Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Lido di Gozzano (Lago d’Orta, NO), 2-5 giugno – Dopo i due anni di interruzione per le cause note, il Club Supermarathon – o per chiamare le cose secondo battesimo, il suo presidente Paolo di nome e Gino di cognome – ce l’ha fatta a riproporre questa iniziativa, nata nel 2017 come ‘perfezionamento’ delle “Orta 10 in 10” agostane, che arriveranno tra breve all’8^ puntata.

I numeri, cioè le classifiche ufficiali gestite da Icron, attestano un totale di 109 podisti (81 uomini e 28 donne) che si sono cimentati durante i 4 giorni del ponte “repubblicano”: 28 uomini e 11 donne hanno completato tutte le gare (su una distanza di circa 43 km ciascuna, con dislivelli dai 490 ai 1400 metri ogni volta); 16 si sono accontentati di gareggiare sui 21 km e 11 sui 10 km (c’è chi ha saggiamente alternato le tre gare).

Per riferire subito del lato agonistico, diremo che a vincere la classifica assoluta è stato l’M 35 Alessio Bozano (Run Riviera Run), rimasto un pelino sotto le 13h30 complessive, con prestazioni fra le 3h16 e le 3h26; l’unico a tenergli testa è stato l’M50 Simone Musazzi, finito a 43 minuti; il terzo, l’ M 45 Stefano Romano, ha chiuso quasi a tre ore dal vincitore!

Nelle gare singole, il duo Bozano-Musazzi aveva concluso in quest’ordine le prime tre maratone (con salite al Vergante, Mottarone e Madonna del Sasso), dovendo però fatalmente cedere con largo margine a Stefano Emma, che è giunto ‘riposato’ all’ultima vincendola con 2h58, 28 minuti su Bozano e 45 su Musazzi (che è stato superato, nell’ultima, anche dall’M 55 Alessandro Ponchione).

Tra le donne, vincitrice della classifica finale è Giulia Ranzuglia (F 40) con 18h11 (tempi parziali tra 4h28 e 4h38), ben tre ore e un quarto davanti alla F 60 Marie-Noelle Lamer. Tre diverse vincitrici nelle gare individuali, con la sola Mirela Hilaj (Tapascione Running) capace di bissare il successo nella prima e nell’ultima tappa, le uniche cui ha partecipato.  Nelle altre si sono imposte Ida Paola Notarnicola (presente in due tappe) e Cristina Colombini, alla sua unica apparizione.

Per scendere molto più sotto le stelle, pure il sottoscritto ha gareggiato nel solo ultimo giorno, e arrivando da molto lontano… insomma fuso dal fuso orario, che mi suggeriva di andare a dormire nell’istante in cui lo starter dava il via alla corsa, e spesso mi riportava ai bei tempi del secondo giorno alla Utmb, quando vedevi i massi animarsi prendendo la figura di orsi e gatti e fatine nel bosco…

Avendo già l’esperienza, nel 2017, delle salite al Mottarone e alla Madonna del Sasso, ci tenevo a fare il giro completo del lago: che non sarà “dorato” come lo chiama Paolo Gino, ma specialmente al tramonto offre visioni da groppo in gola, e ti fa dare ragione agli stranieri (specialmente francesi e tedeschi) che affollano queste plaghe, in misura forse superiore agli italiani - che magari in questo weekend sono andati in gregge alle riviere romagnole subendo poi i meritati blocchi autostradali della domenica pomeriggio.

Invece, nella “Spiaggia Paradiso”, un centinaio di metri di costa presso l’antica sede vescovile che Paolo Gino (foto 12 del servizio messo su da Roberto Mandelli), completamente a sue spese, ha ‘strappato’ alla frequentazione del volgo, si sono radunati un paio di centinaia di persone, tra podisti e familiari: ho fatto in tempo ad assistere alla grigliata del sabato sera, nella quale chi tra le 8 e le 16 si era dato alla corsa o ai servizi, si metteva ora a grigliare, a preparare pasta calda e fredda, ad affettare bresaola della Valtellina, a fotografare, a ballare: specialità, le ultime due, appannaggio particolare di Sergino Tempera, in grande impegno seduttivo mentre l’altro coéquipier Filippo, addetto ai droni, aspettava più defilato o girava per i tavoli  a distribuire piatti, come del resto facevano altri maratoneti da cento o mille "quarantadue" concluse: il marchigiano Ferdinando Gambelli, il trombettiere-bombardiere Lorenzo Gemma, Enzo Caporaso che al suo impegno personale aggiunge quello delle sue seconde e terze generazioni, specie nel settore bevande; e la new entry Carla Ciscato, donna di classe che da qualche mese si è assunta ruoli di segreteria del Club Supermarathon.

Tutti ci ritroviamo verso le 8 della domenica mattina: Temperino l’arrotino a scattare foto fino all’esaurimento della batteria della macchina fotografica (si perderà le premiazioni, urge il rinforzo di Mandelli!), Caporaso a gestire la navetta dal "Paradiso" al parcheggio dello stadio evitando di farci intasare il parcheggio del Lido, Filippo ad azionare droni, Paolo G. a coordinare tutto con una paciosità decisamente poco milanese (se non fosse per la sua efficienza, lo diresti piuttosto un Mammasantissima del Sud). E si parte, in senso antiorario col primo km che dà un assaggio delle salite che ci aspettano (dichiarati 404 metri su e giù, i Gps si avvicineranno piuttosto ai 500, per merito soprattutto delle montagne sopra Omegna quando si salirà in 3 km di 200 metri verticali).

Primi 12 km all’ombra del Mottarone, con il meraviglioso passaggio di 6 km per il centro di Orta-San Giulio, dove è d’obbligo estrarre dal marsupio il telefonino e sparare scatti a raffica: in questo si distingue la già citata Marie-Noelle, donna di classifica ma che quasi ad ogni km si ferma a fotografare (e concede la posa n. 43 anche al sottoscritto, che la tallona finché potrà, beccandosi alla fine una ventina di minuti).

A mandarci verso S. Giulio sono di nuovo Filippo e Vittorio (alias signor Gavazzeni): segue il giro completo della penisola, costeggiata alla fine per una lunga corsia pedonale sul lago, senza parapetto (foto 50-51), che mi dà i brividi al pensiero di esserci col nipotino a stelle e strisce appena salutato in reciproche lacrime sulla soglia dell’asilo, due anni, riccioli di un rosso incredibile, e che sicuramente si metterebbe a correre più veloce di me mollando la manina rallentatrice del nonno.
Si risale sulla statale all’altezza di un pompatissimo tele-ristorante che mai avrà i miei soldi (unitamente al suo degno compare della mia città, e non mi riferisco certo a Ermes, da oggi entrato nel Mito), guidati quasi sempre da freccette ben visibili, da km marcati in maniera un po’ avara (quello del 18 arriva quando il Gps dichiara 19,3), da ristori regolari ogni 5 km, più spesso autogestiti ma dotati comunque di acqua liscia e gasata fresca fino alla fine. Finché ad Omegna, sul lungolago verso il km 21, ci attende un ristoro luculliano (comprensivo di tè, birra, uvetta, banane, crackers, torte e probabilmente altro), gestito da… Filippo e Vittorio, che non mancano (vigliacchissimi!) di imporci la svolta a sinistra al bivio, mentre svoltando a destra avremmo risparmiato forse 3 km.
Ma i cartelli sono perentori, anche quando ci fanno voltare le spalle al traguardo di Gozzano (intravisto al lato opposto del lago) mandandoci verso nord sulla montagna, tra Nonio e Pella per il paese dei gatti, col sole che picchia ma per un paio di km sarà contrastato da una pioggia calda e rarefatta, che diventa vapore afoso al contatto con l’asfalto.

Marie-Noelle se ne va, e siamo in tre a fare l’elastico: la vecchissima conoscenza milanese (30 anni fa, ai tempi della Deads Society) Paolo “Scoubidou” Fastigari, che sta correndo la quarta di 4, e “Vincentius MCMLXII”, alias Vincenzo Lo Re, cui chiedo “quam multa milia signet  gipiessen tuum, ad differentiam officialium signorum”. Fast conclude che mancava il tabellone di un km, e così hanno messo giù quello del km successivo, e così sarà fino al traguardo. Infatti, quando ci immettiamo sul tracciato di ritorno della Madonna del Sasso (incrociando la navetta di Caporaso) e dobbiamo fare un avant-indree di 750+750 metri, al giro di boa (dove Filippo uno e trino ci prende i numeri, a scongiurare il più facile dei tagli) c’è il tabellone dei 34 proprio mentre i gps mio e del Fast segnano 35.

È quasi finita; passando dagli ultimi due beveraggi, ci si immette nelle deliziose stradicciole dei boschi punteggiati da grosse fragole, i viottoli cui pensava Manzoni ambientandoci la passeggiata di don Abbondio o lo scontro tra il signorotto e il futuro padre Cristoforo. Ecco il km 40 (cioè 41), 42, cioè 43, dietro la spiaggia dove un tempo avvenivano gli arrivi ma oggi si ammassano i bagnanti.

Fast arriva, Vincentius mi passa all’ultimo km, mentre agli ultimi 50 metri ol Maurissi Colombo dei Road Runners trascina il suo amico Alfredo Pignanelli di Garlasco a … strapparmi la medaglia d’argento di categoria (ovviamente sono io che sto andando agli 8:20, c’è poco da resistere; importante non aver sbattuto in trance contro qualche moto o ciclista in senso contrario!).

Mentre passano due neo-sposi non podisti a farsi le foto che resteranno sull’album, e Carla Ciscato taglia elegantemente il traguardo, immediatamente segnalata dai monitor (servizio-instant, di classifiche generali in tempo reale, come non ho mai visto in nessun altro evento, dove dobbiamo aspettare ogni mezz’ora che espongano le stampate degli arrivi), noi ci dedichiamo al ristoro made-in-Caporaso, zeppo di birra e panini al prosciutto e formaggio, oltre alla solita acqua liscia e gasata, coca e chissà quant’altro. Mi pregusto il tuffo in lago (sostitutivo della doccia, negataci dai cattivacci dello stabilimento balneare) quando il cielo diventa nero, e un ventaccio atterra l’arco gonfiabile precedendo il rovescio d’acqua, previsto ma che speravo si fosse fermato a Omegna.

Imperterriti continuano ad arrivare i colleghi (a Filippo viene negato il permesso di rientrare alla base finché non sarà passato Luca Gelati, un ed san Fliis che ha da poco celebrato le 100 maratone 'riconosciute'). Vedo così arrivare la gloriosa Rita Zanaboni da Cernusco s.N., mia “spingitrice” ai tempi del record in maratona (Russi, lunedì di Pasqua 1994, dopo un’altra nottata insonne); oggi stacca il Trombettiere di 9 minuti, seguito dalla prima F 70 Rosa Lettieri, dall’avvocato Tundo, dalla Pantera Rosa Carlotta, e infine da Luca Gelati, tre minuti prima del tmax, e che chiude pure la classifica dei 4x4. Sotto il protiro dell’antica chiesa vescovile li attende Paolo Gino con le medaglie a quadrifoglio; sconsolato l’Arrotino non scatta più.

Siccome c’è libertà di opinione, persino per i virologi e i commentatori di politica estera alla greppia di Lilly la Covidica, si possono avanzare dubbi sulla validità tecnica di maratone corcamminate, giorno per giorno, in 6 o 7 ore (come fa quella penna superciliosa il cui senno viene da Bologna, e sciocce, ma non sce ne può più di shti bazzurloni che inquinano la rezina dello shport), e si può dissentire sugli eccessi internettari di certuni (come si fa int’o paese d’o sole, dove non potendosi correre causa squalifiche accumulate, si sfogano le proprie frustrazioni insultando ignobilmente ogni signora che si metta in braghette e magari sia dotata di invidiabile quinta misura non più raggiungibile da terzi): ma lo spettacolo autogestito da duecento cuori felici, la mutua solidarietà, l’allegria, l’ubiquità di Filippo e Vittorio, ecc. ecc., vanno al di là di qualsiasi considerazione tecnica.

La scena si ripeterà nelle prossime settimane, a Campi di Norcia, poi a Pont Sant Martin (dove ho un conto aperto da saldare), a Livigno e dovunque il Popolo delle Lunghe (https://www.clubsupermarathon.it/) sposterà la sua gioiosa macchina di pace.

19 maggio  - Sono 43 le staffette classificate nella staffetta 3 x 1 miglio disputatasi, come da copione ormai storico, nella piazza antistante il castello di Formigine e nelle vie del centro.

La gara è stata preceduta dalle competizioni giovanili individuali, con ben 162 ragazzi in gara: da notare gli 8 della categoria cadetti compresi tra i tempi di 5:10 (Matias Costi, Atl. Frignano) e 5:44; quest’ultimo tempo superato dalle prime due della categoria cadette, Nina Samaradzic (Modena Runners, 5:43.3) e Asia Zagni (Atl. Frignano, tre soli decimi dietro).

Tra gli staffettisti adulti, alcuni sono scesi individualmente addirittura sotto i 4:30 (Riccardo Martellato 4:25, Daniel Turco 4:27, Luis Daniel Ricciardi 4:28), e la vittoria di squadra si è decisa con uno scarto di 3 secondi tra i primi della Bentegodi Verona (Frigo-Garavaso-Turco) e i secondi della Corradini (Agazzotti-Marazzoli-Catelani): sono i tre secondi che hanno separato gli ultimi due frazionisti, che avevano ricevuto il cambio alla pari.

Tra i master ha vinto una mista Fratellanza-Formiginese (Bonfiglioli-Baruffi-Gentile) con 15:31, che è valso il 12° posto assoluto.

Sulle 14 staffette femminili, ha prevalso la squadra più esperta della Corradini (Ricci-Cocchi-Pierli, quest’ultima autrice del tempo di gran lunga migliore, 5:08) con 16:01, soli 6 secondi davanti alla Fratellanza (Imperiale-Badiali-Cordazzo); la Cordazzo ha ottenuto la seconda prestazione individuale con 5:14, ricevendo il testimone alla pari con la Corradini, dove però il super-tempo della Pierli ha fatto la differenza finale.

15 maggio – Altra domenica piena di corse, come è giusto che sia in questi mesi relativamente spensierati ed “evirati” (salvo le ammonizioni dei virologi, preoccupati sia per ragioni mediche sia per la loro sparizione dai talkshow): campionati europei, maratone-trail, campionati nazionali IUTA, e pure – possiamo ben dire, nel nostro piccolo che poi tanto piccolo non è - questa ripresa agonistica sulle lunghe distanze rappresentata, nel modenese, dalla settima edizione della Saxo Oleum Run fortemente voluta, dopo due anni di sospensione ‘pandemiologica’, dalla Guglia di Sassuolo della presidentessa Emilia Neviani, egregia podista in proprio, e qui rigorosa organizzatrice.

A parte la collocazione dei cartelli chilometrici (un po’ admukka, direbbe l’altra benemerita atleta sassolese Cristina Orlandi, ora specialista di yoga), che solo raramente coincidevano con la distanza effettivamente percorsa (ma la colpa è anche di forzosi cambiamenti imposti al tracciato nella penultima ora), e le due strettoie iniziali quando si trattava di uscire dalla pista di lancio, direi che sia andato tutto bene, ad onta dei 27 gradi certificati dai termometri.

Ottima la collocazione del ritrovo, nella zona scolastico-sportiva della periferia di Sassuolo tra il fiume e i colli, rapida la consegna dei pettorali agonistici (costati 10 euro con preiscrizione gratuita sul portale dell’Uisp “Atleticando”), bene anche la gestione dei numerosi non competitivi, che oggi hanno ritrovato le tradizionali tende di società (ma vedi sotto, a smentire la frase fatta “niente sarà più come prima”); e c’erano perfino le docce, oltre ai ristori per via come buon senso comanda, in bicchieri e non nelle antieconomiche e antiecologiche bottiglie sigillate care ai reggiani.

Anche i moderati premi economici hanno contribuito ad attirare qualche habitué dei podii locali (certo non i premi di categoria, che schiacciavano tutti insieme gli ultrasessantenni, cioè una larga fetta dei partecipanti), ma credo che la partecipazione di 210 classificati – per non citare quanti hanno corso i 21,4 km con pettorale non competitivo da due euro, teoricamente riservato ai 5 e 10 km, o senza pettorale spillato – sia dovuta in grande misura alla voglia di testarsi nel percorso più duro e forse più bello fra le maratonine modenesi.

Ha vinto un atleta locale, Andrea Spadoni, classe 1975 e tesserato per la sassolese MDS, in 1.21:10, quasi due minuti su Filippo Capitani, di dieci anni più giovane e tesserato per gli emergenti Modena Runners (che ha vinto la sua categoria); a seguire, cinque nati negli anni Settanta come il primo assoluto. Finché non è apparsa, all’ottava piazza, la giovane e bella ventinovenne Francesca Cocchi (Corradini), che con 1.32:30 ha inflitto quasi sette minuti alla sassolese classe 1979, per lunghi anni dominatrice sulle strade di casa, Laura Ricci, qui in gara per la Podistica Formiginese e ovviamente vincitrice della categoria over 40 davanti alla coetanea e compagna di squadra Francesca Venturelli. 38 in tutto le donne arrivate, e tra loro ci sarebbe stata sicuramente Cecilia Gandolfi se non avesse un braccio ingessato: cosa che non dovrebbe impedirle però di prendere il via, sabato prossimo, al Passatore, in una ennesima dimostrazione di abnegazione fisica e di passione.

Cecilia appartiene alla razza (come diceva lo speaker Brighenti, quando si misurava col qui presente pompando ai 4:30/km) di “quelli che ci sono sempre”, e non hanno paura di sfigurare di fronte a chi potrebbe essere loro figlio o addirittura nipote, e in qualche caso lo è davvero, come il Cecilia-figlio trentottenne Gianluca Spina, 103° poco sotto le due ore, all’interno della schiera di podisti nei quali il sottoscritto si riconosce più volentieri. Come il Modena Runner Mario Eboli, compagno di un sommario riscaldamento preliminare, che ha l’età di mio figlio e chiude sull’1.56, superando di poco il carpigiano Marco Medici, che invece ha gli anni di mia figlia e nel 2008 fece parte – l’unico a meritarlo, tra orde di politicanti e profittatori – della spedizione a Londra organizzata per celebrare il centenario di Dorando; e superando di poco anche Leandro Gualandri, mio coetaneo e compagno di squadra dei primi anni, l’unico (dico con orgoglio) dei rivali di trent’anni fa che mi batte ancora. Come mi batte alla grande Claudio Morselli della Pico (sarà stato un caso, la volta che arrivammo insieme a San Donnino); come mini-consolazione, riesco almeno a tener dietro di pochissimo due suoi compagni di squadra.

Mentre con Paolino Malavasi, più ‘giovane’ di me di un anno e che dunque mi ‘ruba’ con merito i premi di categoria, percorrendo i primi 6 km nel risalire il greto del Secchia, commentavamo quelli che incontravamo, ormai di ritorno dopo una partenza anticipata di chissà quante mezzore: quello che nel 92 mi sfidò alla maratona di Monaco (beccando 4 minuti), quelli con cui nel 93 feci 1.33 alla mezza di Soliera, e varia consimile fauna, tutta gente (diceva Paolino) cui sa fatica spendere 10 euro, e che se la partenza è alle 9 va via alle 7, e se la partenza fosse alle 7 andrebbero alle 5.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa: sugli scalini che portano alla rupe del Pescale (km 7,5, 60 metri di dislivello sulla partenza) e sulle rampe della tremenda e panoramica salita di Monte Scisso, che in 5 km ci porterà a rimontare altri 230 metri, Paolino se ne va, come la sua miglior forma comanda (mi darà sei minuti), e a me non resta che fare alternanza battistradale con Maurizio Pivetti, anima della Uisp podistica e già partner di staffetta a una Abbotts Way. Ci consoliamo nel vedere le spighe di grano crescere dove prima era incolto, e quando siamo al km 13,5, zona di Casalpennato, con Montegibbio sulla destra, il Valestra alle spalle e il tracciato della Scandiano-Castellarano (compresa Casa Prodi…) sulla sinistra, gli dico che ormai siamo al passo del Brattello, e laggiù si intravede … Pontremoli.

Con questo miraggio, ci lanciamo nella discesa per San Michele dei Mucchietti, che prelude al rientro sulla ciclabile del Secchia, volando ai… 5:50 a km, per ridimensionarci poi sui 7:30 nell’ultimo tratto in piano, decantandone comunque la bellezza (e per fortuna che non c’è l’auto-scopa dietro noi, altrimenti sai che tentazione!). “Berrei a ogni momento”, dice Maurizio: ma ci facciamo bastare gli ottimi ristori (nell’ultimo, dopo che l’”avvocato” ci ha bloccato il traffico nell’attraversamento dello stradone, intravediamo un’altra protagonista dei nostri anni belli di corsa, Silvana Guglielmi, quasi “mamma” della presidentessa Emilia): acqua, tè saporito come raramente altrove, sali liquidi, banane (tagliate a fette, non tutte intere come fino alla settimana prima), uvetta. Per 10 euro (ma anche 2, nei casi sopracitati) non potete pretendere altro, tanto più che all’arrivo ci spetta pure una felpa impermeabile, probabilmente la ventesima del mio cassettone, ma non per questo sgradita.

Non ce ne restano tanti dietro, è già arrivata persino la Manila che sfoggia una mèche rossa: ma per tutti ci sono l’instradamento sulla retta via (a sinistra!) by Reginato e Mandile, la certificazione d’arrivo da Simona Neri, le parole di Brighenti, le foto di Italo (il signor-Gandolfi), Domenico e Nerino, il soffice prato del campo su cui coricarsi con le nostre apprensive mogli in piedi a chiederci come va.

Dobbiamo risollevarci presto per andare a vedere il Sassuolo calcio, impegnato nell’immondo orario delle 12,30: con gioia del supertifoso Giancarlo Greco, giunto al traguardo insieme al valoroso trailer Marco Belli, lo vedremo trionfare 3-1 sul Bologna, un risultato che il campo darebbe di 5-0 ma che l’osceno Var e uno scarso arbitro - dal valore dei grissini da cui prende il nome - trasformano nella cifra che passerà alla storia. Per fortuna, i risultati podistici non sono soggetti agli arbitrii, e la Sassuolo sportiva resta über alles.

Domenica, 15 Maggio 2022 23:37

Greenway del Sile 2022: alba magica

Lungo Sile (TV), 14 maggio - Non c'è un primo e neppure un ultimo. E' un viaggio di 60 km che inizia a Jesolo e termina a Treviso costeggiando tutto il percorso del fiume Sile. Lo scopo di questa manifestazione è la raccolta di fondi per una struttura trevigiana che ospita ragazzi con problematiche psicosociali. Ho sempre partecipato a questo viaggio, mai uguale, sempre con scorci della Greenway suggestivi.
Quest'anno è stata un avventura unica.

Partenza a mezzanotte di sabato sera dal lungomare di Jesolo. Soltanto 50 i partecipanti ammessi causa la gestione complessa dell'evento.Tutti però con il pettorale personalizzato con il proprio nome, e anche un bellissimo pacco gara.
Partiamo a razzo tra risate e allegria. Ciclisti che aprono la strada e ciclisti scope che chiudono. La luna illumina il sentiero e dopo una decina di chilometri vediamo oltre il Sile Venezia e le sue luci.

Ogni 7/8 chilometri vengono preparati dei ristori che fanno invidia ai trail blasonati. Fino al 20mo chilometro, la carovana di "eroi" continua a procedere a passo spedito. A questo punto la truppa inizia a sentire i primi sintomi di stanchezza. Siamo già a Pontegrandi e mancano ancora 40 km.

Assieme a un manipolo di coraggiosi io parto. Alle 5 del mattino, finalmente l'Alba Magica. A Quarto d'Altino un sole meraviglioso esce dalle acque del Sile offrendo uno spettacolo unico. Con la luce posso ammirare le bellissime ville che si affacciano sul fiume, le piante acquatiche e i cigni che guardano questo gruppetto di pazzi. Inizia a fare caldo e procedo un po' correndo e un po' camminando con i compagni di avventura. Siamo sempre nella Restera lungo il fiume e arriviamo a Casier.Manca poco, passato l'arco delle Alzaie del Sile già si vede il Ponte dea Goba e la Piazza dei Signori di Treviso.

8 ore e 40 minuti. Ma chissenefrega. Siamo tutti primi e tutti ultimi. Dopo la foto di rito, felici e pimpanti, tutti a fare festa. Un hotel di Treviso ha offerto a tutti un mega buffet. Organizzazione ottima. Non è mancato nulla.

Santhià (VC), 1° maggio – In un weekend che, confermando il grande attivismo della settimana precedente, ha riportato il podismo in Italia ai livelli di offerta pre-covid, è tornata dopo due anni di serrata la Maratona del riso (anzi, “del riso… la maratona”, con tanto di orecchiabile motivetto diffuso dagli altoparlanti), alla sua quinta edizione della seconda serie (la prima serie era cominciata nel 2004 con partenza e arrivo a Vercelli, e la benedizione di Livio Berruti).

Le nude cifre testimoniano di un calo degli arrivati nelle tre gare competitive: 241 classificati nella maratona (contro i 336 del 2019), 258 nella mezza (erano stati 296) e 166 nella 10 km competitiva, cui se ne aggiungono 106 nella non competitiva (ma dotata di chip pure essa, e di classifica finale con grave scandalo delle vestali dell’idoneità di tipo B); e altri su percorsi più brevi. https://www.endu.net/it/events/del-riso...-la-maratona-3/results

Partecipazione prettamente amatoriale e in grande maggioranza da Piemonte e Lombardia: d’altronde, i premi ai vincitori nell’ordine dei 100 euro o giù di lì non erano tali da stimolare trasferte di mercenari, se Dio vuole. E’ stato un ritrovo tra amici con la voglia di ricominciare, virtualmente agli ordini dell’ex sindaco (avendo completato i due mandati) Angelo Cappuccio, uno di quei sindaci che non si limita a dare il via con la bandoliera tricolore, ma si presenta invece sulla linea di partenza con la divisa rossa della sua società e il pettorale 250, perché oggi per lui è la maratona n. 250 in carriera, e semmai il via glielo telecomanda il suo presidente dei supermaratoneti Paolo Gino; con l’associazione ben rappresentata dalla segretaria amministrativa Carla Ciscato, una veneta tesserata Novara che quasi affiancherà il Sindaco durante i 42 km arrivandogli 7 minuti dietro (è l’ultimo terzo di gara a generare distacchi consistenti).

Vince Giampiero Chiocchi, torinese M 40, in 2.38:18, tre minuti meglio di Alessio Farina (M 45) e 8 sull’altro M 45, il lecchese Cristiano Magni. Tra le 33 donne, vince in 2.57:58 arrivando ottava assoluta Ilaria Bergaglio (Novese, F 40), una discreta lista di successi in lunghi e lunghissimi, e 18 minuti di vantaggio sulla seconda, Simona Cassissa; più di mezz’ora sulla terza, Anna Giulia Cazzaniga. Ma c’è gloria per tutte, fino alle due supermaratonete F 65 Rosa Lettieri e Carlotta Gavazzeni che chiudono gli arrivi (tra loro si inserisce Rinaldo Furlan, mio sfortunato compagno di un errore di percorso all’ultima maratona della val d’Aosta, con un direttore di gara piemontese tutto d’un pezzo che non volle ascoltare ragioni; ma oggi per fortuna le classifiche erano orchestrate a distanza da Christian Memè, coi vetusti ma perfettamente funzionanti chip a disco volante).

Sulla mezza, partita qualche minuto dopo noi, con superamento da parte dei più bravi in vista di Bianzè, km 10 dove loro tornavano indietro, ha vinto Matteo Lometti di Asti, in 1.12:24, con due minuti sul secondo. Tra le donne, ho ammirato (quando mi hanno sorpassato) il fisico perfetto e l’andatura elegante di due nuove italiane, davvero belle nel loro incedere: Banchialem Amodio (Bergamo-Orio: Naomi Campbell non le allaccia nemmeno le scarpe), prima in 1.22:34, quattro minuti abbondanti su Mina El Kannoussi (Saluzzo).

Sui 10 km, partiti dopo mezz’ora dalla maratona, tempi pazzeschi dei primi due, separati da 4 secondi: Paolo Orsetto (Vercelli) 31:58, Roberto Di Pasquali 32:02; terzo assoluto sarebbe Vinicius Scartazzini (32:56), che però era iscritto alla non competitiva. Non male tra le donne il 36:21 di Valeria Roffino, 3 minuti su un’altra neo-italiana di Saluzzo, Mastewal Ghisio.

Ed eccoci a noi malati di maratona. Il percorso era una sorta di trifoglio, che dopo 5 km all’interno del centro storico di Santhià (molto ben sistemato: bravo sindaco!), usciva in direzione sud-ovest fino a Bianzè: stupendo il passaggio da un immenso campo fiorito di trifoglio rosso-viola, che ci dicono sia un ottimo fertilizzante naturale. Nel paesone, i mezzimaratoneti praticamente invertivano la marcia tornando all’arrivo, mentre noi andavamo verso est, rasentando il territorio di Trino (al km 15 si vedevano sulla destra le torri della centrale nucleare, di cui adesso qualcuno si accorge che farebbe comodo), poi di nuovo a nord fino a Tronzano, percorrendo anche un tratto della ex statale 11 Torino-Milano, perfettamente chiusa al traffico (ri-bravi sindaci!); per poi piegare di nuovo a est, in leggera discesa fino al punto più basso del percorso (che alla fine darà 90 metri di dislivello), in uno stradello di 8 km da fare fino al giro di boa (oltre Salasco, quasi alle porte di Vercelli), tra le risaie e il frumentone che sta nascendo, un grande lago da pesca, gazze e trampolieri, e animazione nel centro di Salasco (il cui nome è legato all’Armistizio 1848, oggi nome di un ristorante, ma che allora segnò la fine della prima guerra d’indipendenza e delle speranze sorte con le 5 giornate di Milano – peraltro, la firma dell’armistizio avvenne a Vigevano).

Altro genere di armistizio tocca stipulare a noi maratoneti di terz’ordine: già alcuni ristori (km 15, 20) non hanno più acqua: attraversando Crova, grosso modo alla mezza maratona e all’attraversamento dello storico Canale Cavour, assisto a male parole (la migliore era cogl**) tra un podista assetato e colui che avrebbe dovuto dargli da bere ma non ne aveva, e se la prendeva a sua volta con la risparmiosità degli organizzatori. Davvero inutile prendersela con dei volontari sotto il sole che picchia, e che nel frattempo stanno cercando di farsi arrivare bottigliette; io me la cavo con le banane, sempre presenti in abbondanza, e al km 31 trovo su un tavolino (lo stesso del km 25, ma in un primo tempo vuoto) 4-5 bottigliette residue. Sta arrivando, ancora nel tratto ascendente, la Carlotta, le dico di far presto a prendere quello che sarà rimasto. Proseguendo la strada, trovo un privato che offre coca e tè verde, ma da bere solo “a canna”, poi due volontari che raccolgono da terra le bottigliette e ce le offrono: il sole picchia, di ombra tra le risaie… nemmeno l’ombra, la sete implora, faccio l’armistizio con le ansie da Covid, ne prendo una: salvo che sarà a 40 gradi, utile solo per farsi la doccia in testa. Ripassando da Crova, una pia donna ci addita una fontanella pubblica a sinistra, e puoi giurarci che tutti ce ne serviamo.
Agli ultimi ristori andrà meglio, mentre noi delle retrovie, ormai a 8/km, ci sorpassiamo quando uno si mette a camminare: c’è chi lo fa di programma, come un ex portiere della Sampdoria che mi perderò a due terzi di gara (quando lo vedo in prossimità del giro di boa del km 28, dove lui è già passato, tenta di velocizzarmi dicendomi che là mi aspetta la Betty); e chi è costretto a farlo in uno dei 4 cavalcavia che ci toccano (sofferti gli ultimi due, al 32 e 37). Il pubblico fa un gran tifo per Timmy, che altrimenti si fermerebbe, ma solo i precetti di Juri del Naviglio, secondo cui la maratona finisce al km 30, e dopo si arriva comunque, aiuteranno a portarlo fino all’arco conclusivo.

Riecco Tronzano, la statale sempre deserta e con quantità di vigili che inflessibili bloccano le auto agli incroci anche se io incedo lemme a 50 metri; e poi il cartello di Santhià punto nodale della via Francigena e del pellegrinaggio verso Oropa. Parecchi incroci senza frecce ma quasi sempre con gli addetti che ti indicano dove andare (proprio all’ultimo bivio sto per fare l’errore di Dorando, che a Londra 1908 imboccò la pista dal lato sbagliato; per fortuna due urlacci mi richiamano e la bella Paola Noris, con cui alla partenza c’eravamo scambiati il pugnetto di saluto ma per fortuna senza più l’ingombro delle mascherine, mi rimarrà appena dietro – giuro che non avevo percepito il suo arrivo).

Traguardo, medaglia datata venerdì 1° maggio 2020, niente la promessa paniscia, ma gli alpini che gestiscono il ristoro a richiesta danno il loro vino in bottiglioni; e poi c’è il Sindaco che festeggia le 250 con torte, patatine, birra e prosecco. Spogliatoi agibili e doccia caldissima (come un anno abbondante fa alla mezza di Trino, salvo che la doccia era ufficialmente vietata…). Per chi ne ha, la bella giornata sui 22 gradi consente le visite turistiche offerte anche dal sito degli organizzatori: non solo Santhià, con la sua straordinaria torre di Teodolinda e il quartiere centrale attorno alla cattedrale di S. Agata (da cui lo strano nome della città), ma anche le chiese monumentali di Vercelli e Novara meritano un paio d’ore: alla fine, la nostra pelle dà la stessa sensazione che abbiamo dopo il primo giorno di spiaggia, ma ne valeva la pena.

Riolunato (MO), 24 aprile – I meteo-astrologi avevano concordemente previsto, sulla zona, un attenuarsi del maltempo nella mattina di domenica, con qualche schiarita e possibile ripresa di “deboli piogge” dopo le 13, con neve sopra i 1600 metri. Qualcosa di paragonabile al “sarà poco più di un’influenza…” delle virostar nella fase 1. Infatti, alle 9,30 siamo partiti all’asciutto, ma entro dieci minuti è cominciato a piovere, cosa che in mezz’ora è diventata un vero nubifragio, con parossismo al ripassaggio per il capoluogo, dove si concludeva il “trail corto” di 9 km e 600 metri D+.

I partecipanti al trail lungo di 27 km +1600D dovevano invece risalire il versante sud della valle in direzione della stazione sciistica delle Polle, 1300 metri slm con piste ancora innevate che scendono dalla catena del Cimone: ma all’inizio della salita più dura, dopo il 10° km, si cominciavano a incrociare atleti che tornavano indietro dicendo “troppo freddo!” o “su nevica!”. Sembra che anche la protezione civile sia intervenuta a recuperare altri “saliti in canottiera” (relata refero; io non ne ho incontrati, l’alternativa vista alla partenza era semmai con o senza impermeabile indossato).

Ciò contribuisce a spiegare il numero ridotto di classificati (45 nella gara corta, 58 nella lunga), unitamente alla concomitanza di corse prestigiose nella stessa tipologia (il Tuscany Crossing del giorno prima, la Due Rocche trevigiana, il non lontano Trail del Salame l’indomani nel parmense) o in altre categorie dello sport di fatica (i campionati italiani master di maratonina nelle Marche, la maratona di Padova, e il giorno dopo la 50 di Romagna): logico che una gara nuova, in una località pure nuova al podismo (a differenza delle confinanti Montecreto/Sestola e Pievepelago), abbia patito la concorrenza.

Sui 9 km (28 arrivati e 17 arrivate) si sono affermati Marco Rocchi, MDS classe 1976, in 55:39, e la docente classe 1971, tesserata Atletica Reggio, Isabella Morlini, che domina su questo tipo di distanze: quinta assoluta in 1.04:01, oltre sei minuti davanti alla seconda.

Sui 27 km, tra i 42 uomini e le 16 donne classificate (al traguardo li attendeva il polivalente Vincenzo Mandile con una equipe di giudici Uisp bolognesi; tutti calzavamo la scheda-chip dell’Uisp reggiana, che aveva gestito le iscrizioni in sinergia con l’Atletica RCM di Casinalbo, Modena) ha prevalso un compagno della Morlini, Daniele Sidoli (1992) in 3.05:04, con un distacco minimo sul secondo, il Mud& Snow Andrea Pellegrini (1983), che ha preceduto altri due compagni della squadra con sede a Casona, tra Vignola e Sestola, e che solitamente si allena salendo sui versanti al di qua e al di là dello stesso fiume che prima ha bagnato Riolunato.

Tra le donne, anche sulla distanza maggiore non c’è stata storia, e la plurimedagliata Manuela Marcolini, originaria di questi monti, è arrivata sesta assoluta in 3.17:40, rifilando esattamente un minuto a km alla seconda, Silvia Cortesi, altra Mud & Snow (società che ha piazzato 4 ragazze nelle prime 5, 7 in tutto nelle prime 12).

Analizzando la gara sul versante più umano che tecnico, e lasciandosi guidare anche dall’album fotografico sistemato da Roberto Mandelli, dirò che per molti, a cominciare dal sottoscritto, è stata la scoperta di Riolunato alias Ardundlà (il nome dovrebbe risalire all’Alpe di Luna o di Nona, come era originariamente chiamato il Cimone), borgo antico e ottimamente ripristinato tra i 700 metri slm della chiesa e il castello più in alto (foto 4, 17-25), dove si parla in prevalenza con accento toscano.

Poi, scendendo prima al corso dello Scoltenna (il fiume che conserva l’antico nome etrusco e, più a valle, col nome di Panaro segnerà il confine tra le province di Modena, Bologna e Ferrara arrivando fino al Po) e oltrepassando la storica diga idroelettrica, una delle più antiche d’Italia risalendo al 1911, dopo un primo guado (sta già piovendo bene e, per non restare in coda dietro alle timorose che muovono passin passino sui sassi sporgenti, attraverso direttamente in acqua) si arriva, per un sentiero in parte assicurato da catene, al meraviglioso borgo di Castellino, dopo aver risalito già quasi 300 metri dal fiume

Qui è previsto il primo ristoro, preannunciato da un’auto targata Berlino,  e gestito da due addetti: il primo – mi dirà lui – è il “marito della Matildina”, felicemente convertita da un destino che si prospettava diverso; il secondo, che generosamente versa nei bicchieri brodo caldo (la prima bevanda calda che assaggio in una gara dal marzo 2020), ha una maglia dal Kreuzberg. “Ah, gli dico, la montagna dove anch’io sono salito a gettare razzi per Capodanno!”; e vale la pena di intrattenersi qualche minuto ad ascoltare le storie di questo berlinese che, qualche anno fa, si innamorò di un villaggio moribondo e l’ha rivitalizzato (ma la storia la racconterò prossimamente).

Si esce da Castellino (foto 2, 4-7, con Frau Gabi che fotografa gli atleti), per un sentiero che, dopo aver fiancheggiato i resti di un grandioso edificio, irrimediabilmente senza tetto, punta  verso  sud imboccando la discesa verso Riolunato: si sfiora l’altro stupendo borgo di Groppo (foto 8-9) che conserva le memorie dell’eroico paracadutista Enea Cucchi, ucciso il 22 aprile 1945 in una delle ultimissime azioni di guerra (mia suocera diceva che era anche un bellissimo ragazzo, come suo fratello, morto tornando dal lager nel ’46); poi , attraversando un altro borgo dal pittoresco nome di Roncombrellaro, si ripassa lo Scoltenna sul “ponte del diavolo” (foto 20) per essere di nuovo al capoluogo, abbandonando quelli della 9 km e alcuni “ventisettisti” pentiti.

La pioggia è all’acme, ma smetterà d’improvviso al mio km 12, quando appaiono in fondo alla salita le Polle, punto più alto del tracciato sopra quota 1300 (che significa aver salito 650 metri in 10 km), con le residue piste innevate come appaiono dalla foto 10 (scattata, lo confesso, qualche ora dopo). Superato telefonando agli organizzatori un equivoco di tracciato (mi avevano sviato i segnali dello stesso colore rossoblù di quelli ufficiali, ma destinati a una sorta di circuito permanente: vedi foto 35 in basso a destra), raggiungo l’unico bar aperto delle Polle (totalmente deserte, alberghi ristoranti skilift tutto chiuso), dove c’è il secondo ristoro più grande (cibi solidi in quantità, ma niente bevande calde), mentre se ne sta andando un’altra storica presenza dei trail, Ermanna Boilini, secondo atleta più anziano del lotto (non vi dirò chi è il primo), che due settimane fa ha corso la sua settima Abbotts Way.

Resta un paio di km di falsopiano su carraie innevate (foto 11-14), che poi dirigono decisamente in basso, tra una serie imprecisata di guadi (capisco perché si chiama “Le Polle”), e poi pozzanghere e un po’ di fango, immediatamente lavato via dall’acqua del guado successivo.

Cartelli segnaletici in misura ragionevole, bandelle biancorosse quasi sempre in vista l’una dell’altra, e qualche addetto bagnato e infreddolito (dal km 22 la pioggia ha ripreso) ci instradano senza problemi tranne quelli della stanchezza in vista di Riolunato (foto 27-28), dove arriviamo in picchiata: che per le mie distrutte membra significa un ultimo km in 7:10, con tanti saluti non solo all’Ermanna che mi dà 18 minuti ma anche a Sabrina, Emilia e amici bolognesi che mi superano in allegria.

Ma per tutti ci sarà, dopo l’artistica medaglia di legno e una nera maglietta ‘tecnica’, il pasta-party, compreso nell’iscrizione di 25 € e golosamente spazzato via all’attigua Osteria del Trebbo (foto 16), dove il pane autoprodotto è così buono da indurmi a comprarne una pagnotta (che più tardi consumerò con lo squisito prosciutto preso in un negozio del centro).

La pioggia è smessa, il sole illumina un incantevole panorama terso dal Cimone alla valle dello Scoltenna, il viaggio di ritorno fa sosta di nuovo a Castellino, da Heinz & Gabi, per fare il pieno di birra, e poi dalla “Sorgente” (cioè un pozzo di metano noto perfino agli antichi romani, e valorizzato da un discendente del dantesco Farinata degli Uberti)  per liquori e marmellate di bosco: ma volendo, ci si potrebbe anche accomodare nel centro benessere per bagni di fieno e simili godurie, da aggiungere a quelle che ci provengono via radio da Empoli.

Sono i felici sottoprodotti della corsa intesa come scoperta di luoghi, storie, umanità.

 

Classifiche

9 KM

MASCHILE

1 222 55:39 ROCCHI Marco M C 1976 ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

2 228 58:44 BERNARDI Francesco M C 1995 ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

3 238 1:02:00 LOVISO Nicola M C 1985 TEAM MUD & SNOW ASD

 

FEMMINILE

1 232 1:04:01 MORLINI Isabella F C 1971 ASD ATLETICA REGGIO

2 211 1:10:27 CALZOLARI Dinahlee F C 1995 TEAM MUD & SNOW ASD

3 242 1:16:49 UGOLINI Sonia F C 1971 ATLETICA FRIGNANO PAVULLO ASD

 

27 KM

MASCHILE

1 6 3:05:04 SIDOLI Daniele M L 1992 ATL. REGGIO ASD

2 78 3:06:12 PELLEGRINI Andrea M L 1983 TEAM MUD & SNOW ASD

3 55 3:12:33 AUTUORI Mirko M L 1996 TEAM MUD & SNOW ASD

 

FEMMINILE

1 39 3:17:40 MARCOLINI Manuela F L 1982 A.S.D. SPORTINSIEME

2 28 3:45:17 CORTESI Silvia F L 1997 TEAM MUD & SNOW ASD

3 25 3:59:28 MUZZARELLI Elena F L 1977 TEAM MUD & SNOW ASD

18 aprile – La dottoressa Clizia De Santis, laureata a Ferrara nel 2007 e specializzata a Bologna nel 2011, non si sorprenda se prendiamo a prestito il titolo della sua tesi per raccontare la decima edizione della maratona di Crevalcore andata finalmente in onda per la Pasquetta dell’anno di crescente grazia 2022.

Il fatto è che, cercando online info sulla maratona, piuttosto che resoconti dalle fonti ufficiali si trovano notizie di questo romanzo pubblicato dalla scrittrice Neera (Anna Maria Radius Zuccari) nel 1907: “una strana storia, che a riassumersi risulta gratuita, un montaggio di motivi e di tempi già uditi, un impasto romanzesco messo insieme a effetto, insomma una ben poco leggibile cosa. Eppure, entrandovi, la voglia che hanno i bambini quando si racconta loro una favola, sapere come va a finire, nasce anche nel lettore smaliziato" (così ha scritto Gina Lagorio ripresentando l’opera): insomma, piacerebbe sapere anche a noi come è andata a finire questa corsa, dopo l’annullamento del 2021 sia nella data tradizionale del 6 gennaio sia nel recupero sperato a maggio, e che pure nel 2022 ha avuto un esito alquanto travagliato.

Annullata a poche settimane dalla data ufficiale (così ne aveva scritto Stefano Morselli):

Atteniamoci ai fatti, e diciamolo noi che siamo spettatori informati, al posto degli organizzatori che sono costretti a subire la decisione altrui: il primo cittadino, chiedendo di spostare la gara, HA INCISO NEGATIVAMENTE sullo svolgimento della manifestazione.

Si tratta di una richiesta che non è supportata da nessun decreto legge già in vigore perché, lo ricordiamo in questo articolo, il D.L. del 24/12 non coinvolge le manifestazioni sportive.

Quindi, ancora una volta, così come successe per la Stramagenta 2021, gli amministratori impongono le loro paure, mentre organizzatori e atleti le subiscono.

Per Crevalcore non ci si può neppure appellare alla Fidal (la gara non è federale), ci si potrebbe appellare al CONI attraverso l'EPS che promuove l'evento, ma la strada sarebbe lunga ed un braccio di ferro con il comune sarebbe probabilmente sproporzionato, ma parliamone almeno.

Sarebbe tuttavia doveroso, da parte del Sindaco, elencare le motivazioni logiche di tale decisione, spiegare ad esempio cosa c'entra la scuola (cui noi tutti, ovviamente, teniamo) con poche centinaia di anzianotti che corrono per le campagne la mattina della Befana, quando gli scolari sono ancora a letto; o se la scuola non subirà danni dall'apertura di tutti i 16 comprensori sciistici della regione, compreso quello della provincia di Bologna. Andare insomma al di là dei generici rilievi quotidiani su curve di contagi, indice Rt, affermazioni dei virologi nei talk show, ecc., cose che tuttavia al momento non spostano l'Emilia dalla "zona bianca" in cui è collocata. Nel frattempo (notizia delle ore 17,20) a 22 km di distanza da Crevalcore, precisamente a Calderara, il 31 dicembre si correrà l'annunciata 7 km di San Silvestro.

e rimandata al lunedì di Pasqua, in questo 18 aprile si è finalmente svolta: peccato però che dal comitato organizzatore, così prodigo di comunicati fino al sabato di vigilia, non sia ancora giunta nessuna notizia, a degnamente celebrare la città del silenzio; e restino muti tanto il sito ufficiale della gara quanto il media-partner privilegiato, che si era assicurato l’esclusiva delle fotografie immaginando chissà quali esiti lucrativi.

Unica fonte d’informazione restano le classifiche sul sito di Endu responsabile del cronometraggio, e le relazioni di qualche amico che c’è stato. Peccato che alla infodemia preventiva non abbia corrisposto l’informazione quando ce n’era più bisogno; ma forse è meglio così, perché i numeri delle classifiche sono dei fatti, non dei romanzi mitologici, delle torte indorate o cosparse di alchermes onde rifilare un pacco vendendo qualche ‘pacchetto’.

Dunque, le spietate cifre: la maratona 2022 ha classificato 103 corridori (7 dei quali benevolmente accolti oltre il tempo massimo); il numero chiuso prefissato era a 400, nel 2020 avevano finito in 239 (qui il nostro racconto: http://podisti.net/index.php/cronache/item/5554-crevalcore-bo-9-maratona-di-crevalcore-e-5-maratonina-della-befana.html );

nel 2019 gli eroi erano stati 301: allora, la gara era stata definita ufficialmente “ottava e ultima”, http://podisti.net/index.php/cronache/item/3162-crevalcore-bo-8-e-ultima-maratona-di-crevalcore.html, poi dagli stessi attori è venuto il contrordine, e viva tutti.

Però la maratonina odierna (col numero chiuso speranzosamente fermato a 700) vede al traguardo 200 partecipanti, contro i 545 di due anni fa (nel 2019, quando si correvano ancora i 10 km, gli arrivati erano stati 450).

Sui due giri della 42 km ha vinto senza problemi Stefano Rizzotti (Km sport) in 2:30:27; secondo, a un quarto d’ora, lo straordinario Massimo Sargenti, M 50 dei Modena Runners, che ha preceduto tre M 45. Una over 45 è pure la vincitrice donna, Lorena Brusamento  della Gabbi (3.13:45), che ha preceduto di 7 minuti la toscana over 50 Isabella Manetti, e di mezz’ora abbondante un’altra F 45, Elena Malaffo.

La partecipazione alquanto limitata ha dato soddisfazione a molti premiati delle categorie, tra cui salutiamo i due modenesi ‘ariosi’ Libero Zerbinati e Aligi Vandelli, che si sono contesi il titolo M 75 arriso al primo con 5.56.

Mentre Simonetta Monari, ravarinese laureata in Lettere sul Muratori, ha vinto tra le F 45 in 4.35, precedendo Ilaria Pozzi, carica di trofei incamerati per la gloria del suo patron Gregorio Zucchinali. Tra loro due è giunto il nostro Paolino Malavasi, primo M 70 come già lo era stato a Russi, che non aveva programmato questa corsa ma alla fine, attratto dalle tariffe di iscrizione da black friday, ci si era iscritto, ovviamente insieme al figlio Maurito, risultato secondo degli M 35 dietro un irraggiungibile Fabio Corradin.

Ma gli occhi di molti erano puntati su Luisa Betti, prima F 35 in 4.09, scortata respiro dopo respiro, ansimo dopo ansimo, da Luca Zerbinati figlio di Libero e già grande capo indiano. Insomma, il numero dei partecipanti è stato rimpinguato da qualche supermaratoneta, ma molti meno del previsto dato che la gara ufficiale di oggi, per loro, era la 6 ore di Torino, dotata di tutti i crismi federali; e, se i supermaratoneti conoscono l’arte di fare una 42 al mattino e una al pomeriggio, non hanno ancora imparato la bilocazione contemporanea; e i restanti podisti, nella stessa Pasquetta potevano scegliere, in un raggio di poche decine di km, tra le mezze di Novellara e di Alfonsine.

Come predicava Marescalchi, spostarsi di data sembra essere una furbata, ma non sempre si trova un coperchio alla pentola lasciata troppo tempo sul fuoco.

La mezza maratona ha risultati tecnici più interessanti, col successo di Angino Asado Adimasu (22enne tesserato Emilsider, che una settimana fa aveva registrato un 33:26 ai 10mila di Correggio) in 1.11:56, un minuto davanti al titolato trentino Alessandro Degasperi, e poco di più su due valorosi dilettanti delle nostre contrade, il mirandolese M 45 Roberto Bianchi dei Pico Runners, e Filippo Capitani dei Modena Runners: società che si sono aggiudicate rispettivamente pure il primato negli M 40 con Ciro Mascherini e negli M 55 con Giovanni Tilocca. Ma non si può ignorare il 200° posto di Daniele Vassalli del Quadrilatero di Ferrara, che due giorni prima aveva lasciato vincere a Bondeno Giuseppe Cuoghi, ma qui ha orgogliosamente indossato la maglia nera con 3.25:13.

Tra le donne, commovente il ritorno di Cecilia Tirelli, Fratellanza Modena (ma non alla patetica Corrida dello stesso giorno), che io vidi esordire bambina, con papà Giuliano e mamma Mara, e ora da F 40 vince in 1.30:50, un minuto scarso prima di Federica Gismondi, e poi su Nicoletta Venturelli.

Tra le F 60 ha fatto la sua figura Cecilia Gandolfi, che aveva pure al seguito il marito Italo Spina: grande fotografo di podismo, ma qui impedito dall’esercitare la sua passione dal “verboten, alles verkauft” per la cessione dell’esclusiva dei diritti fotografici alla Premiata Agenzia. Che si era offesa quando avevamo definito “di serie C” questa gara; adesso, con 303 arrivati complessivi, ne avrà di pacchetti da vendere… noi ci accontentiamo del collage simbolico di Roberto Mandelli tratto da foto d’epoca ‘esenti da diritti’.

16 aprile – In un’epoca nella quale sono più le gare morte di quelle sopravvissute, e molte di quelle che rinascono lo fanno nello stile di gioioso ritrovo a partenza libera, una delle società giovani del territorio modenese, i Modena Runners fondati nel 2015, esporta il suo modo di vedere la corsa in un lembo estremo della Padania, “in c*  al mondo” come ci ha confessato un partecipante riuscito ad arrivarci a forza di gps/google maps: eppure un “mondo piccolo” che vale la pena di scoprire.

La ragione iniziale è il gemellaggio tra le due fabbriche Generalkoll (collanti e mastici ad uso soprattutto edilizio), collocate una a Modena capoluogo e l’altra in questa frazione (Ponti Spagna) di una frazione (Zerbinate) di Bondeno, dove il Po e gli immensi canali della bonifica Burana separano tre regioni (Emilia, Lombardia, Veneto); dove ti aspetteresti soprattutto fumana e zanzare, e invece trovi un paesaggio affascinante tra acque pescose, argini e percorsi ciclabili, scoperto dai tedeschi che infatti affollano un agriturismo dal nome di “Lucciole nella nebbia”, meta pure di un raduno motociclistico che riempie i prati e sparge nell’aria il profumo delle grigliate.

Qui (a 22 km da Ferrara, 44 da Bologna, 62 da Modena) si è svolta, il Sabato santo, questa gara che ha attirato alcune decine di giovanissimi per le gare preliminari in un rettifilo del quartiere industriale, e 140 iscritti competitivi (di cui 32 donne) alla gara-clou delle 16, di 9.3 km un terzo dei quali su sterrato, in un anello su e giù per gli argini, con vista sul Grande Fiume e passaggio dalla storica Rocca Possente ed la Stlà (italianamente Stellata, cl’an gh’entra gnint cun i stracch mort stlaa ma è dalla forma a stella del maniero estense).

Ad aggiungere un pizzico di eroismo alla vicenda ha provveduto il clima, che in un revival fantozziano ha collocato un nuvolone esattamente sull’area di gara e, allo sparo del via, ha cominciato a scaricare acqua e un po’ di quella che qui chiamano timpesta, salvo smettere esattamente quando Giuseppe Cuoghi (qui in vantaggio sullo storico rivale Daniele Vassalli presidente della Quadrilatero di Ferrara) è disceso dall’argine per imboccare lo stradone dell’arrivo.

A quel momento erano già arrivati i vincitori, che la bici e l’obiettivo di Teida Seghedoni hanno ripreso lungo l’anello, anche in un raro tratto dove – alla faccia di Fantozzi – non pioveva: il 29enne modenese Riccardo Tamassia, che con 29:40 ha avuto la meglio per soli 11 secondi sul veronese Daniel Turco; e la reggiana Fiorenza Pierli, 42enne indiscussa primattrice del podismo emiliano, che con 34:54 ha distanziato la rivale abituale Rosa Alfieri, altra reggiana sebbene tesserata Minerva Parma, di 44 secondi.

Ma c’è stata gloria per tanti altri, con premi fino al cinquantesimo classificato (la mamma del 51° ha chiesto perché non premiavano anche lui), mentre i concorrenti continuavano a tagliare l’arco gonfiabile di Lupo Sport, inventariati con diligenza dal plenipotenziario Uisp/Fidal Vincenzo Mandile, e tosto invitati a salire sul podio dove li incoronavano l’assessora allo sport di Bondeno e Silvia, direttrice dello stabilimento di Zerbinate.

La classifica per società, calcolata non solo sul numero dei partecipanti ma anche sui piazzamenti, incorona un’altra associazione titolare di una gloriosa gara popolare e agonistica, i mantovani di Malavicina, che hanno brandito il lambrusco vinto come se fosse un Barolo vinificato dal conte Cavour, nettamente superando la Salcus rovigotta di Occhiobello, i Modena Runners e i Corriferrara. Ma vorrei segnalare la Podistica Finale Emilia di Ottavio e Antonella (nel ricordo dello scomparso Giuliano, al sgnor Guldoon protagonista di tante maratone; una la dovette saltare perché al gh’iva da dar l’aqua ai perseg), una società non prettamente agonistica ma che non ha paura di acquistare i pettorali competitivi anche se sa che la spesa non le ritornerà sotto forma di premi in natura (tre degli ultimi quattro classificati indossavano la sua maglia gialla): come ha sintetizzato lo Spin Doctor della società organizzatrice, “grazie a chi ha vinto e a chi è arrivato un’ora dopo i primi: alla fine vince solo chi sta bene”.

Un tramonto rosseggiante, “al pio colono augurio di un più sereno dì”, ha scaldato i reduci dalla gara e asciugato le loro scarpette umide; poi, la luna piena di Pasqua ha illuminato i campi e salutato il ritorno a casa da quest’angolo di mondo oggi giustamente valorizzato. E' Pasqua ogni volta che canti in macchina e che ti piaci ancora; è Pasqua quando pensavi di non farcela e invece vivi, malgrado tutto.

 

CLASSIFICA MASCHILE

1 501 29:40 TAMASSIA Riccardo M 1993 MODENA RUNNERS CLUB ASD

2 560 29:51 TURCO Daniel M 1998 FONDAZIONE M. BENTEGODI

3 559 31:04 GARAVASO Edoardo M 2002 FONDAZIONE M. BENTEGODI

4 502 31:20 GINOSA Arturo M 1986 LOLLIAUTO ASD

5 509 31:44 ANTONIOLLI Federico M 1985 A .S.D. ATLETICA BONDENO

 

CLASSIFICA FEMMINILE

 

1 505 34:54 PIERLI Fiorenza F 1980 POL. SCANDIANESE

2 506 35:38 ALFIERI Rosa F 1970 CIRCOLO MINERVA ASD

3 540 36:04 ARDIZZONI Silvia F 1984 ATLETICA CORRIFERRARA

4 538 40:19 BELLI Lorena F 1980 ATL. REGGIO ASD

5 614 41:22 DEL CARLO Sonia F 1974 PODISTICA FORMIGINESE ASD

Giovedì, 14 Aprile 2022 10:09

Auguri a Roberto Mandelli

14 aprile - Per chi non avesse la ricorrenza segnata nell’agenda, o in quei diabolici congegni informatici che alle 0,01 fanno partire gli auguri in automatico, segnaliamo che oggi Roberto Mandelli, fotografo-principe nostro e di tutti quanti settimanalmente lo vedono sui campi di gara o ne apprezzano gli scatti, compie ** anni.

Per orientare la ricerca numerica, diciamo che lo stesso compleanno è festeggiato oggi da Chris Mortimer, ex pilota di moto (Ducati, Yamaha) sette volte vincitore all’isola di Man, o da Anita Bartolucci, attrice di teatro e cinema interprete, fra l’altro, di Vieni avanti cretino sotto Luciano Salce e di Perdiamoci di vista sotto Carlo Verdone. Mentre qualche candelina in più la spengono oggi l’ex calciatore Aldo Agroppi, bandiera del Torino, che un paio di volte diede dispiaceri al tifo bianconero di Roberto, segnando gol decisivi alla Juventus; o il mitico chitarrista dei Deep Purple, Ritchie Blackmore. Un paio d’anni in meno di Roberto li ha Adelio Moro, ex calciatore di Atalanta, Inter, Milan e non solo.

Ma a noi oggi interessa solo Roberto, che onoriamo con una sua foto storica nella Berlino del muro: immagine che non sarà bella e rifinita come quelle che fa lui… ma capite che l’obbligo della sorpresa non poteva comprendere la richiesta di un altro dei suoi lavori di cesello… Se poi va a vedere l'attach, è la volta che ci "toglie l'amicizia"!

 

 

Fossoli (Carpi, MO) 10 aprile – A Modena città si arranca (è annunciata per Pasquetta un’edizione della Corrida che fa ridere i polli e piangere i podisti con mezzo secolo di attività come il sottoscritto), invece Carpi e la Bassa riprendono il loro antico ruolo di traino del podismo amatoriale, in un desiderio di continuità dimostrato anche dal sacchetto del ristoro-pacco gara finale, che recupera l’antico centenario della maratona di Dorando Pietri.

Niente di che, beninteso: la quarantesima edizione del “Giro delle Risaie” è una non competitiva, in cui la presenza di molti supermaratoneti che girano l’Europa (dall’Assunta alla famiglia Paolino-Maurito, dalla Cecilia ai podisti del Pico, tra cui Claudio Morselli e il vincitore platonico della gara sui 13 km, che rimane Milite Ignoto da quando non c’è più Rispoli sul traguardo a prendere giù i nomi per la Gazzetta) dimostra solo che questa domenica era considerata giorno di ‘scarico’ prima dei cimenti da affrontare entro il mese; e che una tantum si può fare a meno del cronometro godendosi un tuffo nelle corse dai frutti dimenticati, in una giornata limpida e fredda (speriamo di non essere smentiti sulle temperature dall’Atletica Reggio…), dove la vista spaziava dalle Prealpi veronesi a Cusna e Cimone innevati, e da calpestare avevamo strade piene di storia (anche luttuosa, come la Remesina del campo di concentramento, poi riscattato in direzione della Vita da don Zeno e infine dai profughi giuliani), di lavoro (le risaie che come sottoprodotto davano rane e pescegatto, i campi di frumento quando era più conveniente produrlo che importarlo) e assolutamente vuote di traffico, grazie a una chiusura ermetica e una sorveglianza puntuale (mi sono vergognato trovando una rotonda intera chiusa da un volontario e una graziosa vigilessa solo perché a 20 metri stavo arrivando io ai 6/km).

Su tutto vigila l’Ilva Guidetti (pronunciare Guidètti alla carpsana), patrona di qualunque scarpetta si muova in un raggio di 10 km, da San Martino Secchia a Rovereto, dalla corsa di don Camillo cun i macaròun a quella di Peppone per il giornale che non esiste più: lei c’è sempre, e grazie al suo potere diplomatico riesce ad avere al suo servizio i vigili carpigiani (compreso Ermanno Pavesi, decano dei vigili: e dove sarà finita l’ex campionessa Bellelli Manuela?), le fondazioni bancarie che estinguono le loro pubblicazioni storiche, le figurine e statuette della Panini, un nugolo di sbandieratori e ristoratori a cominciare da Azio&Lella, e il meglio della fotografia modenese e reggiana: ad esclusione di una premiata fotografa sassolese, che sa il greco ma negli scatti non è platonica né tantomeno evangelica (“Date e vi sarà dato; vi sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi”). Nel mio mezzo secolo di podismo, ne ho viste di ditte fotopodistiche a cui è stato rimisurato il tariffario… e come diceva la Gialappas band, quando ci sono Teida, Nerino e Italo, se mancano altri, dove dobbiamo scrivere col pennarello “chissenefrega”?

Mi sono meravigliato che all’orario ultimo di partenza (ore 9; in teoria si poteva già dalle 8,30) sulla linea del via aspettassero con pazienza almeno 3/400 persone: di solito, appena spillato il pettorale (talvolta anche senza spillarlo, anzi senza comprarlo per l’esosa cifra di 2 euro), si avviavano alla chetichella, in due o tre, per ripresentarsi al ristoro finale magari prima della partenza ufficiale. Ce ne saranno stati anche oggi, ma la maggioranza era lì, forse a recuperare le tante chiacchiere perdute in questo biennio di terrore reale e di terrorismo gonfiato: una cui traccia residua vedo negli sbandieratori che, in aperta campagna, presidiano solitari gli incroci indossando la mascherina…
Certamente sarà un ordine dell’Ilva, come la Rai ordinava fino a poco fa ai suoi cronisti di esibire la mascherina anche se trasmettevano da Piazza Grande deserta… e vedremo quando le pseudoregole vigenti o evanescenti permetteranno di avere ai ristori il tè caldo, che farebbe ancora comodo con questo clima pre-primaverile. Oggi intanto è spuntata qualche tenda sociale: qualcuno dice che è vietata (da quale ordinanza “contingibile ed urgente”?), ma se l’ha messa su anche la squadra delle Forze dell’ordine, vuol dire che si può.

Percorsi ufficiali di 9 e 13 km (bè, facciamo 11,8), essendo saltato per ragioni viabili  il giro classico di 17 km che sconfinava fino alla torre di Gruppo; passaggio iniziale dal campo di concentramento, all’incrocio con una erigenda via di Nomadelfia in degno ricordo della storia carpigiana (storia cui appartiene anche l’attigua casa Verrini, ormai diroccata, ma da cui sono partiti i mugnai più famosi della Padania, incrociatisi poi coi Papotti, che i mulini li costruivano).

Poi si gira a destra per uno stradone bianco, che porta in prossimità di San Marino con la prospettiva della cantina vinicola da cui partì una tappa delle mitiche “Tre sere”, quando a Ivano Barbolini nessuno diceva no. A San Marino, tra le ville di Nereo Lugli e del Podestà Zuccolini, si svolta a destra (sotto la sorveglianza di Danilo Gamba ed Legn) verso Fossoli, che i podisti dei 9 km raggiungeranno direttamente, mentre quelli del lungo saranno istradati sul canale di Cibeno, dove borghesi raccolgono l’erba per i conigli o le pote per sé stessi, mentre Teida ci riprende quando incrociamo Helga e Claudio (Neujahrslauf e UTMB 2007) in sgambata libera.

Si fiancheggia il Club Giardino che seppe organizzare una gara, addirittura para-competitiva, in tempi di semilockdown; e quando si è in prossimità della storica sede da dove partivano le primissime edizioni della maratona di Carpi, si piega di nuovo a destra per raggiungere la Remesina e ricongiungersi col percorso dei 9 e della nostra partenza di un’ora prima.

Ristoro e paccogara nel sacchetto-cimelio che si diceva; a richiesta e senza sovrapprezzo, una scatola di figurine e giochini per i più piccoli, e per le società libri di storia carpigiana: mi tocca una suggestiva storia del cappello di paglia, ovvero del “truciolo”, i tronchi di salice o di pioppo intrecciati, per i quali Carpi fu grande fino all’ultima guerra. Poi, il cambio delle mode e la crisi: se ci fossero stati i governi e i sindacati di oggi, sicuramente avrebbero finanziato a fondo perduto la costruzione di “pagliette” che nessuno comprava più, o avrebbero pagato ditte estere per rilevare le aziende decotte, scoprendo poi in breve che le aziende comunque chiudevano. Invece non si fece niente del genere, e i carpigiani genialmente si convertirono alla maglieria e alla moda, creando il benessere tuttora palpabile da queste parti.

Un cui sottoprodotto, alla faccia delle crisi, dei ministri menagramo che non si fanno la barba, dei Dpcm cassati da tutti i tribunali, delle multe da 100 euro per mancata vaccinazione a una signora morta nel 1999 (dal Corriere di oggi), si è fatto realtà questa domenica a Fossoli, nell’allegria serena di una mattinata distesa e distensiva che, come le estati di Nereo Lugli, si voleva non finisse mai.

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