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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

SERVIZIO FOTOGRAFICO PODISTi.NET - 7 aprile 2024 – Poco meno di duecento sono stati i partecipanti alla maratonina competitiva di Novellara, quinta prova del trofeo Gran Prix della Uisp di Reggio (dopo la Madonnina di Modena, la 10 km di Rubiera che aveva registrato l’afflusso maggiore con 291 partecipanti, la 22 km di Albinea e la 10 km di Gualtieri).


A chiu
dere i 21,097 km (direi misurati esattamente: il mio Gps dice 21,160), su due giri, sono stati in 186, più 5 ritirati, con un grosso incremento rispetto ai 136 dell’anno scorso e i 143 del 2022. Si aggiungano poi le gare non competitive sui 4, 7 e 12 km, dove la squadra più numerosa è stata la Cittanova di Modena con 64 partecipanti, il doppio della seconda classificata; mentre la graduatoria ristretta alla sola 21 vede in testa l’Avis Novellara, davanti a Correggese e Sportinsieme.


Zeno Visto (ph Stefano Morselli)

A vincere sul piano individuale è stato un ragazzo appena trentenne, Zeno Vistoli, modenese (figlio di due podisti nonché psichiatri) ma con la sola Runcard, che si può dire ho visto da bambino con una vaporosa chioma bionda, e adesso ha portato la sua barbetta e i capelli scuri a prevalere in 1.15:40 (3:35/km), con 47” di vantaggio su Nicola Buffa (M 40, Atl. Pidaggia) e 1:42 su Luca Zanni (Self Montanari Gruzza). Massimo Sargenti, M 50 dei Modena Runners, secondo assoluto l’anno scorso in 1.15:27 (tempo che gli avrebbe dato oggi la vittoria) è quarto in 1.18:18.


Nicola Buffa (ph Stefano Morselli)

Arrivo in volata per le prime tre donne, con accoppiata Avis Novellara per Caterina Filippi, 27enne, in 1.30:19 (4:16/km), 8 secondi davanti alla compagna Natalia Pagu (che ha 16 anni più di lei), e 31 secondi sulla terza assoluta, la carpigiana neoquarantenne Silvia Torricelli (un’altra che ho visto sulle strade poco più che ragazzina, e adesso si fa rispettare alla grande).

Molto larghe le premiazioni, 5 premiati per ognuna delle 7 categorie maschili (167 in totale gli uomini), e 3 premiate per le 7 categorie femminili, dove peraltro c’erano larghi vuoti stanti le sole 26 partecipanti donne. Premi comunque non disprezzabili, se perfino il sottoscritto ha portato a casa (per 10 euro di iscrizione, che se non è un record di risparmiosità poco ci manca) un salame da 750 grammi, un parmigiano di mezzo chilo e due bottiglie di lambrusco.


Caterina Filippi e Natalia Pagu (ph Stefano Morselli)

In ogni caso direi che la partecipazione sia stata un successo, anche considerando la concorrenza delle vicine maratone di Russi e di Milano e di una quantità ancor maggiore di maratonine (a cominciare da quella dei colli bolognesi, bella quanto esosa).

Noialtri competitivi ma con minori velleità abbiamo apprezzato il percorso pressoché libero da auto e ottimamente presidiato, con lo sfondo del Cusna innevato, il passaggio dalla frazione di S. Giovanni e l'arrivo in quella che considero una delle piazze più belle d'Italia: certo, i due giri (stile che sembra diventata la prassi per le maratonine reggiane) non sono certo l’equivalente della leggendaria 30 km pasquale che si corse fino almeno al 2017; ma per chi prepara cimenti più impegnativi e non vuole dar fondo al portafogli è l’ideale.


Per dare un’idea: mi ha fatto compagnia per quasi tutta la corsa (oltre a Werther Torricelli papà di Silvia, in partenza – lui - per una super-super gara in Sudafrica) un “giovane” del 73, Pierpaolo Piccoli tesserato Suzzara: corre da soli due anni, dopo aver cominciato con le Run 5.30, e oggi pensava che a un certo punto si sarebbe messo a camminare, e magari avrebbe risentito di chissà quanti malanni: invece, tra una chiacchiera e l’altra, sulle sagre locali abbinate alle corse "tra la Zara e il Po", sugli orari di allenamento strappati a impegni di famiglia e lavoro, sui primi trail affrontati, su chi fa il Passatore in auto ecc., siamo arrivati alla fine sforando di poco i 6 a km di media (certo, nei primi 4 km eravamo sotto i 6’, tra il 18 e il 20 eravamo però scesi sui 6:30, trovando solo l’orgoglio per rimontare l’ultimo interminabile km in 6:06).

Senza malanni né repulsioni, e con la voglia - almeno per il sottoscritto - di visitare l’eccellente museo comunale, nella stessa Rocca che fungeva da ritrovo per la gara: un’esauriente storia dell’antico principato di Novellara, solo nel 1737 rubacchiato dagli Estensi avidi e menefreghisti, il che fa capire come i novellaresi furono tra i primi aderenti alla repubblica napoleonica. Il museo ospita anche una serie notevole di affreschi e quadri del Cinque-Seicento, tra cui una “Leda col cigno” del pittore locale Lelio Orsi, recuperata da un furto e da ieri collocata come pezzo pregiato della collezione. Da qui (mi scuseranno gli interessati) mi è venuta l’idea del titolo un po’ balordo che compare qui in apertura, per fortuna compensato dal collage-capolavoro di Roberto Mandelli; ma quando si viene a Novellara (oggi sulla bocca di tutti, senza sue colpe, per l’affare Saman, come mezzo secolo fa lo era per Augusto dei Nomadi), sarebbe un peccato contentarsi della sola corsa.

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1° aprile – Troppo facile dire che in questo giorno bisogna aspettarsi gli scherzi, e dunque alla Pasquetta sportiva dei modenesi non poteva filare tutto liscio. D’altronde, quando una corsa non si appoggia su una società sportiva, ma su una istituzione (ancorché benemerita) come i volontari della Pubblica Assistenza, è quasi normale che lo sbandieratore del km 5, a un bivio con due frecce che indicavano direzioni opposte, dicesse che non sapeva quale fosse il percorso lungo e il corto; e i vigili a quello che per me era diventato il km 7 dicessero di non avere la minima idea di dove dovessimo andare.

E’ successo che, dopo i primi 5 km nei quali siamo stati più o meno un gruppetto compatto (sì e no 200 eravamo alla partenza regolare, forse altrettanti erano partiti prima), attraverso i parchi Londrina e Ferrari alias “Modena Park”, pensando ad Alfredo che ci ha fatto sfuggire l’occasione con quella t* che è andata con il n*, da quel punto è stato tutto un incrociarsi tra podisti in direzioni opposte, ed era inutile domandare che giro stavano facendo perché non lo sapevano nemmeno loro.

Nei lontani ricordi di Paolino Malavasi e della signora Cecilia Gandolfi in Italo (vederli nella fotina di copertina, con Simona Malavasi e Margherita-cognata: tranne una, quel gruppetto ha in saccoccia almeno mille maratone) ci stava che si andava da lì a Cognento e ritorno, una specie di Corrida accorciata che veniva a fare appunto 12 km, mentre per i camminatori o i pigri c’erano i 3 e i 6 km; ma l’unico che ha ammesso di averne fatti 12 è stato Lord Colombini da Castelnuovo (partito prima). Il sottoscritto a un certo punto ci ha dato a mucchio (come si dice qui), e dopo il succitato colloquio coi vigili, avendo ritrovato delle frecce, le ha seguite finendo sul cavalcavia pedonale del Direzionale 70, dove svariati anni fa – sempre in questa camminata – ci fecero sbagliare strada mandandoci al Jolly Club tennis; ma stavolta i gruppetti si erano ricomposti e siamo finiti tutti nella sede della Protezione Civile, non lontani dal negozio (chiuso) di Lupo Sport, accolti dai volontari contro i quali era inutile prendersela: in fondo, per due infinitesimi euro, oltretutto devoluti a fini solidali, c’era un ristoro di tè, arance, limoni (cui le società aggiungevano scaglie di cioccolata - magari ricavate dall’uovo di Pasqua da 160 grammi ricevuto sabato a Modena Est - e fettone di colomba), e un pacco gara a base dei due prodotti più tipici del podismo modenese: pasta e aceto balsamico.

Ci aspettava Italo abbastanza imbacuccato, che ha ritratto me e Margherita al cospetto di Giorgio Reginato e Simona Neri che annotavano chissà cosa su un registro (che tempi, quando in questi traguardi c’era Rispoli che chiedeva i nomi dei primi arrivati e il giorno dopo pubblicava i “vincitori”; e se mancava Rispoli, lo suppliva Peppino Valentini): breve dibattito su quale sia la gara peggio organizzata dell’anno modenese (- ce n’è di peggio.. – quale, il miglio di Formigine…? – togliti il berretto che ti sputo in un occhio…), e simili amenità, mentre la pioggerellina ha smesso e sembra addirittura di vedere, sopra la cappa padana, un raggio di sole che tenta di trafiggerci.

Arriva di corsa (forse l’unica) Sonia Del Carlo, ma nemmeno lei sorride; arriva Paolino, separato in casa dopo il km 5, e confessa che ne ha fatti 8,5 cioè pochi metri più del sottoscritto: merita la foto grande, combinata dal grande Roberto Mandelli. Da domenica si comincia a fare sul serio: Russi, Tuscany, Curtatone, Chianti classico, Delicius Trail. Oggi,  non ci si lamenta e non si spara sulla Croce Blu: in questa giornata e con questi climi, per dirla con Mina, “È violento il respiro - Io non so se restare o rifarlo morire - L'importante è smaltire”.

30 marzo – Non ricordavo tanta gente come oggi, dal dopocovid; e ho pure ritrovato con gioia, su un tavolino dell’organizzazione, tanti volantini di gare prossime in zona Modena-Reggio-Mantova. Sarà un fuoco di paglia, o è la ripresa tante volte annunciata e altrettante smentita dai fatti? (Nel senso di gare abolite: qui oggi circolavano i commenti sulla soppressione dei giri a tappe della Fassa e dell’Elba, per esempio).

Intanto, i soci della Polisportiva Modena Est sono arrivati a quota 33, guarda caso come gli anni di Cristo in questo giorno di 1990 anni fa (circa), e nel loro piccolo (che è comunque grande) hanno dimostrato che se Dio muore è per tre giorni poi risorge: il podismo, dato per morto dopo i decreti contesperanzapiantedosi (ahi ahi), ha spostato la pietra del sepolcro e si mostra, prima alle donne, dalla Marisella all’Antonella del Finale alla sempre sorridente Sonia Del Carlo… (un reggiano mi diceva: ma quante donne ci sono alle corse di Modena! – ah, ecco perché venite!), e poi a noialtri onesti pedatori, dalle vecchie glorie come i Gennari, Cuoghi, Borghi, Luigi Luca alle nuove generazioni tra cui svetta per altezza Aurora, la figlia di Alle&Simo che anni fa vedevamo sul baby-jogger e adesso è alta come il papà.

Financo Nerino ha dismesso i panni o la pettorina del fotografo ed è venuto a correre sul serio: le foto di Italo (qui ovviamente con tutta la famiglia, tranne chi ha lo skypass annuale della Val Badia) lo ritraggono in testa al gruppo in partenza alle 16, e poi all’arrivo sul filo dell’ora (per 10,250 km), raggiunto poco prima della fine da Angelo Giaroli e il sottoscritto costretti a un inseguimento sul ritmo spezzacuore dei 5:30/km.

A lucrare su tanta abbondanza podistica il principe degli scarpari, quel Pietro Boniburini che, come dice la poesia, è di ottimo umore trafitto da un raggio di sole sul cuore della terra; poi alle 19,50 (inteso al minuto 93 di una certa partita) per lui sarà subito sera, e non ci sarà più da stare tanto Allegri.

La gara (ovviamente non competitiva) parte puntuale, e dopo molto tempo noi del giro di 10 km ritorniamo sull’argine del Panaro che dà il nome alla corsa, e che negli ultimi anni ci accontentavamo di rimirare dal basso delle stradette asfaltate: stavolta invece quei sinuosi 3 km lassù ce li possiamo godere, grosso modo tra il ponte dell’AV e quello della ferrovia normale: ricordi di passeggiate semiclandestine nei mesi del lockdown, poi di allenamenti ariosi fino al ponte della Fossalta e all’innesto col tracciato delle antiche Strapanaro con Gianni Morandi in copertina, e per qualcuno anche rimembranze di dolci momenti intimi favoriti dal folto dei pioppeti (sì, vabbè, non dico i fazzolettini di carta dell’after, ma le bottigliette potreste riportarvele indietro?).

Si scende dall’argine per passare dall’ultima strada di Modena Est entrando poi nella zona industriale: qui un amico arbitro mi permetteva di rifornire la 500 al suo deposito di benzina (120 al litro la super anziché le 140 della pompa); mentre non riesco più a trovare il campo della Sitam (SIlvano TAMburini, il primo produttore di boiler e docce a Modena) in via 9 gennaio, dove tutti i sabati alle 14 (fosse Natale o fosse Ferragosto) ci trovavamo noi futballisti sbandati del gruppo di Eros e Gobbi alla casa colonica dove si era insediato un clochard coi suoi cartoni, per fare tre partite ai cinque: quasi come nel calcio a-Var-iato di oggi, tutti i mani erano punizione, anche involontari: ma sempre punizione di seconda (non abbiamo mai tirato un rigore in trent’anni). Il campo non c’è più, in omaggio forse al consumo zero di suolo propugnato da chi comanda; Eros lo vedo ogni tanto a fare lo sbandieratore nella corsa di Bastiglia.

Bando alle nostalgie: si entra nella zona d’arrivo col solito traguardo dietro la Polisportiva, che premia la nostra fatica non solo con bevande di precetto ma con un uovo di Pasqua, per il modesto corrispettivo di 3 euro che sta diventando la quota standard anche qui dove le società faticarono a ottenere le 1500 lire, che sembrava una cifra esosa. Sarà vero che in Italia ci sono 6 milioni di poveri (anche se si fa fatica a crederlo quando vedi i ristoranti pieni o fai fatica a Modena centro a girare per le strade adorne di tavolini e di sbafatori), ma penso che 3 euro per una corsa come questa siano bene spesi. Cristo è risorto, esultino i cieli e gli uomini: e come dice l’augurio whatsappato da Italo, “che i rami delle palme possano prendere il posto delle armi e la pace regni in tutto il mondo”.

24 marzo – Cervia non è nuova a competitive di lunga lena: almeno fino al 2022 si è corsa l’Ecomaratona del Sale, benedetta dallo stesso Fantini Club davanti a cui si è svolta la mezza di oggi; e andando molto più indietro ricordo una 30 km trail fino a Ravenna, e una 21 corsa un sabato pomeriggio in abbinamento a manifestazioni ciclistiche.

Punto e a capo: in questa prima domenica di effettiva primavera, con un bel sole, 14 gradi in partenza, e alla fine la tentazione di mettere almeno le gambe in acqua, si è ricominciato con il Cerviarun, potrei dire sul modello dell’antica e tuttora vivente Strarimini, con un doppio giro tra lungomare e un viale parallelo interno, con la digressione obbligata del passaggio verso la vecchia zona del nucleo storico e dei magazzini del sale per recuperare il ponte sul canale che separa Cervia da Milano Marittima; qualche chilometro anche qui (bastava poco e si sarebbe arrivati al Papeete…), e ritorno per l’altro ponte al rettilineo d’arrivo.

Percorso quantificato in 10,5 km, in realtà qualcosa di meno perché chi ha fatto il doppio giro risulta aver corso per 20,700 (e 38 metri di dislivello, confermati anche da un sito ufficiale https://www.openrunner.com/route-details/18070403?utm_medium=embed&utm_source=www.cerviarun.it : non esattamente gli zero metri decantati da altri siti). Insomma, a voler trovare il pelo nell’uovo, non è una half-marathon i cui tempi siano validi per le statistiche della Fidal; però c’era un sacco di gente, tant’è vero che gli organizzatori già da qualche giorno avevano dichiarato il tutto esaurito (pardon: si dice sold-out altrimenti non ti prendono sul serio) con più di mille iscritti. E questa mattina, la fila al ritiro pettorali e nuove iscrizioni non competitive era talmente lunga, e forse gestita in modo non ottimale, che il via è slittato di mezz’ora, addirittura alle 10.

Il percorso abbastanza scorrevole (salvo un tratto a Pinarella, infestato da buche e radici, e la zona attorno al canale, non asfaltata ma lastricata) ha favorito prestazioni di un certo rilievo, ad esempio il netto successo di Andrea Bonoli (Dinamo Sport) con 33:54 nella 10 km, in vantaggio di 1:21 su Federico Casadei (Castel S. Pietro) e di 1:41 su Francesco Peccerillo (Potenza Picena).

Alle loro spalle è giunto, primo delle M 50 e degno capofila dei tantissimi modenesi scesi fin qua a 140 km di distanza da casa, Fabrizio Gentile, potentissimo M 50 dei Modena Runners, in 36:22 (la cui giovane sposa, Elisa Ragazzi, ha continuato per un altro giro arrivando ottava assoluta, e seconda F 35, in 1:33 nella mezza). Intanto, poco dietro nel giro unico, arrivava il quasi omonimo modenese Maurizio Gentile della Fratellanza, che ha messo in fila gli M 55 con 37:20. Il gruppo è stato chiuso da un ennesimo Modena Runners, il camminatore Massimo Bedini 200° su 200, in 1.53:55.

Un’altra Modena Runners, Lucia Ricchi (F 40), ha dominato la gara femminile, con 41:17 e  2:22 sulla seconda, Lara Orlandi del Castel S. Pietro.

Modenesi in evidenza pure nel doppio giro, cominciando da quanti hanno corso la 21 in staffetta da due: la coppia mista Andrea Baruffi / Aurora Imperiale ha vinto in 1.20:12, preceduta solo dalla coppia maschile vincente Gianluca Scardovi / Riccardo Dall’Osso (1.11:23); mentre la dolce metà di Baruffi, la sempre sorridente Sonia Del Carlo, in coppia con Sara Calzolari ha vinto tra le staffette femminili con 1.41:23.

Il clou della gara individuale sulla quasi-mezza è stato dominato da Luca Facchinetti (Potenza Picena) in 1.07:53, con 2:44 su Enrico Bartolotti (Avis Castel S. Pietro, altra società solita mietere allori in campo regionale), e 3:33 su Fabio Gervasi (Minerva Parma), su un totale di 446 arrivati.

La collezione dei trofei dei Modena Runners si è arricchita col primo posto M 50 del dottor Giacomo Carpenito, in 1.21:18; qui, addirittura ai piedi del podio è finito Giorgio Calcaterra, pettorale 1 ma quarto M 50 in 1.23:32.

Le 167 donne della 21 sono state regolate dalla F 45 Giorgia Bonci (Liferunner) in 1.24:45, quasi cinque minuti davanti alla molto più giovane modenese Laura Bertoni (Fratellanza), e oltre 6 sulla terza, Lucia Terlizzi, veneta di Taglio di Po. Derby del Secchia in fondo, dove la Modena Runners Simona Neri con 2.45:14 relega all’ultimo posto la reggiana Natascia Messori.

Organizzazione nel complesso migliorabile: a parte la misura del percorso e il ritardo della partenza, direi che i ristori potevano essere forniti un po’ meglio della sola acqua (riempita da taniche) e mele (un bicchiere vuoto sul tavolo aveva tracce di tè, ma evidentemente non ce ne sarà stato moltissimo). Al traguardo, in compenso, un ristoro, per quanto nascosto verso la spiaggia, offriva piatti di pasta con tre condimenti e bottigliette d’ acqua; chi voleva tornare indietro sul percorso di un centinaio di metri avrebbe trovato le solite mele… (naturalmente giudico da quanto ho visto io, che sono arrivato oltre la cinquecentesima posizione; magari i primi avevano di tutto). Svolta seriamente la custodia dei bagagli: potevamo ritirarli self service, ma all’uscita un addetto riscontrava il nostro pettorale col numero attaccato alla borsa.

Docce a oltre un km, ci hanno rinunciato quasi tutti (se vai fin là e poi le trovi fredde, che ci guadagni?): mi sono adattato a una delle docce “da spiaggia” (però chiuse e dotate di un certo confort), sebbene decisamente freschine, dell’attiguo club Fantini. Anche i nostri parcheggi, mediamente, abbiamo dovuto trovarli a un km almeno dal via: questo perché la chiusura al traffico del tracciato - decisamente encomiabile - era tanto assoluta che già un'ora prima del via erano sbarrati tutti gli accessi verso la zona mare.

Speaker molto impegnato e chiassoso, con abbondanza di adrenalina (la parola più citata nel suo eloquio), ma indubbia abilità nel condurre le lunghissime premiazioni di categoria, da cui sono stati esclusi solo gli over 70 intruppati tutti coi sessantacinquenni: peccato, perché sarebbe stata la volta buona che Paolino Malavasi da Modena, domenica scorsa finisher alla maratona di Roma, col suo 1.57 saliva sul podio. Avari.

20 euro la quota di iscrizione per la 21, non elevatissima stando a quanto si è visto nelle ultime settimane; pacco gara scarsino, e nemmeno la medaglietta per gli arrivati. Ma, come dicevano le nostre vecchie, la prima volta si perdona, la seconda si ragiona, alla terza si bastona. C’è tempo.

17 marzo – In una giornata che (a parte la maratona di Roma dei quindicimila) proponeva anche in zona gare competitive di prestigio - una nella stessa provincia di Parma - invece a Carzeto (frazione di Soragna, che non arriva a 300 abitanti dissetati da una fontanella scoperta da un rabdomante negli anni Trenta) si sono ritrovati soprattutto i camminatori, che in grande maggioranza hanno scelto il percorso dei 13 km con partenza diluita tra le 8 e le 9,30, e un picco di partenti alle 8,30; cosicché quando mi sono mosso io alle 9 ormai non c’era quasi più nessuno. Al ristoro del km 15, appena sceso dallo scenografico argine dello Stirone (il torrente caro alle storie di don Camillo e alla parte centrale della maratona verdiana di Chittolini, che a Roccabianca si fonde con la Rigosa proveniente da Busseto per gettarsi in Po), ho chiesto se ero l’unico, e l’addetto mi ha risposto: “sei il sesto”. Dopo di me, non credo altri: un paio di km più avanti ho sorpassato un camminatore, ma gruppi di gente li ho ritrovati solo verso il 18 quando mi sono ricongiunto con quelli della 13. Vabbè, i chilometri sono chilometri sia che tu paghi 40 euro, sia che ne paghi 4.50 “con dono”: decisamente apprezzabile, e arricchito nel ristoro finale, a richiesta, da un profumato panino con mortadella del panificio Magnani di San Secondo (classificato come produttore del miglior panettone della regione), e annaffiato da un bianco frizzante che è un peccato lasciare lì.

Siamo nella zona dove si mangia meglio di tutta Europa (non a caso, la frazione più vicina è Samboseto, già sede del mitico Cantarelli, che ti saluto le tre stelle dei ristoranti da 500 euro a pasto), dove si respirano la musica di Verdi e le storie di don Camillo. Una delle più famose (ma non abbastanza) la racconto a Dervis Montanari mentre camminiamo sul primo argine (credo, del Canale Grande, che viene da Fontanellato e finisce nello Stirone verso la già citata Roccabianca, comune natale di Guareschi): è la storia di un grandioso noce di Soragna, scelto come luogo di vedetta da un soldato tedesco durante l’ultima guerra; soldato che ci tornò dopo la guerra per dormirci in tenda con la sua sposa Gerda. Un’altra storia, del 1960, è quasi del tutto sconosciuta, ma a cominciare dal titolo Il giro viziato sembra quasi una mappa del percorso lungo di oggi, coi suoi riccioli e deviazioni e immancabili sorprese.

Peppone, appena eletto sindaco, pensa alle opere di pubblica utilità: “Il popolo lavoratore, per andare a Solagna, che è a sud-est, deve mettersi in viaggio verso nord-ovest; poi, arrivato al Crocilone, girare a destra e procedere in direzione nord-est fino alla Stra Lunga dove gira ancora a destra e dopo 14 km raggiunge finalmente Solagna. La quale, se invece andasse verso sud e arrivato al Ponte Nuovo, girasse a sinistra costeggiando il Canalaccio, si troverebbe dopo 2 km e mezzo al Ponte del Mulino Vecchio che dista da Solagna km 8 soltanto. Totale km 11,5 al posto di 22. In altre parole: il popolo lavoratore è costretto a compere un giro viziato che gli costa la bellezza di km 10,5”.  Effettivamente, commenta Guareschi, “si trattava di una faccenda squinternata”, perché a impedire la prosecuzione della strada c’era il terreno del vecchio mulino, che il proprietario non voleva cedere; al che Peppone spedisce in zona “una banda di scatenati armati di vanghe, badili e picconi” per buttare giù quello che serviva ad aprire la strada nuova. Il proprietario si rivolge a don Camillo, che in tre giorni di lavoro scava una buca e ci costruisce una tomba etrusca, poi ricoperta di terra; cosicché, quando gli spicconatori arrivano al dunque, la “scoprono” e i lavori si devono arrestare. Don Camillo suggerisce a Peppone un’idea luminosa: “spostare” la tomba etrusca appena fuori dal tracciato stradale progettato. Salvo che dal nuovo scavo emerge un’intera villa romana con “mezza biolca di pavimento” a mosaico, stavolta autentica. Alla sana incavolatura di Peppone, distrutto dalla fatica degli scavi (“Se non avessi le ossa rotte, fra cento anni qui si scoprirebbe una tomba etrusca con dentro un prete!”: mettete a confronto una battuta così fulminante con quelle dei giornalisti pseudo-umoristi di oggi, da Gramellini a Bottura ecc.), segue un ragionamento più pacato, di realismo non propriamente socialista con cui si chiude la storia, numero 304 su 346: “Ancora oggi gli esperti stanno sondando la zona archeologica del Mulino Vecchio, e intanto il popolo lavoratore che deve recarsi a Solagna è costretto a fare il solito “giro viziato” di cui parlò Peppone nel 1946. Come passa presto il tempo”.

Questa domenica di 78 anni dopo, noi popolo non-lavoratore siamo infatti stati instradati, nel nostro giro, sulla via di Parma, ma dopo 3 km dirottati a sinistra, fatti salire sull’argine del Canale Grande, poi ridiscesi, poi risaliti sull’argine dello Stirone, tortuosissimo, erbato, con bei panorami, campanili, fattorie, laggiù; da lì, al km 12 quelli del giro “medio” sono discesi verso Carzeto, noi (cioè io solo, ormai) abbiamo proseguito sull’argine giusto fino a Soragna, scendendo a nostra (cioè mia) volta al km 15, ultimo ristoro – molto ricco, e sovradimensionato dati i frequentatori -, poi un tratto asfaltato che attraversava una casa colonica sulle cui rotoballe si erano issati a giocare tanti bambini, fino a ricongiungersi per un breve tratto coi camminatori dei 13, che però andavano al traguardo lungo un canale, mentre gli stakanovisti erano invitati a una lunga circonvallazione del territorio chiusa da 500 metri di campi dove l’erba era stata rasata appositamente. Segnalazioni con frecce a terra e su paletti precisissime, con l’aggiunta di sbandieratori umani; 3 ristori intermedi e quello ricchissimo finale: insomma, si fa presto a recuperare le 1900 calorie bruciate (secondo il mio orologino): tanto più che qui in zona ci sono ristorantini meravigliosi, il Voltone di Soragna (suggeritomi dalla ristoratrice finale di Carzeto), l’Ardenga di Diolo o il Vernizzi di Frescarolo indicatimi da Angelo Giaroli, mio consulente sicuro quanto a trattorie e a podiste accoglienti. Ma già il paninazzo alla mortadella è tale da saturare e soddisfare i cinque sensi.

“Bravo, mi dice uno degli organizzatori: farne 21 alla tua età…”. – Perché, qual è la mia età?, chiedo. Mi squadra bene e mi dice “Sess… sessanta”. Il resto, mancia carzetana.

10 marzo – Sarà stata la 37^ edizione come dice la classifica ufficiale di Atleticando (cioè l’Uisp Reggio, responsabile dell’eccellente organizzazione), o la 39^ come dicono il manifestino, il sito del comune di Albinea (che oltretutto scrive “LA Mimosa cross”, come se Cross fosse femminile), e ripeteva lo speaker, però la gara piace: il percorso lungo di quasi 23 km con 500 metri di dislivello è stato affrontato da 200 competitivi (più molti non competitivi o senza pettorale; siccome avevamo quasi tutti l’impermeabile, non si poteva verificare), cui si aggiungono i non competitivi sulle distanze minori di 5 e 12, da Giangi ad Angelo Giaroli (da cui ho invano atteso il rituale sorpasso al km 5), dalla reginetta Emilia Neviani a vari esponenti della famiglia Gandolfi/Spina.

Un primo punto a favore è il prezzo d’iscrizione: a parte i 2,50 per le gare non competitive, la competitiva costava 10 euro, con la gestione di Atleticando, che significa 10-euro-10, non 10+2,50 per creste varie di segreteria. Addirittura i soldi non dovevamo anticiparli, ma semplicemente versarli la mattina all’atto del ritiro pettorali. E, a parte i servizi in gara (davvero numerosi i segnalatori umani lungo il percorso, a supplire un po’ la risparmiosità delle frecce; tre ristori con tè caldo e saporoso, più banane, crostatine e arance… da sbucciare; e velocissima la diffusione delle classifiche), nel pacco gara ci siamo portati a casa un bel vasetto di miele, oltre ai biscotti su cui spalmarlo.

In questo periodo in cui le gare calano di numero, e quelle che restano hanno prezzi stratosferici (per stare in un raggio di 50 km, oggi a Pieve di Cento 25/30 euro; domenica prossima a Reggio Emilia, 35/40), una maratonina “abbondante” e panoramica come quella di Albinea diventa una mosca bianca, che fa veramente onore all’etichetta di “sport popolare” con la quale è nata.

Si aggiunga che per noi maratoneti con qualche anno sul groppone, Albinea è la William-Govi-City; la partenza era vicina alla chiesa dove l’abbiamo salutato per l’ultima volta, dieci anni fa, ed è un peccato che qui a casa sua lo stiano dimenticando. Se hanno intitolato Grazzano a Badoglio, credo che si potrebbe aggiungere il nome Govi ad Albinea… ma sì, stiamo ancora aspettando l’adempimento della promessa del sindaco di allora, di cambiare il nome di via Togliatti in Via della Maratona n° 500. 
Attraversando Borzano e attaccando la bellissima salita dei gessi e di Cavazzone in compagnia di un podista locale (non competitivo!), si parlava dell’anello di Borzano, i 12 km che William percorreva tutti i giorni, uscito dal lavoro, alle 17,30. E del suo contributo alla nascita del Gir par Bursan, una trentina d’anni fa.

Torniamo con nostalgia ad oggi, per dire della netta vittoria di Filippo Capitani (39enne Modena Runners, società giovane che fa strage di trofei e di cuori) con 1.25:31, davanti a Robert Ferrari (Team 3.30, altro modenese) in 1.26:44, e Patrick Francia in 1.28:11.

I reggiani si sono rifatti con le donne, grazie all’Avis Novellara che ha segnato una doppietta: ha prevalso la 27enne Caterina Filippi in 1.44:39, due minuti abbondanti sulla compagna Natalia Pagu, e 5 su Eleonora Turrini della Guglia di Sassuolo. La città di Sassuolo ha chiuso gli arrivi con l’immancabile Cecilia Gandolfi, il cui figlio Gianluca Spina era arrivato esattamente un’ora prima.

La pioggia, ampiamente prevista e caduta per tutta la notte, ci ha graziato o quasi: i primi hanno corso completamente all’asciutto, semmai bagnandosi i piedi nelle pozzanghere e nei tratti un po’ pantanosi all’interno del parco, a quota 460 metri; per noialtri, una pioggia non intensa né continuata  ha cominciato a scendere dopo un’ora e mezzo: ma bastava un cappellino per non sentirla o quasi. Un altro insegnamento per quegli organizzatori che si prostrano di fronte alle previsioni meteo (in zona, leggasi Albareto di Modena, rinviata da domenica scorsa a oggi, dove sono andati in quattro gatti): snobbati dai fotografi ufficiali che erano tutti ad Albinea, ed hanno aspettato il quasi sprint tra il sottoscritto e Lucio Casali della Formiginese, conquistatore del cammino di Santiago nonché (ai suoi bei tempi) 2.59 alla maratona di Cesano Boscone, e che oggi mi è andato via in salita senza più lasciarsi recuperare, sebbene il suo ruolo fosse quello di pacemaker per la signora Neva da Monte San Pietro.

Ce ne andiamo soddisfatti, anche Pietro Boniburini lo scarparo di nicchia (malgrado la Juventus), sotto una pioggia che aumenta, ecchìssene: Scende la pioggia ma che fa…? - Amo la vita più che mai - appartiene solo a me - voglio viverla per questo!

2 marzo – Il Parco detto di Monza (ma che, a essere esatti, è condiviso da tre o quattro comuni brianzoli, ognuno col proprio ingresso, e “goduto” anche da altre comunità non direttamente confinanti, come Concorezzo) ha felicemente ospitato, in una mattina di sabato incredibilmente risparmiata dai nubifragi, la “prima fase”, quella competitiva, della Run for life. Manifestazione idealmente orientata, “ad apertura della settimana dedicata alle donne, per promuovere la parità di genere e il rispetto reciproco quale condizione necessaria per una convivenza civile” (come recita il foglio ufficiale redatto dalla squisita Beatrice Di Virgilio, vertice sportivo dell’evento), e praticamente, concretamente rivolta a uno scopo più immediato e concreto: “il ricavato, al netto dei costi organizzativi, sarà devoluto all’associazione il Veliero di Monza per contribuire alla ristrutturazione di Villa Valentina, che diverrà luogo di aggregazione e di inclusione per persone con disabilità fisiche o cognitive”.
E per dimostrare che non sono chiacchiere, “sono state “coinvolte nel processo organizzativo 80 persone disabili che si sono occupate dalla composizione dei pacchi gara, della gestione dei ristori e della distribuzione delle medaglie ai partecipanti”.
Disabili loro? A ragion veduta dico che i disabili siamo noi, pseudoatleti dall’eccessiva autostima, che ci esaltiamo se l’ultimo km l’abbiamo fatto ai 5:30 e magari ci lamentiamo se ai ristori non c’era il tè caldo. Se ci sono delle cose che hanno funzionato perfettamente, oggi, sono proprio quelle elencate; cui aggiungo volentieri anche l’organizzazione tecnica, con le due distanze competitive (10 km e 21,097, quest’ultima inserita per la prima volta nell’evento) comprese nel calendario Fidal nazionale, dal percorso omologato e tanto di chiodini regolamentari infissi nell’asfalto, e due distanze non competitive (10 km cronometrata e 5 km ad andatura libera) che si svolgeranno domenica prossima 10 marzo, causa slittamento prudenziale di una settimana vista la possibile chiusura del Parco causa eventi meteo.

Ed ecco i risultati: la maratonina è stata un assolo di Mirko Partenope (Lib. Saronno), che con 1.09:23 ha inflitto 9 minuti e mezzo al secondo, Nicolino Catalano (Atl. Solidale), a sua volta davanti 16” a Davide Meani.

Tra le donne invece hanno prevalso le “straniere”: doppietta emiliana, con Cristina Ballabio (Casone Noceto, ma il cognome è lombardo) che in 1.23:52 ha prevalso di un minuto esatto sulla bolognese Francesca Battacchi (Acquadela), di 15 anni più anziana. Più staccata è giunta la francese, tesserata Atletica Due Perle, Lisa Alice Julien, 1.28:33. I classificati sono 524, di cui 113 donne.

Nella 10 km, partita contemporaneamente alla maratonina e conclusa da 375 podisti -e, hanno vinto Matteo Borgnolo (Sport Project VCO) in 31:49 e, tra le 111 donne, la trentina Silvia Brun (Val di Cembra) in 38:37.

Come dicevo, gara sostanzialmente risparmiata dalle intemperie: alla partenza non pioveva, e solo dopo mezz’ora è cominciata una pioggerellina (per intenderci, da tergicristalli in modalità intermittente) durata sì e no un’oretta, dopo di che è spuntato perfino qualche raggio di sole. Percorso (uno o due giri) asfaltato almeno al 90%, con qualche pozzanghera da evitare, pochi passaggi fangosi, e un solo tratto di un centinaio di metri che nella prima tornata era allagato e abbiamo dovuto evitare salendo su un argine, mentre nella seconda si è potuto percorrere sia pure stando attenti a un passaggio scivoloso.

Giro totalmente all’interno del parco, non solo oasi di aria buona ma anche paradiso dei podisti (come mi spiegava Roberto Mandelli, che ha partecipato alla misurazione ipertecnologica di un tratto che serve a tarare tutti gli altri), anche grazie alla esatta segnatura di una maratonina promossa dalla Reale Mutua: mi chiedevo perché le organizzazioni che allestiscono delle 6 o 24 o 48 ore su asfittici percorsi da 1 o 2 km non vengono qua, dove è già tutto misurato, omologato, direi addirittura benedetto. Sarebbe la volta che anch’io verrei a correre gare del genere: intanto, oggi sono venuto qui grazie alla riapertura delle iscrizioni, a furor di liste d’attesa (dopo che una prima chiusura era stata annunciata giovedì), ma anche per l’intercessione (non dirò costrizione) del sullodato Roberto Mandelli, che in vacanza come fotografo (domani l’aspetta il fango di Brugherio) ha curato lui le procedure di iscrizione, ritiro pettorale e pacco gara, nonché di navigatore automobilistico fino allo svincolo di Concorezzo, e poi  ha funto da NCC (Uber) privato fino alla stretta di mano con la signora Beatrice, con Michele Cecotti di Affari e sport (inatteso simpatizzante della città e territorio di Carpi), che organizzava il servizio pacer, e coi due speaker: uno, Marco Stracciari, ricordava il nostro incontro da Tiffany a New York esattamente vent’anni fa; l’altro era nientemeno che Gianni Mauri, presidente regionale Fidal Lombardia, che non si limita a tagliare nastri o firmare delibere, ma collabora in prima persona alle iniziative, specie se benefiche come questa. E ci fa sperare in una Fidal più vicina ai podisti e alle società.

Tutto perfetto? Nooo, c’è sempre qualcosa da migliorare: per cominciare, il comune o l’ente preposto potrebbe consentire il parcheggio gratuito alle auto dei concorrenti; e per continuare, potrebbe sistemare meglio la Cascina San Fedele, centro gara ottimamente organizzato quanto a distribuzione pettorali e custodia bagagli, più carente per l’aspetto ‘igienico’, con toilette prive d’acqua e nauseabonde fin dal mattino, e docce rapidamente raffreddatesi e mai più riscaldate (ma notate la “differenza di genere”: i maschietti si rifiutavano di andare sotto la doccia, tutt’al più sciacquandosi le gambe infangate; mentre al di là della parete le signorine si fiondavano coraggiosamente sotto il getto d’acqua, come si poteva arguire dai loro gridolini e commenti durante l’abluzione). Infine, non sarebbe stato sgradito, all’interno degli abbondanti ristori in gara e alla fine, anche una bevanda calda (disponibile sotto forma di caffè solo a pagamento, in zona premiazioni). Per quanto riguarda il cronometraggio, non starò a discutere sulla dozzina di secondi in più che la classifica mi assegna rispetto al cronometro, ma sulla valutazione dei tempi intermedi, dove il rilevamento del km 18,5 è stato dichiarato del km 16, col risultato di farci apparire tutti lentissimi tra l'8 e il presunto 16, e delle frecce tra questo 16 e l'arrivo, magari suscitando il sospetto dei benpensanti (come, andavi agli 8 a km e gli ultimi 5 li hai fatti ai 4??).

A proposito di premiazioni: citerò in chiusura Marco Brillo, glorioso Road Runner Milano, vincitore degli M 65 con 1.48:48, e il supermaratoneta Paolo Solfrizzo, non per il suo 2.04 ma per l’appartenenza ai Gamber de Cuncuress che sono stati componente essenziale della gestione di questa bella giornata. Quanto a Concorezzo, guardatevi le foto di Mandelli qui sotto, che descrivono non solo la gara ma anche l’umanità brianzola (a cominciare da Gabriella Panetta, altra “gambera” e sorella di tanto nome) che l’ha animata in pieno spirito di servizio.

25 febbraio – In una giornata che, a livello regionale, era contrassegnata dalla gloriosa maratona verdiana Salsomaggiore-Busseto, con le sue tradizionali distanze complementari, e da una non competitiva ad Anzola posticipata di due mesi rispetto alla collocazione tradizionale, ha provveduto Rubiera – a una settimana di distanza dalla sua classica – a dare ospitalità ai podisti vecchio stampo, mettendoli di contorno alla “Festa del podista” dedicata essenzialmente alle categorie giovanili sotto la gestione della Uisp provinciale (dunque Cristian Mainini, Vidmer Costi, Alberto Iotti, Nerino Carri, Paolo Giaroli e la bella compagnia che per tutto l’anno “lavora dove noi ci divertiamo” – per dirla come i ginecologi).

Bella giornata di sole, splendido spettacolo dei nostri appennini innevati, mentre ci si interroga se quelle macchie blu all’orizzonte dalla parte opposta siano le alpi veronesi o lo smog mantovano; iscrizione gratuita per noi “complementari”, avviati su due percorsi da 5 e 10 km in direzione opposta rispetto al giro della Carretera, cioè sull’argine del Secchia verso nord, con una conversione finale a U che ci porta esattamente alla partenza della Verdelaghi di Campogalliano; e poi ritorno sulla stessa asta di fiume.

Qualche pozzanghera, poco fango, e mentre il seriosissimo Leandro Gualandri si invola verso un successo di categoria che nessuno gli riconoscerà, a fondo gruppo scambiamo chiacchiere a volontà con Dervis, parmigiano ma in una inguardabile maglia rossonera (effetto-Sacchi?), con Nerino sulle pretese della tal fotografa sovrappeso di togliere da Fb le foto delle gare da lei acquisite, e più in lungo con Angelo Giaroli, oggi esentato dall’obbligo di superarmi al km 5 e dunque largo di consigli su fondi di investimento e podiste disinvolte dalle altalenanti possibilità d’investimento.

Addetti a sufficienza per l’unico attraversamento a rischio; un ristoro al giro di boa e uno al traguardo, con tè saporito e perfino biscotti: bisogna dirlo al parsimonioso Giangi, che oggi era tutto gratis e ti davano il ristoro. Senza nasconderci che il tutto era dedicato essenzialmente ai bambini, che nel frattempo si cimentavano su distanze varie in un circuito a fianco dell’eccellente impianto sportivo di Rubiera. Per noi, volendo, c’era una liquidazione di cimeli delle passate maratone di Reggio, comprese le rare canottiere della special edition riservata ai top nell’anno del Covid.

In aggiunta, l’Iren di Rubiera (nella miglior tradizione reggiana, contro l’avarizia della Hera modenese) offre acqua refrigerata e gassata gratuitamente. Cosa vogliamo di più, che nel bicchiere ce la versi la Ferragni?

E mentre i nostri amici più bravi cominciano a mandare foto da Busseto e dintorni, ce ne torniamo a casa ascoltando un Jimmy Fontana d’annata (1965), testo di Gianni Meccia, musica di Fontana (Sbriccoli) stesso ed Ennio Morricone: “Ho aperto gli occhi per guardare intorno a me - E intorno a me girava il mondo come sempre - Gira, il mondo gira nello spazio senza fine - con gli amori appena nati - con gli amori già finiti - con la gioia e col dolore della gente come me…- Il mondo - non si è fermato mai un momento - La notte insegue sempre il giorno - ed il giorno verrà!”.

Ma sì, verrà il giorno di una competitiva tirata col cuore in gola: intanto, viva Rubiera.

18 febbraio – Settima edizione della “Maratona del Marmo bianco” (ma si sa, i titoli inglesi sono più trendy), gara cominciata nel 2017 e annullata solo nel 2021 del Covid. Percorso leggermente cambiato rispetto ai primi anni (quando si saliva a Massa, superando un dislivello più notevole), oggi divenuto abbastanza monotono (vedi foto 29-30 del servizio messo insieme dall’immancabile Mandelli)  con passaggi e ripassaggi negli stessi luoghi e prevalenza di interminabili rettilinei sul lungomare fino a Forte dei Marmi, dove ci siamo praticamente congiunti con l’arrivo delle quattro maratone “Seafront” del mese scorso.

Unico tratto pittoresco (se escludiamo la vista delle Apuane e del biancore delle cave di marmo nello sfondo est) l’avant-indree sui due argini del fiume Frigido, che scende da Massa e sfocia a Marina: qui, sembrava quasi di essere ad Amsterdam (come ricordava Massimiliano “Nube” Montecchi, che causa la sua impresa marmifera, a Carrara è di casa: foto 27), o più modestamente alla maratona di Classe del S. Silvestro 2022 secondo i ricordi di Maurizio Colombo dei Road Runners Milano.

Percorso, peraltro, totalmente libero dal traffico e con forti limitazioni nella sosta (la foto 16 raffigura un’auto letteralmente impacchettata dai vigili a una decina di km dal traguardo; nelle 12-13 abbiamo il tracciato già perfettamente a punto la vigilia), e misurato stavolta perfettamente, oltre ogni ragionevole dubbio dal momento che ogni 5 km c’erano i chiodi federali piantati sull’asfalto: e la differenza di 150 metri o giù di lì che danno i Gps è semplicemente l’approssimazione fisiologica (qualcuno dice: voluta) dei nostri cronometri.

Due o tre chicanes servivano per ottenere la lunghezza prescritta; crudele per noi maratoneti quella attorno al km 39, quando vedevamo i colleghi dei 10, 21 e 30 km svoltare verso il traguardo, che già si vedeva in fondo al vialone – foto 21 e 24 -, mentre noi venivamo ricacciati a sud verso il grattacielo Verve (antica colonia estiva degli anni Trenta, sotto cui eravamo già passati al 34: foto 23). Controlli chip ben disseminati nei punti cruciali, e documentazione elettronica dei tempi parziali con le medie ottenute volta per volta (sballata solo quella attribuita al km 26,5, che in realtà stava verso il 25).

Ristori puntuali e ben forniti, grazie anche agli addetti che ti mettevano in mano il bicchiere del liquido desiderato (oltre alla frutta che prendevamo da soli); spugnaggi invece ottenibili unicamente immergendo la spugna personale in vaschette di acqua stagnante e rapidamente ingiallita. Il compagno Modena Runners “Nube”, che per due terzi di corsa (fino al km 28 passato a una media che prefigurava le 5 ore finali) mi ha costretto a un’andatura regolarissima istruendomi nel frattempo su tutte le caratteristiche dei marmi di Carrara (unici al mondo, i cinesi non riescono a farne di simili) e delle ditte accanto a cui passavamo, ci metteva dentro il berretto; altri, le mani nude; io preferivo asciugarmi il sudore con la spugna secca o (fin che li ho portati) coi guanti. Temperatura quasi ideale, 8 gradi alla partenza, 16 all’arrivo.

Però, i classificati manifestano un calo costante: quest’anno siamo stati 247, contro i 258 dell’anno scorso, i 318 del 2022 e i 312 del primo anno. I numeri sono un po’ riequilibrati dai 221 arrivati nella 30 km, i 456 della mezza competitiva, i 340 della 10 km, più le due corse non competitive.

I vincitori: lo svizzero Roberto De Lorenzi nei 10 km chiusi in 29:59 e la lammarina Benedetta Coliva in 34:28; nella 21 Michele Sarzilla (Cus Insubria) in 1.09:59, meglio di 47 secondi del titolato Marco Ercoli, tra le donne la keniana Emily Cheroben in 1.15:29. Nei 30 km nette vittorie di Mirko Dolci (GS Lucchese) in 1.50:54 e di Cecilia Basso (Orecchiella) in 2.01:40.

Nella gara regina ha vinto il 34enne Khalid Jbari (cittadinanza italiana, Athletic club 96 Alperia, vincitore l’anno scorso della maratona di Pisa e due anni fa a Rimini), che nel 2022 aveva vinto la mezza di Carrara col suo personale di 1.06:40, e oggi ha nettamente migliorato il tempo del primo dell’anno scorso, con 2.23:27: quasi sei minuti meglio dell’habitué di queste gare, il ruandese Jean Baptiste Simukeka (Orecchiella Garfagnana), 2.29:24, oggi secondo e a sua volta davanti un minuto scarso su Massimiliano Andrea Milani (un M 50 dell’ Atl. San Marco), 2.30:17. L’Orecchiella si è rifatta con il trionfo abissale tra le donne della trentottenne Camilla Magliano, reduce da un doppio successo a S. Margherita Ligure due settimane fa, oggi nona assoluta in 2:49:01. Mezz’ora dopo di lei, la bravissima neoquarantenne carpigiana Silvia Torricelli (Tricolore Sport Marathon) con un 3.19:43 che sicuramente non la soddisfa ma è bastato per precedere di un minuto e mezzo la terza, Majidae Sohn (Maratona Mugello).

E poi ci siamo noi, della razza di chi rimane a terra per dirla col Poeta, o insomma noi che i piedi da terra li alziamo quanto basta, e passiamo le nostre ore di fatica il più possibile in allegria e chiacchiere e saluti o “cinque” quando ci si incrocia nei numerosi tratti a doppio senso. E se dopo il km 30 qualcuno ai bordi ci commisera, sappiamo anche come rispondergli: a 5 o 6 km dalla fine vedo incedere sul marciapiede una specie di Michelle Obama, e dietro lei un maschione che con accento napoletano mi fa un augurio iettatorio: ho modo di replicargli gli auguri (con incluso parere scatologico) per il suo Napoli calcio.

La prima del mio giro (diciamo così, in senso lato) è Astrid Gagliardi dei Bergamo Stars, conosciuta in chissà quale trail-marathon (forse la Bora), e che qui si accontenta di stare sotto le 4 ore; mentre Werther Torricelli, il papà di Silvia nonché sapiente enologo (prima della partenza mi esorta a lasciar coricate le bottiglie tappate due settimane fa, fino a che non si deposita il fondo) arriva in un dignitoso 4.18 che gli dà il quarto posto M 65.

Fra le 4.50 e le 5 si assiepano altri compagni del Club dei centenari più alla mia portata: il citato Colombo (omonimo di colui che in serata giustizierà l’ignobile Pioli), che ha la meglio sul fananese tesserato a Mirandola Mauro Gambaiani e su Franco Scarpa, lo psichiatra dei Supermaratoneti (ammette che è un lavoro arduo e -aggiungo- dall'esito dubbio). Faccio l’elastico con due ragazze empolesi, Francesca e Valentina: Francesca sembra più alla mia portata, a tratti cammina, ma alla fine mi precederà di un buon minuto.

Un altro personaggio mi sta davanti di un centinaio di metri ma a volte si fa raggiungere, sempre cantando a squarciagola (foto 17): a un incrocio vedo due vigili che gli parlano (sta a vedere – mi dico – che alla fine lo ammanettano come capitò una volta a Bertinoro). No, passa un’auto dei vigili e i colleghi si scambiano pareri  attraverso il finestrino: dopo di che, l’auto seguirà il tipo a passo d’uomo per un km, sempre colloquiando. Quando finalmente lo raggiungo (esattamente sotto l’antica colonia-grattacielo Verve al km 35) gli chiedo cosa gli dicevano: “niente, solo mi chiedevano se sto bene e se ho bisogno d’aiuto” (immagino, l’aiuto del dottor Scarpa) “ma io canto perché altrimenti finirei al cimitero!”.

Canta che ti passa, mentre a un’andatura regolarissima incedono Enzo Caporaso e Roberta Pruzzo (la figlia del grande bomber di Genoa e Roma): finita l’ultima chicane presso il porto di Marina di Carrara, là in fondo si vede il traguardo, ma ci vorrà un quarto d’ora per tagliarlo, accolti dalla sapiente bonomia dello speaker Fabio Fiaschi (foto 11). In rimonta arriva Massimo Morelli (“sto tornando in condizione, dopo quei 18 mesi buttati via…”), che nel finale addirittura supera Nube Montecchi (venuto qui per ritirarsi, e invece stringendo i denti ce la fa). C’è spazio ancora per Luciano Ferrari, co-organizzatore delle maratone in serie di Livigno, e per un trittico Bergamo Stars: “Bubu” Furlan (mio compagno di sventura in un percorso sbagliato a Pont S. Martin, e conseguente squalifica poi rientrata), Marina Mocellin la bolognese (terza F 70 l’anno scorso con 5.59, oggi unica e “vincitrice” con 6.07); infine l’avvocato Giuseppe Tundo, che con 6.20 riesce a precedere l’ultimissimo, Gabriele Mancini tesserato Runcard.

Per tutti c’è la medaglia (ovviamente di marmo), e a fianco l’accogliente struttura della Fiera, servita da ritrovo per ritiro pettorali e piccola expo il giorno prima, da parcheggio auto e deposito borse oggi (foto 9, 10, 15). Buono il ristoro finale dove, oltre a un rigenerante tè caldo, a richiesta danno anche una squisita confezioncina  di pasta al basilico. Per le docce bisogna fare 400 metri, e sono immedicabilmente fredde.

Ma non si può venire da queste parti, magari profittando degli alberghetti a una stella convenzionati con l’organizzazione, senza visitare almeno Carrara, città un po’ morta ma con un Duomo stupendo (foto 2-5), poi salire a Colonnata: un villaggio delle Dolomiti, si direbbe guardando in su (foto 6, 8, 18), e non meno famoso per il lardo servito in tutti i piatti (foto 19-20; dove siano i suinifici, non lo sa nemmeno Nube, che però confessa come anche i maiali di Castelnuovo modenese siano olandesi). Se Carrara è vuota, a Colonnata fai fatica a parcheggiare, e se giri per le viuzze (foto 7) o sali alla chiesa, ti rendi conto che sei in uno dei cento o mille villaggi che rendono l’Italia il paese più bello del mondo.

11 febbraio – Come nel 2021 e nel 2023, è toccata a Correggio la terza conclusiva prova del campionato regionale Fidal di cross, pure valida come gara unica per i titoli individuali: le tappe precedenti si erano svolte a Cesena e Castellarano, più ricche di saliscendi rispetto al quasi-piattone correggese, dove la mancanza di salite ripide è divenuta però opportuna vista la pioggia caduta fino a poche ore prima.

Ben 1011 sono stati i partecipanti (qualche decina in più dell’anno scorso), di cui 454 donne; nei soli Master (over 35) i presenti erano 352 (118 donne); molto rappresentate, al solito, le categorie giovanili, che hanno festosamente invaso i prati.

Società campione regionale maschile dopo tre prove si riconferma l’Avis Castel San Pietro (BO) con 3370 punti, 41 in più (davvero un’inezia) del Celtic Druid Castenaso (terzo l’anno scorso); mentre quest’anno la terza piazza va al Modena Runners Club con 3278 punti, che gli bastano per superare di 58 punti il Circolo Minerva Parma, secondo nel 2023. La classifica “di tappa” vede invece nell’ordine Castel S. Pietro, Castenaso, Minerva, Modena Runners.

In campo femminile vince il Casone Noceto (terzo l’anno scorso, e oggi primo in quasi tutte le categorie femminili) con 2267 punti, scalzando dalla vetta per soli 16 punti l’Atletica Faenza 85 campione uscente, che a sua volta precede di 49 punti il Circolo Minerva (il vero sconfitto di quest’annata, provenendo da un secondo posto 2023 anche tra le donne). La graduatoria finale coincide perfettamente con la classifica di questa terza tappa, che vede poi al quarto posto la Fratellanza Modena.

Quanto alle prestazioni individuali, prima di parlare dei Master va detto anzitutto del successo tra i Seniores/Promesse, sul percorso più lungo di 10 km, di Ahmed El Mazoury (1990, Casone Noceto) in 32:37, quasi un minuto davanti al ventenne Mattia Marazzoli (Corradini Rubiera). Un minuto scarso intercorre anche tra la prima donna sugli 8 km, Giulia Pasini (1989, C.U.S. Parma) vincitrice con 31:33 su Enrica Bottoni, di 8 anni più giovane (Corradini            Rubiera).

Vittoria tra gli juniores, sul percorso lungo di 8 km, del non ancora diciottenne bergamasco Luciano Carallo (Val Brembana) in 26:57, con 5 secondi di margine su Abraham Carson Gotti (Centese); mentre tra le donne sui 6 km non c’è stata storia, col successo di Lovepreet Rai (2005, Atletica Lugo) in 25:56, tre minuti e mezzo su Alesia Gjikolaj (2006, Corradini Rubiera).

Eccoci ai Master alias over 35: la prima batteria ha visto in lizza su 5 km abbondanti (5,2-5,3) i nati fino al 1970; vittoria complessiva di un nato nel 1983 cioè M40, Francesco Bona (Minerva) in 18:10; secondo è stato il suo compagno di squadra, campione M45, Taoufik Bazhar in 18:27; terzo l’altro M40 Alessandro Raiti (Avis Castel S. Pietro) in 18:29.

Comparando i tempi, il risultato migliore si direbbe quello di Mohamed  Errami, cinquantaseienne del Minerva, che ha vinto la seconda batteria, sui 4 km, destinata agli over 55. Il bravo Andrea Baruffi (Fratellanza), è giunto secondo a quasi un minuto e mezzo.

Gli altri campioni delle categorie maschili sono Andrea Baruffaldi (M 35, Corradini) in 18:41, e Fabio Perazzini (M 50, Castel S. Pietro) in 19:36, appena 4” su Fabrizio Gentile dei Modena Runners. Tra i più anziani cimentatisi sui 4 km, detto dell’extraterrestre Errami, si laureano tra gli M 60 Daniele Dottori (Sacmi Imola) in 16:19 allo sprint su Marco Moracas (Aquadela Bologna). Tra i due si inserisce in 16:21 il campione M 65 Rossano Altini (Castel S. Pietro), mentre il primo M 70 è Aris Giordani (Celtic Druid Castenaso) in 18:03. Non molto dietro, in 18:38, gli arriva il campione M 75 Araldo Viroli (Castel S. Pietro); poi c’è tutto il tempo di aspettare l’unico concorrente M 80, Giancarlo Raggi (Mameli Ravenna), 24:25, e la decina di corridori delle altre categorie più ‘giovani’ ma che devono completare il giro dietro di lui.

Incombe la gara delle donne, prova unica sui 3 km dalle F35 alle F80: e poco ci manca che tra i primi posti assoluti figuri la gloriosa F 75 Lucia Soranzo (classe 1948, Atletica Faenza) che arriva in 15:12. Naturalmente, ragazze con la metà dei suoi anni la precedono: la vincitrice assoluta Manuela Bulf (Casone, del 1985 dunque F 35), in 11:16; la seconda, e campionessa F 40 Simona Santini (Minerva), 11:31; la prima F 45, Francesca Durante (Casone, 11:47), che arriva quarta assoluta (terza di un soffio è la medaglia d’argento F 35 Eliana Silvera Silva, Casone, 11:46); la campionessa F 50 Rosa Alfieri (Minerva), 12:09, 7 secondi davanti alla prima F 55 Claudia Gelsomino (una lombarda tesserata Casone). Tra le F 60 prevale Susi Frisoni (Atletica 85 Faenza) in 13:33; tra le F 65 Giordana Baruffaldi (Casone) in 14:26, mentre le F 70 sono regolate da Germana Babini (Lughesina) in 16:23, e le F 80 dalla nostra compagna di tante corsette emiliane, la parmense Raffaella Dall’Aglio (Casone), classe 1943, con 21:53.

Collaudatissima l’organizzazione della Self Atletica Montanari Gruzza: a disposizione spogliatoi con docce (unica volta nelle tre prove), un succulento ristoro finale dove eccellevano le qualità di torte e il tè saporitissimo (ma all’uscita del parco “Dorando Pietri” c’era la fontanella comunale dell’acqua liscia e gassata, gratuita  - non come tra gli esosi modenesi), dove molti giovanissimi corridori sono venuti ad abbeverarsi.

Perfetto l’apparato giudicante, e d’altronde se ti affidi a Cristian Mainini, Nerino Carri e Paolo Giaroli non puoi sbagliare, e in un’ora o poco più trovi già online le classifiche complete (che, qualche ora dopo, vengono minimamente rifinite). Ecco perché, anno dopo anno, Correggio è l’unica sede che non cambia mai nei societari di cross emiliano-romagnolo.

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