta da Emilio Mori e Gabriele Gualdi registra 50 partecipanti più del 2022 (228 competitivi contro 178), e la vittoria di un ventenne, Alessandro Pasquinucci della Fratellanza in 31:22 (per la cronaca, tre giorni prima Pasquinucci era stato secondo nei 1500 in pista del Master Challenge in 3.45). A 7 secondi è giunto Fatim Mahrak, classe 1996, e terzo il veronese/mantovano Marco Montorio, classe 1986, in 32:04.

Tra le donne, la trentenne Francesca Cocchi (Corradini Rubiera), presumibilmente col ritmo dettato dal compagno di squadra Umberto Preci, ha prevalso in 36:12, molto distanziata sulla seconda Gloria Venturelli (Atletica Faenza) 37:30, che a sua volta ha preceduto di 11” la compagna di squadra cinquantenne Anna Spagnoli.

Prima di categoria anche oggi, come lo era stata nella classifica a punti assoluta della Fratellanza giovedì, la F60 Carmen Pigoni; come prima F65+ è la prof di Novellara M. Pia Verzellesi, che in realtà è del 53: di quanto sia pimpante me ne sono accorto io quando, abbandonata la speranza di raggiungere Angelo Giaroli ormai avanti di 200 metri nonostante il pronostico contrario dello speaker Brighenti, sono stato sorpassato da lei sul rettilineo d’arrivo beccando un centinaio abbondante di metri. Ettore Marmiroli, il prodigioso reggiano del 1948, aveva finito addirittura in 46:52, appena 10” dietro all’altro glorioso Modena Runners Medardo Corsinotti.

Squadra più numerosa è risultato il Modena Runners Club con 12 partecipanti, davanti a Sportinsieme e Correggio.

Circuito stradale chiusissimo al traffico di 2 km esatti da percorrere 5 volte, con una ventina di concorrenti che hanno doppiato tutti gli altri (anzi, il vincitore ha tagliato il traguardo esattamente mentre io e Giaroli passavamo il terzo giro); un ristoro e uno spugnaggio, e molti addetti ad ogni curva o incrocio (il mio omonimo di Campogalliano presidiava la zona vicina al casello autostradale): divertente la scritta Stoff (stufo, stanco) sulla casacca, anziché Staff. Gran ristoro finale nell’accogliente palasport, massaggi gratuiti decisamente affollati, pacco gara consistente di fronte a una tassa d’iscrizione di 15 euro; concorrenti dalle altre province dell’Emilia-Romagna, ma senza escludere un discreto numero di lombardi. A ritrarre tutti, la premiata ditta familiare Teida&Gabriele La Barbera, strategicamente dislocati in sequenza lungo il percorso, con l'aggiunta di Nerino Carri anche in versione video.

La gara era valida come seconda prova di un challenge sulle 5 complessive, la terza delle quali, il Vertical Ospitaletto di 7 km in bella salita, è già in programma per la sera di mercoledì 28.

 

Monchio (Palagano, MO), 24 giugno – Correva il 27 giugno 2020, tutta l’Italia stava cominciando a riaprire con mille cautele e mascherine “di comunità”, e a Modena di podismo non si parlava proprio. Saltò fuori una bella mammina in attesa, Giulia Grossi, che insieme al suo staff decise di presentare la sua corsa, non ancora in veste competitiva, ma almeno si correva di nuovo in (piccoli) gruppi: http://podisti.net/index.php/cronache/item/6258-monchio-mo-12-panoramica-special-edition-i-primi-a-ripartire.html

Adesso, due governi e almeno quattro dosi di vaccino dopo, a Monchio si è ricominciato come si deve, compresa la competitiva che inaugura il trofeo collegato alle prossime gare che si correranno nel Frignano, e presieduta oggi come allora da mamma Giulia. In una giornata di San Giovanni dal caldo infernale in pianura, e invece “una cosa giusta” qui a 750 di quota, sono tornati anche i competitivi, 73 in tutto di cui 15 donne, chiuse come spesso accade da Cecilia Gandolfi (in Italo Spina) appena sotto l’ora e venti, mentre dal lato femminile opposto è inutile dire chi abbia vinto, trattandosi di prof di statistica dell’Unimore di circa anni 50 e chili 40, che quando c’è lei bisogna che gli organizzatori facciano come con Binda al Giro, dare un premio per non partecipare oppure dare il premio del secondo uguale a quello del primo.

La seconda, Laura Ricci, è infatti arrivata a 5 minuti abbondanti (48:59 contro 43:55) sui 9 km del tracciato (un po’ più trailizzato e scivoloso rispetto al solito), precedendo di un altro minuto la terza, Sonia Donnini (onore al merito, anni 55).

Invece 28 anni conta il vincitore maschile, Omar Stefani (Mud & Snow, 40:08), quasi in volata su Andrea Costi (25 anni, Guglia Sassuolo, 40:28), e meno di un minuto su Massimo Sargenti, polivalente cinquantaduenne dei Modena Runners. Onore a Dino Ricci, padre della seconda donna, più anziano in gara coi suoi 72 anni, e giù per li rami a Paolo Casotti, direttore di banca appena tornato dalla mezza di Phuket e da tre settimane vacanziere in zona, che ha preceduto di due minuti il conterraneo Paolo Giaroli.

Poi c’erano i 238 non competitivi, quelli che hanno portato ai primi posti nella classifica di società la Madonnina, la Sassolese e la Guglia; a spasso per i bei sentieri che portano a Monte Santa Giulia dove stanno le lapidi per i caduti in guerra, poi a Lama di Monchio dove per Natale ci sono le esposizioni dei presepi.

Circuito largamente presidiato da addetti e da fotografi, tra cui la signora Teida ha avuto la sorte di assistere alla rimonta della figlia Teidina sul sottoscritto nell’ultimo km. O sono calato io, o la Teidina sta salendo tre metri sopra il cielo. Tu ne quaesieris quem mihi, quem tibi finem di dederint.

Ottimi ristori intermedio e finale, e possibilità di gnocco e simile gastronomia nel dopo gara. Per me, immancabile la visita al compagno di banco Dante Venturelli, ginnasiale con poche simpatie per il greco e più utilmente gestore perenne del bar-pizzeria con la figlia. Da quella classe uscì il senatore RF Levi, quattro o cinque sindaci e altrettanti docenti universitari; ma forse l’opera più buona è il caffè che Dante continua a intazzare (si può dire?) da mezzo secolo.

 22 giugno – Nella prima serata davvero estiva, con una temperatura ben oltre i 30 gradi ancora alle 9 di sera, si è svolta la seconda edizione del “Masterchallenge”, meeting di corsa organizzato congiuntamente da Fratellanza e Modena Runners Club. Adesso rimane (come nel 2022 quando però le gare si erano corse sulla pista di Fiorano), la terza prova, i 10mila su strada a San Donnino in settembre. Distanze più gettonate i 3000 (la scorsa settimana) e i 5000 metri, ma buona partecipazione anche su distanze minori, incluse le staffette.

Nell’attesa che siano elaborate le complesse classifiche a punti, si può dire che gli amatori, gli stradisti, anche quelli abituati agli ultimi posti come il sottoscritto, in gare di questo genere colgono l’occasione a prezzi davvero modici (dai 3 ai 5 euro) di cimentarsi con atleti veri, ben impostati, coi loro allenatori a bordo pista che gli danno il tempo al giro, con Brighenti sulla linea del traguardo che snocciola i passaggi e il curriculum di ciascuno come il mitico De Zan padre; col professor Pacchioni-Gigliotti a vigilarne l’evoluzione sanitaria, e perfino col tifo in tribuna delle mamme, mogli, figlioletti, pure dei compagni di squadra che in pista attendono di partire per la loro gara successiva (e allora posso immaginare che gli incitamenti agli ultimi sottintendano anche l’invito a sbrigarsi per liberare il campo di gara…).

Concorrenti da tutta la regione e anche da più lontano, e risultati che in certe gare si avvicinano a livelli da meeting nazionale: come sui 1500 maschili, dove i primi tre stanno fra il 3:44 di Mohammed Baybat (Minerva Parma) e il 3:46 di Luis Matteo Ricciardi (Sacmi Imola), con in mezzo il 3:45 di Alessandro Pasquinucci della Fratellanza. Il più vecchio ha 30 anni, ma il commander-in-chief delle operazioni, Alberto Cattini classe 1977, si piazza a metà del gruppone con 4:45.

E io preferisco guardare verso il fondo, alla lotta tra Enrico Zanella classe ’66 e Paolo Cavazzuti ’65, nei dintorni dei 5:30, mentre arranco nell’ultimo giro portando al traguardo le scarpette rosse donate da Roberto Mandelli, messe “in forma” per farle allargare di un numero, e infine richiodate coi chiodi del 6 (sempre dotazione Mandelli, integrata da due chiodi del 14 con la punta spezzata) da Dino Guidetti, compagno di squadra: anche se un po’ si vergognerà di avere in gruppo uno come me di cui la Fidal sancisce il Pb in 6:53 (ah, bravo, sei stato sotto i 5 a km!, si complimenta una vecchia amica involontariamente offensiva).

Così, tra le 27 donne, dato l’omaggio doveroso a Sara Arrigoni classe 2005 del Cus Parma per il 4:37 (lasciamo stare i centesimi, noi che ragioniamo sulle mezz’ore), io vado a dare il cinque in pista a Paola Bernini del ’64 e Barbara Giovanelli del ’69 (se dai i cinque alle prime, quelle si arrabbiano perché perdono mezzo decimo). E in mezzo ci metto Monica Barchetti, classe 1968, pluricampionessa mondiale delle 12, 24, 48 ore, cuore diviso tra Crevalcore e Las Palmas, qui con 5:40 chaperon delle ragazzine della Fratellanza.

Passiamo ai 5000 maschili, dove una freccia parte e già al primo giro ha 200 metri sul secondo. “Ma gliel’anno detto che sono 5000 e non 1500?”, si dice in tribuna. In effetti rallenta un po’ Labouiti Moslim (1993, Castenaso Celtic Druid), quanto basta per non stare sotto i 3 a km (15:00.53), e precedere di “soli” 10 secondi Luca De Francesco, doppiando metà dei contendenti. Ma io scendo come al solito a metà dei 35 arrivati per trovare il dottore e pianista-sassofonista Giacomo Carpenito, SM 50, che con 17:48 precede di poco il compagno di squadra Federico Bacchiega: con la cui mamma io corsi una maratona di Carpi anni Novanta arrivando a braccia alzate e mani intrecciate, e la foto finì sulla copertina di un rotocalco. Due vite fa; adesso Federico è papà tre volte: che boccata d’ossigeno per la nostra Italia sazia, disperata e infangata da gay pride e simile lordura.

Ma la mia simpatia va a Dino Guidetti, che dopo avermi aggiustato i chiodi con arte insieme fabbrile e scarpaiola corre i 5000, e amorosamente tifato dalla moglie “Teidina” aggrappata alla ringhiera finisce in 19:34, egh giv bavèla? commenterebbe Brighenti. E non resta che inneggiare a Maurizio Pivetti, classe 1956, palma del più anziano approfittando del mio forfait, ma non ultimo in 23:11 (l’avrei battuto o no? The answer is blowing in the wind).

Poi ci sono le donne dei 5000, non tante, ma con la vincitrice Giulia Elisi da Trieste che con 19:12 dà quasi mezzo giro alla seconda; ma io vado alla quinta, Sonia Del Carlo generazione-di-fenomeni 1974, signora di classe (un po’ delusa dal marito che si ritira), che sorvegliata in tribuna dal figlio conclude in 21:22; e alla settima, Carmen Pigoni classe 1966, pettorale n. 1 quantomai giustificato dai meriti sportivi, che fa 23:41. È da queste Maestre che lo sport atletico può solo imparare.

Mercoledì, 21 Giugno 2023 16:47

Modena: lezioni universitarie di corsa

20 giugno - Chi ha detto che all’università ci sono solo professori del calibro del rettore di Unistrasi, più bravo nei talkshow che a parlare dell’unica cosa che sarebbe abilitato a conoscere? Almeno fa eccezione Modena (con la tardiva appendice di Reggio), dove i piani superiori dello sport sono affidati a Isabella Morlini, e la parte pratica è gestita nell’egregio impianto del CUS di via Campi, a metà strada tra l’ospedale, il centro Ferrari per le indagini diagnostiche più sofisticate, la medicina rigenerativa e le facoltà scientifiche tra cui la rinomata Ingegneria meccanica.

Bene, adesso nell’ “offerta formativa” c’è anche il podismo, presentato alla cittadinanza nel tardo pomeriggio dell’ultimo giorno di primavera (astronomicamente parlando), con un raduno e corsetta gratuita (strano che Giangi non sia venuto), sulle piste ciclabili della periferia est di Modena (evitando la ciclopedonale di via Gottardi, da un decennio ridotta in stato indecente e pericoloso; ma è importante la manutenzione delle ciclabili che portano alla Coop, di quelle per podisti chissene*?).

Le nostre guide sono stati due giovani sposini che esibivano il loro piccolo Leonardo nato da 26 giorni, con le sue gambine ancora delle dimensioni di stecchi, e talmente buono che per due ore non l’abbiamo mai sentito (peccato, perché non vedevamo l’ora di prenderlo in braccio tutti noi!). Quanto ai genitori, si tratta di Katia e Andrea Baruffaldi, quest’ultimo atleta di valore, classe 87 con 33:30 sui 10 km, 1.13:25 nella maratonina, e adesso responsabile della squadra di atletica dell’Unimore (insomma, il DT che deciderà se selezionare la Morlini o … Minerva ai prossimi meeting).

Intanto, prima del via per una corsa o per il tracciato dei camminatori di 5 km dichiarati (un po’ scarsini) ci è stata fatta fare tutta la ginnastica o lo stretching che si dovrebbero ma non facciamo mai. E dopo la corsa, lezioni di tecnica: lunghezza del passo, appoggio del piede, posizione della testa (che abbiamo imparato costituire il 17% del peso corporeo, dunque va inclinata al modo giusto), movimento delle braccia, equilibrio su un piede solo ecc., e fare passi corti perché si va più forte, e non rullare perché significa che vai troppo piano… Tutte cose che sui manuali forse ci sono, ma è ben altro praticarle sul prato col Baruffaldi che ci corregge e fa vedere come andiamo più forte e fatichiamo meno se il nostro piede atterra sulla verticale del ginocchio e non più avanti…

E le signore principianti, come una top new entry, Simona Malagoli la ceramista, che corre da un anno e pensa già a dove esordire in maratona, hanno imparato, come ha imparato la gloriosa Roberta Mantovi che corre, non dirò da otto lustri ma quasi. E perfino il feldmaresciallo Di Prinzio che sta andando al Fassa running, e Mastrolia che esibiva la sua maglia sexy e vantava trascorsi amatorii (la mia prima figlia è nata perché faceva troppo freddo  a Ferrette…), si sono disciplinatamente messi agli ordini eseguendo le flessioni e il sollevamento su un piede e le respirazioni giuste. E speriamo di ricordarcelo la prossima volta che correremo, oppure Andrea & Katia riprenderanno a insegnarlo dopo la pausa estiva con dei corsi continuativi.

Iano di Scandiano, 17 giugno – L’ennesima creatura di Paolo Manelli e del gruppo atletico scandianese (da Duilio all’Orietta, a Tiziano che meriterà un discorso speciale, a tutti gli altri cominciando da chi mi ha indirizzato all’ottimo parcheggio del campo sportivo, però con un cancellino molto stretto) è diventata maggiorenne, come si suol dire in una frase che lo stesso speaker Brighenti (ai vertici della forma, giuro, e sapete che non ho peli sulla lingua https://podisti.net/index.php/cronache/item/1544-jano-re-19-maggio-15-fornacione-trail-segnali-di-stanchezza.html ) ha criticato nell’usarla.

Col tempo sono cambiati la formula e i percorsi, e non è detto che questo sia il modulo definitivo: per riassumere, una 12 km individuale e una 21 a coppie (è la nostra Monza-Resegone… salvo che Mandelli è là e non qua, seppure da lui nascano i geniali collage fotografici su restio input anche di Italo);  percorso trailizzato con eliminazione di molti tratti su strade bianche, sostituiti da sentieri e pezzi di salita brevi ma brutali, specie verso la quarta e ultima cima al termine del famigerato sentiero Spallanzani.

In compenso (o a peggiorare le cose?) è venuto lo spostamento diurno delle gare: non più partenza dopo il tramonto e arrivo a bujaun, ma partenze alle 16,15/17, sotto un sole bollente che specie nel sentiero da capre, tra i calanchi verso la prima cima del km 6, produce svenimenti o abbandoni (bontà loro, gli organizzatori al controllo sacche pre-partenza ci hanno esentato dal telo di sopravvivenza, eppure mi hanno consigliato di tenere l’impermeabile perché radio-Furnasoun prevedeva uno scroscio alle 20). Non è stato preso in considerazione l’invito di Beppe Grillo a indossare i passamontagna, sebbene avessimo tante montagne da passare.

Non so se è per l’escalation di difficoltà, o per la data insolita, già estiva (la data tradizionale di un mese fa è saltata per le famose alluvioni reali o minacciate), o per il costo di iscrizione, diciamo alticcio (non trascrivo il commento di Paolino davanti alla cassa), sta di fatto che le coppie presenti erano 58, di cui 53 arrivate, più 96 singoli nella gara individuale. L’ultima volta che c’ero stato (nel 2018) fummo 101 coppie, l’anno prima 111, prima ancora 145…

Ciancio alle bande, come diceva il campione modenese di Lascia e Raddoppia, il grandissimo Enzo Cambi (vinse 5 milioni che gli servirono a pagare i debiti di suo padre) e diciamo subito i risultati.

Anzi, vi lascio indovinare chi ha vinto tra le donne nell’individuale, perché quando corre la prof di Unimore, per le altre non ce n’è proprio. E si è risparmiata, perché 16 ore dopo doveva vincere un altro trail a Castiglione dei Pepoli (BO). La seconda è stata Matilde Roncaglia a 19 minuti, ci siamo capiti.

Tra i maschi, successo di un eroe di casa, Federico Ganassi Spallanzani (con quel secondo cognome, le strade di casa non gli fanno problemi), che con 1.03:38 ha dato tre minuti al secondo, Manuel Cecchini.

Le staffette hanno visto il predominio (9 minuti sui secondi) della mista Modena Runners-Mud&snow (simply the best) Xhemalaj-Stefani in 2.11:10, e mi è stato fatto notare che sono tempi superiori di una ventina di minuti alle precedenti edizioni, a significare l’indurimento del tracciato (ormai, siamo quasi ai tempi di una maratona su strada!); secondi, due affezionati Lauffreunde della Val Sarentino, Markus Planoetscher e Annelise Felderer, ovviamente stravincitori tra le coppie miste, mentre le prime donne-donne sono risultate altre Mud& Snow, Chiara Morotti e Anna Favaretto, un pelino sotto le tre ore, 4 minuti meglio del duo Formiginese Rinaldi-Venturelli. Festeggiate quasi come avessero vinto le terze, Badiali-Bravi dalla Leopodistica Faenza (tè bòta).

E adesso riavvolgiamo il nastro (come dicono quelli che non hanno mai visto un VHS) tornando all’inizio, all’assolato ingresso nel magnifico impianto sportivo di Iano (o Jano secondo altri; come Jonio e Jader, insomma), che da un lato confina con una moderna e rumorosa ceramica, dall’altro gode lo spettacolo di tre o quattro Furnasoun, le stupende ciminiere coniche che punteggiano questi posti e hanno dato il nome alle corse della zona (“l’è tri or ch’an vdam eter che di Trii Cros e di Furnasoun”, commentava il mio compagno di squadra Paolino, accolto in partenza da Brighenti con la frase a doppio senso, che ho messo a titolo). Tra Brighenti e Bergonzoni, come battutista scelgo Brighentl, che se la tira molto meno e non si fa invitare al festival filosofia.

Scalpitano nel recinto gli individuali della 12: Paolo Giaroli, Margherita Gandolfi al cospetto di colei che due domeniche fa aveva ringraziato per non essere venuta a Vezzano. Giaroli-cugino, anni addietro, controllava severamente le sacche; ora lo fa Nerino, che è più indulgente e gli basta che abbiamo il telefono (e siccome Paolino non ha nemmeno quello, basta il mio… mi ricordo anni fa, gente che passava il controllo poi di là dalla rete lanciava il proprio telefono al partner perché potesse essere arruolato anche lui…).

I “corti” partono, mentre noi ventunisti sbrighiamo le pratiche, tra Pellacani e l’Orietta, delle 4 firme da mettere sul modulo di scarico responsabilità (che due piantedosi… Paolino, se io firmo che faccio uso di droghe, mi lasciano correre?). Pacco gara, due lambruschi e una fettona di parmigiano, poi si va alla chiama, quasi tutti col cappello in testa data la vampa e i suoi 31 gradi. Molto apprezzabile il pettorale che segna tutte le cime, le distanze, i ristori: è la prima volta in un trail che lo consulto così spesso e lo trovo incriticabile.

Come detto, mi sono riaccoppiato (come nel 2017) con l’eterno amico-rivale Paolino Malavasi; l’altra mia coppia fissa fornasonica, Ideo Fantini (2013, 2018) non lo vedo da un po’, mentre is blowing in the wind Stefano Pistilli da Albinea, che l’organizzazione mi assegnò d’ufficio nel 2011.

Il record da battere sarebbe 3.25 con Ideo, mo l’era più curta… Sicuramente nessuno batte neanche lontanamente il nostro attuale record di longevità, 144 anni in due (beh certo, se la facevo con Cuoghi…), ma non ci sono i compassionevoli premi di categoria, e anche i premi a sorteggio non ci baciano (mi bacia sulla guancia invece Annamaria Cavallo in Acito, vuoi mettere?).

Sembravamo staccati, ma sulla prima salitaccia (quella degli svenimenti, non a caso denominata Mazzalasino) raggiungiamo presto un gruppone di almeno dieci squadre, compreso Giancarlo Greco, il Berardi del podismo, accoppiato a uno/una dal palese falso nome (ma mi assicurano che il cambio è stato regolare, solo che hanno dimenticato di trascriverlo).

Su questi single track, le scuole di pensiero sono due: o ti accodi, specie se davanti a te hai uno stupendo posteriore femminile, oppure pensi al cronometro e chiedi pista: un paio di volte esorterò Paolino (che in salita mi precede sempre) a sorpassare, perché di quella ci eravamo riempiti gli occhi abbastanza e bisognava andare avanti. Il nostro agonismo imbranato mostrerà il suo culmine alla salita del km 14, quando una magrolina in bikini dalla parte delle Tre Croci ci saluterà amichevolmente: macchè, nemmeno le diamo il cinque, che magari lei ci dava il numero. Brutta ludopatia quella del podismo.

Bei panorami, comunque, tra Scandiano, i vari fornacioni, e la zona matildica dall’altra parte, con castellucci e torri. Il sentiero diventa più bello nella parte alta, tra il circolo della caccia e la discesa a Ventoso (c’è anche un night, chissà se lì i podisti cuccano?), malgrado la salita disumana a quel casotto assurdo del km 9.

Controlli e punzonature per verificare se siamo insieme (noi due sempre in perfetta regola, mentre certe donnine intraprendenti sono invitate ad aspettare il loro maschietto attardato, per il quale non funziona il proverbio a tira piò un pel ed*** ecc.). Paolo e Cinzia Manelli come sempre ai piani alti (fra 82 anni, quando avranno raggiunto in paradiso la prof dott cav nomismat ecc. Flavia Franzoni e la sua Mortadella, proporrò che gli sia dedicata l’area sportiva di Scandiano).

Ad ogni salita imprevista che interrompe un tratto in discesa, Paolino invoca dialettalmente le divinità; in un tratto più duro delle grotte di Lourdes mi fermo un istante, e la ragazza dietro mi chiede sportivamente se ho problemi. Dopo il ristoro di Ventoso (dove gli organizzatori hanno pietosamente disposto un itinerario alternativo per arrivare al traguardo tagliando…) sarà la salita Spallanzani a fare le differenze, con i “Diversamente giovani” Giancarlo e Filomena (sì, vent’anni meno di noi!) che prendono il largo e ci daranno due minuti.

Eccoci al favoloso guado del Tresinaro, sorvegliato dai coniugi Cavallo/Acito (il luogo del citato bacio): l’acqua è deliziosamente caldina, verrebbe voglia di arrivare sul fiume fino al traguardo. Invece c’è da risalire, su un pallet malmesso e scivoloso al massimo, con l’aiuto di una corda. Siamo tranquilli? Macchè, con la coda dell’occhio vedo una coppia che ci sta raggiungendo! Non fia mai, Paolino è pessimista (is ciapen ed sicur), eh no, Brighenti sta commentando là in fondo e secondo la sua faziosa interpretazione sono io che trascino Paolino a conquistare il 48° posto, con 9 secondi su Antonio e Gaetano (32 anni complessivi in meno); e lasciamoli a fare il segno churchilliano di V, sulla Cecilia che arriva mezz’ora dopo, ma non sui rognosi malamarri.

Terzo tempo: docce. Ustionanti! Non si regolano i rubinetti, risultato che viene giù un’acqua bollente che non ci stai sotto. Lo stratagemma cui ricorriamo è prendere il tubo di gomma per lavare le scarpe e miscelare il getto freddo a quello delle docce. Mai successo nelle mie 380 maratone precedenti. Manelli, altro che ciucciare mortadella, guarda che con la Flavia ti mando all’inferno!

Poi si passa al bar-ristorante, dove svetta la voce tenorile del barista Tiziano Possessi, grande maratoneta, grande diffusore di ceramiche nel mondo e grandissimo seduttore (visitammo insieme il porto di Dresda, e lui ci provò con una insigne professoressa, figlia di un grande costruttore locale, diciamo il Berlusconi dell’Emsland): corse la maratona di Reggio-Carpi 1997 all’indomani della nascita della sua ennesima figlia dall’ennesima donna, onore al merito. Un’altra signora che ne vede le foto gli riconosce che non è cambiato per niente.

Da lui prendo volentieri due bicchieroni di birra, suscitando i sospetti di Italo secondo cui supererò il tasso per guidare fino a casa (gli racconto di quella volta a Carpi, quando fui indagato dopo una cena podistica innaffiata da un litro di bianco e un grappino, e il mio quoziente risultò 0,350, il più basso della retata). Italo beve solo acqua (a collo, ma non divulgherò la sua foto), mentre a fianco Brighenti presiede una seriosa tavola rotonda di giudici Fidal, compreso Nerino, da cui esce tutto chiaro, salvo il paesello dove “Foligni” si sarebbe smarrito, se Pecorile o La Vecchia o Camporella.

Ma il Furnasoun è anche questo, una fatica boia, una disidratazione pazzesca, e la voglia di rifarlo da domani.

11 giugno – L’estate è esplosa davvero (salvo contrordini temporaleschi annunciati), e ancora alle 18 quando è partita la gara il termometro stava sui 32. Questa è forse l’unica gara pomeridiana di domenica nel calendario modenese, grazie a un antico privilegio che le consentiva la concorrenza, a distanza di qualche ora, con la corsa del mattino (che nel caso modenese oggi era peraltro reggiana, a Castellarano con sezione competitiva). Ma a sfruttare l’occasione siamo stati meno di 250, incluso il plotone di sbandieratori e addetti vari, intruppati nella società organizzatrice Madonnina che ha vinto la classifica dei gruppi con 83, spodestando una tantum il Cittanova che si è fermato a 50.

La Madonnina, col suo presidente Gianni Vaccari di venerata memoria, a principio degli anni Novanta ideò questa gara, in combutta (che coincidenza) con un altro Gianni Vaccari, figlio del sagrestano di Freto, su un percorso che sfrutta gli oltre 4 km dell’argine del Secchia che vengono buoni anche per altre gare di questo quartiere Madonnina, in una zona storicamente abitata da modenesi illustri (basta vedere le lapidi nella chiesetta), oggi spezzata in due o tre dalla linea dell’Alta velocità e dalla tangenziale nord, ma con stradette che si prestano anche a dei buoni allenamenti podistici: come capì il leggendario Luciano Gigliotti che qui preparò l’oro olimpico di Baldini (in linea d’aria siamo a 5-6 km anche da Rubiera, e ancor meno dagli impianti d’atletica della Fratellanza).

Gara ufficialmente non competitiva, col pettorale venduto alla quota minima dei 2 euro, ma che ha visto premiati i primi arrivati tra gli adulti, sugli 8.3 km (di cui metà abbondante ghiaiata, come si diceva sul tortuoso argine modenese del Secchia), e presso che tutti i bambini che hanno corso su un tracciato ridotto. Il caldo ha fatto esibire qualche duepezzi tra le atlete, col contraltare (è il caso di chiamarlo così) di alcune suore che invece hanno camminato in completo saio d’ordinanza, incluso il velo sulla testa, e i sandali ai piedi. Via dato dal parroco, e premiazioni finali officiate da lui, dall’attuale assessora allo sport e dal di lei predecessore nonché ex presidente del CSI modenese.

Ha alternato corsa e cammino Paolo Giaroli, reduce dalla conclusione dell’intera via Vandelli in una settimana (oltre 100 km di trail scavalcando l’Appennino da Sassuolo a Massa); ha soltanto camminato l’ex donnaiolo mirandolese Ori, presente a tutte le ultime tre (Magreta, San Damaso e Freto), sempre in compagnia di rappresentanti femminili; non potevano mancare Maurito e Paolino Malavasi, reduci dalla cena al festival dell’Unità di San Damaso, con una cattiva impressione lasciata dalla frittura di pesce surgelata (“sembrava che l’avessero messa sotto una pressa”): qui invece il gnocco fritto costava 90 cent e i pezzi erano abbastanza grandicelli; dopo il discreto ristoro/rinfresco finale, era anche possibile restare a cena all’aperto.

Ci fu un tempo nel quale chi si era cimentato nel percorso lungo di Freto, facendo cioè tutto l’argine, era premiato con un voluminoso prosciutto cotto; ma occorreva esibire il contrassegno ricevuto salendo a principio dell’argine. Chi non l’aveva, perché aveva fatto solo il giro del campanile, fece cagnara, col risultato che il premio finale adesso è diventato un democratico mezzo kg di pasta, indipendentemente dal chilometraggio, e solo i più bravi sono tornati a casa con alimenti più sostanziosi. Giusto così: il gps dichiara che facendo 8600 passi a 155 battiti medi ho speso 730 calorie, dunque – per quanto riguarda me, i due Paolo Malavasi e Giaroli, la non-parente Simona Malavasi, e gli altri come noi - lo scopo fondamentale è stato raggiunto.

Modena, 8-9 giugno – Il mese più ricco di corse, guardando più alla quantità che alla qualità, ha celebrato la sua seconda settimana con due ritrovi non competitivi nel raggio di una dozzina di km dal capoluogo, alle 19,30 del giovedì e del venerdì.

Buon successo ha arriso alla Corrimagreta dell’8 giugno, con 636 iscritti a questa gara, ufficialmente non competitiva, ma che alla fine ha visto sul podio una discreta serie di meglio classificati, cominciando dall’enfant du pays Filippo Capitani (Modena Runners, anche duatleta e triatleta) che ha stradominato giungendo al traguardo in gran fretta per riprendere in braccio almeno uno dei suoi gemelli, portati nel frattempo a spasso dalla mamma Chiara Zini (lei pure atleta, ma attualmente un po’ ‘impedita’ quando corre il coniuge).

Sebbene Magreta non sia certo una delle località più turistiche della zona, il percorso è stato abbastanza gradevole, una volta uscito dall’area urbana in direzione nord (cioè verso Modena ovest), con giro di boa intorno a Corletto dove si passa anche con la camminata di Cittanova: prevalenza di campi di grano e frumentone, ancora verdi ma in buona salute, con allevamenti suini, più una antica latteria ormai dismessa e contrassegnata da un cartello “Vendesi” di improbabile esecuzione.

Organizzazione molto attenta curata dalla Formiginese (Bevini, Reginato e il dottor Soli über alles, ma anche la presenza di Marco Bortolotti era un valore aggiunto) e dall'Associazione Magreta Eventi, che gestiva soprattutto il lato festaiolo cominciando da un buon parcheggio gratuito a fianco della festa e dell’immancabile tendone gastronomico; grande quantità di segnalatori lungo il percorso di 9,5 km (più il ridotto di 3,5), chiusura assoluta al traffico salvo un paio di trattori che facevano il proprio mestiere.

Al ristoro intermedio ci è stata offerta, da una bella e invitante signora, perfino della birra fresca; più avanti, un privato offriva pignoletto. I due miseri euro richiesti per l’iscrizione sono andati in beneficenza, eppure ci è toccata una piada, oltre al ristoro finale col tè decisamente saporito servito da una Simonetta in ottima forma, come lo erano Alle-Simo, altri eroi locali di lunga lena appena tornati dalle 4 maratone in 4 giorni, e una Alessandra Fava decisamente ai massimi livelli tanto da meritarsi vari primi piani di Teida.

Cittanova, come al solito, dalla accogliente tenda che lo incorona primatista come società con 73 iscritti, tre in più della Formiginese; quanto all’aspetto bassamente agonistico della lotta per il trecentesimo posto, solito ordine d’arrivo con Maurito Malavasi che precede papà Paolino, Mastrolia, Margherita vincitrice di Vezzano, Rambo e staccatissimo Gelati. Prima era arrivato Verzoni, che però ha dichiarato di aver fatto il giro corto e, che se rinascerà, farà il ciclista, perché “mentre pedali puoi anche mangiare”.

Molti, molti meno (circa 250) eravamo venerdì 9 a San Damaso per una camminata annessa al festival dell’Unità (o come si chiama adesso). Cattiva scelta quella di mettersi in concomitanza con la gara omologa a Crespellano (Bologna: Bonaccini contro Schlein?), ad appena una ventina di km, più dotata paesaggisticamente, tanto che ci sono andati perfino Giangi e la Teida, e pure competitiva (con successo di Lofti Gribi, altro Modena Runners).

Scelta della data, oserei dire, poco intelligente dato pure che l’indomani, sabato, a Modena non si corre (e nemmeno domenica mattina); e siccome lo scopo principale di queste gare è far restare i podisti a cena, mi sa che sia stata punita come meritava, anche dalla pioggia arrivata (seppure per breve tempo) proprio quando gli ultimi stavano arrivando (mi pare sia stato l’ex boss Occhetto a dire che Dio punisce col diluvio gli imprevidenti).

Peccato, perché il giro (di 8.4 km, oppure di 6 o di 3) non è male, sebbene conosciutissimo per varie gare durante l’anno: dopo aver costeggiato i ruderi di quello che fu il ristorante l’Americano (dove in una cena di classe fine anni Sessanta trovammo le Orme e da licealini bigotti li sbeffeggiammo per i capelli lunghi cantandogli addosso con la voce di testa per accusarli di essere… una cosa che oggi non si può dire), per un paio di km si sale sull’argine del Panaro, per poi scenderne percorrendo la campagna contigua al Ponte S. Ambrogio, lungo stradette tranquille e comunque ben presidiate, anche da vigili. Due euro e mezzo, stavolta, in cambio di una confezione di merendine; al ristoro, squisiti i pezzi di torta; anche Soraya Pozzi, presente ieri a Magreta e oggi qui, ha apprezzato, malgrado l'assenza di Giangi la cui sentenza, in italiano da migranti, è stata "così bella corsa San Damaso che nessuno fatto foto" (ciao mama).

Rambo e Valentini (ancora una volta primi di società, ma con una trentina scarsa di iscritti) si affrettano a smontare la tenda per non farla bagnare dalle prime gocce. Domani, come si è detto, riposo; in compenso, domenica, doppietta reggio-modenese, con Castellarano al mattino e Freto (zona Madonnina ed ex festival dell’Unità; ma qui per la sagra parrocchiale) nel tardo pomeriggio.

Mercoledì, 07 Giugno 2023 18:10

Modena: Corricharitas feriale ma per settecento

6 giugno – Non ricordo da quanti anni si svolga il Corricharitas, presumibilmente dai primi Duemila. Di certo resta che è un gioioso incontro tra noi “normodotati” e i nostri fratelli meno fortunati, oltre che coi loro assistenti, di questa benemerita “Azienda di Servizi alla Persona dedicata alla cura e assistenza delle persone con disabilità psico-fisica grave e gravissima, rispondendo ai bisogni di tipo assistenziale, educativo, riabilitativo, sanitario, psicologico, spirituale. L’opera fu fondata nel 1942 da un santo prete già impegnato nella riabilitazione dei sordomuti, e dal 1954 si trova nella sede attuale, tra via Rosselli e via Panni a sud di Modena, enormemente ingrandita e dotata di nuovi servizi.

Insieme a noi (734 paganti, cifra più o meno uguale alla camminata modenese della domenica precedente) in questo tardo pomeriggio di martedì corrono o camminano gli ospiti che possono farlo, a piedi o in carrozzella, coi loro accompagnatori (145 in tutto). All’iscrizione minima di 2 euro (cui corrisponde un barattolo di pomodori conservati) se ne è aggiunta una da 5 che dà diritto non solo alla maglietta ma anche al pasta-party che, quando era gratuito, generava indecorose resse per pluriabbuffate da morti di fame. Per fortuna, stavolta la decenza ha ritrovato il suo spazio, sebbene più per obbligo che per convinzione.

Corsa non competitiva sul solito tracciato da 8,5 km lungo piste ciclopedonali nei quartieri Buon Pastore e Sant’Agnese (ormai congiunti dalla speculazione edilizia spacciata per “consumo zero di suolo”, come si vede quando si passa dalla neonata via Nilde Iotti); partenza abbastanza unitaria (fatto salvo il solito centinaio che proprio non ce la fa a mescolarsi col nostro gruppo disciplinato e maleodorante), e arrivi che si sono aspettati anche oltre l’ora e mezzo (stavo già tornando verso casa quando ho visto Giangi a un km dal traguardo), grazie alla giusta accoglienza anche per i camminatori che non si accontentavano del giretto truffaldino attorno all’edificio per poi tuffarsi sul tavolo del ristoro. Comunque preferisco un Giangi che parte giusto, a X e Y che partono prima e davanti al fotografo fanno le smorfiette da pride col segno V (hai vinto su chi?).

Ho notato in grande spolvero Paolino Malavasi nonostante avesse finito da due giorni la sua trecentesima maratona all’interno delle 4-maratone-in 4 giorni di Orta; il sottoscritto e Giaroli, che (con Margherita appena dietro) incorniciavamo il quadrifoglio della sua maglietta nel primo km, come appare dalla foto di Teida inglobata nel raffinato collage di Mandelli, l’abbiamo tallonato fino alla fine, ma raggiunto mai. Eppure un altro reduce da Orta, Gelati-150, l’ha fatta tutta di passo… Evidentemente Paolino ha raggiunto un equilibrio fisico che gli permetterebbe di fare 365 maratone l’anno… a patto di non fare la fine di quello di Albinea, e neanche di gasarsi come se fosse il campione olimpico.

Manca la bellissima vignolese che anni fa mi suscitò un commento ironico circa il suo fidanzato di allora che ci intralciava coi suoi ghirigori ciclistici da gelosia; Mastrolia se ne fa una ragione e si fa fotografare in compagnia della Teidina che sciorina un ammaliante sorriso. Per il resto, siamo i soliti: Margherita vincitrice domenica a Vezzano, i coniugi Rossetto, i fratelli Baldini, Lorena Ilva e Vanna le carpigiane, padre e figlio Bandieri, Reginato il formiginese che ci esorta al prossimo appuntamento, posdomani, nel suo territorio, diramazione Magreta. (Ma se dici a Giangi che a Magreta c’è un distributore di metano, lui si arrabbia e urla che è a Sassuolo; come quello di Casalgrande, venerdì scorso, sarebbe a Scandiano).

Tutti i salmi finiscono in gloria, e nei tanti spicchi di limone che ingentiliscono l’acqua freschissima del ristoro finale. Con poca spesa, e un barattolo di pomodori in borsa, ci sentiamo tutti caritatevoli.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina