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Rodolfo Lollini

Rodolfo Lollini

Siamo oggi in compagnia di Simona Baraccetti, runner che vanta numerosi successi nella sua carriera e della sua bellissima, quanto affettuosa cagnetta, per conoscere meglio il mondo del running quando a competere in coppia sono l’uomo e quello che per antonomasia è definito il suo miglior amico. 

Simona, Ti abbiamo visto sul podio e vincitrice al femminile, domenica 28 Aprile ad una corsa nel parco naturale di Stupinigi, vicino a Torino.

Ciao Lollo, la gara di Canicross è stata organizzata per raccogliere fondi a favore dell’associazione che salva i levrieri dai "lager da competizione" in Cina e Spagna. Però la mia Alice non è un levriero e non è stata strappata a morte sicura, come capita a molti di questi animali una volta che terminano la loro carriera agonistica. Lei è un incrocio Border/Breton e l’ho adottata da una cucciolata di Padova.

Spiegaci cos’è il Canicross?

Il Canicross è una disciplina sportiva che ha le sue radici in Europa, nasce come allenamento per i cani da slitta dei Musher al di fuori del periodo invernale, successivamente diventa uno sport vero e proprio con tanto di campionato Europeo. Si tratta di una corsa in natura in prevalenza su sentieri in compagnia del nostro amico a quattro zampe, mediante l’utilizzo di un’imbragatura utilizzata dal cane che gli dà la possibilità di tirare il conduttore ma che allo stesso tempo non reca danno, né fisico a livello di sfregamento sulla pelle né di respirazione (è severamente vietato l’utilizzo di collari o pettorine che facciano forza sulla trachea). Il cane è legato al conduttore mediante la cosiddetta linea, ossia una corda di lunghezza non superiore ai 2 metri in tensione, agganciata ad una cintura indossata dal conduttore, munita di ammortizzatori elastici e attacco a sgancio rapido obbligatorio e molto utile per poter sganciare il cane in caso di pericolo. Scopo del Canicross è quello di divertirsi nella natura insieme al proprio cane e di rafforzare la relazione nel massimo rispetto delle sue esigenze, alla base della disciplina vi deve sempre essere un buon rapporto e possedere gli elementi base dell’educazione e dell’obbedienza.

Tornando alla gara, vedo che il vincitore Davide Alessio ha corso i 5000 in 15'27"? E dalla traccia del tuo GPS la distanza era sostanzialmente quella. Ma è il cane che lo traina? O è forte così? Dove sta il “trucco”?

No, no. Lui è campione europeo della specialità. E’ forte e ha creato un ottimo binomio, ma il cane è una razza selezionata apposta per le competizioni. Alla categoria degli Eurohound, appartengono tutti quei cani che sono stati selezionati incrociando qualsivoglia tipo di Bracco con gli Alaskan Husky. Sono la stragrande maggioranza dei cani attualmente impiegati nei circuiti agonistici e sono anche il gruppo più eterogeneo e versatile che esista. Il Greyster, invece, è un tipo di cane che trova origine dagli incroci tra Greyhound e Bracco.

Anche Tu non sei andata piano. Insomma, Ti diverti un sacco?

Si, molto. Ho scoperto un mondo agonistico pazzesco dove però ciò che conta in assoluto è la perfetta sintonia tra cane e atleta. E comunque l'anello debole del binomio è sempre il bipede ;-)

Come anticipato ieri su queste colonne (clicca qui per l’articolo), la richiesta presentata da Caster Semenya non è stata accettata. Come Ponzio Pilato, il TAS se n’è lavato le mani. Il Tribunale di Arbitrato dello Sport di Losanna, si è dichiarato incompetente rispetto alla decisione della IAAF di sottoporla nuovamente a cure ormonali obbligatorie. 

Personalmente ritengo ingiusto ogni genere di trattamento coatto, se non a scopi terapeutici. Da una parte si lotta a tutto campo contro il doping. Qui invece si obbliga ad un contro-doping, con un’azione innaturale. Caster Semenya è una donna. Non ha subito interventi chirurgici. Non ha fatto uso di sostanze proibite. Ha una naturale sovra-produzione di testosterone. Provocatoriamente ci domandiamo perché non segare le gambe ad un giocatore di basket troppo alto oppure rallentare chimicamente un velocista che ha delle doti nettamente superiori ai suoi rivali, solo perché nelle sue analisi qualche parametro è fuori dalla media. 

Ribadendo che la nostra è una posizione personale, ci teniamo anche a sottolineare di essere in buonissima compagnia nel fronte contro la regola 141. La pensano allo stesso modo il Consiglio dell’ONU e moltissime associazioni per i diritti umani. Poi ci sarebbe anche tutto il Sudafrica, con in testa il presidente della repubblica, anche se in questo caso si potrebbe pensare ad un giudizio interessato a favore di un connazionale. D’altro canto, per uno stato che ha fatto della lotta al razzismo il suo nuovo emblema, questa non può che apparire come un’altra forma di discriminazione. 

Sia chiaro, ci rendiamo conto che per la IAAF è un bel problema, perché quel tasso di testosterone “ammazza” la competizione tra le donne. Semenya e le altre, perché Caster non è un caso isolato, ma solo la punta dell’iceberg, hanno una marcia in più che le colloca sopra le altre atlete, ma purtroppo sotto gli uomini. La IAAF ha dichiarato che senza il trattamento coatto Caster e le altre possono gareggiare liberamente con i maschietti. Per coerenza verrebbe voglia di chiedere provocatoriamente alla IAAF di fare competere Semenya e le altre nelle gare maschili, ma lasciandole libere di prendere qualche “aiutino”. Se si fa passare il concetto che si devono dopare per allinearle alle altre donne, allora dovrebbe valere ancor di più per farle gareggiare in maniera equa con gli uomini… Oppure, continuando con le provocazioni, chiedere alla IAAF di definire una terza categoria, oltre quelle dei due sessi.

 

Si arricchisce di un’altra puntata il caso Calvin: la maratoneta che ha un rapporto, diciamo così, conflittuale con l’AFLD, acronimo di "Agenzia Francese per la Lotta contro il Doping", che ieri 29 aprile  l’ha nuovamente sospesa in attesa di ulteriori accertamenti.

Per chi non la conoscesse, non stiamo parlando di un amatore o di una runner di medio livello. La francese è un'atleta di punta della nazionale d’oltralpe, vantando al suo attivo due argenti europei sui 10000 (nel 2014) e maratona (Berlino 2018), distanza nella quale detiene il record nazionale con 2h23’21”. Tempo ottenuto proprio in occasione della recente maratona di Parigi.  Già sospesa temporaneamente all'inizio di aprile, l'atleta è stata poi autorizzata dal Consiglio di Stato a correre la gara lo scorso 14 aprile per un cavillo procedurale (non era stata 'sentita' ufficialmente dall'AFLD, il che è avvenuto solo lo scorso martedì 23).

Il “casus belli” tra AFLD e la Calvin risale allo scorso 27 marzo a Marrakech. Nel contesto di una situazione abbastanza grottesca, se si pensa che nelle precedenti settimane la Calvin aveva modificato quotidianamente i suoi recapiti nel programma software di reperibilità che i top runner devono mettere a disposizione per poter essere controllati.

La due versioni dell’accaduto sono contrastanti. Secondo il presidente di AFLD Dominique Laurent, la Calvin ed il marito nonché allenatore Samir Dahmani, anch'egli atleta internazionale francese ("mezzofondista dalle prestazioni in crescita mirabolante", l'ha definito Marco Bonarrigo) sono fuggiti al controllo. Quando hanno visto avvicinarsi gli agenti dell’AFLD che si sono qualificati, sono scappati tra i vicoli della cittadina marocchina, facendo perdere le loro tracce. In una scena che ricordava il più classico dei film d’azione o meglio una spy-story. Per questo ostacolo al controllo, adesso i due rischiano 4 anni di sospensione e la cancellazione dei risultati ottenuti.

L’altra campana è quella di Clémence Calvin che si dichiara una vittima della vicenda. L'atleta denuncia la violenza del direttore dei controlli dell'AFLD Damien Ressiot, precisando come i controllori non si siano presentati come tali. Accuse respinte al mittente da parte degli interessati, che appunto in previsione della replica hanno documentato l'avvenuto mediante una telecamera. Ciò farebbe scattare l'accusa di «mancato controllo», che per la legge sportiva francese equivale alla positività.

Intanto, il presidente della Federazione francese di Atletica, André Giraud, ha annullato uno stage di allenamento federale a Ifrane in Marocco (dove appunto soggiorna abitualmente la Calvin) "tenuto conto dei sospetti su questa località" in relazione a pratiche di doping.

Sabato, 27 Aprile 2019 15:57

La corsa che fece grande Hondo

Si è spento ieri a Jupiter, in Florida, John Havlicek, soprannominato “Hondo”. Il nome derivava dalla sua somiglianza con John Wayne e gli fu affibbiato da un compagno al liceo che aveva visto un film western interpretato dal noto attore, intitolato così. In un presente dove il termine leggenda è spesso inflazionato, Hondo se lo è pienamente meritato, segnando oltre 26000 punti e vincendo 8 titoli NBA su altrettante finali disputate. Mai perso all’ultimo atto. Tanto per dare un’idea, Michael Jordan si è fermato a quota 6 “anelli” come Kareem Abdul Jabbar, quello del gancio-cielo. Kobe Bryant e Magic Jonhson a 5. “Havlicek stole the ball! Havlicek stole the ball!”, ovvero recupera la palla, ripetuta più volte, è stata dichiarata la più famosa “chiamata” da parte di un radiocronista nella storia della pallacanestro. In quell’occasione Hondo mise una pezza ad un rarissimo, praticamente unico errore del suo centro Bill Russell (primatista di titoli, ne ha messi in tasca 11…). Ciò consentì ai Boston Celtics di vincere la finale di Conference contro Philadelphia, capitanata da Wilt Chamberlain (quello che una volta segnò 100 punti in una partita…) e conquistare poi l’anello contro i Lakers di Los Angeles.

OK Rodolfo, bella storia, ma cosa c’entra col podismo? Una delle caratteristiche peculiari di Havlicek era proprio la corsa. In tempi dove le rilevazioni non erano così precise come ora, pare che percorresse di gran carriera oltre 5 miglia a partita. Tutti sprint mai superiori ai circa 30 metri di lunghezza del campo. Chiudeva difensivamente ed era il primo a lanciarsi in contropiede. Tutta una ripetuta. I suoi tifosi lo amavano e quelli avversari lo rispettavano. Ma da dove derivava questa caratteristica? Certamente il ragazzo aveva una buona predisposizione, ma fin da piccolo fu costretto suo malgrado a duri allenamenti. No, non pensate che sia stato costretto dai genitori. Nulla di tutto questo, anche se mamma e papà hanno avuto un ruolo decisivo. Il piccolo borgo dove abitava era attraversato da una strada con moltissimo traffico. Per paura che potesse finire sotto un camion, i genitori non gli comprarono mai una bicicletta. Lui per poter giocare con i suoi coetanei aveva una sola opzione: seguirli di corsa! Diventò un resistentissimo purosangue e questa sua caratteristica, unita alle sue innegabili doti tecniche, fece sì che terminata l’università ricevette offerte anche da franchigie professionistiche di baseball e football americano. Fortunatamente per chi ama il basket scelse questo sport, ma magari avrebbe potuto diventare famoso nella stessa città, scrivendo il suo nome nell’albo d’oro della maratona di Boston

In italia, ai giorni nostri, una storia del genere non potrebbe mai succedere. Nella maggior parte dei casi, al ragazzo che chiede una bicicletta di solito gliene regalano due, oppure direttamente un motorino. E se deve fare due passi per andare a scuola o in palestra, viene rigorosamente accompagnato in auto, anche nel raggio di poche centinaia di metri.

Avete presente quando state facendo un allenamento e venite affiancati da un cane che vi accompagna per qualche metro, fino a quando le urla del padrone non lo fanno ritornare indietro? Ecco, immaginate tutto ciò moltiplicato all’ennesima potenza.

Questa storia è ambientata nel Marocco meridionale, dove tra il 7 ed il 13 Aprile si è svolta la 34^ edizione della Marathon des Sables. Circa 225 km con 2500 metri di dislivello da percorrere (in 6 tappe) in piena autonomia alimentare.

Nella seconda tappa la comitiva attraversa il villaggio di Tissardine. Un cane decide di seguire i partecipanti. Karen Hadfield, la sua padrona, lo aveva trovato ed adottato l’anno scorso. Diggedy, questo il suo nome, si attacca ai corridori e non c’è più verso di farlo tornare indietro. Conclude tranquillamente la frazione e, come facilmente prevedibile, diventa subito la mascotte del gruppo. Viene ribattezzato Cactus ed accudito ad ogni tappa, con vitto e cura delle ferite. Ormai è un concorrente, con tanto di GPS per seguire i suoi spostamenti. Almeno anche la padrona, in contatto con gli organizzatori, può controllarlo in remoto. All’arrivo, la medaglia di finisher se l’è abbondantemente meritata anche lui.

In questo filmato da You-Tube, ecco Diggedy-Cactus in azione!

Per la cronaca, la gara è stata conclusa da 17 italiani, tra Antonio Alongi (quinto assoluto in 17 h 43 min, su 605 uomini finisher) e Vittorio Franco (55.49). Unica donna tricolore, Alessandra Rampazzo che ha chiuso in 39.19 (50^ assoluta su 147 donne)

Vincitore assoluto è stato il marocchino Rachid El Morabity in 18.31:24. Prima donna l'olandese Ragna Debats in 22.33:36.

Lunedì, 22 Aprile 2019 15:25

Gennaro Gattuso parla come un runner

Chiariamo subito che non siamo tifosi della sua squadra, ma non possiamo fare a meno di ammirare la sportività di Gennaro Gattuso che nelle sue dichiarazioni riesce ad essere sempre bilanciato e non cerca mai una scusa in caso d’insuccesso. Lui è un ragazzo forte che ha lasciato la sua terra ancora minorenne per cercare fortuna all’estero come calciatore. E ci è riuscito. Malgrado il tasso tecnico non fosse di primissima qualità, ma peraltro nemmeno così scadente come si voleva far pensare. Altrimenti non diventi campione del mondo in nazionale. Oltre che campione d’Europa e d’Italia per club. La vita da allenatore, prima di ritornare al Milan, è stata piuttosto problematica. Ha avuto a che fare con piccole società. Con proprietà spesso assenti, per non dire latitanti. Eppure ha sempre tirato dritto per la sua strada, facendo con quello che aveva a disposizione, lui abituato a ben altri mezzi. Talvolta pagando di tasca propria gli stipendi ad alcuni giocatori in difficoltà economiche.

Perché parliamo di lui? Per un piccolo, quanto gradevole episodio per noi podisti. Perché recentemente, in una conferenza stampa, quelle lunghissime ed interminabili sessioni dove bisogna essere diplomatici, ma non noiosi, Gattuso ad un certo punto se n’è uscito con una similitudine, parlando di come correre a cinque al chilometro, del fatto che se vuoi andare più forte di dodici all’ora lo puoi fare soltanto se poi sei in grado di mantenere un certo ritmo, altrimenti vai incontro ad una crisi. Insomma, sembrava di sentire un coach di atletica più che il mister calcistico. Gennaro, ci stai ancora più simpatico.

Lunedì, 15 Aprile 2019 10:56

Arena Wet Mile

Oggi abbandoniamo volentieri lo schema classico per titolare all’inglese questo articolo dedicato al 29° Miglio Ambrosiano che si è disputato ieri, 14 Aprile presso l’Arena Civica di Milano. Giornata piena, insolitamente spostata alla domenica e che prevedeva anche questa volta le gare “promozionali” per i master. Per la velocità si è gareggiato sui 150 metri, mentre il concorso prescelto riguardava il lancio del peso. Il tutto nel contesto di una bella invasione di bimbi impegnati nelle loro gare su distanze ridotte.

Sui classici 1609 metri si è corso all’umido. Prima le donne, con le seguenti vincitrici di giornata, per categoria: Sara Gandolfi (GISA) tra le Allieve, Elide Gravina (Road Runner) SF35, Sabrina Leombruno (Athletic Team) SF40 ed Alessandra Cagliani (CRAL Teatro alla Scala) in una affollatissima categoria SF45. Vince di un soffio Cristina Gallì (V Castenedolo) nelle SF50, mentre sono più netti i successi SF55 di Paola Cagliani (CRAL Teatro alla Scala), SF60 Lorella Fumagalli (Road Runners), SF65 Gabriella Del Pesco (Road Runners), SF70 Francesca Caldarulo (Athletic Team).

Al maschile, nella prova Elite, vinta da Lorenzo Balducci (Atl. Riccardi), cercando di sfruttare il treno giusto hanno provato il record nazionale SM45 Riccardo Lerda e Hassan El Azzouzi per gli SM50. I successi per categoria hanno arriso a Michele Galvani (Daini) tra gli Allievi, Francesco Luongo (Unicredit) per gli SM35, Alessandro Castelli (La Michetta) SM40, Cristiano Marchese (Road Runner) SM45, Giovanni Bivona (Pro Patria) SM50. Tra i meno giovani Giuseppe Calabrese SM55 e Paolo Gatti SM60 impongono la legge dei Daini Carate. Giovanni Galmarini (Gallaratese) mette in piedi l’ennesimo duello all’ultimo secondo con Luigi Campini per la corona SM65. Rodolfo Rencurosi (Vignate) vince gestendo le energie da buttare nei successivi 150 metri tra gli SM70. Enzo Capuzzo (AVIS Pavia) fa il pieno per gli SM75, mentre l’immarcescibile Pietro Ferrari (Road Runners) approfitta dell’assenza dell’eterno amico-rivale Iacoboni per regolare il virtussino Veronesi tra gli SM80. Per il dettaglio dei risultati, cliccate qui.

Concludiamo segnalando l’ottimo 3’05”56 sui 1000 metri di Sarah Soliman Zaghloul, prestazione che vale ben 1110 punti per questa tredicenne del CUS Pro Patria. Per chi non conoscesse bene il meccanismo dei punteggi FIDAL, tenete presente che numeri con quattro cifre sono sinonimo di eccellenza.

Ora il Club si prende qualche settimana di riposo, prossimo appuntamento ancora di domenica e sempre a Milano, il 19 Maggio presso la pista azzurra del campo XXV Aprile.

I giovedì dei Road Runner, sono sempre serate molto interessanti, durante le quali presso la centralissima sede milanese di via Canonica, vengono invitati illustri protagonisti del mondo della corsa. Ieri sera, 11 Aprile, è stata la volta di Simone Leo. Ferroviere novarese ora abitante a Cinisello B (MI), è il primo atleta al mondo ad avere concluso le Seven Sisters, ovvero le 7 ultramaratone di oltre 200km no stop, considerate tra le più dure al mondo, ovvero UltraBalathon, Nove colli Running, Ultra Milano Sanremo, Spartathlon, ASA Philippides Run, Badwater, Brasil 135.

Simone di solito non è mai concentrato sui tempi, salvo quelli dei “cancelli” ma è riuscito nella sua impresa peraltro concludendo ogni gara al primo tentativo. Da qui il nomignolo “killer” che gli è stato affibbiato. Ben condotta dal padrone di casa Ettore Comparelli e grazie anche alle puntuali domande della “presentatrice” Elena Zanzottera, Simone ha parlato di preparazione atletica e mentale, di alimentazione, di come dormire… correndo, delle visioni che appaiono dalla seconda notte e con cui bisogna convivere, passando per i dolori fisici, il rapporto con il suo staff e tanto altro.

Su ogni prova potrebbe scrivere un libro (ed in effetti ne dovrebbe uscire uno a breve ;-). Citiamo, in ordine sparso, che alla Badwater si corre 135 miglia nella Death Valley a temperature di circa 50°C. Nell’occasione ebbe come accompagnatore di eccezione il comico nonché runner Giovanni Storti. Oppure la mattina della ASA Philippides Run, la Atene-Sparta-Atene. Esattamente il doppio della Spartathlon. Quando non aveva molto voglia di correre e con davanti oltre 500 km. Oppure alla Brasil 135, dove 135 sta per miglia: 225km con dislivello positivo di 6000 metri nella giungla brasiliana. Organizzazione lacunosa e che alla fine gli ha fatto correre una ventina di chilometri in più, già che c’era.

Nella seconda parte della serata c’è stato spazio anche per il sottoscritto, con una presentazione del libro-novella sulla corsa “Gran Criterium Internazionale”. Come avvenuto ieri sera, in assoluta trasparenza, tutto il raccolto è stato direttamente versato con un bonifico alla ONLUS Fondazione Opera Don Bosco. Fino ad ora sono stati raccolti oltre 13.000 euro a favore della missione Health Center di Abobo in Etiopia. Chi fosse interessato al libro, può richiedermelo scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. . Sono ovviamente ben disponibile per analoghe presentazioni presso altri gruppi sportivi

La seconda tappa del Club del Miglio si è svolta sabato scorso 6 a Voghera, sotto l’attenta regia dei padroni di casa dell’Atletica Iriense. Come al solito, oltre alla classica “compagnia di giro” dei milers, si sono presentati anche molti atleti locali, ma anche provenienti da altre regioni: Emilia, Liguria, Veneto e Piemonte. Ennesima dimostrazione della caratura quasi nazionale del circuito, certificata anche dalla presenza di diversi recordman di categoria sulla distanza.

Circa duecento atleti, tra master e giovanili, hanno animato il Campo Giovani di Voghera che è stato battuto da un forte vento che soffiava da una curva della pista all’altra ed ha privilegiato chi ha corso inizialmente “coperto”.

A Voghera ha fatto il suo esordio il nuovissimo circuito regionale lombardo “Oltre il Miglio c’è di più”, che ha proposto ai partecipanti che hanno voluto cimentarsi, due ulteriori gare. Il lancio del giavellotto e gli 80 metri. Prove a cui hanno preso parte anche degli “specialisti”, accorsi per non perdersi la ghiotta occasione di gareggiare in zona.

Col Miglio Ambrosiano, che si svolgerà all’Arena Civica di Milano domenica 14 aprile, il Club terminerà il tris di tappe di apertura.

Ora, come fossimo a “Tutto il Miglio minuto per minuto”, cediamo la penna/microfono al nostro inviato Roberto Matteucci per la radiocronaca di tutte le manches: buon ascolto:

Le due serie femminili hanno avuto un andamento speculare: nella prima (tutte le categorie over 50), in testa dall’inizio Cristina Galli’, seguita a debita distanza da Eva Volpari (SF50-Cremona Sportiva Atletica Arvedi) e dal trio, targato Athletic Team, formato da Paola Cagliani (SF55), Maria Lo Russo (SF50) e Liliana Cagliani (SF55). Nel terzo giro Eva Volpari tenta l’allungo, al quale resiste solo Paola Cagliani che non molla fino al traguardo: alla fine un secondo scarso separa le due contendenti. Per la prima volta dopo tempo immemorabile, Rosanna Rossi (Iriense Voghera) non vince la categoria F60, trovando sulla propria strada una pimpante Antonietta Mancini (GP Garlaschese).

La seconda serie vede il progressivo aumento del distacco inflitto da Sara Gandolfi a tutte le altre, con la sola Joanna Drelicharz (Atletica Lonato) a tentare una valida resistenza fino a metà gara, per poi pagare nel finale e difendere per un soffio il secondo posto dall’arrembante ritorno di Licia Bombelli (Atleticrals2-Teatro alla Scala) autrice di una gara tatticamente molto avveduta.

Nella serie maschile over 70, gruppo sgranato con Rodolfo Rencurosi (SM70 - Atletica Vignate) a condurre in solitaria ed Enzo Capuzzo (SM75-AVIS Pavia) ad inseguire senza mai poter ricucire lo strappo di venti-trenta metri creatosi nel primo giro, per poi cedere nella parte finale.

Emilio Lazzaroni detta il ritmo nella serie SM65, ma la sua fuga viene stroncata dal forte vento contrario sul rettilineo opposto a quello d’arrivo, sicché la gara diventa una sfida a scacchi nella quale prevalgono nel giro conclusivo i due atleti pavesi Francesco Macrì (Atletica Pavese) e Vito Pocorobba (La Podistica Robbiese), con Lazzaroni ottimo terzo.

Anche Giuseppe Lombardo (Maratoneti Genovesi) impone la propria legge fin dallo start, prendendo subito il volo, ma si rende ben presto conto che le condizioni climatiche non consentono di ottenere tempi di spicco, per cui si limita a controllare da lontano il duello fra Carlo Zanetta (Atletica Sandro Calvesi Aosta), Roberto Melani (Atletica Cento Torri Pavia) e Giuseppe Lazzari (Road Runners Club Milano) che chiudono nell’ordine ben distanziati fra loro.

Nella serie SM50-SM55 si formano subito due trenini che definiscono in pratica il podio di categoria già a metà gara, lasciando ai restanti due giri solo l’assegnazione delle posizioni: fra i più giovani fa notizia il successo di Francesco Tomasoni (Free Zone) sul plurimedagliato Francesco Merisio (Athletic Team) e su Paolo Giudici (Atletica Cento Torri Pavia). Nessuna sorpresa invece fra gli SM55, con Nini Bombelli (Road Runners Club Milano) primo nella volata spalla a spalla con Davide Legnari (Atletica Pavese), mentre Daniele Lucchiari (Scalo Voghera) occupa il terzo gradino del podio.

In una serie SM45 orfana di Riccardo Lerda, ai box dopo essersi cimentato con successo nel lancio del giavellotto e negli 80 metri piani, vince per distacco Fabio Andreoli (GP Garlaschese) davanti al compagno di squadra Marco Zuccarin e a Roberto Lazzarin (Atletica Gisa).

Infine, nell’affollata partenza che raggruppa tutte le categorie under 40, gara quasi tutta in solitaria per un brillantissimo Alessandro Bossi (SM–GP Garlaschese) che lascia a debita distanza il duo di SM40 composto da Gianluigi Vettemberge (Raschiani Triathlon Pavese) e Giuseppe Casula (GP Codogno 82), separati al traguardo da pochi centesimi. Nella pancia del gruppo, Emanuele Massoni, altro alfiere del GP Garlaschese, si aggiudica la vittoria in una poco affollata categoria SM35.

Prendete un sabato, per esempio lo scorso 30 Marzo ed in un piacevole pomeriggio mandate oltre duecento appassionati di corsa presso un centro sportivo attrezzato per l’evento. Insieme a loro un mare di accompagnatori a gremire le tribune. Ad aspettarli il personale dell’Athletic Team, gente che sa bene come si organizzano certe cose. Il risultato sarà quello di una giornata di felicità e divertimento, come traspare dagli occhi di questa ragazzina, nella bella immagine catturata da Monica Cappato.

Continua la tradizione che vuole Pioltello come prima tappa annuale per gli appassionati dei 1609 metri. Batterie in generale molto combattute, come dettagliatamente descritto nel comunicato stampa che trovate cliccando qui.

Giornata pienissima, in quanto al termine del programma agonistico si sono svolte anche le premiazioni della classifica finale 2018. In generale, tra riconoscimenti di giornata, premi finali e generosi pacchi gara per tutti, nessuno è uscito dall’impianto di via Piemonte a mani vuote.

La prossima tappa avrà luogo a Voghera, dove saremo ospitati dai padroni di casa dell’Atletica Iriense. Arrivederci al 6 Aprile. Se non sapete come iscriverVi navigate qui, sul sito del club. Se siete ancora convinti di partecipare, provate a guardare questo breve filmato con la sintonia delle partenze di sabato.

https://www.youtube.com/watch?v=1vkHfVs6JrY

Farebbe venir voglia di correre anche ad un sedentario.

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