Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Domenica, 15 Maggio 2022 23:37

Greenway del Sile 2022: alba magica

Lungo Sile (TV), 14 maggio - Non c'è un primo e neppure un ultimo. E' un viaggio di 60 km che inizia a Jesolo e termina a Treviso costeggiando tutto il percorso del fiume Sile. Lo scopo di questa manifestazione è la raccolta di fondi per una struttura trevigiana che ospita ragazzi con problematiche psicosociali. Ho sempre partecipato a questo viaggio, mai uguale, sempre con scorci della Greenway suggestivi.
Quest'anno è stata un avventura unica.

Partenza a mezzanotte di sabato sera dal lungomare di Jesolo. Soltanto 50 i partecipanti ammessi causa la gestione complessa dell'evento.Tutti però con il pettorale personalizzato con il proprio nome, e anche un bellissimo pacco gara.
Partiamo a razzo tra risate e allegria. Ciclisti che aprono la strada e ciclisti scope che chiudono. La luna illumina il sentiero e dopo una decina di chilometri vediamo oltre il Sile Venezia e le sue luci.

Ogni 7/8 chilometri vengono preparati dei ristori che fanno invidia ai trail blasonati. Fino al 20mo chilometro, la carovana di "eroi" continua a procedere a passo spedito. A questo punto la truppa inizia a sentire i primi sintomi di stanchezza. Siamo già a Pontegrandi e mancano ancora 40 km.

Assieme a un manipolo di coraggiosi io parto. Alle 5 del mattino, finalmente l'Alba Magica. A Quarto d'Altino un sole meraviglioso esce dalle acque del Sile offrendo uno spettacolo unico. Con la luce posso ammirare le bellissime ville che si affacciano sul fiume, le piante acquatiche e i cigni che guardano questo gruppetto di pazzi. Inizia a fare caldo e procedo un po' correndo e un po' camminando con i compagni di avventura. Siamo sempre nella Restera lungo il fiume e arriviamo a Casier.Manca poco, passato l'arco delle Alzaie del Sile già si vede il Ponte dea Goba e la Piazza dei Signori di Treviso.

8 ore e 40 minuti. Ma chissenefrega. Siamo tutti primi e tutti ultimi. Dopo la foto di rito, felici e pimpanti, tutti a fare festa. Un hotel di Treviso ha offerto a tutti un mega buffet. Organizzazione ottima. Non è mancato nulla.

Santhià (VC), 1° maggio – In un weekend che, confermando il grande attivismo della settimana precedente, ha riportato il podismo in Italia ai livelli di offerta pre-covid, è tornata dopo due anni di serrata la Maratona del riso (anzi, “del riso… la maratona”, con tanto di orecchiabile motivetto diffuso dagli altoparlanti), alla sua quinta edizione della seconda serie (la prima serie era cominciata nel 2004 con partenza e arrivo a Vercelli, e la benedizione di Livio Berruti).

Le nude cifre testimoniano di un calo degli arrivati nelle tre gare competitive: 241 classificati nella maratona (contro i 336 del 2019), 258 nella mezza (erano stati 296) e 166 nella 10 km competitiva, cui se ne aggiungono 106 nella non competitiva (ma dotata di chip pure essa, e di classifica finale con grave scandalo delle vestali dell’idoneità di tipo B); e altri su percorsi più brevi. https://www.endu.net/it/events/del-riso...-la-maratona-3/results

Partecipazione prettamente amatoriale e in grande maggioranza da Piemonte e Lombardia: d’altronde, i premi ai vincitori nell’ordine dei 100 euro o giù di lì non erano tali da stimolare trasferte di mercenari, se Dio vuole. E’ stato un ritrovo tra amici con la voglia di ricominciare, virtualmente agli ordini dell’ex sindaco (avendo completato i due mandati) Angelo Cappuccio, uno di quei sindaci che non si limita a dare il via con la bandoliera tricolore, ma si presenta invece sulla linea di partenza con la divisa rossa della sua società e il pettorale 250, perché oggi per lui è la maratona n. 250 in carriera, e semmai il via glielo telecomanda il suo presidente dei supermaratoneti Paolo Gino; con l’associazione ben rappresentata dalla segretaria amministrativa Carla Ciscato, una veneta tesserata Novara che quasi affiancherà il Sindaco durante i 42 km arrivandogli 7 minuti dietro (è l’ultimo terzo di gara a generare distacchi consistenti).

Vince Giampiero Chiocchi, torinese M 40, in 2.38:18, tre minuti meglio di Alessio Farina (M 45) e 8 sull’altro M 45, il lecchese Cristiano Magni. Tra le 33 donne, vince in 2.57:58 arrivando ottava assoluta Ilaria Bergaglio (Novese, F 40), una discreta lista di successi in lunghi e lunghissimi, e 18 minuti di vantaggio sulla seconda, Simona Cassissa; più di mezz’ora sulla terza, Anna Giulia Cazzaniga. Ma c’è gloria per tutte, fino alle due supermaratonete F 65 Rosa Lettieri e Carlotta Gavazzeni che chiudono gli arrivi (tra loro si inserisce Rinaldo Furlan, mio sfortunato compagno di un errore di percorso all’ultima maratona della val d’Aosta, con un direttore di gara piemontese tutto d’un pezzo che non volle ascoltare ragioni; ma oggi per fortuna le classifiche erano orchestrate a distanza da Christian Memè, coi vetusti ma perfettamente funzionanti chip a disco volante).

Sulla mezza, partita qualche minuto dopo noi, con superamento da parte dei più bravi in vista di Bianzè, km 10 dove loro tornavano indietro, ha vinto Matteo Lometti di Asti, in 1.12:24, con due minuti sul secondo. Tra le donne, ho ammirato (quando mi hanno sorpassato) il fisico perfetto e l’andatura elegante di due nuove italiane, davvero belle nel loro incedere: Banchialem Amodio (Bergamo-Orio: Naomi Campbell non le allaccia nemmeno le scarpe), prima in 1.22:34, quattro minuti abbondanti su Mina El Kannoussi (Saluzzo).

Sui 10 km, partiti dopo mezz’ora dalla maratona, tempi pazzeschi dei primi due, separati da 4 secondi: Paolo Orsetto (Vercelli) 31:58, Roberto Di Pasquali 32:02; terzo assoluto sarebbe Vinicius Scartazzini (32:56), che però era iscritto alla non competitiva. Non male tra le donne il 36:21 di Valeria Roffino, 3 minuti su un’altra neo-italiana di Saluzzo, Mastewal Ghisio.

Ed eccoci a noi malati di maratona. Il percorso era una sorta di trifoglio, che dopo 5 km all’interno del centro storico di Santhià (molto ben sistemato: bravo sindaco!), usciva in direzione sud-ovest fino a Bianzè: stupendo il passaggio da un immenso campo fiorito di trifoglio rosso-viola, che ci dicono sia un ottimo fertilizzante naturale. Nel paesone, i mezzimaratoneti praticamente invertivano la marcia tornando all’arrivo, mentre noi andavamo verso est, rasentando il territorio di Trino (al km 15 si vedevano sulla destra le torri della centrale nucleare, di cui adesso qualcuno si accorge che farebbe comodo), poi di nuovo a nord fino a Tronzano, percorrendo anche un tratto della ex statale 11 Torino-Milano, perfettamente chiusa al traffico (ri-bravi sindaci!); per poi piegare di nuovo a est, in leggera discesa fino al punto più basso del percorso (che alla fine darà 90 metri di dislivello), in uno stradello di 8 km da fare fino al giro di boa (oltre Salasco, quasi alle porte di Vercelli), tra le risaie e il frumentone che sta nascendo, un grande lago da pesca, gazze e trampolieri, e animazione nel centro di Salasco (il cui nome è legato all’Armistizio 1848, oggi nome di un ristorante, ma che allora segnò la fine della prima guerra d’indipendenza e delle speranze sorte con le 5 giornate di Milano – peraltro, la firma dell’armistizio avvenne a Vigevano).

Altro genere di armistizio tocca stipulare a noi maratoneti di terz’ordine: già alcuni ristori (km 15, 20) non hanno più acqua: attraversando Crova, grosso modo alla mezza maratona e all’attraversamento dello storico Canale Cavour, assisto a male parole (la migliore era cogl**) tra un podista assetato e colui che avrebbe dovuto dargli da bere ma non ne aveva, e se la prendeva a sua volta con la risparmiosità degli organizzatori. Davvero inutile prendersela con dei volontari sotto il sole che picchia, e che nel frattempo stanno cercando di farsi arrivare bottigliette; io me la cavo con le banane, sempre presenti in abbondanza, e al km 31 trovo su un tavolino (lo stesso del km 25, ma in un primo tempo vuoto) 4-5 bottigliette residue. Sta arrivando, ancora nel tratto ascendente, la Carlotta, le dico di far presto a prendere quello che sarà rimasto. Proseguendo la strada, trovo un privato che offre coca e tè verde, ma da bere solo “a canna”, poi due volontari che raccolgono da terra le bottigliette e ce le offrono: il sole picchia, di ombra tra le risaie… nemmeno l’ombra, la sete implora, faccio l’armistizio con le ansie da Covid, ne prendo una: salvo che sarà a 40 gradi, utile solo per farsi la doccia in testa. Ripassando da Crova, una pia donna ci addita una fontanella pubblica a sinistra, e puoi giurarci che tutti ce ne serviamo.
Agli ultimi ristori andrà meglio, mentre noi delle retrovie, ormai a 8/km, ci sorpassiamo quando uno si mette a camminare: c’è chi lo fa di programma, come un ex portiere della Sampdoria che mi perderò a due terzi di gara (quando lo vedo in prossimità del giro di boa del km 28, dove lui è già passato, tenta di velocizzarmi dicendomi che là mi aspetta la Betty); e chi è costretto a farlo in uno dei 4 cavalcavia che ci toccano (sofferti gli ultimi due, al 32 e 37). Il pubblico fa un gran tifo per Timmy, che altrimenti si fermerebbe, ma solo i precetti di Juri del Naviglio, secondo cui la maratona finisce al km 30, e dopo si arriva comunque, aiuteranno a portarlo fino all’arco conclusivo.

Riecco Tronzano, la statale sempre deserta e con quantità di vigili che inflessibili bloccano le auto agli incroci anche se io incedo lemme a 50 metri; e poi il cartello di Santhià punto nodale della via Francigena e del pellegrinaggio verso Oropa. Parecchi incroci senza frecce ma quasi sempre con gli addetti che ti indicano dove andare (proprio all’ultimo bivio sto per fare l’errore di Dorando, che a Londra 1908 imboccò la pista dal lato sbagliato; per fortuna due urlacci mi richiamano e la bella Paola Noris, con cui alla partenza c’eravamo scambiati il pugnetto di saluto ma per fortuna senza più l’ingombro delle mascherine, mi rimarrà appena dietro – giuro che non avevo percepito il suo arrivo).

Traguardo, medaglia datata venerdì 1° maggio 2020, niente la promessa paniscia, ma gli alpini che gestiscono il ristoro a richiesta danno il loro vino in bottiglioni; e poi c’è il Sindaco che festeggia le 250 con torte, patatine, birra e prosecco. Spogliatoi agibili e doccia caldissima (come un anno abbondante fa alla mezza di Trino, salvo che la doccia era ufficialmente vietata…). Per chi ne ha, la bella giornata sui 22 gradi consente le visite turistiche offerte anche dal sito degli organizzatori: non solo Santhià, con la sua straordinaria torre di Teodolinda e il quartiere centrale attorno alla cattedrale di S. Agata (da cui lo strano nome della città), ma anche le chiese monumentali di Vercelli e Novara meritano un paio d’ore: alla fine, la nostra pelle dà la stessa sensazione che abbiamo dopo il primo giorno di spiaggia, ma ne valeva la pena.

Riolunato (MO), 24 aprile – I meteo-astrologi avevano concordemente previsto, sulla zona, un attenuarsi del maltempo nella mattina di domenica, con qualche schiarita e possibile ripresa di “deboli piogge” dopo le 13, con neve sopra i 1600 metri. Qualcosa di paragonabile al “sarà poco più di un’influenza…” delle virostar nella fase 1. Infatti, alle 9,30 siamo partiti all’asciutto, ma entro dieci minuti è cominciato a piovere, cosa che in mezz’ora è diventata un vero nubifragio, con parossismo al ripassaggio per il capoluogo, dove si concludeva il “trail corto” di 9 km e 600 metri D+.

I partecipanti al trail lungo di 27 km +1600D dovevano invece risalire il versante sud della valle in direzione della stazione sciistica delle Polle, 1300 metri slm con piste ancora innevate che scendono dalla catena del Cimone: ma all’inizio della salita più dura, dopo il 10° km, si cominciavano a incrociare atleti che tornavano indietro dicendo “troppo freddo!” o “su nevica!”. Sembra che anche la protezione civile sia intervenuta a recuperare altri “saliti in canottiera” (relata refero; io non ne ho incontrati, l’alternativa vista alla partenza era semmai con o senza impermeabile indossato).

Ciò contribuisce a spiegare il numero ridotto di classificati (45 nella gara corta, 58 nella lunga), unitamente alla concomitanza di corse prestigiose nella stessa tipologia (il Tuscany Crossing del giorno prima, la Due Rocche trevigiana, il non lontano Trail del Salame l’indomani nel parmense) o in altre categorie dello sport di fatica (i campionati italiani master di maratonina nelle Marche, la maratona di Padova, e il giorno dopo la 50 di Romagna): logico che una gara nuova, in una località pure nuova al podismo (a differenza delle confinanti Montecreto/Sestola e Pievepelago), abbia patito la concorrenza.

Sui 9 km (28 arrivati e 17 arrivate) si sono affermati Marco Rocchi, MDS classe 1976, in 55:39, e la docente classe 1971, tesserata Atletica Reggio, Isabella Morlini, che domina su questo tipo di distanze: quinta assoluta in 1.04:01, oltre sei minuti davanti alla seconda.

Sui 27 km, tra i 42 uomini e le 16 donne classificate (al traguardo li attendeva il polivalente Vincenzo Mandile con una equipe di giudici Uisp bolognesi; tutti calzavamo la scheda-chip dell’Uisp reggiana, che aveva gestito le iscrizioni in sinergia con l’Atletica RCM di Casinalbo, Modena) ha prevalso un compagno della Morlini, Daniele Sidoli (1992) in 3.05:04, con un distacco minimo sul secondo, il Mud& Snow Andrea Pellegrini (1983), che ha preceduto altri due compagni della squadra con sede a Casona, tra Vignola e Sestola, e che solitamente si allena salendo sui versanti al di qua e al di là dello stesso fiume che prima ha bagnato Riolunato.

Tra le donne, anche sulla distanza maggiore non c’è stata storia, e la plurimedagliata Manuela Marcolini, originaria di questi monti, è arrivata sesta assoluta in 3.17:40, rifilando esattamente un minuto a km alla seconda, Silvia Cortesi, altra Mud & Snow (società che ha piazzato 4 ragazze nelle prime 5, 7 in tutto nelle prime 12).

Analizzando la gara sul versante più umano che tecnico, e lasciandosi guidare anche dall’album fotografico sistemato da Roberto Mandelli, dirò che per molti, a cominciare dal sottoscritto, è stata la scoperta di Riolunato alias Ardundlà (il nome dovrebbe risalire all’Alpe di Luna o di Nona, come era originariamente chiamato il Cimone), borgo antico e ottimamente ripristinato tra i 700 metri slm della chiesa e il castello più in alto (foto 4, 17-25), dove si parla in prevalenza con accento toscano.

Poi, scendendo prima al corso dello Scoltenna (il fiume che conserva l’antico nome etrusco e, più a valle, col nome di Panaro segnerà il confine tra le province di Modena, Bologna e Ferrara arrivando fino al Po) e oltrepassando la storica diga idroelettrica, una delle più antiche d’Italia risalendo al 1911, dopo un primo guado (sta già piovendo bene e, per non restare in coda dietro alle timorose che muovono passin passino sui sassi sporgenti, attraverso direttamente in acqua) si arriva, per un sentiero in parte assicurato da catene, al meraviglioso borgo di Castellino, dopo aver risalito già quasi 300 metri dal fiume

Qui è previsto il primo ristoro, preannunciato da un’auto targata Berlino,  e gestito da due addetti: il primo – mi dirà lui – è il “marito della Matildina”, felicemente convertita da un destino che si prospettava diverso; il secondo, che generosamente versa nei bicchieri brodo caldo (la prima bevanda calda che assaggio in una gara dal marzo 2020), ha una maglia dal Kreuzberg. “Ah, gli dico, la montagna dove anch’io sono salito a gettare razzi per Capodanno!”; e vale la pena di intrattenersi qualche minuto ad ascoltare le storie di questo berlinese che, qualche anno fa, si innamorò di un villaggio moribondo e l’ha rivitalizzato (ma la storia la racconterò prossimamente).

Si esce da Castellino (foto 2, 4-7, con Frau Gabi che fotografa gli atleti), per un sentiero che, dopo aver fiancheggiato i resti di un grandioso edificio, irrimediabilmente senza tetto, punta  verso  sud imboccando la discesa verso Riolunato: si sfiora l’altro stupendo borgo di Groppo (foto 8-9) che conserva le memorie dell’eroico paracadutista Enea Cucchi, ucciso il 22 aprile 1945 in una delle ultimissime azioni di guerra (mia suocera diceva che era anche un bellissimo ragazzo, come suo fratello, morto tornando dal lager nel ’46); poi , attraversando un altro borgo dal pittoresco nome di Roncombrellaro, si ripassa lo Scoltenna sul “ponte del diavolo” (foto 20) per essere di nuovo al capoluogo, abbandonando quelli della 9 km e alcuni “ventisettisti” pentiti.

La pioggia è all’acme, ma smetterà d’improvviso al mio km 12, quando appaiono in fondo alla salita le Polle, punto più alto del tracciato sopra quota 1300 (che significa aver salito 650 metri in 10 km), con le residue piste innevate come appaiono dalla foto 10 (scattata, lo confesso, qualche ora dopo). Superato telefonando agli organizzatori un equivoco di tracciato (mi avevano sviato i segnali dello stesso colore rossoblù di quelli ufficiali, ma destinati a una sorta di circuito permanente: vedi foto 35 in basso a destra), raggiungo l’unico bar aperto delle Polle (totalmente deserte, alberghi ristoranti skilift tutto chiuso), dove c’è il secondo ristoro più grande (cibi solidi in quantità, ma niente bevande calde), mentre se ne sta andando un’altra storica presenza dei trail, Ermanna Boilini, secondo atleta più anziano del lotto (non vi dirò chi è il primo), che due settimane fa ha corso la sua settima Abbotts Way.

Resta un paio di km di falsopiano su carraie innevate (foto 11-14), che poi dirigono decisamente in basso, tra una serie imprecisata di guadi (capisco perché si chiama “Le Polle”), e poi pozzanghere e un po’ di fango, immediatamente lavato via dall’acqua del guado successivo.

Cartelli segnaletici in misura ragionevole, bandelle biancorosse quasi sempre in vista l’una dell’altra, e qualche addetto bagnato e infreddolito (dal km 22 la pioggia ha ripreso) ci instradano senza problemi tranne quelli della stanchezza in vista di Riolunato (foto 27-28), dove arriviamo in picchiata: che per le mie distrutte membra significa un ultimo km in 7:10, con tanti saluti non solo all’Ermanna che mi dà 18 minuti ma anche a Sabrina, Emilia e amici bolognesi che mi superano in allegria.

Ma per tutti ci sarà, dopo l’artistica medaglia di legno e una nera maglietta ‘tecnica’, il pasta-party, compreso nell’iscrizione di 25 € e golosamente spazzato via all’attigua Osteria del Trebbo (foto 16), dove il pane autoprodotto è così buono da indurmi a comprarne una pagnotta (che più tardi consumerò con lo squisito prosciutto preso in un negozio del centro).

La pioggia è smessa, il sole illumina un incantevole panorama terso dal Cimone alla valle dello Scoltenna, il viaggio di ritorno fa sosta di nuovo a Castellino, da Heinz & Gabi, per fare il pieno di birra, e poi dalla “Sorgente” (cioè un pozzo di metano noto perfino agli antichi romani, e valorizzato da un discendente del dantesco Farinata degli Uberti)  per liquori e marmellate di bosco: ma volendo, ci si potrebbe anche accomodare nel centro benessere per bagni di fieno e simili godurie, da aggiungere a quelle che ci provengono via radio da Empoli.

Sono i felici sottoprodotti della corsa intesa come scoperta di luoghi, storie, umanità.

 

Classifiche

9 KM

MASCHILE

1 222 55:39 ROCCHI Marco M C 1976 ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

2 228 58:44 BERNARDI Francesco M C 1995 ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

3 238 1:02:00 LOVISO Nicola M C 1985 TEAM MUD & SNOW ASD

 

FEMMINILE

1 232 1:04:01 MORLINI Isabella F C 1971 ASD ATLETICA REGGIO

2 211 1:10:27 CALZOLARI Dinahlee F C 1995 TEAM MUD & SNOW ASD

3 242 1:16:49 UGOLINI Sonia F C 1971 ATLETICA FRIGNANO PAVULLO ASD

 

27 KM

MASCHILE

1 6 3:05:04 SIDOLI Daniele M L 1992 ATL. REGGIO ASD

2 78 3:06:12 PELLEGRINI Andrea M L 1983 TEAM MUD & SNOW ASD

3 55 3:12:33 AUTUORI Mirko M L 1996 TEAM MUD & SNOW ASD

 

FEMMINILE

1 39 3:17:40 MARCOLINI Manuela F L 1982 A.S.D. SPORTINSIEME

2 28 3:45:17 CORTESI Silvia F L 1997 TEAM MUD & SNOW ASD

3 25 3:59:28 MUZZARELLI Elena F L 1977 TEAM MUD & SNOW ASD

18 aprile – La dottoressa Clizia De Santis, laureata a Ferrara nel 2007 e specializzata a Bologna nel 2011, non si sorprenda se prendiamo a prestito il titolo della sua tesi per raccontare la decima edizione della maratona di Crevalcore andata finalmente in onda per la Pasquetta dell’anno di crescente grazia 2022.

Il fatto è che, cercando online info sulla maratona, piuttosto che resoconti dalle fonti ufficiali si trovano notizie di questo romanzo pubblicato dalla scrittrice Neera (Anna Maria Radius Zuccari) nel 1907: “una strana storia, che a riassumersi risulta gratuita, un montaggio di motivi e di tempi già uditi, un impasto romanzesco messo insieme a effetto, insomma una ben poco leggibile cosa. Eppure, entrandovi, la voglia che hanno i bambini quando si racconta loro una favola, sapere come va a finire, nasce anche nel lettore smaliziato" (così ha scritto Gina Lagorio ripresentando l’opera): insomma, piacerebbe sapere anche a noi come è andata a finire questa corsa, dopo l’annullamento del 2021 sia nella data tradizionale del 6 gennaio sia nel recupero sperato a maggio, e che pure nel 2022 ha avuto un esito alquanto travagliato.

Annullata a poche settimane dalla data ufficiale (così ne aveva scritto Stefano Morselli):

Atteniamoci ai fatti, e diciamolo noi che siamo spettatori informati, al posto degli organizzatori che sono costretti a subire la decisione altrui: il primo cittadino, chiedendo di spostare la gara, HA INCISO NEGATIVAMENTE sullo svolgimento della manifestazione.

Si tratta di una richiesta che non è supportata da nessun decreto legge già in vigore perché, lo ricordiamo in questo articolo, il D.L. del 24/12 non coinvolge le manifestazioni sportive.

Quindi, ancora una volta, così come successe per la Stramagenta 2021, gli amministratori impongono le loro paure, mentre organizzatori e atleti le subiscono.

Per Crevalcore non ci si può neppure appellare alla Fidal (la gara non è federale), ci si potrebbe appellare al CONI attraverso l'EPS che promuove l'evento, ma la strada sarebbe lunga ed un braccio di ferro con il comune sarebbe probabilmente sproporzionato, ma parliamone almeno.

Sarebbe tuttavia doveroso, da parte del Sindaco, elencare le motivazioni logiche di tale decisione, spiegare ad esempio cosa c'entra la scuola (cui noi tutti, ovviamente, teniamo) con poche centinaia di anzianotti che corrono per le campagne la mattina della Befana, quando gli scolari sono ancora a letto; o se la scuola non subirà danni dall'apertura di tutti i 16 comprensori sciistici della regione, compreso quello della provincia di Bologna. Andare insomma al di là dei generici rilievi quotidiani su curve di contagi, indice Rt, affermazioni dei virologi nei talk show, ecc., cose che tuttavia al momento non spostano l'Emilia dalla "zona bianca" in cui è collocata. Nel frattempo (notizia delle ore 17,20) a 22 km di distanza da Crevalcore, precisamente a Calderara, il 31 dicembre si correrà l'annunciata 7 km di San Silvestro.

e rimandata al lunedì di Pasqua, in questo 18 aprile si è finalmente svolta: peccato però che dal comitato organizzatore, così prodigo di comunicati fino al sabato di vigilia, non sia ancora giunta nessuna notizia, a degnamente celebrare la città del silenzio; e restino muti tanto il sito ufficiale della gara quanto il media-partner privilegiato, che si era assicurato l’esclusiva delle fotografie immaginando chissà quali esiti lucrativi.

Unica fonte d’informazione restano le classifiche sul sito di Endu responsabile del cronometraggio, e le relazioni di qualche amico che c’è stato. Peccato che alla infodemia preventiva non abbia corrisposto l’informazione quando ce n’era più bisogno; ma forse è meglio così, perché i numeri delle classifiche sono dei fatti, non dei romanzi mitologici, delle torte indorate o cosparse di alchermes onde rifilare un pacco vendendo qualche ‘pacchetto’.

Dunque, le spietate cifre: la maratona 2022 ha classificato 103 corridori (7 dei quali benevolmente accolti oltre il tempo massimo); il numero chiuso prefissato era a 400, nel 2020 avevano finito in 239 (qui il nostro racconto: http://podisti.net/index.php/cronache/item/5554-crevalcore-bo-9-maratona-di-crevalcore-e-5-maratonina-della-befana.html );

nel 2019 gli eroi erano stati 301: allora, la gara era stata definita ufficialmente “ottava e ultima”, http://podisti.net/index.php/cronache/item/3162-crevalcore-bo-8-e-ultima-maratona-di-crevalcore.html, poi dagli stessi attori è venuto il contrordine, e viva tutti.

Però la maratonina odierna (col numero chiuso speranzosamente fermato a 700) vede al traguardo 200 partecipanti, contro i 545 di due anni fa (nel 2019, quando si correvano ancora i 10 km, gli arrivati erano stati 450).

Sui due giri della 42 km ha vinto senza problemi Stefano Rizzotti (Km sport) in 2:30:27; secondo, a un quarto d’ora, lo straordinario Massimo Sargenti, M 50 dei Modena Runners, che ha preceduto tre M 45. Una over 45 è pure la vincitrice donna, Lorena Brusamento  della Gabbi (3.13:45), che ha preceduto di 7 minuti la toscana over 50 Isabella Manetti, e di mezz’ora abbondante un’altra F 45, Elena Malaffo.

La partecipazione alquanto limitata ha dato soddisfazione a molti premiati delle categorie, tra cui salutiamo i due modenesi ‘ariosi’ Libero Zerbinati e Aligi Vandelli, che si sono contesi il titolo M 75 arriso al primo con 5.56.

Mentre Simonetta Monari, ravarinese laureata in Lettere sul Muratori, ha vinto tra le F 45 in 4.35, precedendo Ilaria Pozzi, carica di trofei incamerati per la gloria del suo patron Gregorio Zucchinali. Tra loro due è giunto il nostro Paolino Malavasi, primo M 70 come già lo era stato a Russi, che non aveva programmato questa corsa ma alla fine, attratto dalle tariffe di iscrizione da black friday, ci si era iscritto, ovviamente insieme al figlio Maurito, risultato secondo degli M 35 dietro un irraggiungibile Fabio Corradin.

Ma gli occhi di molti erano puntati su Luisa Betti, prima F 35 in 4.09, scortata respiro dopo respiro, ansimo dopo ansimo, da Luca Zerbinati figlio di Libero e già grande capo indiano. Insomma, il numero dei partecipanti è stato rimpinguato da qualche supermaratoneta, ma molti meno del previsto dato che la gara ufficiale di oggi, per loro, era la 6 ore di Torino, dotata di tutti i crismi federali; e, se i supermaratoneti conoscono l’arte di fare una 42 al mattino e una al pomeriggio, non hanno ancora imparato la bilocazione contemporanea; e i restanti podisti, nella stessa Pasquetta potevano scegliere, in un raggio di poche decine di km, tra le mezze di Novellara e di Alfonsine.

Come predicava Marescalchi, spostarsi di data sembra essere una furbata, ma non sempre si trova un coperchio alla pentola lasciata troppo tempo sul fuoco.

La mezza maratona ha risultati tecnici più interessanti, col successo di Angino Asado Adimasu (22enne tesserato Emilsider, che una settimana fa aveva registrato un 33:26 ai 10mila di Correggio) in 1.11:56, un minuto davanti al titolato trentino Alessandro Degasperi, e poco di più su due valorosi dilettanti delle nostre contrade, il mirandolese M 45 Roberto Bianchi dei Pico Runners, e Filippo Capitani dei Modena Runners: società che si sono aggiudicate rispettivamente pure il primato negli M 40 con Ciro Mascherini e negli M 55 con Giovanni Tilocca. Ma non si può ignorare il 200° posto di Daniele Vassalli del Quadrilatero di Ferrara, che due giorni prima aveva lasciato vincere a Bondeno Giuseppe Cuoghi, ma qui ha orgogliosamente indossato la maglia nera con 3.25:13.

Tra le donne, commovente il ritorno di Cecilia Tirelli, Fratellanza Modena (ma non alla patetica Corrida dello stesso giorno), che io vidi esordire bambina, con papà Giuliano e mamma Mara, e ora da F 40 vince in 1.30:50, un minuto scarso prima di Federica Gismondi, e poi su Nicoletta Venturelli.

Tra le F 60 ha fatto la sua figura Cecilia Gandolfi, che aveva pure al seguito il marito Italo Spina: grande fotografo di podismo, ma qui impedito dall’esercitare la sua passione dal “verboten, alles verkauft” per la cessione dell’esclusiva dei diritti fotografici alla Premiata Agenzia. Che si era offesa quando avevamo definito “di serie C” questa gara; adesso, con 303 arrivati complessivi, ne avrà di pacchetti da vendere… noi ci accontentiamo del collage simbolico di Roberto Mandelli tratto da foto d’epoca ‘esenti da diritti’.

16 aprile – In un’epoca nella quale sono più le gare morte di quelle sopravvissute, e molte di quelle che rinascono lo fanno nello stile di gioioso ritrovo a partenza libera, una delle società giovani del territorio modenese, i Modena Runners fondati nel 2015, esporta il suo modo di vedere la corsa in un lembo estremo della Padania, “in c*  al mondo” come ci ha confessato un partecipante riuscito ad arrivarci a forza di gps/google maps: eppure un “mondo piccolo” che vale la pena di scoprire.

La ragione iniziale è il gemellaggio tra le due fabbriche Generalkoll (collanti e mastici ad uso soprattutto edilizio), collocate una a Modena capoluogo e l’altra in questa frazione (Ponti Spagna) di una frazione (Zerbinate) di Bondeno, dove il Po e gli immensi canali della bonifica Burana separano tre regioni (Emilia, Lombardia, Veneto); dove ti aspetteresti soprattutto fumana e zanzare, e invece trovi un paesaggio affascinante tra acque pescose, argini e percorsi ciclabili, scoperto dai tedeschi che infatti affollano un agriturismo dal nome di “Lucciole nella nebbia”, meta pure di un raduno motociclistico che riempie i prati e sparge nell’aria il profumo delle grigliate.

Qui (a 22 km da Ferrara, 44 da Bologna, 62 da Modena) si è svolta, il Sabato santo, questa gara che ha attirato alcune decine di giovanissimi per le gare preliminari in un rettifilo del quartiere industriale, e 140 iscritti competitivi (di cui 32 donne) alla gara-clou delle 16, di 9.3 km un terzo dei quali su sterrato, in un anello su e giù per gli argini, con vista sul Grande Fiume e passaggio dalla storica Rocca Possente ed la Stlà (italianamente Stellata, cl’an gh’entra gnint cun i stracch mort stlaa ma è dalla forma a stella del maniero estense).

Ad aggiungere un pizzico di eroismo alla vicenda ha provveduto il clima, che in un revival fantozziano ha collocato un nuvolone esattamente sull’area di gara e, allo sparo del via, ha cominciato a scaricare acqua e un po’ di quella che qui chiamano timpesta, salvo smettere esattamente quando Giuseppe Cuoghi (qui in vantaggio sullo storico rivale Daniele Vassalli presidente della Quadrilatero di Ferrara) è disceso dall’argine per imboccare lo stradone dell’arrivo.

A quel momento erano già arrivati i vincitori, che la bici e l’obiettivo di Teida Seghedoni hanno ripreso lungo l’anello, anche in un raro tratto dove – alla faccia di Fantozzi – non pioveva: il 29enne modenese Riccardo Tamassia, che con 29:40 ha avuto la meglio per soli 11 secondi sul veronese Daniel Turco; e la reggiana Fiorenza Pierli, 42enne indiscussa primattrice del podismo emiliano, che con 34:54 ha distanziato la rivale abituale Rosa Alfieri, altra reggiana sebbene tesserata Minerva Parma, di 44 secondi.

Ma c’è stata gloria per tanti altri, con premi fino al cinquantesimo classificato (la mamma del 51° ha chiesto perché non premiavano anche lui), mentre i concorrenti continuavano a tagliare l’arco gonfiabile di Lupo Sport, inventariati con diligenza dal plenipotenziario Uisp/Fidal Vincenzo Mandile, e tosto invitati a salire sul podio dove li incoronavano l’assessora allo sport di Bondeno e Silvia, direttrice dello stabilimento di Zerbinate.

La classifica per società, calcolata non solo sul numero dei partecipanti ma anche sui piazzamenti, incorona un’altra associazione titolare di una gloriosa gara popolare e agonistica, i mantovani di Malavicina, che hanno brandito il lambrusco vinto come se fosse un Barolo vinificato dal conte Cavour, nettamente superando la Salcus rovigotta di Occhiobello, i Modena Runners e i Corriferrara. Ma vorrei segnalare la Podistica Finale Emilia di Ottavio e Antonella (nel ricordo dello scomparso Giuliano, al sgnor Guldoon protagonista di tante maratone; una la dovette saltare perché al gh’iva da dar l’aqua ai perseg), una società non prettamente agonistica ma che non ha paura di acquistare i pettorali competitivi anche se sa che la spesa non le ritornerà sotto forma di premi in natura (tre degli ultimi quattro classificati indossavano la sua maglia gialla): come ha sintetizzato lo Spin Doctor della società organizzatrice, “grazie a chi ha vinto e a chi è arrivato un’ora dopo i primi: alla fine vince solo chi sta bene”.

Un tramonto rosseggiante, “al pio colono augurio di un più sereno dì”, ha scaldato i reduci dalla gara e asciugato le loro scarpette umide; poi, la luna piena di Pasqua ha illuminato i campi e salutato il ritorno a casa da quest’angolo di mondo oggi giustamente valorizzato. E' Pasqua ogni volta che canti in macchina e che ti piaci ancora; è Pasqua quando pensavi di non farcela e invece vivi, malgrado tutto.

 

CLASSIFICA MASCHILE

1 501 29:40 TAMASSIA Riccardo M 1993 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2 560 29:51 TURCO Daniel M 1998 FONDAZIONE M. BENTEGODI

3 559 31:04 GARAVASO Edoardo M 2002 FONDAZIONE M. BENTEGODI

4 502 31:20 GINOSA Arturo M 1986 LOLLIAUTO ASD

5 509 31:44 ANTONIOLLI Federico M 1985 A .S.D. ATLETICA BONDENO

 

CLASSIFICA FEMMINILE

 

1 505 34:54 PIERLI Fiorenza F 1980 POL. SCANDIANESE

2 506 35:38 ALFIERI Rosa F 1970 CIRCOLO MINERVA ASD

3 540 36:04 ARDIZZONI Silvia F 1984 ATLETICA CORRIFERRARA

4 538 40:19 BELLI Lorena F 1980 ATL. REGGIO ASD

5 614 41:22 DEL CARLO Sonia F 1974 PODISTICA FORMIGINESE ASD

Giovedì, 14 Aprile 2022 10:09

Auguri a Roberto Mandelli

14 aprile - Per chi non avesse la ricorrenza segnata nell’agenda, o in quei diabolici congegni informatici che alle 0,01 fanno partire gli auguri in automatico, segnaliamo che oggi Roberto Mandelli, fotografo-principe nostro e di tutti quanti settimanalmente lo vedono sui campi di gara o ne apprezzano gli scatti, compie ** anni.

Per orientare la ricerca numerica, diciamo che lo stesso compleanno è festeggiato oggi da Chris Mortimer, ex pilota di moto (Ducati, Yamaha) sette volte vincitore all’isola di Man, o da Anita Bartolucci, attrice di teatro e cinema interprete, fra l’altro, di Vieni avanti cretino sotto Luciano Salce e di Perdiamoci di vista sotto Carlo Verdone. Mentre qualche candelina in più la spengono oggi l’ex calciatore Aldo Agroppi, bandiera del Torino, che un paio di volte diede dispiaceri al tifo bianconero di Roberto, segnando gol decisivi alla Juventus; o il mitico chitarrista dei Deep Purple, Ritchie Blackmore. Un paio d’anni in meno di Roberto li ha Adelio Moro, ex calciatore di Atalanta, Inter, Milan e non solo.

Ma a noi oggi interessa solo Roberto, che onoriamo con una sua foto storica nella Berlino del muro: immagine che non sarà bella e rifinita come quelle che fa lui… ma capite che l’obbligo della sorpresa non poteva comprendere la richiesta di un altro dei suoi lavori di cesello… Se poi va a vedere l'attach, è la volta che ci "toglie l'amicizia"!

 

 

Fossoli (Carpi, MO) 10 aprile – A Modena città si arranca (è annunciata per Pasquetta un’edizione della Corrida che fa ridere i polli e piangere i podisti con mezzo secolo di attività come il sottoscritto), invece Carpi e la Bassa riprendono il loro antico ruolo di traino del podismo amatoriale, in un desiderio di continuità dimostrato anche dal sacchetto del ristoro-pacco gara finale, che recupera l’antico centenario della maratona di Dorando Pietri.

Niente di che, beninteso: la quarantesima edizione del “Giro delle Risaie” è una non competitiva, in cui la presenza di molti supermaratoneti che girano l’Europa (dall’Assunta alla famiglia Paolino-Maurito, dalla Cecilia ai podisti del Pico, tra cui Claudio Morselli e il vincitore platonico della gara sui 13 km, che rimane Milite Ignoto da quando non c’è più Rispoli sul traguardo a prendere giù i nomi per la Gazzetta) dimostra solo che questa domenica era considerata giorno di ‘scarico’ prima dei cimenti da affrontare entro il mese; e che una tantum si può fare a meno del cronometro godendosi un tuffo nelle corse dai frutti dimenticati, in una giornata limpida e fredda (speriamo di non essere smentiti sulle temperature dall’Atletica Reggio…), dove la vista spaziava dalle Prealpi veronesi a Cusna e Cimone innevati, e da calpestare avevamo strade piene di storia (anche luttuosa, come la Remesina del campo di concentramento, poi riscattato in direzione della Vita da don Zeno e infine dai profughi giuliani), di lavoro (le risaie che come sottoprodotto davano rane e pescegatto, i campi di frumento quando era più conveniente produrlo che importarlo) e assolutamente vuote di traffico, grazie a una chiusura ermetica e una sorveglianza puntuale (mi sono vergognato trovando una rotonda intera chiusa da un volontario e una graziosa vigilessa solo perché a 20 metri stavo arrivando io ai 6/km).

Su tutto vigila l’Ilva Guidetti (pronunciare Guidètti alla carpsana), patrona di qualunque scarpetta si muova in un raggio di 10 km, da San Martino Secchia a Rovereto, dalla corsa di don Camillo cun i macaròun a quella di Peppone per il giornale che non esiste più: lei c’è sempre, e grazie al suo potere diplomatico riesce ad avere al suo servizio i vigili carpigiani (compreso Ermanno Pavesi, decano dei vigili: e dove sarà finita l’ex campionessa Bellelli Manuela?), le fondazioni bancarie che estinguono le loro pubblicazioni storiche, le figurine e statuette della Panini, un nugolo di sbandieratori e ristoratori a cominciare da Azio&Lella, e il meglio della fotografia modenese e reggiana: ad esclusione di una premiata fotografa sassolese, che sa il greco ma negli scatti non è platonica né tantomeno evangelica (“Date e vi sarà dato; vi sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi”). Nel mio mezzo secolo di podismo, ne ho viste di ditte fotopodistiche a cui è stato rimisurato il tariffario… e come diceva la Gialappas band, quando ci sono Teida, Nerino e Italo, se mancano altri, dove dobbiamo scrivere col pennarello “chissenefrega”?

Mi sono meravigliato che all’orario ultimo di partenza (ore 9; in teoria si poteva già dalle 8,30) sulla linea del via aspettassero con pazienza almeno 3/400 persone: di solito, appena spillato il pettorale (talvolta anche senza spillarlo, anzi senza comprarlo per l’esosa cifra di 2 euro), si avviavano alla chetichella, in due o tre, per ripresentarsi al ristoro finale magari prima della partenza ufficiale. Ce ne saranno stati anche oggi, ma la maggioranza era lì, forse a recuperare le tante chiacchiere perdute in questo biennio di terrore reale e di terrorismo gonfiato: una cui traccia residua vedo negli sbandieratori che, in aperta campagna, presidiano solitari gli incroci indossando la mascherina…
Certamente sarà un ordine dell’Ilva, come la Rai ordinava fino a poco fa ai suoi cronisti di esibire la mascherina anche se trasmettevano da Piazza Grande deserta… e vedremo quando le pseudoregole vigenti o evanescenti permetteranno di avere ai ristori il tè caldo, che farebbe ancora comodo con questo clima pre-primaverile. Oggi intanto è spuntata qualche tenda sociale: qualcuno dice che è vietata (da quale ordinanza “contingibile ed urgente”?), ma se l’ha messa su anche la squadra delle Forze dell’ordine, vuol dire che si può.

Percorsi ufficiali di 9 e 13 km (bè, facciamo 11,8), essendo saltato per ragioni viabili  il giro classico di 17 km che sconfinava fino alla torre di Gruppo; passaggio iniziale dal campo di concentramento, all’incrocio con una erigenda via di Nomadelfia in degno ricordo della storia carpigiana (storia cui appartiene anche l’attigua casa Verrini, ormai diroccata, ma da cui sono partiti i mugnai più famosi della Padania, incrociatisi poi coi Papotti, che i mulini li costruivano).

Poi si gira a destra per uno stradone bianco, che porta in prossimità di San Marino con la prospettiva della cantina vinicola da cui partì una tappa delle mitiche “Tre sere”, quando a Ivano Barbolini nessuno diceva no. A San Marino, tra le ville di Nereo Lugli e del Podestà Zuccolini, si svolta a destra (sotto la sorveglianza di Danilo Gamba ed Legn) verso Fossoli, che i podisti dei 9 km raggiungeranno direttamente, mentre quelli del lungo saranno istradati sul canale di Cibeno, dove borghesi raccolgono l’erba per i conigli o le pote per sé stessi, mentre Teida ci riprende quando incrociamo Helga e Claudio (Neujahrslauf e UTMB 2007) in sgambata libera.

Si fiancheggia il Club Giardino che seppe organizzare una gara, addirittura para-competitiva, in tempi di semilockdown; e quando si è in prossimità della storica sede da dove partivano le primissime edizioni della maratona di Carpi, si piega di nuovo a destra per raggiungere la Remesina e ricongiungersi col percorso dei 9 e della nostra partenza di un’ora prima.

Ristoro e paccogara nel sacchetto-cimelio che si diceva; a richiesta e senza sovrapprezzo, una scatola di figurine e giochini per i più piccoli, e per le società libri di storia carpigiana: mi tocca una suggestiva storia del cappello di paglia, ovvero del “truciolo”, i tronchi di salice o di pioppo intrecciati, per i quali Carpi fu grande fino all’ultima guerra. Poi, il cambio delle mode e la crisi: se ci fossero stati i governi e i sindacati di oggi, sicuramente avrebbero finanziato a fondo perduto la costruzione di “pagliette” che nessuno comprava più, o avrebbero pagato ditte estere per rilevare le aziende decotte, scoprendo poi in breve che le aziende comunque chiudevano. Invece non si fece niente del genere, e i carpigiani genialmente si convertirono alla maglieria e alla moda, creando il benessere tuttora palpabile da queste parti.

Un cui sottoprodotto, alla faccia delle crisi, dei ministri menagramo che non si fanno la barba, dei Dpcm cassati da tutti i tribunali, delle multe da 100 euro per mancata vaccinazione a una signora morta nel 1999 (dal Corriere di oggi), si è fatto realtà questa domenica a Fossoli, nell’allegria serena di una mattinata distesa e distensiva che, come le estati di Nereo Lugli, si voleva non finisse mai.

Bagno a Ripoli (FI), 3 aprile – 282 classificati nelle tre gare competitive, cui si sono aggiunte una non competitiva di 11 e (sabato) una passeggiata eno-gastronomica. Nella giornata di tre grandi, o almeno storiche, maratone stradali, la Toscana ha offerto un’altra delle sue rinomate eco-maratone, su dolci colline che non impongono sforzi estremi, belle stradicciole bianche (bè, oggi marroni per il fango e cosparse di enormi pozzanghere), qualche soffice sentiero e in più  con apparizioni improvvise e stupefacenti di Firenze, dove la cupola del Fiore, il campanile di Giotto, il Palazzo Vecchio ti facevano inumidire gli occhi. “Te beata, gridai…”, scriveva Foscolo, un veneto arrivato da di là del mare, che a Firenze, tra colline, monumenti e uliveti trovò il porto per una quiete mai raggiunta altrove.

La gara più lunga (quantificata, secondo le fonti, con un dislivello tra i 1200 e i 1500 metri) è stata nettamente vinta dal “ragazzo di paese” Paolo Lepri, tesserato proprio a Gràssina dove la gara partiva e arrivava, in 3.14:44, con oltre 8 minuti di vantaggio su Federico Badiani (Montecatini) e 10 su Alessandro Dommi (Firenze). Più tranquilla l’andatura delle donne, regolate da Serena Martini (Scandicci) in 4.06:30, anche lei 8 minuti sulla seconda, Francesca Capelloni, e un quarto d’ora sulla terza, M. Laura Chellini. 112 gli arrivati, entro le 6.53, largamente sotto il tmax fissato in 8 ore.

La 23 km, che per la prima metà coincideva con la 42 ma evitava la salita più impegnativa al “Poggio Firenze” o Fontesanta, è stata vinta da un altro di Scandicci, Filippo Bianchi (1.37:13), e da Sara Emily Bulukin (Le Panche Castelquarto), 1.46:29, su 98 partecipanti in tutto.

La 11 km, in sostanza una bella escursione su prati ameni e dolcissimi pendii, è andata a Giuliano Burchi in 52:51 ed Elisa Parrini in 53:57: 72 i classificati in questa competitiva, cui si aggiungono i camminatori e non competitivi.

Tutte le classifiche, redatte e messe online in tempi brevissimi malgrado la mancanza di chip, sono state elaborate grazie all’eccellente coppia di giudici Uisp posta al traguardo e orchestrata dal mio quasi omonimo Fabio Marranci, per lo zelo del quale basta riferire un episodio: al mio arrivo, mentre mi mettevano al collo la medaglia, ha immediatamente sentenziato che ero a premio di categoria,  ha stampato la classifica accompagnandomi al box dell’organizzazione (foto 3 del servizio messo insieme con perizia da Roberto Mandelli, malgrado il furto con destrezza che la sua Juventus ha patito ieri sera) e addirittura dandomi con le sue mani il sacchetto alimentare (non troppo) meritato, oltre alla sua porzione di lasagne provenienti dalla vicina risto-tenda l’Arena. (Che differenza con domenica scorsa (non dico dove), quando gli organizzatori avevano volentieri dimenticato di chiamare i vincitori di categoria, mandando a casa a mani vuote per esempio tutte le signore F 55, ignare del premio…).

Poi il Marranci è tornato sul traguardo, dove nel frattempo l’aveva surrogato la giudice-avvocata con cui c’è stata anche l’occasione di considerazioni varie giuridico-sportive.

I benefit non finivano qui, perché appunto esibendo il pettorale andavi all’Arena trovando, oltre alle lasagne, del buon vino rosso. Signori, questa è la Toscana.

Confesso che prima della settimana scorsa manco sapevo dov’era Bagno a Ripoli: a parte la Firenze Urban Trail (quest’anno cancellata), le mie ecomaratone erano tutte nella zona del Chianti, qualche decina di km più a sud; ma fortunatamente, un avviso sul sito del Club Supermarathon informava dell’evento e di uno sconticino sulle quote d’iscrizione, peraltro modeste (da 30 a 40 euro, secondo i tempi; 5 per la 11 km): infatti, i supermaratoneti in classifica (si capisce, sul percorso lungo) sono ben 13 su 112, e sarebbero stati 14 se avesse potuto venire Massimiliano Morelli, il Morellino non di Scansano, che in queste gare c’è sempre, a ravvivarle con le sue battute. Purtroppo, la mancanza del Morellino dimostra che non tutta la Giustizia è quella dei tribunali italici; e per ora non dico altro, se non che il suo Club si è già attivato per la concreta solidarietà a un confratello nel bisogno.

Torniamo alle dolci colline a sud di Firenze, punteggiate di pievi medievali, tra cui stupefacente quella di Vicchio (con un panorama da lucciconi agli occhi), e il convento dell’Incontro, a monte di Villamagna, nelle cui spoglie celle ci si santificava forse, ma sicuramente si conquistavano la serenità e la Pace interiore; e si lavorava con gli strumenti conservati in un piccolo museo (foto 36).

Poi, scesi nel pomeriggio a Gràssina, nella grande Casa del Popolo, e nel vicino centro parrocchiale con la sagoma inconfondibile di uno dei tanti “Nuovo cinema Paradiso”, si tocca con mano quanto l’associazionismo delle due grandi Chiese del dopoguerra ha risollevato l’Italia fiaccata e demoralizzata. Qui don Camillo e Peppone, disinteressati, entusiasti, entrambi innamorati del loro Popolo per il quale rinunciavano a ogni tornaconto personale (quasi… come oggi), diedero alloggio, calore, bicchieri di vino, partite a carte, la radio, le prime tv, certamente qualche predica o comizio, ma tutto a fin di bene, e in una concordia sostanziale che non si poteva dichiarare pubblicamente ma era nei fatti (vedere foto 4-7).

E quando la situazione rischiava di precipitare e qualcuno pensava alla “seconda ondata”, ecco, proprio da qui, da Ponte a Ema, saltava fuori un Gino Bartali, un eroe del Popolo, che fa girare le balle ai francesi (copyright Paolo Conte), rivince il Tour a dieci anni di distanza, dona la maglia gialla alla Madonna del Ghisallo, e tutti a festeggiarlo, da papa Pio XII a Palmiro Togliatti sul letto d’ospedale; e la rivoluzione può attendere (foto 8, 9, 14-20).

Che Italia era quella, dove se non vinceva Bartali vinceva Coppi, e se non vinceva Nuvolari (copyright Dalla) vinceva Ascari o Farina, e poi avevamo il Grande Torino, e Nearco all’Arc de Triomphe… “Ils gagnent tout, ces Italiens!”, mormorò il presidente francese con le balle giranti di cui sopra, e quando al Tour per il terzo anno consecutivo, dopo Bartali e Coppi, la maglia gialla era ancora nostra, di un altro toscanaccio come Magni, i francesi aspettarono i ciclisti italiani sul col d’Aspin per bastonarli. Ma non vinsero nemmeno allora, perché li fregò uno svizzero: tiè.

Tutto questo cosa c’entra? Ma è l’aria che si respira, ma è la parlantina alla Pieraccioni che senti in trattoria, ma è lo scorrere dell’Ema, è la Toscana: che dopo un sabato anche di neve e grandine ci regala una mattinata dove i cristalli dell’auto sono ghiacciati (aspetteremo dal presidente di Reggio Atletica i numeri della temperatura, che non azzardo, ma nella vestizione pre-gara opto per maniche lunghe e guanti); dove il giovane e sportivo sindaco di Bagno a Ripoli dà il via con la pistola dal tappo rosso, e noi ci mettiamo per strade carraie, senza aver dovuto esibire (per la prima volta dopo due anni) la cervellotica autodichiarazione, e incontrando finalmente, nei 7 ristori, l’acqua e la cola in bicchieri, così niente va sprecato.

Fino al km 12 si può correre quasi in scioltezza, poi quando comincia la salita, che al km 15 ci fa varcare i 500 metri (dagli 88 della partenza) e al 18 ci porta alla “cima Coppi” di 675 metri, chi ne ha di più si fa avanti: così l’avvocato Reali da Latina (manco a dirlo, supermaratoneta), che migliora di un’ora il tempo della sua precedente partecipazione nel 2019 (l’ultima che fu fatta); e prima di lui, quel prodigio di Leandro Pelagalli da Prato, 70 anni suonati da quel po’, capace di un 4.38 da schiantare gli altri; e venti minuti dietro lui, Mauro Gambaiani modenese (tra Fanano e la terra dei Pico), ma “troppo giovane” per arrivare a premi di categoria. E appartenendo il sottoscritto alla razza di chi rimane a terra, subisco il sorpasso di talune ragazze biondissime e bellissime nelle chiome o trecce ondeggianti, di cui leggo solo i nomi di società sulle magliette (Oltrarno, La Nave), non riuscendo nemmeno a complimentarmi tanto vanno veloci.

Una breve discesa e siamo alla metà gara: oddio, arrivo al ristoro dalla sinistra, mentre altri arrivano da destra: dove ho tagliato? Le angosce sono sopite dalle due simpatiche signore, che tra una cola e un muffin mi spiegano che niente, tutto OK, devo solo girare a destra e fare l’anello di 7 km, dopo di che ci rivedremo. Così è: 230 metri di discesa in 2 km, fino a San Donato in Collina lambito dall’A1, poi si risale, in parte su sentiero con altre visioni che non è retorico definire mozzafiato (e mi valgo di Sara, brava podista e organizzatrice di gare dell’Ellera, per qualche foto panoramica; e parliamo anche di quanto sia ‘pericoloso’, da Gabrielli in poi, allestire una corsa).

Di nuovo al 28, quando il cielo comincia a rannuvolarsi (bè, i primi sono già arrivati), e da qui è quasi tutta discesa: in 5 km si va giù di 400 metri, fino a S. Andrea, su belle stradine sterrate che addirittura, ai nostri livelli, permettono medie da 6:50/km (!). Un gran dubbio ci prende al 35, dove una villa medicea è preceduta da un uliveto dove tutti gli alberi sono fettucciati, ma senza far capire qual è la direzione… Siamo in 4, comincia a piovere, telefoniamo all’organizzazione (sembra che uno sbandieratore abbia abbandonato il suo posto, è l’unica pecca in un allestimento per il resto perfetto), poi qualcuno vede una fettuccia sulla via di Mondeggi della foto 57; salvezza raggiunta, ultimi 4 km di asfalto con salitina di 30 metri e altrettanta discesa su Gràssina (un superaccessoriato compagno di gara, che vedete sorpassarmi all’arco gonfiabile nelle foto 59-60, dice che è l’undicesima discesa su 11, è lunga 1600 metri e finisce sul traguardo).

Ed ecco il Fabio-giudice-premiatore-factotum (“quest’anno no, non vengo alla Corrida perché non ci sono le bancarelle”), un lavaggio sommario nei lavandini della Casa del Popolo, le lasagne, il caffettino col podista che cerca di farselo offrire a scrocco (tanto te-ttu mi honosci…). E’ tornato il sole, sono arrivati tutti, si può tornare a casa a raccontare un’avventura in più.

27 marzo – La vocazione agonistica di Reggio (sotto questo aspetto, capitale morale della Regione) si è confermata, sebbene con numeri un po’ ridimensionati e un percorso che a qualcuno non è piaciuto granché. Avevo preso parte all’ultima edizione pre-Covid, 17 marzo 2019, e ci eravamo classificati in 573: oggi sono 385, un calo attorno al 30%. Sorprende la notizia, sentita al traguardo, di una settantina di iscritti che non hanno preso il via, ma probabilmente si tratta di iscritti della gara annullata nel 2020 (allora paganti 14 euro), che non hanno confermato la propria presenza; perché non è da tutti pagare ora 25/30 euro di iscrizione e poi non venire nemmeno a ritirare il pacco-gara (peraltro, non strabiliante).

Certo, il giorno scelto era forse la data peggiore quanto a concomitanze: c’erano la maratona di Roma, cioè la più affollata d’Italia (sebbene i 5500 arrivati di oggi la ridimensionino alla grande), quella di Treviso (comprensiva di una 10 miglia), la mezza di Ravenna che ha una tradizione pluridecennale e solitamente viene abbinata a mangiate di pesce, e una quantità di maratonine padane che non finiva più (oltre alla ripresa, ormai inarrestabile anche dal patetico ministro Speranza, delle non competitive). E dunque, anche i quasi 400 ‘reggiani’, rinforzati da un contingente foresto forse attratto dalla qualifica Fidal Bronze, sono da considerarsi un numero incoraggiante.

Dicevo del percorso, non più un anello unico ma un doppio giro che ricalcava un po’ la prima e ultima parte della maratona, forse le meno panoramiche dell’insieme (il bello verrebbe da Coviolo in poi, mentre noi oggi da Coviolo riprendevamo la via di Reggio, percorrendo peraltro una minima parte del centro storico, con esclusione ad esempio della piazza Prampolini alias del Tricolore, glorioso arrivo delle antiche edizioni della 42). Doppio giro che per la prima tornata ha garantito una chiusura assoluta al traffico, mentre al secondo passaggio, specie nella zona di Coviolo, qualche auto nei due sensi almeno noi tardoni l’abbiamo incrociata. Rigorosa comunque la chiusura degli incroci urbani, spesso presidiati non solo da addetti ma anche da fettucce. 2+2 ristori, di sola acqua in bottigliette da 375 cc che andavano sprecati in massima parte. Non esistono più le bottigliette da 125 o 250?

Giro leggermente ondulato (ma non più di 100 metri di dislivello), perfettamente misurato (ho avuto dubbi al paletto del km 1, poi aggiustati al 2), su strade larghe dove le uniche seccature erano costituite dalle infestanti rotatorie piazzate anche dove non servono. Parcheggi non comodissimi, se si esclude quello Zucchi a pagamento (che tempi, quando i maratoneti parcheggiavano allo Zucchi per 1 euro complessivo!); la mancanza di un deposito borse in zona arrivo (dove pure di spazi ce ne sarebbero in avanzo, foss’anche all’aperto) ha costretto quasi tutti noi a correre avanti e indietro, parcheggio – ritiro pettorale – riparcheggio per lasciare la borsa – partenza – e dopo l’arrivo tornare al parcheggio per mettersi qualcosa addosso, perché 14 gradi e un po’ di vento non consigliano di starsene mezzi nudi in piazza.

Chissà se dopo la fine dell’emergenza, da domenica prossima, verranno meno anche questi proibizionismi, incuranti per esempio del fatto che da varie settimane ormai andiamo nelle palestre e negli spogliatoi e ci facciamo pure la doccia. C’è mancato, insomma, il corollario tipico del dopo gara, quando si resta lì a dirsene quattro; e l’immensa piazza della Vittoria sembrava addirittura sovradimensionata. Mancava anche il consueto corredo di fotografi amatoriali, essendoci l’esclusiva delle foto a una ditta professionale (pacchetto fotografico a 18,99 euro, per quanto mi riguarda No grazie): ho visto a Reggio due abituali fotografi di Reggiocorre, ma uno faceva il giudice d’arrivo, l’altro correva (c’è sempre il modo di riciclarsi per gli sportivi veri).

Aldilà dei campioni su cui si sofferma la cronaca principale della gara http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/8484-reggio-emilia-mezza-di-reggio-a-barbara-bressi-e-amaniel-freedom.html

la gara ha mostrato altri elementi di interesse: come la conquista di molte posizioni di spicco da parte della società quasi neonata dei Modena Runners (ammetto di essere campanilista), che ha portato il suo Saimir Xhemalaj a stabilire il primato sociale con 1.12:39, e tre suoi componenti sul podio: gli SM 40 Giuseppe Castiello e SM 45 Giacomo Carpenito (medico nonché pianista) secondi nelle rispettive categorie, la SF 50 Chiara Mezzetti (dietologa) terza. Ce ne sarebbe anche un altro, arrivato secondo M 70; ma per lui niente podio, perché tutte le categorie over 60 erano accorpate: si vede che il regolamento Bronze dirà così, oltre a prescrivere l’arcaico tempo ‘brutto’ per formulare le classifiche.

Faccio i personali complimenti a Emilia Neviani, presidentessa attivissima della Guglia Sassuolo, che in partenza mi confidava di puntare a 2:10 e ha finito in 2:00, e a Soraia Pozzi che oggi compiva gli anni e li ha festeggiati lasciandoci indietro tutti e due; infine, a M. Antonietta Raffaele, una ragazza che a 45 anni ha corso da Runcard la prima mezza della sua vita, in 2:04, anche perché nell’ultimo km ha aspettato la sua più giovane amica Greta che la seguiva un centinaio di metri dietro. Il suo obiettivo, mi diceva, è New York, ma ci vuole arrivare senza bruciare le tappe.

La 21 di Reggio ha anche questa funzione di apripista.

Martedì, 22 Marzo 2022 22:21

Da Pieve di Cento ai bimbi ucraini

Era stato promesso nelle ultime righe del commento alla mezza di Pieve di Cento

http://podisti.net/index.php/cronache/item/8426-pieve-di-cento-bo-37-maratonina-delle-4-porte.html

e lo si è potuto mantenere, grazie a una catena di solidarietà che ha avuto come punto di partenza la famiglia Cossarini organizzatrice della maratonina pievarola (non si dice “centese”!), come intermediario-trasportatore fino ai colli bolognesi Michele Marescalchi, come protettore dal Cielo Angelo Pareschi – che tanto si impegnò per le vittime di Chernobyl - e come conclusione l’arrivo dell’agognato salame-premio a Modena, presso l’asilo della parrocchia di Santa Teresa, dove da due settimane sono ospitate famiglie fuggite dall’Ucraina con bimbi piccoli e altri adolescenti (e ne arriveranno ancora, fino a un numero stimato di una trentina).

A dividere un salame in trenta, lo si finisce presto; ma speriamo che una fetta in più sia andata ai due bambini dagli occhioni espressivi, che hanno visto cose che non dovevano vedere, e che almeno per qualche minuto si saranno potuti aprire al sorriso e alla fiducia per un mondo un pochino più ‘buono’.

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