Direttore: Fabio Marri

* Per accedere o registrarsi come nuovo utente vai in fondo alla pagina *

Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

22 luglio – Nona edizione della gara classica sui 60 km + 4000 metri D, e ottava della versione “light” (si fa per dire), di “soli” 35 km con “soli” 2000 m D+. In comune alle due gare la salita alla cima più alta dell’Appennino Modenese, il Cimone, coi suoi 2165 metri da raggiungere in 13 km partendo dai 625 metri di Fanano; dopo di che, circa 6 km di crinale con vetta più alta il Libro Aperto a 1937 metri, poi discesa di 700 metri fino al rifugio dei Taburri, da cui i due percorsi si dividono e, mentre ai “light” restano meno di 400 metri verticali, gli altri sono a meno di metà della fatica che si spingerà fino all’area bolognese del Corno alle Scale (senza salirlo tutto) e poi un altro bel po’ di ventoso crinale fino al ricongiungimento coi “light” a 4-5 km dall’arrivo (che riserva per tutti una trentina di metri di vertical, peraltro su un sentiero nuovo e ottimamente curato), fino al rientro nella piazza Odoardo Corsini da dove si era partiti alle 7 per consentire un arrivo con la luce del giorno anche agli ultimi del “lungo”. La Cima Tauffi (1800 mt) fa parte solo del percorso maxi, che poi ridiscende a 1300 per risalire di nuovo a 1800 e, con un ultimo paio di dentini, si butta infine verso l’agognato torrente già noto ai frequentatori della storica Fanano-Capanna Tassoni.

Nella gara corta, successo quasi annunciato per il fortissimo trailer dei Modena Runners Saimir Xhemalaj, classe ’94, unico a stare sotto le 4 ore (3.58:19, 6:48 a km!), otto minuti meglio di Daniele Montecalvo, ventiseienne di nobile schiatta podistica della provincia bolognese, che a sua volta ha preceduto di un minuto scarso Thomas Cazzaniga da Como.

Sesta assoluta e prima donna la 34enne Chiara Lelli (Cometa, 4:23:27), oltre mezz’ora sulla ventisettenne Anna Sarti del Mud&Snow, la realtà modenese che ha dato un’impronta decisiva al trail in provincia: e non sarà un caso che il boss Checco Misley (anni 45) abbia personalmente corso in poco più di 5 ore e mezzo, e soprattutto abbia portato qui una bella serie di protagonisti. 121 gli arrivati, sui 127 partiti; a chiudere la graduatoria l’immarcescibile Cecilia Gandolfi in Spina, che ha trascinato qui il marito Italo come fotografo (sono sue, per gentile concessione, le foto 34-39 del nostro album), e il figlio Gianluca, classe 84, che ha chiuso in 12h15 la gara dei 60 km.

Il cui vincitore è stato Simone Corsini, quarantenne della Panaria da 2.26 in maratona (e vincitore nel 2019 del Dolomiti Extreme Trail di 53 km), con la stessa media chilometrica di 6:48 del Saimir primo nei 35 km, il che produce un 6.48:50 nel totale; e 21 minuti di vantaggio sul secondo, il 23enne Killian Luison, nonché  quasi 40 minuti sulla gloria locale, il fananese Giulio Piana (Mud& Snow come il quarto, Roberto Gheduzzi).

Alla stessa società by Checco appartiene la prima donna, Dinahlee Calzolari, 28enne (9.21:50, un’ora esatta sulla seconda Antonia Rinaldi, che ha preceduto quasi allo sprint la bolognese Milena Mazzini): 99 gli arrivati su 100 partiti.

Che dire della corsa? Preambolo un po’ difficoltoso, con lo spostamento alla vigilia delle operazioni di iscrizione (che prevedevano anche un meticoloso controllo del materiale obbligatorio, senza il quale il pettorale non era consegnato) e del briefing (altrimenti scritto breefing e breafing: la moglie di Giulio Piana, che sa di lingue e a suo tempo studiò lo 'stile' delle cronache podistiche, obietterebbe qualcosa), a causa dell’occupazione del destinato Palaghiaccio, e nonostante le piazze centrali del paese fossero occupate da una manifestazione folcloristica.

Ma al mattino ogni cosa è funzionata alla perfezione cominciando dal sapiente speakeraggio di Daniele Menarini: al via tutti insieme, con qualche inevitabile tamponamento nelle retrovie per le prime centinaia di metri, ma poi ognuno ha potuto gestirsi come riusciva (approssimativamente, metà avevano i bastoncini e metà no). Non difficilissima la salita al Cimone, per un sentiero Cai diverso dal solito che si fa, salvo gli ultimi 50 metri verticali abbastanza improbi: è lì che ho visto andarmi via l’ammirabile Ermanna Boilini, anni 66, una leggenda dell’ultratrail modenese (la Natalina ed nuèter) targata Mud& Sbow, che naturalmente ha corso i 60 km chiudendoli in 13.23.

Sul crinale successivo al Cimone, spazzato dal vento che spirava da sud e minacciava di precipitarci sul versante fananese, qualcuno ci aveva illuso sulla presenza di un punto acqua, che però non era previsto dal regolamento e infatti non c’era (per fortuna, avevamo riempito le borracce al ristoro ufficiale del km 9, già quasi a quota 2000); ci siamo dissetati al successivo rifugio dei Taburri, solo al km 23,5, dove però c’era la presenza qualificante di Micio Cenci, carpigiano ma fananese d’adozione, trailer con cui corsi la prima edizione di questa 60 km (21.7.2012), che faceva foto e collaborava (mi ha persino inseguito per darmi la borraccia dimenticata sul tavolo). Da Paradiso terrestre la fontanella, un paio di km sopra i Taburri: pur avendo la borraccia piena, mi ci sono buttato sotto e penso che morirei felice se su di me scorresse quest'acqua.

(Taburri: era la parola magica che insegnai a mia figlioletta decenne quando, ai primi passi sugli sci, cadevamo sempre con gli sci incrociati e senza riuscire più a frenare; parola con l'effetto di attutire la caduta e provocare un pronto rialzo, nonché smorzare la rabbia contro il fratellino di 6 anni che  filava via come se fosse nato con gli sci ai piedi).

Da questi Taburri (a monte di Fellicarolo, raggiungibili in vari modi) siamo allora risaliti, trovando un delizioso caffè alla penultima asperità del giro light, il monte Colombino, e allacciando nuove amicizie, come con le due mamme modenesi Patrizia Albertini (classe 1960;a parte l'Ermanna, la donna più stagionata del lotto) e Lisa Vincenzi, che ha l’età di mia figlia e come mia figlia sta avviando allo sport la sua bimbetta di 8 anni.

Nella discesa finale, molto pendente, talora con un'erba tagliata di fresco e alquanto scivolosa, e nel tratto sassoso poco corribile per chi aveva ormai i muscoli irrigiditi, le due salutano e se ne vanno, come impongono classe ed età (a proposito, scorrendo l’elenco degli arrivati nella 35 trovo che il secondo più attempato aveva 10 anni meno del sottoscritto, risultando coetaneo della Patrizia di cui sopra. E’ ora che smetta?).

Ristoro finale ottimo e abbondante, con grande dispiego di torte, prugne, arance e di fette di cocomera, come già nei ristori precedenti: cocomera quanto mai gradita dato il caldo (solo temperato dalle faggete d’alta quota); in più, un bicchierone di birra a testa (il secondo bicchiere costava 5 euro, a differenza della promessa di 6 bicchieri a testa fatta nel briefing...). Per le docce, ampie, linde e alla temperatura giusta, si è reso disponibile il vicino Palaghiaccio che ci aveva sfrattato la sera prima, e ci ha concesso gli spogliatoi degli hockeisti con in evidenza le multe comminate (50 euro per chi fa pipì nelle docce…). Non essendo stabilita la distinzione tra spogliatoi maschili e femminili, era possibile anche qualche gradita sorpresa, come quelle che capitano per esempio nelle maratone tedesche (ma non è stato il caso mio).

I numeri degli arrivati non sono enormi, ma certo la stagione, anche per le sue concomitanze, non aiuta. Ma la soddisfazione di tutti era palpabile.

Che fare il 16 luglio per chi non è nelle isole greche o ichnusiche o peloritane per correre alla maniera di Filippide sconfinando a casa del commissario Montalbano, o non è un supertrailer da Piz Boè o da Civetta, o un appassionato delle dighe in val Venosta nonché con ampia disponibilità monetaria?? Bisogna rovistare nei calendari locali, tra le gare “della Quercia” sopravvissute a Colei che finora gli elettori non hanno visto arrivare, o le competizioni appenniniche da 8 km dove impieghi due ore di stradacce per arrivarci…

Zummando all’area bolognese, oggi fino a qualche anno fa c’era una gara montanara dalle parti di Porretta, e una collinare a Savigno: la prima non è nemmeno più calendariata, la seconda è stata annullata pochi giorni fa, allo stesso modo della vicina camminata di Quartesana (FE). Allora?

Per fortuna che Alessio c’è: scontata la lunga sospensione (lunga e suina e condita di acido lattico, ma pare che quelli là non se la stiano passando benissimo), il Guidi fondatore, presidente, trascinatore del “Passo Capponi”, nonché sgradito rivitalizzatore del morente podismo bolognese (“fai un piacere all’asino, e ti ricambia con un calcio”, diceva mia suocera), non passa giorno che non proponga un evento, saltabeccando da Brescia a Milano a Ravenna ma senza trascurare la sua provincia.

Ecco dunque che, in questo torrido e desertico 16 luglio (neanche un prete per chiacchierar), Alessio di punto in bianco allestisce una bellissima camminata semiufficiale da Crespellano (o se volete pignoleggiare, da Pragatto, patria del celebre dantista Tommaso Casini), su per i colli lungo la via Pradalbino, 3 km di falsopiano, poi salita più ardua (diciamo da Casaglia-San Luca, per citare l’esosa competizione in arrivo) fino al resort Guardastelle, andando insomma dai 54 metri slm della partenza a quota 370, con deviazione facoltativa per i calanchi a sud, con visuale su Monteveglio e la renitente Savigno, mentre in fondo troneggiano alquanto sfumati nei vapori Cimone e Corno alle Scale.

Qui c’è un ristoro e un agguato fotografico (uno staff auto e ciclo-trainato ci sorveglia discretamente), poi lo scollinamento con varie opzioni lasciate ai concorrenti, per un percorso che alla fine assommerà a 15,8 km più 400 m D (al netto delle private libidini): o deviare verso il centro di Oliveto dove c’è una fontana di acqua fresca, o prendere la via sterrata del Balcone (attenzione ai due molossi, nel senso di cani, che passano la rete di recinziione), o stando nel sicuro proseguire costeggiando il cimitero di Oliveto, lungo la strada asfaltata interrotta da una frana (ma a piedi si passa), poi da lì via Puglie con qualche mangiaebevi che in parte coincide con una recente competitiva, o con la vecchia corsa del festival cara persino a Giangi; e da lì la discesa dove chi non ne ha più cammina, e si può chiacchierare allegramente col medico condotto della zona Gianluca Ognibene (che ha fatto esperienza perfino al Tor des Géants), o coi due neosposi Michele e Laura (sposi da giovedì scorso 13 luglio), che volentieri replicano il bacio nuziale al ristoro conclusivo, con tanto di bomboloni alla crema e altre leccornìe contribuite dai partecipanti. (Siccome Laura Bertacchini, concittadina e compagna di scuola di mia figlia, dice che nelle mie cronache sono sempre cattivo, lamenterò la mancanza degli spumanti usuali al ristoro privato di Alessio nella camminata di Santo Stefano).

Ci saranno 33 o 35 gradi, che importa, la salita è in parte ombreggiata, in discesa andando ai 6 a km ci si fa un po’ vento, e i tanti ciclisti che incrociamo fanno sicuramente più fatica di noi; ma la facciamo tutti volentieri.

Nelle rituali foto di gruppo, io conto almeno 42 partecipanti, addirittura forse più donne che uomini. Trovo allegria, scambi di esperienze, altruismo, progetti: in poche parole, che il fotocollage di Roberto Mandelli condensa con la sua arte, trovo la contagiosa leggerezza dell’essere di Alessio Guidi, più rinato che mai tra i suoi 4389 amici di Fb: ai quali sono sicuro che già domani proporrà una nuova, sana e imperdibile (l’aggettivo stavolta non è sprecato) follia. https://www.facebook.com/alessio.guidi.3

 

6 luglio – Su questa ennesima creazione del primario hub del podismo italico, Scandiano, non ho altro da aggiungere a quanto dichiaro annualmente e (si potrebbe dire) quotidianamente, peggio che Travaglio su Conte: qui il resoconto dell’anno scorso https://podisti.net/index.php/cronache/item/9006-nessuno-ferma-la-scandiano-castellarano.html

Come aggiornamento, dirò che l’edizione 2023 ha registrato 238 classificati contro i 181 del 2022 (aumento del 31%), avvicinando il record dei 284 dell’ultima edizione pre-Covid (2019). Totalmente cambiato l’ordine d’arrivo, che vede al primo posto assoluto il ventenne reggiano Nicolò Cornali in 53:28, quasi un minuto sul 24enne Marco Casini (Delta Sassuolo) e quasi due su Roberto Ferretti, 22enne della Corradini Rubiera. L’onore dei veci è salvato dal quarto e quinto, il maestro di corsa Andrea Baruffaldi (costellazione-Morlini) e il sempreverde Emilio Mori da Campogalliano, rispettivamente anni 36 e 44, giunti a 6” l’uno dall’altro.

Tra tutti i comprimari, segnalo il 18° posto in 1.00:55 di Zeno Vistoli, classe 1993: lo vedevo bambino con una gran chioma bionda, ai tempi che guidai suo padre (insigne psichiatra) alla sua prima maratonina in quel di Fusignano. Moriremo come persone fisiche, ma i nostri eredi manterranno sempre qualcosa di noi, e tanto basti.

L’esperienza ha invece dettato legge tra le donne, col successo di Rosa Alfieri siculo-reggio-parmense, anni 53, in 1.06:23, quasi otto minuti su Caterina Filippi che ha la metà dei suoi anni e sulla terza, Lorena Belli compagna di squadra del vincitore assoluto.

Tra le società, prime a pari merito Sportinsieme e Interforze Modena con 14 iscritti, seguite con 12 dai Modena Runners che però, in una ipotetica classifica a punti basata sui piazzamenti, dovrebbero essere in testa con due uomini nei primi 9 (Xhemalaj e Sargenti), sette nei primi cento.

Quanto alle impressioni di corsa, sono le stesse di sempre, in una magica notte che invano i meteoastrologi bonacciniani avevano dichiarato da allerta gialla per temporali intensi: il risultato è stata invece una deliziosa temperatura di 19 gradi a Castellarano, luogo in cui – come ha notato il sempre informatissimo dicitore Brighenti – sono crollate le vendite dei condizionatori. Caldino, ma non insopportabile, alla partenza sotto la Rocca Boiardo di Scandiano, dove le funzioni burocratiche sono state sbrigate al meglio sia dal Sassi-Manelli-staff sia dall’agguerrito gruppo di giudici reggiani come Paolo Giaroli e Claudio Iotti; e mentre stavolta Nerino si riposava facendo il fotografo stanziale (però accolgo la sua rettifica secondo cui alla fine ha fatto anche il giudice: una mano sulla telecamera, una sulla macchina fotografica, una per firmare i verbali), Giaroli dopo la partenza ha inforcato la moto per salire alle Tre Croci in soccorso di Cinzia Manelli al primo ristoro. Più su aspettava Mr. Manelli col consueto “gavettone” di acqua nebulizzata, e insomma quando si va a Scandiano sappiamo che saremo sempre trattati da re.

Personalmente, la partecipazione non era in programma dopo la “tanta roba” di 4 giorni prima; ho deciso alle 16 dopo una pennichella apportatrice di buoni sogni. “Tu sei pazzo”, mi ha detto al primo annuncio dell’idea colei che Guareschi avrebbe definito “l’autrice del mio matrimonio” o “la dolce signora che il Cielo sparse a profusione sulla mia vita”; salvo poi prestarsi al consueto autotrasporto evitandomi la navetta organizzativa per il rientro.

Incerottati ben bene i piedi, e tirato fuori dall’armadio dei ricordi un flacone di olio canforato dei tempi che militavo tra gli Amatori della Uisp, ho fatto un po’ di stretching sotto la Rocca, vedendo se almeno riuscivo ad arrivare alle Tre Croci (sono solo 4,1 km, mi dicevo ricordando gli antichi fasti della cronoscalata, e pensando al tanto più fatto due settimane prima con Paolino Malavasi: l’è trii or ch’an vàdd èter che di trii cros e di furnasoun!). Ero rassegnato al sorpasso da parte di Cecilia-in-Italo, che invece stranamente non si è verificato, a differenza di quello del glorioso Elvino Gennari, classe 1946 (“ho fatto la 100 di Asolo in macchina e mi sono stancato solo a guidare”), che in salita più o meno mi affianca ma in discesa mi darà 7 minuti.

Scontato il sorpasso da parte di mamma Emilia Neviani e del quartetto femminile che la segue, guidato dalla prorompente Simonetta Silingardi (tutte sull’1.37/1.38), al traguardo non mi resta che aspettare Giuseppe Cuoghi, più “giovane” di Gennari di un anno, che dopo l’arrivo si appoggia alle transenne, diciamo in meditazione senza parole.

Pacco gara con la novità di una minidose di lambrusco della stessa ditta e qualità (8,5 gradi: e lo chiamano vino??) che a Nashville si vende per 14 dollari, e del consueto asciugamano “Ag l’ho cavèda” reduce dalla maratona di Reggio (che l’ultimo anno non ho corso, ma di asciugamani ne ho già tre). Succulento il ristoro finale; premiazioni, come sempre ricche per gli under e punitive per gli over 50: e chi vecc chi serchen i parsòtt, ch’i staghen a cà.

Ho sott’occhio i due ultimi numeri di una rivista relativamente all’esordio (siamo al numero 3 datato aprile e al numero 4 datato giugno, la cui copertina Mandelli si è divertito a moltiplicare: il periodico è bimestrale, il prossimo numero è in uscita per il 20 luglio; ne esiste anche una versione online, muoversimagazine.it, e per acquisti c’è shop.editorialecec.com).

La fucina da cui l’opera viene fuori è quella rinomata di Luca Speciani, podista, medico, dietologo, giornalista e tante altre cose, che già edita altre riviste non banali ed ha almeno una pagina Fb con cinquemila amici (https://www.facebook.com/luca.speciani). Dunque ci si può aspettare uno stile rigorosamente argomentativo, ma piano e accattivante, fatto meno per gli specialisti da 3’30”/km che per i profani, i sedentari che decidono di “muoversi”, di svolgere attività fisica, senza puntare come prima tappa alla maratona di New York o all’UTMB.

Perché muoversi è salute (correre, senza estremismi, lo è ancora di più), è il recuperare la vita sana, non dirò del Neanderthal o dell’Homo sapiens - comunque born to run -  ma quella dei nostri progenitori, che si spostavano a piedi, mangiavano i prodotti della natura e andavano a letto con le galline. Abitudini che la nostra civiltà evoluta ha smarrito, coi risultati che si vedono: la vita media aumenta, ma soprattutto perché si inventano sempre nuove medicine e terapie che ti tengono in vita a qualunque costo e senza dignità.

Appunto al “correre o camminare” è dedicato il prologo del direttore editoriale Speciani nel n. 3: non c’è contraddizione tra le due cose, occorre solo “muovere il proprio corpo nel modo più gioioso e stimolante che madre natura concede”, per “divertirci e stare bene con noi stessi, con il nostro corpo, con i nostri cari (condividendo il muoversi come attitudine sociale vera, non artificiale) e a contatto stretto con la natura”.

L’arte del “correre in modo nuovo e divertente” è declinata nel fascicolo in varie articolazioni, come le corse a ostacoli (soprattutto quelle in ambienti naturalmente selvaggi), il fartlek, il nordic walking, l’orienteering, il cammino di Santiago e le ascensioni alle Grigne, il triathlon e la tapasciata col solo scopo di arrivare in fondo buttando giù forse qualche etto. Arte sorretta dal Pilates (purtroppo noi podisti-podisti ci accontentiamo di correre e basta) e coadiuvata dalla sana alimentazione, il tutto ad accrescere anche il nostro potere immunitario facendo a meno della chimica (come da anni raccomanda Speciani).

Il numero 4 arricchisce e completa i temi accennati sopra: “perché muoversi fa bene”, “la corsa è meglio di una medicina”; fisioterapia, pesi e cardiofrequenzimetro, i sentieri delle Orobie, il nordic walking sulla spiaggia e la continuazione del cammino di Santiago (ovviamente ce ne sarà per parecchie altre puntate, ora con Riccardo Bianco, economista che a 58 anni ha deciso di “rimettere ordine nella propria vita”, siamo solo alla prima notte in ostello con francesi rumorosi e maleducati).

Se posso esprimere preferenze soggettive, dirò che di questo fascicolo mi hanno preso di più (dopo Santiago il cui espletamento rimane per ora la mia voglia inappagata) i resoconti di Guido Farina (professionalmente, un geologo) sul suo orienteering nei boschi cuneesi, e di Chiara Sacco (cultrice di alpinismo e di yoga) sul suo anello orobico.

Ma istruttivi in ben altro senso sono i pezzi di Guido Marini (gastroenterologo, ecografista ecc.) sulle medicine di cui possiamo fare a meno grazie alla pratica fisica, di Massimo Ranica (fisioterapista e riabilitatore) sul rinforzo muscolare, e infine la risposta di Speciani sul superallenamento. Siamo insomma in buone mani.

Denuncio un conflitto d’interesse: in questo n° 4 ho scritto qualcosa anch’io. Saltatelo pure, ma purtroppo preparatevi che nel prossimo numero ce ne sarà l’ultima puntata.

Dire che sia “la più bella del mondo”, come appare sul sito degli organizzatori, ha la stessa attendibilità di chi dichiara il medesimo per la Costituzione italiana (bisognerebbe vedere tutte le altre…): prima della partenza, un amico mi raccontava di essere reduce dalla 100 di Biel-Bienne, e non poteva che collocarla su un piedistallo, sopra tutte le altre Cento sedicenti più belle del mondo.

Sta di fatto che questa decima edizione della corsa del Monte Grappa ha segnato un record di iscrizioni così imponente da… lasciare senza medaglia parecchie decine di arrivati: la promessa è di spedirle a casa, e per ora ci fidiamo, **  anche perché ce ne convince la grande Natalina, che di queste dieci edizioni ne ha corse undici (cioè ha fatto per conto suo anche la gara annullata per Covid), ed è stata la principale responsabile della mia folle scelta, a quattro anni dall’ultima Cento e a due anni dall’ultima ultramaratona. Se no i xe mati no i  ge volemo.

Ma al lettore interessa anzitutto sapere i fatti, cioè chi ha vinto: le opinioni possono venire dopo e si ha diritto di sospendere la lettura a quel punto. Ha stravinto Massimo Giacopuzzi (Dolomitica Asd) con il tempo pazzesco di 7:49:22, media 4:42 a km. Vabbè, magari un tantino più alta dato che i Gps sentenziano una distanza reale di 96,5 km dovuta alla sostituzione forzata della strada per salire sul Grappa con circa 3 km di sentiero EE, presumibilmente più corto sebbene da percorrere con cautela, causa certi strapiombi che a volte suggerivano l’uso delle mani (oltre tutto, pioveva e dunque c’erano anche tratti scivolosi).

In ogni caso, il campione (che già al rilevamento di metà gara aveva 19 minuti di vantaggio) ha inferto 37 minuti al secondo, Marco Visintini dell’Aldo Moro di Paluzza (benemerita società che durante il lockdown ha saputo allestire squisite gare di montagna), che col suo 8.26 ha staccato di cinque minuti scarsi un altro specialista di queste gare, l’altoatesino di Laives Christian Hofer. Le premiazioni sono nelle ultime foto del servizio messo insieme come sempre da Roberto Mandelli (con cui mi collegavo ogni tanto via whatsapp, insieme ad Angelo Giaroli: sebbene i due mi garantiscano che non riescono proprio a immaginare imprese del genere. E chissà se le immaginano i miei nipotini, Davide il grande e Alex il tennesseano, nel farmi gli auguri telematici).

Si scende dalle alte cime col nome della vincitrice, Annarita Azzolini (Marathon Club Imperia, 10.29:15), appena quattro minuti meglio di Monica Affaticati (Up & Down) che a metà gara la precedeva di 23”. Non molto lontana la terza, l’altoatesina Julia Fatton (Rheinau, 10.43:43): le prime tre donne stanno tra il 15° e il 20° posto della classifica assoluta. Che, su 320 iscritti e 307 partiti, vede al traguardo 260 atleti (di cui 46 donne), più altri 10 che si sono fermati ai 50 km; è probabile che anche il primo cancello (inserito ex novo… contro il parere di Natalina, a Possagno dopo 33 km) abbia fatto una discreta scrematura.

D’altronde, la 100 di Asolo non è il Passatore dove riescono quasi tutti, compresi quelli che salgono in auto quando sono stanchi: qui le macchine degli accompagnatori (fortunatamente pochi: ho spesso incrociato la Golf che seguiva due cremonesi, ma rimasti molto indietro dal “Sàoto dea Cavra”, quando il gioco si è fatto duro) erano “schedate”, e a un certo punto impossibilitate a salire (“Mi dite dove c** devo andare per arrivare al Grappa senza prendere questa strada di m*?”, è sbottata coi vigili una pingue gentildonna, evidentemente ignara degli avvertimenti plurimi degli organizzatori). E nella meravigliosa discesa dal Grappa, praticamente in assenza di auto, il traffico si è fatto un po’ più intenso da mezzanotte in poi, solo per “merito” dei giovinastri che scorrazzavano schiamazzando a finestrini aperti e strombazzando: poi la domenica sera faremo la conta della consueta strage impunita ma continueremo a permettere lo sballo.

E torniamo al mezzogiorno di sabato 1, orario di partenza non troppo adatto per una corsa a luglio che per i primi 35 km si svolge tra i 100 e i 360 metri: per fortuna, la vigilia è piovuto e la temperatura non supererà i 27 gradi, ma con un tasso di umidità pazzesco, e i vapori che si sollevano dalla terra umida (ti sembra di essere nel bagnoturco).

Ottima collocazione logistica del ritrovo, l’impianto sportivo a un paio di km dal centro cittadino, con un servizio continuo di navette (magari, se mettevano qualche freccia per arrivarci in auto evitavo quel paio di inversioni a U causa strade a fondo cieco); buona disponibilità di parcheggi, perfetta la distribuzione pettorali e la ripartizione delle sacche di ricambio che ognuno di noi può lasciare ai tre punti chiave dei km 45, 55, 80.

Mi viene in mente che pure il 1° luglio di 55 anni fa faceva caldo, mentre cominciavo gli esami di maturità con la prima delle quattro prove scritte (ultimo anno che la maturità fu un esame tosto, con tutte le materie del triennio; adesso è una buffonata che crea soltanto illusioni e pretese in “maturati” senza qualità, quelli che poi scorrazzano giù dal Grappa o a Casal Palocco). Ai nostri tempi studiavamo che Bembo ha ambientato ad Asolo i suoi dialoghi sull’amore, e che quattro secoli dopo D’Annunzio ci ha vissuto (e raccontato nel "Fuoco") una storia intensa d’amore con la Divina, che qui è sepolta. E il mio povero padre aggiungeva i suoi ricordi della guerra, in questo scenario che sembrava tener lontani i pensieri cupi. Appena presi la patente, volle che lo accompagnassi qui, alla sua vecchia caserma dove dopo l’8 settembre gli uccisero il capitano, e i soldatini sbandati fuggirono verso casa: mio padre, in bicicletta, con un coetaneo modenese, che si chiamava Franco Anderlini, e più tardi vinse tutto come allenatore di pallavolo, e volle mio padre come testimone di nozze.

Asolo, borgo bellissimo (mi ricorda Gemona), e degnamente percorso dall’”Urban Trail” di 10 km che parte alle 19, quanto al podismo non lascia spazio per trucchi da sboroni della tacca: i quattro cancelli ammoniscono a badare subito al sodo, anche nei primi 10 km che saranno i più antipatici, ai bordi di una strada dal traffico intenso (quando si può, si usano i marciapiedi o le corsie ciclabili a lato; un vigile mi esorterà a rispettare il codice vedendomi tagliare una curva a destra).

Prima del via non può mancare una visita al duomo, di fianco alla piazza della partenza: una collega podista in arancione, Veronica della Franciacorta (foto 65 e 68), è assorta in raccoglimento. Uscendo le dico della mia preghiera nell’imminenza del via al primo UTMB: Signore, so che di queste cose non ti deve importare, ma se mi permetterai di arrivare qui tra due giorni, verrò a ringraziarti. Veronica mi fa venire un groppo alla gola rispondendo: “Tranquillo, Lui c’è sempre, anche qui”. Finirà in 12 ore e mezzo, al decimo posto: il Signore sia sempre con te.

Prima salitina verso quota 150 appunto attorno al 10: se non altro si va in stradetta senza traffico e con un po’ d’ombra. Nella discesa mi prende la Natalina, e dopo qualche km di elastico mi molla e non la rivedrò più se non in classifica, dove sta avanti un’ora, e nella foto del premio che riceve (“pesa più di me!”) in omaggio alle sue 10+1 partecipazioni.

Non faccio in tempo a riavermi del sorpasso (e comincio a chiedermi: ma io qua ci arrivo in fondo? - e rispondermi: Soldatino, non farti ammazzar!) quando una voce amica alle spalle mi dice: “Io parto piano, ma poi…”): è l’altra veneta Daniela Lazzaro, prof di matematica e fresca campione italiana di categoria sulle 12 ore. Il suo destino sarà di superare la stessa Natalina finendo in 14.47 (sono accomunate nella foto 66): ah già, ma è la più giovane del terzetto, non ne ha ancora 70…

Una zona industriale non troppo attraente ci porta a Possagno (ricordo un arbitro molto rigorista degli anni Sessanta), proprio davanti al museo di Antonio Canova (siccome sono in vantaggio sul tmax, due minuti per una visitina me li prendo) e poi su fino al tempietto-sacrario. Salita duretta, ma ne vale la pena: poi giù al primo cancello (“Dio vi benedica”, sussurro ai due rilevatori), e adesso si fa moolto seriamente, come Maestra Natalina mi aveva anticipato: in 10 km vai su di quasi 1000 metri, per una carraia in parte cementata o coperta di grossi lastroni. Profumo di Grappa (inteso come monte), fresco di bosco, panorami, ristori frequentissimi: si alternano ogni 3 km punti acqua e rifornimenti completi, dove troviamo fette tostate con marmellata, torte, biscotti, panini al salame o prosciutto, uova sode, patatine, angurie, mele, limoni, tè caldo e freddo, caffè forte, coca, acqua liscia e gassata, birra, prosecco. Tranne quest’ultimo, prenderò di tutto, e la varietà mi salverà dalle nausee incombenti.

Secondo cancello al km 43/45 (ci sarà sempre differenza tra i cartelli ufficiali e i nostri Gps), ristoro e recupero degli abiti di ricambio, l’avvocato Reali se ne va, la bella segretaria supermaratoneta Carla Ciscato arriva: il cielo si è fatto cupo, raccomandano di metterci della roba addosso perché sul Grappa piove. Magari!, mi dico, così ci rinfreschiamo un po’, e continuo con la maglietta a maniche corte sulla nuda pelle: per i tre o quattro sguazzarotti di un quarto d’ora l’uno basterà il cappellino. E siccome deve piovere, la borraccia non serve più: la lascio nello zaino che ridiscenderà poi per i fatti suoi.

E si va sul monte sacro alla Patria, una quindicina di km dalla bellezza assoluta, prati, scampanare di vacche al pascolo, fattorie, qualche discesina ristoratrice ogni tanto, fortini distrutti che emergono tra le nuvole, trincee, le grandi croci sul crinale (coglionazzo chi le vuol togliere), poi lo sbarramento sulla strada degli alpini, il sentiero da fare in fila indiana dalla Val Vecia. Dietro a me una coppia apparentemente di Latina: Barbara fa l’andatura e suggerisce a Luigi dove appoggiare il piede. Insieme, facendoci anche qualche foto, percorreremo tra le nubi il monumentale sacrario fino al doppio controllo del km 54 (due ore abbondanti di margine sul tmax!) e al ricambio, prima dei 25 km di discesona (25 km? - mi chiedo -. Ma riesco a concepire una distanza del genere?).

Sono le 9 di sera e pioviggina: ancora l’avv. Reali si stupisce che resti in maniche corte, solo aggiungendo una canotta sotto la maglietta. Ma io penso all’afa appena sotto, che si ripresenterà puntuale già al cartello altimetrico dei 1000 metri. La prima parte della discesa la faccio con una bella ragazza di Mestre, ma originaria di Boion (ostrega, cognostu el Boldrin?): Angela è alla sua prima Cento, dopo non aver mai superato i 25 km, però pensa già alla UTMB e alla IUTA. Pagherà un po’ lo scotto nel finale, concludendo comunque in 17.20 che non è male per una esordiente così giovane. Mentre la scafata Daniela Lazzaro mi manderà le sue impressioni matematiche:

Che dire? E’ stata dura, ma in fondo il tempo ha tenuto, molto meglio delle previsioni. Certo che se la visibilità dall’ossario fosse stata diversa, …, ma non è così facile sul Monte Grappa, già dal pomeriggio. E ci siamo consolati con la traversata nella verdissima, ancora di più con le nuvole basse, Val delle Mure.

E poi durante la discesa, con la visione da alcuni tornanti della luna piena in alto e le mille luci di Romano D’Ezzelino, anche se mancavano ancora più di 20 km all’arrivo.

La strada invita a correre, che per quelli del mio calibro significa i 6 a km; ma cuore e polmoni, il ”cavallo” inguinale che brucia dai primi km, e forse anche la testa dicono di camminare ogni tanto. Ma se cammini, le vesciche che si stanno gonfiando fanno ancora più male, e allora ci si barcamena.

I ristori adesso sono regolarissimi ogni 5 km, e per fortuna ci stanno anche sedie e tavoli, dove ci servono di maccheroni o riso all’olio; e se la coca scarseggia, birra e prosecco non mancano mai.

Le luci della pianura verso Bassano ti incantano e distraggono (un paio di volte, nel guardare giù, finisco contro il guardrail: e meno male che c’è!): ed ecco Romano, km 80, che mi illudo essere l’inizio della spianata finale. Macché: ricomincia la salita, vigliacca, titolata “via del Grappa”, verso Borso; ristoro degli 85 davanti alla chiesa, condiviso con amici vecchi e nuovi tra cui Luca Spaggiari, parmense di Torrile che sarà con me (si capisce, facendo l’elastico) fino al ristoro dei 95 alla macelleria di Castelcucco, e alla salita finale su Asolo: un po’ corsa e molto camminata, perlomeno da me che a forza di voltarmi indietro per capire se sono sul tracciato giusto (le frecce bicolori sull’asfalto, fedeli compagne di ogni incrocio, a volte latitano, e di cartelli “verticali” non se ne vedono quasi più) mi faccio superare quasi allo sprint da uno di Pordenone. Eppure, le classifiche sanciranno che nella seconda metà (9 ore per salire al Grappa, 7.20 per scenderne) ho recuperato 14 posizioni: faccio pietà – ne convengo – ma non sono ancora pronto per l’ospizio.

Arrivo nel cuore della notte, foto di rito, solo bottigliette d’acqua con la promessa che al campo-base ci sarà di tutto (dimenticano di dire che le bevande saranno a pagamento); spola di navette, spogliatoi, saluto con Daniela Lazzaro, recupero bagagli nello spogliatoio femminile (me ne scuso con le occupanti raccontando quella volta negli spogliatoi di Buhlertal…: mentre arriva anche Angela la mestrina di Boion); ricarica del cellulare morto al 95°, docce caldissime e shampoo offerto da un Bergamo Runner fedele di don Gregorio; maccheroni (questi, gratis) al sugo di carne, saluti ai colleghi e “arrivederci alla prossima”.

Per me, al momento, una prossima non è prevista: ma questa ne vale… cento.

** Aggiornamento alle 9,25 del 4 luglio sul problema-medaglie. Email ricevuto dai partecipanti:

abbiamo avuto dei problemi di produzione con il nostro fornitore di medaglie e non siamo riusciti a ricevere il quantitativo necessario di medaglie entro i tempi previsti.

Ci scusiamo profondamente per questo inconveniente e siamo molto dispiaciuti  di non essere in grado di consegnarti la medaglia all'arrivo come da tradizione.
Vogliamo però rassicurarti che stiamo facendo tutto il possibile per risolvere il problema e consegnarti la tua medaglia al più presto.

Per poter organizzare la spedizione della medaglia, ti chiediamo gentilmente di compilare il seguente modulo con i dati di spedizione:

RACCOLTA INFO MEDAGLIE 2023

Una volta ricevute le tue risposte, organizzeremo la spedizione della medaglia il prima possibile. Faremo tutto il possibile per fartela avere nelle prossime settimane. 

 

 

Ospitaletto (MO), 28 giugno – Ufficialmente è stata presentata come terza edizione, ma io rubando il mestiere di statistica a Isabella Morlini dirò che è almeno la settima, e non ripeterò le considerazioni fatte, da partecipante mai mancante, uno e più anni fa

https://podisti.net/index.php/cronache/item/8940-vertical-di-ospitaletto-mo-morlini-nel-diluvio-dei-modena-runners.html

Certamente è la terza edizione in grande stile, sotto l’egida permanente di Sonia Del Carlo e famiglia, e della Fratellanza di Bonfiglioli & C., più l’apporto in grande stile della Formiginese, di Modenacorre e direi di tutto il movimento podistico modenese, grazie all’inserimento della gara come tappa della Five Road Race.

https://podisti.net/index.php/notizie/item/9815-dal-25-maggio-riparte-il-circuito-five-road-race.html

Risultato numericamente straordinario, con 189 arrivati, un aumento del 70% rispetto a un anno fa; ed anche sigilli qualitativamente di valore assoluto, su questo tracciato ‘scoperto’ dalla Fratellanza e Gigliotti per la preparazione olimpica di Baldini, e il cui record di 25 minuti ufficiosi (una volta dipinto in partenza, adesso scrivono che c'è anche un 24:52 di P. Selvarolo) ormai barcolla sotto i colpi del pluricampione nazionale Alessandro Giacobazzi, oggi primo in 25:50 (rammento che ci sono 375 metri D+), con un abisso sul secondo Luca De Francesco (che però è un M 40: 27:31), vincitore l’anno scorso e che oggi si è migliorato di un minuto. Ma è bastato solo per dare 25 secondi al terzo, Nicolò Cornali, in un vero e proprio parterre de roi, coi primi 12 sotto i 31 minuti, e tra loro tanti titolati a cominciare da Fabrizio Gentile, fresco campione italiano Fidal M 50 sui 5000, e qui soltanto nono, davanti a Emilio Mori che solo tre giorni fa avevamo visto sul palco delle premiazioni a Campogalliano, ma in qualità di “datore”, non “percettore” come invece oggi.

Tanta roba, direbbe lo speaker Brighenti come al solito impeccabile persino nel distinguere i due Marri Fabio al traguardo in una manciata di metri. Tanta roba anche fra le donne, dove a fare notizia è il mancato successo di Isabella Morlini dopo le vittorie di sabato e domenica: ma anche gli dei dell’Iliade si stancavano di vincere, e questa sera il parterre des reines, ovvero i cosiddetti tre gradini del podio, mette in cima tre “Fratelle”, tra cui Martina Cornia (22 anni, già nazionale under 20 e pure schiacciatrice di pallavolo) con un grandioso 32:14 dà 25” alla compagna di squadra Francesca Badiali e un minuto alla terza Fratella Aurora Imperiale. Un arrivo davvero in sorellanza, come piacerebbe scrivere a quelle dello schwa. E mamma Isabella è subito dietro, quarta assoluta e straprima di categoria, davanti alle storiche rivali Rosa Alfieri e Laura Ricci che, quando c’è la Morlini, sanno che si lotta per le piazze d’onore.

Poi ci siamo noi: come diceva Brighenti quando correva con me le Tre Sere di Carpi ai 4:30 a km, non siamo gli ultimi dei primi o i primi degli ultimi: siamo quelli che ci sono sempre. E il sottoscritto ha visto andar via dopo 500 metri Giorgio Gaetani (pensare che correvo con suo padre negli anni Settanta), altro “fratello” da 42:38; e Maurito Malavasi, figlio d’arte pure lui (43:15). Irraggiungibili anche quattro signore di lusso, Carmen Pigoni, Rossana Montorsi (che un tempo, dopo le gare serali, andava a scatenarsi al Picchio Rosso fino all’alba), Barbara Giovanelli, Mara Fornasari specialista del Fassa Running, tutte finisher sui 45 minuti.

Scatenato anche Paolino Malavasi (incoo t’em ciap, in salida an vagh ménga: busièrd d’un busèder), che al primo tornantino del km 4 saluta il sottoscritto e la Simona Malavasi e va a finire in 49:12. Puntuale al km 5 esatto arriva il sorpasso di Angelo Giaroli, cui resisterò sì e no 500 metri e poi (per usare una pietosa bugia) “lo lascerò andare”; sebbene a tifare per me fosse anche il cugino Paolo, oggi in veste di giudice quasi-imparziale.

Cosicché la diretta di Brighenti sotto la chiesa di Ospitaletto non ha potuto che sancire l’ordine d’arrivo, nel raggio di una cinquantina di metri, Marri Fabio-Giaroli Angelo-Marri Fabio, con avvertenza che “l’originale” (come dicono a Campogalliano) era l’ultimo dei tre, accompagnato negli ultimi 400 metri dai tre meravigliosi nipotini, una “Coppa del nonno” che non cambierei con nessuna vittoria al mondo. E cmq il chip testimonia che ci ho messo lo stesso tempo di un anno fa, sebbene il cronometro luminoso avesse illuso su una prestazione ancora migliore.

E non sono riuscito a vietare a Roberto Mandelli di mettere in copertina l’arrivo e il postarrivo a quattro, immortalato nell’immediato da Italo Spina (in dolce attesa della moglie Cecilia, sempre presente e mai ultima).

Un po’ di sconcerto solo dopo, quando si è capito che il ristorante Spino dove si svolgevano le premiazioni ci aveva tirato un bidone, e chi voleva cenare ha dovuto cercare (su consiglio della tabaccaia di Ospitaletto) nella vicina San Dalmazio, dove la padrona-cuoca-cameriera che porta ancora la mascherina ma a naso scoperto, ci ha ammannito il menù unico di squisiti tortelloni burro e salvia, poi gnocco fritto dalle dimensioni di palloni da calcio, e un pignoletto fresco in caraffa che più lo mandi giù più ti tira su. Chiamiamola serendipity.

25 giugno – In una giornata di piena estate, con temperatura largamente sopra i 30, la quarta edizione della corsa in circuito voluta da Emilio Mori e Gabriele Gualdi registra 50 partecipanti più del 2022 (228 competitivi contro 178), e la vittoria di un ventenne, Alessandro Pasquinucci della Fratellanza in 31:22 (per la cronaca, tre giorni prima Pasquinucci era stato secondo nei 1500 in pista del Master Challenge in 3.45). A 7 secondi è giunto Fatim Mahrak, classe 1996, e terzo il veronese/mantovano Marco Montorio, classe 1986, in 32:04.

Tra le donne, la trentenne Francesca Cocchi (Corradini Rubiera), presumibilmente col ritmo dettato dal compagno di squadra Umberto Preci, ha prevalso in 36:12, molto distanziata sulla seconda Gloria Venturelli (Atletica Faenza) 37:30, che a sua volta ha preceduto di 11” la compagna di squadra cinquantenne Anna Spagnoli.

Prima di categoria anche oggi, come lo era stata nella classifica a punti assoluta della Fratellanza giovedì, la F60 Carmen Pigoni; come prima F65+ è la prof di Novellara M. Pia Verzellesi, che in realtà è del 53: di quanto sia pimpante me ne sono accorto io quando, abbandonata la speranza di raggiungere Angelo Giaroli ormai avanti di 200 metri nonostante il pronostico contrario dello speaker Brighenti, sono stato sorpassato da lei sul rettilineo d’arrivo beccando un centinaio abbondante di metri. Ettore Marmiroli, il prodigioso reggiano del 1948, aveva finito addirittura in 46:52, appena 10” dietro all’altro glorioso Modena Runners Medardo Corsinotti.

Squadra più numerosa è risultato il Modena Runners Club con 12 partecipanti, davanti a Sportinsieme e Correggio.

Circuito stradale chiusissimo al traffico di 2 km esatti da percorrere 5 volte, con una ventina di concorrenti che hanno doppiato tutti gli altri (anzi, il vincitore ha tagliato il traguardo esattamente mentre io e Giaroli passavamo il terzo giro); un ristoro e uno spugnaggio, e molti addetti ad ogni curva o incrocio (il mio omonimo di Campogalliano presidiava la zona vicina al casello autostradale): divertente la scritta Stoff (stufo, stanco) sulla casacca, anziché Staff. Gran ristoro finale nell’accogliente palasport, massaggi gratuiti decisamente affollati, pacco gara consistente di fronte a una tassa d’iscrizione di 15 euro; concorrenti dalle altre province dell’Emilia-Romagna, ma senza escludere un discreto numero di lombardi. A ritrarre tutti, la premiata ditta familiare Teida&Gabriele La Barbera, strategicamente dislocati in sequenza lungo il percorso, con l'aggiunta di Nerino Carri anche in versione video.

La gara era valida come seconda prova di un challenge sulle 5 complessive, la terza delle quali, il Vertical Ospitaletto di 7 km in bella salita, è già in programma per la sera di mercoledì 28.

 

Monchio (Palagano, MO), 24 giugno – Correva il 27 giugno 2020, tutta l’Italia stava cominciando a riaprire con mille cautele e mascherine “di comunità”, e a Modena di podismo non si parlava proprio. Saltò fuori una bella mammina in attesa, Giulia Grossi, che insieme al suo staff decise di presentare la sua corsa, non ancora in veste competitiva, ma almeno si correva di nuovo in (piccoli) gruppi: http://podisti.net/index.php/cronache/item/6258-monchio-mo-12-panoramica-special-edition-i-primi-a-ripartire.html

Adesso, due governi e almeno quattro dosi di vaccino dopo, a Monchio si è ricominciato come si deve, compresa la competitiva che inaugura il trofeo collegato alle prossime gare che si correranno nel Frignano, e presieduta oggi come allora da mamma Giulia. In una giornata di San Giovanni dal caldo infernale in pianura, e invece “una cosa giusta” qui a 750 di quota, sono tornati anche i competitivi, 73 in tutto di cui 15 donne, chiuse come spesso accade da Cecilia Gandolfi (in Italo Spina) appena sotto l’ora e venti, mentre dal lato femminile opposto è inutile dire chi abbia vinto, trattandosi di prof di statistica dell’Unimore di circa anni 50 e chili 40, che quando c’è lei bisogna che gli organizzatori facciano come con Binda al Giro, dare un premio per non partecipare oppure dare il premio del secondo uguale a quello del primo.

La seconda, Laura Ricci, è infatti arrivata a 5 minuti abbondanti (48:59 contro 43:55) sui 9 km del tracciato (un po’ più trailizzato e scivoloso rispetto al solito), precedendo di un altro minuto la terza, Sonia Donnini (onore al merito, anni 55).

Invece 28 anni conta il vincitore maschile, Omar Stefani (Mud & Snow, 40:08), quasi in volata su Andrea Costi (25 anni, Guglia Sassuolo, 40:28), e meno di un minuto su Massimo Sargenti, polivalente cinquantaduenne dei Modena Runners. Onore a Dino Ricci, padre della seconda donna, più anziano in gara coi suoi 72 anni, e giù per li rami a Paolo Casotti, direttore di banca appena tornato dalla mezza di Phuket e da tre settimane vacanziere in zona, che ha preceduto di due minuti il conterraneo Paolo Giaroli.

Poi c’erano i 238 non competitivi, quelli che hanno portato ai primi posti nella classifica di società la Madonnina, la Sassolese e la Guglia; a spasso per i bei sentieri che portano a Monte Santa Giulia dove stanno le lapidi per i caduti in guerra, poi a Lama di Monchio dove per Natale ci sono le esposizioni dei presepi.

Circuito largamente presidiato da addetti e da fotografi, tra cui la signora Teida ha avuto la sorte di assistere alla rimonta della figlia Teidina sul sottoscritto nell’ultimo km. O sono calato io, o la Teidina sta salendo tre metri sopra il cielo. Tu ne quaesieris quem mihi, quem tibi finem di dederint.

Ottimi ristori intermedio e finale, e possibilità di gnocco e simile gastronomia nel dopo gara. Per me, immancabile la visita al compagno di banco Dante Venturelli, ginnasiale con poche simpatie per il greco e più utilmente gestore perenne del bar-pizzeria con la figlia. Da quella classe uscì il senatore RF Levi, quattro o cinque sindaci e altrettanti docenti universitari; ma forse l’opera più buona è il caffè che Dante continua a intazzare (si può dire?) da mezzo secolo.

 22 giugno – Nella prima serata davvero estiva, con una temperatura ben oltre i 30 gradi ancora alle 9 di sera, si è svolta la seconda edizione del “Masterchallenge”, meeting di corsa organizzato congiuntamente da Fratellanza e Modena Runners Club. Adesso rimane (come nel 2022 quando però le gare si erano corse sulla pista di Fiorano), la terza prova, i 10mila su strada a San Donnino in settembre. Distanze più gettonate i 3000 (la scorsa settimana) e i 5000 metri, ma buona partecipazione anche su distanze minori, incluse le staffette.

Nell’attesa che siano elaborate le complesse classifiche a punti, si può dire che gli amatori, gli stradisti, anche quelli abituati agli ultimi posti come il sottoscritto, in gare di questo genere colgono l’occasione a prezzi davvero modici (dai 3 ai 5 euro) di cimentarsi con atleti veri, ben impostati, coi loro allenatori a bordo pista che gli danno il tempo al giro, con Brighenti sulla linea del traguardo che snocciola i passaggi e il curriculum di ciascuno come il mitico De Zan padre; col professor Pacchioni-Gigliotti a vigilarne l’evoluzione sanitaria, e perfino col tifo in tribuna delle mamme, mogli, figlioletti, pure dei compagni di squadra che in pista attendono di partire per la loro gara successiva (e allora posso immaginare che gli incitamenti agli ultimi sottintendano anche l’invito a sbrigarsi per liberare il campo di gara…).

Concorrenti da tutta la regione e anche da più lontano, e risultati che in certe gare si avvicinano a livelli da meeting nazionale: come sui 1500 maschili, dove i primi tre stanno fra il 3:44 di Mohammed Baybat (Minerva Parma) e il 3:46 di Luis Matteo Ricciardi (Sacmi Imola), con in mezzo il 3:45 di Alessandro Pasquinucci della Fratellanza. Il più vecchio ha 30 anni, ma il commander-in-chief delle operazioni, Alberto Cattini classe 1977, si piazza a metà del gruppone con 4:45.

E io preferisco guardare verso il fondo, alla lotta tra Enrico Zanella classe ’66 e Paolo Cavazzuti ’65, nei dintorni dei 5:30, mentre arranco nell’ultimo giro portando al traguardo le scarpette rosse donate da Roberto Mandelli, messe “in forma” per farle allargare di un numero, e infine richiodate coi chiodi del 6 (sempre dotazione Mandelli, integrata da due chiodi del 14 con la punta spezzata) da Dino Guidetti, compagno di squadra: anche se un po’ si vergognerà di avere in gruppo uno come me di cui la Fidal sancisce il Pb in 6:53 (ah, bravo, sei stato sotto i 5 a km!, si complimenta una vecchia amica involontariamente offensiva).

Così, tra le 27 donne, dato l’omaggio doveroso a Sara Arrigoni classe 2005 del Cus Parma per il 4:37 (lasciamo stare i centesimi, noi che ragioniamo sulle mezz’ore), io vado a dare il cinque in pista a Paola Bernini del ’64 e Barbara Giovanelli del ’69 (se dai i cinque alle prime, quelle si arrabbiano perché perdono mezzo decimo). E in mezzo ci metto Monica Barchetti, classe 1968, pluricampionessa mondiale delle 12, 24, 48 ore, cuore diviso tra Crevalcore e Las Palmas, qui con 5:40 chaperon delle ragazzine della Fratellanza.

Passiamo ai 5000 maschili, dove una freccia parte e già al primo giro ha 200 metri sul secondo. “Ma gliel’anno detto che sono 5000 e non 1500?”, si dice in tribuna. In effetti rallenta un po’ Labouiti Moslim (1993, Castenaso Celtic Druid), quanto basta per non stare sotto i 3 a km (15:00.53), e precedere di “soli” 10 secondi Luca De Francesco, doppiando metà dei contendenti. Ma io scendo come al solito a metà dei 35 arrivati per trovare il dottore e pianista-sassofonista Giacomo Carpenito, SM 50, che con 17:48 precede di poco il compagno di squadra Federico Bacchiega: con la cui mamma io corsi una maratona di Carpi anni Novanta arrivando a braccia alzate e mani intrecciate, e la foto finì sulla copertina di un rotocalco. Due vite fa; adesso Federico è papà tre volte: che boccata d’ossigeno per la nostra Italia sazia, disperata e infangata da gay pride e simile lordura.

Ma la mia simpatia va a Dino Guidetti, che dopo avermi aggiustato i chiodi con arte insieme fabbrile e scarpaiola corre i 5000, e amorosamente tifato dalla moglie “Teidina” aggrappata alla ringhiera finisce in 19:34, egh giv bavèla? commenterebbe Brighenti. E non resta che inneggiare a Maurizio Pivetti, classe 1956, palma del più anziano approfittando del mio forfait, ma non ultimo in 23:11 (l’avrei battuto o no? The answer is blowing in the wind).

Poi ci sono le donne dei 5000, non tante, ma con la vincitrice Giulia Elisi da Trieste che con 19:12 dà quasi mezzo giro alla seconda; ma io vado alla quinta, Sonia Del Carlo generazione-di-fenomeni 1974, signora di classe (un po’ delusa dal marito che si ritira), che sorvegliata in tribuna dal figlio conclude in 21:22; e alla settima, Carmen Pigoni classe 1966, pettorale n. 1 quantomai giustificato dai meriti sportivi, che fa 23:41. È da queste Maestre che lo sport atletico può solo imparare.

Mercoledì, 21 Giugno 2023 16:47

Modena: lezioni universitarie di corsa

20 giugno - Chi ha detto che all’università ci sono solo professori del calibro del rettore di Unistrasi, più bravo nei talkshow che a parlare dell’unica cosa che sarebbe abilitato a conoscere? Almeno fa eccezione Modena (con la tardiva appendice di Reggio), dove i piani superiori dello sport sono affidati a Isabella Morlini, e la parte pratica è gestita nell’egregio impianto del CUS di via Campi, a metà strada tra l’ospedale, il centro Ferrari per le indagini diagnostiche più sofisticate, la medicina rigenerativa e le facoltà scientifiche tra cui la rinomata Ingegneria meccanica.

Bene, adesso nell’ “offerta formativa” c’è anche il podismo, presentato alla cittadinanza nel tardo pomeriggio dell’ultimo giorno di primavera (astronomicamente parlando), con un raduno e corsetta gratuita (strano che Giangi non sia venuto), sulle piste ciclabili della periferia est di Modena (evitando la ciclopedonale di via Gottardi, da un decennio ridotta in stato indecente e pericoloso; ma è importante la manutenzione delle ciclabili che portano alla Coop, di quelle per podisti chissene*?).

Le nostre guide sono stati due giovani sposini che esibivano il loro piccolo Leonardo nato da 26 giorni, con le sue gambine ancora delle dimensioni di stecchi, e talmente buono che per due ore non l’abbiamo mai sentito (peccato, perché non vedevamo l’ora di prenderlo in braccio tutti noi!). Quanto ai genitori, si tratta di Katia e Andrea Baruffaldi, quest’ultimo atleta di valore, classe 87 con 33:30 sui 10 km, 1.13:25 nella maratonina, e adesso responsabile della squadra di atletica dell’Unimore (insomma, il DT che deciderà se selezionare la Morlini o … Minerva ai prossimi meeting).

Intanto, prima del via per una corsa o per il tracciato dei camminatori di 5 km dichiarati (un po’ scarsini) ci è stata fatta fare tutta la ginnastica o lo stretching che si dovrebbero ma non facciamo mai. E dopo la corsa, lezioni di tecnica: lunghezza del passo, appoggio del piede, posizione della testa (che abbiamo imparato costituire il 17% del peso corporeo, dunque va inclinata al modo giusto), movimento delle braccia, equilibrio su un piede solo ecc., e fare passi corti perché si va più forte, e non rullare perché significa che vai troppo piano… Tutte cose che sui manuali forse ci sono, ma è ben altro praticarle sul prato col Baruffaldi che ci corregge e fa vedere come andiamo più forte e fatichiamo meno se il nostro piede atterra sulla verticale del ginocchio e non più avanti…

E le signore principianti, come una top new entry, Simona Malagoli la ceramista, che corre da un anno e pensa già a dove esordire in maratona, hanno imparato, come ha imparato la gloriosa Roberta Mantovi che corre, non dirò da otto lustri ma quasi. E perfino il feldmaresciallo Di Prinzio che sta andando al Fassa running, e Mastrolia che esibiva la sua maglia sexy e vantava trascorsi amatorii (la mia prima figlia è nata perché faceva troppo freddo  a Ferrette…), si sono disciplinatamente messi agli ordini eseguendo le flessioni e il sollevamento su un piede e le respirazioni giuste. E speriamo di ricordarcelo la prossima volta che correremo, oppure Andrea & Katia riprenderanno a insegnarlo dopo la pausa estiva con dei corsi continuativi.

Ultimi commenti dei lettori

Vai a inizio pagina