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“Fratel” Biagio Conte: una vita a piedi e di corsa verso i poveri
12 gennaio - Da Palermo a Bruxelles nel 2019 a piedi. 1500 chilometri in 116 giorni di cammino per portare le istanze e i diritti dei poveri davanti al Parlamento europeo. In nave da Palermo a Genova e poi a piedi via Milano, Svizzera, Germania, Francia e Belgio. Questo era Biagio Conte, missionario laico, morto stamattina a Palermo all’età di 59 anni dopo una lunga malattia.
Nel corso di quel viaggio, Biagio aveva incontrato a Strasburgo David Sassoli, allora presidente del Parlamento europeo. Gli aveva consegnato una lettera sui “veri diritti umani” (come amava dire), lettera che fu tradotta in inglese, francese, spagnolo, tedesco, polacco, romeno e greco perché fosse letta da tutti gli eurodeputati.
Biagio Conte aveva lasciato casa nel 1990 all’età di 26 anni per seguire la sua vocazione. Aveva fondato la ‘Missione Speranza e Carità’ che ha varie sedi in Sicilia per accogliere gli ultimi. Nella sua vita non si è mai risparmiato ed è stato protagonista di manifestazioni e marce a piedi per sollecitare la società a prendersi cura delle persone più svantaggiate. Era una grande camminatore. Ha macinato migliaia e migliaia di chilometri. Saio verde, barba lunga, bastone del pellegrino i suoi segni distintivi. "Sento di incontrare ogni cittadino di ogni nazione, città e paese - diceva - per portare un messaggio di speranza, di conforto, di fratellanza. Tutti insieme per migliorare le nostre vite e costruire una società più giusta". Nel 2016 aveva risalito lo Stivale con una croce in spalla, da Palermo a Roma, per incontrare papa Francesco.
Il suo primo viaggio a piedi risale probabilmente al 1991, quando camminò da Palermo ad Assisi. In quell’occasione la famiglia (di condizione agiata, costruttori edili) si rivolse alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” per avere sue notizie.
Si insinuava nel cuore e nell’intelligenza di quest’uomo l’impegno radicale per il Vangelo e per i poveri che è stata la costante della sua esistenza. Per circa due anni aveva anche perso la possibilità di camminare: lo schiacciamento di alcune vertebre e problemi circolatorii lo avevano costretto su una sedia a rotelle. Poi la guarigione dopo un viaggio a Lourdes. “Per me è stata una grazia inaspettata – ricordava – che mi ha permesso di tornare, non a camminare, ma a correre verso le persone che me lo chiedono”.
In questi giorni di inizio anno, al diffondersi della notizia sulle sue gravi condizioni di salute, la città di Palermo è andata a ringraziarlo. Una fila di semplici cittadini, ma anche di importanti persone delle istituzioni gli ha tributato affetto e riconoscenza. Sono stati da lui il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, oltre al vescovo Lorefice. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, originario del capoluogo siciliano, si è espresso stamattina con una nota: "Ho appreso con profondo dolore la triste notizia della morte di Fratel Biagio, punto di riferimento, non soltanto a Palermo, per chi crede nei valori della solidarietà e della dignità della persona, che ha testimoniato concretamente, in maniera coinvolgente ed eroica. Il rimpianto e la riconoscenza nei confronti di Biagio Conte - ha sottolineato il Capo dello Stato - vanno espressi consolidando e sviluppando anche in futuro le sue iniziative affinché il ricordo della sua figura sia concreto e reale, così come è stato il suo esempio".
Mimmo Piombo, atleta palermitano e organizzatore, ha un ricordo che risale all’edizione 2017 del Memorial Salvo d’Acquisto, gara di 10km che si tiene annualmente per le strade di Palermo: “Quell’anno non si poté correre il ‘Salvo D’Acquisto’ a causa del maltempo. Portammo tutto il materiale alla Missione Speranza e Carità. Quando incontrammo Biagio fu una festa! Un cosa brutta, la cancellazione di una gara, si era trasformata in qualcosa di bello perché avevamo donato tutto per i poveri”.
Resta l’eredità di un uomo generoso, il “San Francesco di Palermo”, così lo chiamava la gente. I funerali si terranno martedì 17 gennaio alle 10.30 nella cattedrale di Palermo.
Imprese … canoniche: ‘pretisempredicorsa’ alla ribalta nel 2022
Anche quest’anno è arrivato il momento dei consuntivi per i pretisempredicorsa. Per il gruppo internazionale di sacerdoti podisti è stato un anno di ripresa delle attività pastorali e sportive. Oltre al lavoro nelle parrocchie, nella predicazione, nelle missioni italiane ed estere, sono state numerose le partecipazioni alle gare e le attività collegate alla corsa a piedi.
Cominciamo dai “capitani” don Franco Torresani e don Vincenzo Puccio, che dal Trentino alla Sicilia uniscono idealmente l’Italia.
Don Franco non smette di stupire. Nel 2022 ha ottenuto risultati davvero pregevoli che arricchiscono il suo palmares di grande campione della corsa in montagna (e non solo). Nell’anno solare che si chiude ha ottenuto cinque titoli italiani (5000mt su pista a Grosseto, cross staffetta a Trieste, winter trail a Tarvisio, corsa in montagna a Meduno di Padova, 10km su strada a Martinengo di Bergamo), due titoli europei (corsa in montagna in Francia, corsa con racchette da neve in Val di Non), un titolo mondiale (corsa in montagna in Irlanda). Rimandiamo ai notiziari sul sito pretisempredicorsa per i dettagli di alcune di queste gare. Franco ha realizzato nel 2022 uno straordinario “filotto” con il titoli di Corsa in montagna in successione: regionale (Lombardia), italiano, europeo e mondiale.
Padre Vincenzo Puccio, che oltre alla parrocchia di Santa Venera (Me) è da alcuni mesi impegnato anche in una parrocchia vicina, ha gareggiato soprattutto a inizio anno. A fine gennaio aveva colto un bel 6° posto assoluto (1° di categoria) al Trofeo Città di Messina, gara di 10km chiusa in 33’27’’. Ma soprattutto ha ottenuto il suo personale (1.10’42’’) il 6 marzo alla 47ma edizione della Roma-Ostia, che gli è valso il primo posto di categoria. Nel 2022 Vincenzo ha intensificato l’attività di allenatore. Segue infatti un gruppo di ragazzi di ottime prospettive che gareggiano sia su pista che su strada. E’ inoltre compagno di allenamenti di quel Zouhir Sahran, grande promessa dell’atletica siciliana e nazionale (3’48’’37 il personale sui 1500 metri realizzato nell’anno in corso, 1h06’32’’ nel debutto sulla mezza maratona a Pisa a inizio ottobre). Cfr.
Don Torresani e don Puccio si sono incontrati a Grosseto a maggio al XVIII Campionato Europeo Master Non Stadia (EMACNS) dove hanno corso con buoni riscontri cronometrici la 10km e la mezza maratona. Cfr.
Numerose le gare di lunga distanza alla quali ha partecipato don Pino Fazio, parroco a Curinga (Cz) dove ogni anno a inizio agosto si corre una serie di maratone. Oltre a queste, ha preso parte alla 20ma edizione della Strasimeno il 13 marzo, e alla 48ma 100km del Passatore il 20 maggio.
Impegnato in attività podistiche e sociali don Gabriele Bezzi di Livorno che alla mezza maratona della sua città ha tagliato il significativo traguardo dei 40mila chilometri.
Un grande lavoro organizzativo ha visto invece impegnato don Federico Claure, prete di origine argentina ma umbro di adozione, che sta coronando un sogno: riorganizzare una maratona ad Assisi. A inizio novembre si sono tenute le prove generali con una 10km e una Family Run. La maratona ad Assisi è già fissata per il 5 novembre 2023.
Il progetto dei pretisempredicorsa è nato circa tre anni fa. Ricordiamo il sito di riferimento dei sacerdoti corridori: www.pretisempredicorsa.it con notizie, articoli, foto e segnalazioni. Poi c’è la rubrica ‘Correre con lo Spirito’ su podisti.net, che da cinque anni racconta anche di questi sacerdoti che trovano nella corsa a piedi un luogo di incontro con il Creatore, con il Creato e con i suoi abitanti
Natale di chi corre: non solo “tavola e divano”
La notte in cui è nato Nostro Signore fu una prova impegnativa. L’arco di arrivo, la meta di tanto andare, non arrivava mai per la madre ed il padre di questo piccolo che avrebbe segnato la storia. E quando lo tagliarono, dopo vari rifiuti, arrivarono stremati. Una vera e propria maratona condotta a velocità variabile, con parecchie soste e con esito incerto. Proprio come quando, superato in maratona il cosiddetto “muro”, ci si affida all’esperienza, al buon senso, al sostegno degli altri.
I vangeli di Matteo e Luca raccontano della Natività e di questo viaggio a piedi con tanti particolari descrivendo anche il contesto del censimento. Altri particolari (soprattutto del momento della nascita) li troviamo nei testi dei Vangeli apocrifi, che si affiancano ai canonici e che riflettono la teologia popolare del tempo tradendo spesso accenni gnostici e miracolistici.
Fede, impegno, sacrificio e gioia sono alcuni degli ingredienti di quella notte. Parole molto familiari a chi corre le maratone e le lunghe distanze.
Maratona è anzitutto impegno che significa costanza negli allenamenti e nell’alimentazione, dedizione, equilibrio che può anche venire meno quando tutto ruota attorno ad un appuntamento podistico e agli allenamenti per arrivare preparati. Maratona è sacrificio. Significa armonizzare la (grande) passione per la corsa a piedi con la vita lavorativa, familiare e sociale. Gli allenamenti inseriti negli orari più impensati, la pazienza per la guarigione dopo un infortunio, le spese per affrontare una trasferta… Maratona è gioia, benessere fisico e psichico. Il corpo si alleggerisce e disintossica, i valori ematici e la pressione sanguigna si regolarizzano, le endorfine in circolo assicurano benessere e pace a tutti i livelli. Si riacquista un’armonia interiore che è un bene che non ha valore.
In queste settimane che ci portano al Natale, una nota rete televisiva a pagamento ha confezionato uno spot pubblicitario che parla di “maratona della tavola” seguita dalla “maratona del divano”. Ciascuno è libero di utilizzare le parole come crede, ma questi accostamenti non sono molto adeguati. Non si tratta di essere puristi, schizzinosi o moralisti, ma la maratona ha a che fare con ingredienti che generalmente non si trovano a tavola o sul divano. E’ come se usassimo la parola televisione e la abbinassimo a malvagità, volgarità, leggerezza. La storia della televisione dimostra invece che questo strumento è stato capace di impegno, servizio pubblico e sano divertimento.
Mitizzare tavola e divano, a nostro avviso, non educa al ben vivere e non si abbinano né al Natale né alla maratona. Auguri ai lettori di podisti.net.
La ‘potenza’ della Maratona Salesiana di Parakou (Benin)
Questa è una maratona da segnare con il cerchietto rosso. Perché si corre in Benin, nazione francofona dell’Africa occidentale di quasi 13 milioni di abitanti, perché è alla quindicesima edizione (non male!), perché fa correre ogni anno migliaia di persone, perché viene organizzata da una congregazione religiosa che crede nello sport come occasione di benessere sociale.
Siamo a Parakou, città commerciale di quasi 200mila abitanti nel dipartimento di Borgou al centro del Paese. Qui fa capolinea l’unica linea ferroviaria del Benin che parte dalla zona di Cotonou situata sul Golfo di Guinea. Su questi treni molto lenti, oltre ai passeggeri, viaggiano montagne di arachidi, una delle poche risorse, insieme alla coltivazione del cotone, dell’economia agricola del Paese.
Dunque da tre lustri a Parakou si corre una maratona; la prossima, la quindicesima, si svolgerà l’11 febbraio 2023. Ne parliamo con Daniel Degnibo, religioso e sacerdote degli Oblati di San Francesco di Sales (OSFS), congregazione fondata in Francia nel 1875 a Troyes, nei pressi di Reims. Daniel ha corso a Villefranche sur Saȏne il 19 novembre la diciottesima edizione della maratona del Beaujolais, con la quale è gemellata da nove anni la maratona di Parakou. 3h42’43 il suo tempo finale, 225° su 1862 atleti arrivati. Il giorno precedente aveva accolto gli atleti nell’Expo, allo stand con i colori del Benin della maratona di Parakou.
Daniel, perché organizzare una maratona a Parakou?
Anch’io sono parte dell’organizzazione della Maratona Salesiana di Parakou di cui è coordinatore padre Guillaume Kambounon, Oblato di San Francesco di Sales, il primo religioso e sacerdote OSFS ad offrire la pastorale dello sport in questa forma semplice e accessibile a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
La maratona, sport di massa, contribuisce alla salute pubblica: permette di superare lo stress del lavoro e complicanze come obesità, diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, ictus e problemi cerebrovascolari e le loro implicanze come l'emiplegia (paralisi della metà destra o sinistra del corpo). La maratona da noi è diventata un fatto sociale. Nel concreto, questo sport finisce addirittura per affermarsi in un paese dell’Africa occidentale come il Benin dove si svolge la nostra maratona.
Chi partecipa alla maratona e chi la organizza praticamente?
Quindici anni fa un religioso motivato e attirato dalla corsa ha iniziato ad organizzare questa manifestazione. Un evento sociale ed ecclesiale che non riguarda più solamente la gente di Parakou, ma piuttosto un evento nazionale e addirittura internazionale. Raccoglie tutte le etnie, culture, lingue, fedi e credenze, età e generi, come anche persone con disabilità. Questa atmosfera annuale è dotata di un potere unificante di così grande scala che suscita l'azione di tutti gli organi dello Stato e di tutte le istituzioni: ministeri, prefettura, municipio, polizia, esercito, sanità, ma anche mass media, diversi sponsor e volontari. Tutti questi enti svolgono un ruolo molto importante nell'organizzazione e nella realizzazione dell’evento. La maratona è così percepita come un'azione pubblica che richiede uno studio approfondito.
E l’aspetto più squisitamente religioso in cosa consiste?
Attraverso questo specifico impegno la Chiesa, che ha per vocazione “l'Uomo”, si prende effettivamente cura dell'Uomo. La gloria di Dio è l'uomo in piedi, vivo. La Maratona Salesiana di Parakou si preoccupa di sottolineare il gusto per l’impegno, per dare il meglio di sé e per cercare il benessere di ciascuno e di tutti. Vuole diffondere il bene comune degli uomini e delle donne: la salute per tutti. Questa scuola di Chiesa e di Sport apre a tutti un cammino di santità e di vera felicità. Tale approccio mira a suscitare sempre più il desiderio di permettere ad una mente sana di essere in un corpo sano.
La Maratona Salesiana di Parakou si svolge ogni anno nella seconda settimana di febbraio. La prossima, come detto, l'11 febbraio 2023 con partenza alle 6 del mattino. Quattro le distanze che si correranno quel giorno per le quali indichiamo anche i costi (attenzionem sono costi per gli stranieri; la quota di iscrizione per i locali è più bassa!): 42, 195km (50 euro), 21,100km (25 euro), 10km (17 euro), 5km (10 euro). Il sito per informazioni e iscrizioni è il seguente: https://desaleswa.org/marathons-salesiens. Nel regolamento ci sono delle sorprese per quanto riguarda i premi. Una su tutte (forse un po’ discutibile alle nostre latitudini): premio speciale alla persona più obesa alla partenza che termina la gara.
Oltre alle 15 edizioni, la Maratona Salesiana festeggerà un triplice giubileo degli Oblati di San Francesco di Sales: i 35 anni di presenza in Benin, i 400 anni dalla morte di San Francesco di Sales, i 450 dalla nascita di Santa Giovanna di Chantal.
La “corsa con Dio” di Alberto Trevellin
“Una riflessione su cosa possa essere la corsa per chi ha fede o coltiva una spiritualità”. Così Alberto Trevellin descrive il suo Correre con Dio. Riflessioni sulla spiritualità della corsa uscito per le Edizioni Messaggero Padova a luglio (157 pagine, 14 euro). L’autore, padre di tre bambine, laureato in Scienze religiose e insegnante di religione, ci parla di cosa ha “imparato e ricavato da questa attività antica e attualissima, per molti aspetti ascetica, spirituale”. Un tentativo di capire se la corsa possa essere davvero “una forma di preghiera” tenendo conto che implica un’uscita piuttosto che, come indica Cristo nei Vangeli, un “entrare nella propria camera, chiudere la porta e pregare nel segreto” (cfr. Matteo 6,6). Chi corre le lunghe distanze sa bene che la mente diventa una stanza nella quale si può sperimentare uno stato di calma e di pace nonostante la tensione di muscoli e tendini. Infatti “ci sono stanze – scrive Trevellin – che non sono quelle della casa in cui abitiamo, ma che si trovano in noi” e che possiamo abitare scoprendo dimensioni nuove o rimettendo ordine nel disordine esistenziale.
Nel primo capitolo, “Correre oltre. La corsa nella mia vita”, l’autore racconta la sua esperienza di corsa. Dall’asilo dell’infanzia brulicante di bimbi che corrono, agli anni del calcio con l’amico Stefano, alle corse dietro gli aquiloni. Per poi arrivare all’amore per la corsa acceso dalla scena inziale del film Momenti di gloria, con la corsa a piedi nudi di atleti sulla spiaggia, e dalla frequentazione dello stadio Colbalchini gestito dall’Assindustria Sport di Padova.
“Correrò per Dio e per i bambini dell’Africa” fu uno dei primi moti interiori del giovane Alberto (classe 1988) che iniziò con la velocità in pista arrivando a correre i 100 metri piani in 11’’17 nel 2005, i 200 in 22”12 e i 400 in 48”74 nel 2007. Dopo le frustrazioni di parecchi infortuni Alberto decide di dedicarsi a sport che hanno la montagna quale comune denominatore: il trekking, l’alpinismo classico, il free climbing… (un suo precedente libro è La via della montagna, 2018). Per poi ritornare, dopo parecchi anni, all’amata corsa, questa volta sulle rive del Brenta nei pressi di Limena, il paese alla periferia nord di Padova in cui vive. Dunque la corsa ha avuto una vera evoluzione nella vita di Trevellin come la sua fede, con la conversione del 2005 e la lettura di classici della spiritualità quali la Filocalia e i Racconti di un pellegrino russo.
Gli aspetti biblici della corsa sono affrontati nel secondo capitolo del libro: “Correre verso Dio, correre verso l’uomo”. Vengono menzionati diversi passaggi del testo biblico che hanno la corsa come sottofondo soffermandosi anche sui testi contenuti nelle lettere di San Paolo nei quali si fa riferimento alla pratica sportiva allo stadio. Uno studio specifico è proposto dall’autore sui brani dei Vangeli nei quali si parla delle corse del mattino di Pasqua (Matteo 28, Marco 16, Luca 24 e Giovanni 20). “Possiamo affermare che in alcuni versetti neotestamentari – scrive Trevellin - la corsa rappresenta propriamente un mezzo unitivo, qualcosa che unisce a Dio ed è spinta dalla gioia”.
Il terzo capitolo, “L’atleta di Dio”, illustra gli aspetti spirituali della corsa. La corsa è una forma di ascesi che illumina la fatica degli allenamenti e delle competizioni e permette di rapportarsi con il limite. “Ogni corridore è già asceta nella forma più semplice in cui possiamo intendere questa parola, - dice l’autore - poiché attraverso l’esercizio fisico egli cerca una perfezione e un miglioramento costante”. La solitudine ed il silenzio sono altre dimensioni approfondite in questa sezione del libro, come anche la “terapia spirituale” della corsa contro i vizi di accidia, gola e superbia.
Si potrebbe intendere la corsa come una sorta di ritiro spirituale? La risposta è positiva considerando anche i valori della povertà e della gratuità implicati in questa specifica disciplina sportiva.
Il libro si chiude con un capitolo su “Proposte e preghiere per l’atleta di Dio”. Viene sottolineate la costanza come ingrediente sia per ottenere sia buoni risultati sportivi che per la vita cristiana. L’autore propone anche delle opportune precisazioni come questa: “Perché la corsa possa dirsi effettivamente preghiera è necessario sia innestata in un’attiva vita di fede che tenga in considerazione l’esperienza sacramentale”. Come spunto e suggerimento, Trevellin propone un esempio concreto di come vivere la preghiera prima, durante e dopo un’uscita di corsa.
La prefazione di don Marco Pozza, maratoneta e cappellano al carcere “Due Palazzi” di Padova e una buona bibliografia fanno da cornice a “Correre con Dio”. Uno dei pregi di questo libro sta forse nel fatto di poter facilmente rivedere se stessi nelle varie esperienze podistiche e spirituali dell’autore.
La maratonina pastorale di don Ravaglia verso la nuova parrocchia
Sono circa 20 i chilometri che separano Faenza da Russi in provincia di Ravenna. Don Luca Ravaglia li ha percorsi a piedi, domenica 30 ottobre, giorno del suo ingresso nella nuova parrocchia. Dopo aver servito la comunità parrocchiale di San Savino in Paradiso a Faenza, don Luca Ravaglia ha ricevuto dal vescovo di Faenza-Modigliana, mons. Mario Toso, l’incarico per le parrocchie di Russi e Pezzolo. E da buon maratoneta ha pensato di andare a piedi verso il suo nuovo incarico!
Ravaglia corre da vari anni la 100 km del Passatore, con la particolarità di un libretto preparato da lui per chi vuole accompagnarlo e fermarsi, durante il tragitto da Firenze a Faenza, per momenti di riflessione. Era al via anche nella “100km di casa”, particolare edizione del Passatore 2020 dove ognuno correva a casa propria (vedi foto di Ravaglia alla conclusione). In quell’occasione aveva terminato la fatica in 19h39:05 su un percorso con 550 metri di dislivello che si snodava tra Faenza, Modigliana, Forlì, Faenza e Castelbolognese.
“Per me camminare è preghiera - ha detto domenica a chi gli domandava il perché di questa scelta di recarsi a piedi a Russi. - Ho sempre cercato di fare una camminata alla settimana, sulle colline di Faenza. La natura è la carezza di Dio, fa bene al corpo e allo spirito”. Ma aggiungiamo che don Luca ha compiuto anche itinerari più impegnativi: nel 1990, con altri religiosi romagnoli (tra cui l'attuale vescovo di Modena, don Erio Castellucci) salì alla Capanna Margherita, 4500 metri di altezza sul Monte Rosa.
Questa volta, don Luca è stato accompagnato nel suo tragitto, condotto in parte lungo il fiume Lamone, da numerosi parrocchiani di Faenza che si sono simbolicamente uniti al suo pellegrinaggio. Ad accoglierlo, alle porte di Russi (altra città sede di una storica maratona romagnola), ha trovato un gruppo numeroso di nuovi parrocchiani che, sempre a piedi, lo hanno scortato verso la meta. All’arrivo don Luca ha trovato ad accoglierlo le autorità a cominciare dalla sindaca di Russi, Valentina Palli, e dal vescovo (vedi foto a sinistra).
Un percorso a piedi per vivere quella “chiesa in uscita” a cui fa spesso riferimento papa Francesco. Lo ha sottolineato anche il vescovo Toso: “Giungere qui a piedi passo dopo passo, accompagnato da moltissime persone, ha il suo significato, - ha detto - realizzando in parte quello che si chiama il cammino sinodale, la chiesa che va incontro alla gente. Questo è un nuovo inizio che vede il riavvio dell’attività parrocchiale. Siamo all’inizio dell’anno pastorale e questa coincidenza mostra come tutti assieme proseguiremo il percorso che era stato iniziato da don Pietro Scalini. Benvenuto don Luca e tanti auguri”.
“La vita di corsa” del vescovo-maratoneta Paprocki
Inutile dire che questo libro l’ho divorato. Confesso che la prima lettura è stata bulimica, ma conto di riprenderlo con calma per gustarlo e approfondirlo. Nel panorama editoriale italiano esistono libri sul tema “sport e fede”, ma di libri su “fede e corsa a piedi” ce ne sono davvero pochi. I miei due testi: “Evangelii Gaudium. La staffetta del sacerdoti runners alle pendici dell’Etna” (Missionari OMI 2019) e “Preti (sempre) di corsa” (Missionari OMI 2020) sono stati accolti con interesse in vari ambienti ecclesiali e sportivi.
Ed ora si presenta “La vita è una corsa. 8 consigli di un vescovo runner” (Il Timone 2022, 21 euro), un libro sorprendente. A cominciare dal suo approccio. “Il corpo e l’anima di ogni persona sono elementi olistici di una realtà integrata, vale a dire la persona nella sua totalità. - scrive l’autore, il vescovo Paprocki - Una buona salute fisica ci aiuta sentirci bene e migliora l’acutezza mentale, mentre essere in pace nell’anima contribuirà al benessere fisico”. Dunque una visione unitaria della persona che si riflette anche nella scrittura del libro. Consigli tecnici e consigli spirituali sono espressi in contemporanea, si intrecciano, non sono cioè trattati in maniera separata, in capitoli distinti.
Autore del libro è Thomas John Paprocki, dal 2012 vescovo di Springfield in Illinois Ventiquattro maratone all’attivo, e tra questa le maratona di Boston per la quale ha ottenuto il minimo di qualificazione, impresa non proprio facile. Figlio di un farmacista, il piccolo Thomas John cominciava a giocare a hockey con i suoi sei fratelli e amici nella casa situata nel quadrante sud di Chicago, dove è nato nel 1952. Parla varie lingue tra cui l’italiano (ha studiato all’Università Gregoriana di Roma negli anni ’90): lingue che utilizza nella recita del Rosario come spiega tra l’altro da pagina 79 a pagina 89 parlando di questa antica preghiera che risale a San Domenico nel XIII secolo: “Passo la maggior parte del tempo mentre corro da solo in preghiera. Non tutti i tipi di preghiera sono possibili durante la corsa…. I tipi di preghiera che ho trovato più favorevoli durante la corsa sono preghiere ripetute o vocali… La preghiera vocale più facile da ricordare è la preghiera del Rosario… Oggi bisogna dare ancora grande merito alla ripetizione di preghiere per il proprio miglioramento spirituale, proprio come l’esercizio fisico ripetuto rende i muscoli più forti”.
Non è il primo libro del vescovo americano su questi argomenti. Anni fa aveva scritto un libro analogo per esplorare il rapporto tra spiritualità e hockey, l’altra sua grande passione.
Ecco ora in sintesi gli otto consigli per il benessere fisico e spirituale annunciati dal titolo del libro e dispensati dal vescovo Paprocki, “uno che di corsa ci capisce”, come scrive Costanza Miriano nella prefazione. Sono racchiusi in otto termini tutti comincianti col prefisso Ri- ‘di nuovo, ancora’, e sono intesi come un aiuto per “fissare obiettivi e a raggiungerli come runner” e per “applicare la stessa formula alla crescita e all’approfondimento della vita spirituale”.
- Riesaminare. Fare cioè una valutazione onesta della propria situazione e del bisogno di migliorare.
- Riformare. Imparare a migliorare.
- Risolvere. Mettere in opera concretamente i passi per migliorare. Sapere come fare.
- Ripetere. Potremmo dire ‘perseverare’ cioè continuare nel tempo. Non smettere per arrivare a dei risultati.
- Rinnovare. Raggiungere e stabilizzare il traguardo di un rinnovato benessere fisico e spirituale.
- Rilassarsi. Equilibrare allenamento e riposo per prevenire il sovrallenamento.
- Ricompensare. Essere soddisfatti, pienamente gratificati, per il benessere raggiunto.
- Rallegrarsi. Celebrare la gioia della felicità che una vita virtuosa può donare.
Ogni capitolo del libro si conclude con una citazione riassuntiva e motivazionale, una promessa - cioè un impegno da assumere - ed una preghiera.
“La vita è una corsa. 8 consigli di un vescovo runner” sarà presentato a Milano sabato 19 novembre, alle ore 16 a palazzo Biandarà (via Santa Margherita 1, fermata metro ‘Duomo’). Il direttore de Il Timone, Lorenzo Bertocchi, dialogherà con Manuela Levorato, primatista italiana dei 100mt piani (11’’14, Losanna 2001) e con mons. Guido Gallese, vescovo di Alessandria.
Mostra fotografica a Milano di Stefano Guindani: non manca don Puccio!
C’è anche il maratoneta padre Vincenzo Puccio tra i religiosi protagonisti della mostra “Mens sana in corpore sano” che si tiene nel Leica Store di Milano, vicino a piazza Duomo, dal 23 settembre al mese di dicembre. Milano: che l’8 aprile 2019 regalò a Puccio una delle più belle soddisfazioni della sua carriera agonistica. In una giornata piovosa e particolarmente fredda fu ventiquattresimo assoluto al traguardo della maratona in 2h35’58’’.
http://podisti.net/index.php/cronache/item/3702-don-puccio-decimo-italiano-a-milano-record-stagionale-m-45.html
La foto della Gazzetta dello Sport fece il giro del web con Vincenzo che si chinava a baciare il suolo dopo l’arrivo, gesto che fa sempre al termine di ogni gara in segno di rispetto per il Creato e gratitudine per l’accoglienza.
La mostra milanese presenta fotografie di Stefano Guindani, che si è messo sulle tracce di religiosi sportivi e li ha immortalati con la sua LeicaSL2. Si va dal prete surfista alla suora su un campo di calcetto, dal sacerdote alpinista a quello che gioca a tennis… Ma non sveliamo tutto per non rovinare la sorpresa a chi questa mostra potrà vistarla dal vivo!
“Le fotografie in mostra fanno leva sull’aspetto umano dei soggetti, ne dipingono una straordinaria dedizione e una predisposizione al divertimento unica, amalgamate da una dirompente vitalità”, scrivono gli organizzatori. “Con garbata ironia, leggerezza e un linguaggio poetico, il fotografo ci rende partecipi di ogni storia che racconta: attimi sospesi, sorrisi accennati e abbinamenti cromatici essenziali riescono a farci percepire la persona comune”. Denis Curti, curatore della mostra, ha detto: “L’obiettivo di Guindani è riuscire a sdoganare la figura, associata a liturgie e momenti di silenzio, dei consiglieri spirituali, svincolandoli da ogni preconcetto religioso e trasportandoli sul piano universale grazie alle discipline sportive”.
Stefano Guindani (Cremona, 1969) nutre da sempre una passione per il linguaggio del reportage. Affermatosi come fotografo di moda ha approfondito il suo interesse per il reportage prima in Cina poi ad Haiti (“Haiti through the eye of Stefano Guindani”) e ha realizzato mostre fotografiche a New York, a Palazzo Vecchio a Firenze e a Palazzo Isimbardi a Milano. Nel 2015, in occasione dei 60 anni dell’organizzazione internazionale N.P.H.- Nuestros Pequenos Hermanos, usciva il volume “Do you know?” che racconta la dura realtà di alcuni paesi del Centro e Sud America. Nel 2014 è stato coach e giudice di “Scattastorie NX Generation”, il primo talent show televisivo dedicato al mondo della fotografia. Nel 2016 ha pubblicato “Sguardi d’attore” una raccolta di ritratti di oltre 350 attori del cinema italiano. Guindani non è nuovo a temi sportivi. Lo scorso anno ha esposto “Energie” un racconto fotografico degli sport cosiddetti ‘minori’. “Realizzare un’opera sul mondo dello sport senza parlare di risultati ma raccontandone i valori, è stato il principale scopo di questo progetto”, aveva commentato.
Le nuove sfide dello sport: convegno da giovedì
Il 29 e 30 settembre si svolge in Vaticano il Summit internazionale sullo sport “Sport per tutti – coesivo, accessibile e a misura di ogni persona” per rispondere all’appello di papa Francesco sull’importanza sociale, educativa e spirituale dello sport. Ne parliamo con don Gianni Buontempo del “Dicastero per i laici, la famiglia e la vita”, principale promotore del Congresso. Gianni, che ha corso alcune maratone sotto le tre ore, è anche un appassionato ciclista e amante delle escursioni in montagna. Fa pure parte del gruppo dei ‘pretisempredicorsa’ protagonisti di un libro pubblicato nel 2020, ed anni fa ha percorso in bici in solitaria il percorso da Roma al santuario di Częstochowa in Polonia.
Don Gianni, perché questo convegno?
L’idea è nata pensando alla condizione globale di “ripartenza” che si sta vivendo dopo gli eventi drammatici della pandemia. Si è spesso detto che bisogna trasformare le crisi in occasioni di crescita e che perciò molte cose vanno ripensate dopo questo periodo che ha messo in discussione tutto. Questo vale anche per il mondo dello sport. Una delle prime relazioni del convegno avrò per titolo “New challenges in sport today. Change or be changed” (“Le nuove sfide nello sport oggi. Cambiare o essere cambiati”). C’è urgenza di rivedere e di cambiare molte cose nel mondo dello sport per orientare verso il meglio il cambiamento, altrimenti la realtà stessa imporrà cambiamenti traumatici e molte organizzazioni sportive saranno costrette a chiudere, spesso proprio quelle più vicine ai giovani e alle persone svantaggiate. Ci sono ancora molte disuguaglianze da colmare: ad esempio, in molti paesi lo sport non è accessibile a chi non appartiene alle classi sociali più elevate e quasi ovunque il divario fra sport professionistico e sport “popolare” è cresciuto enormemente, in termini di finanziamenti, di persone coinvolte, di partecipazione della gente... Papa Francesco ha parlato spesso dell’importanza sociale, educativa e spirituale dello sport. Ci siamo chiesti allora, in questo tempo di progettazione e di ristrutturazione post-pandemia, come gettare nuove fondamenta perché lo sport svolga davvero questo ruolo sociale, educativo e spirituale che il Papa auspica.
Quali sono i contenuti del Summit? Chi vi parteciperà?
Il Summit vuole indicare delle mete comuni e anche sollecitare un impegno concreto in favore dei cambiamenti da promuovere. Questo evento non rappresenta una novità. Infatti il Summit vuole proseguire idealmente un cammino iniziato con l’Incontro internazionale “Sport at the service of humanity” (“Lo sport a servizio dell’umanità”) organizzato nell’ottobre 2016, seguito poi da “Dare il meglio di sé”, il primo documento integrale della Santa Sede sullo sport pubblicato il 1 giugno 2018.
https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/1919-dare-il-meglio-di-se-lo-sport-e-la-fede.html
Parteciperanno all’incontro dirigenti e delegati di varie istituzioni ed organizzazioni sportive e intergovernative, allenatori, atleti professionisti e amatori, rappresentanti di diverse confessioni cristiane e di altre religioni e altri partecipanti legati al mondo dello sport fra cui anche rifugiati, ex detenuti, persone con disabilità fisica e intellettiva. Provengono da circa 40 paesi in rappresentanza di tutti i continenti. Fra le persone che interverranno ci saranno Thomas Bach, Presidente del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), Giovanni Malagò, Presidente del CONI, Tim Shriver, Presidente di Special Olympics, il vescovo Emmanuel Gobillard, Delegato ecclesiale per i Giochi Olimpici di Parigi 2024, l’atleta Tegla Laroupe, campionessa mondiale di mezza maratona.
Le parole-chiave del Summit sono tre: “coesione”, “accessibilità”, “a misura di ogni persona”. Ce le spieghi meglio?
In sintesi si vuole dire questo. Sport “coeso” indica la necessità di ritrovare una unità interna nel mondo dello sport, colmando anzitutto la distanza che divide lo sport di base, amatoriale e popolare, e lo sport professionistico, spesso esasperato, legato al profitto e sempre più “separato dalla realtà”. Per sport “accessibile” si intende uno sport che non si riduca all’esclusiva di un élite, ma diventi sempre più aperto e “a portata di mano” anche a chi vive situazioni di povertà, di migrazione, di marginalità sociale, di guerra, di detenzione carceraria. Infine sport “a misura di ogni persona” significa offrire la possibilità della pratica sportiva anche a quelle persone che hanno disabilità fisiche, mentali o disagi psicologici di ogni tipo.
Sei un appassionato podista e ciclista. Partendo dalla tua esperienza sportiva, come si concretizza il valore sociale e inclusivo dello sport?
Lo sport per me è stata un’occasione straordinaria per fare nuove amicizie al di fuori delle persone che normalmente frequento e stabilire rapporti di stima e rispetto con tante persone che condividono la mia stessa passione. Ho sperimentato questa capacità dello sport di creare socialità e amicizia soprattutto come prete. Molti, specialmente nelle nostre società occidentali, sono prevenuti e quasi diffidenti nei confronti della Chiesa e della fede. Ma tante volte mi è capitato di fare conoscenza con alcune di queste persone direttamente “sul campo”, durante le gare di corsa su strada, o di trail running in montagna, o durante i miei viaggi in bici. Poi, quando ho detto loro che ero prete, sono rimasti stupiti e quasi disorientati, e l’amicizia “sportiva” che si era oramai creata ha aiutato a superare i pregiudizi che avevano e ad avviare ad un dialogo anche su tanti altri temi al di fuori dello sport. Questa capacità dello sport di creare legami e abbattere pregiudizi l’ho ritrovata in tanti altri campi. Potrei citare le bellissime esperienze di amicizia nate con i detenuti durante alcuni eventi sportivi di solidarietà a cui ho partecipato o l’affetto che si è creato per le persone disabili, anch’esse coinvolte in competizioni “miste” o che semplicemente spingevamo in carrozzina in gare di corsa.
Lo sport è davvero un potente mezzo che avvicina le persone e aiuta a superare preclusioni dovute alle differenze sociali, razziali e religiose.
Il bacio di Miguel Ángel al Crocifisso di Caravaca
17 agosto - “Miguel Ángel López, sette anni di lotta contro se stesso”, “Rinasce Miguel Ángel López”, sono i titoli di due quotidiani spagnoli di stamattina, giorno successivo alla vittoria del forte atleta iberico nella 35km di marcia ai Campionati europei di Monaco di Baviera. Ieri mattina l’atleta murciano ha vinto l’oro con un’impeccabile condotta di gara conclusa in 2h26’49’’. Il volto sorridente dell’ultimo chilometro, le soste per gli abbracci (già prima di tagliare il traguardo) e per recuperare una bandiera, il “cinque” dato alla mascotte dei Campionati, sono stati prova di una serenità e consapevolezza ritrovati. I problemi, fisici e psicologici, si erano presentati dopo gli ori sui 20km di marcia agli Europei del 2014 e ai Mondiali del 2015. Con pazienza e tenacia Miguel Ángel li ha superati ed oggi è tornato il Superlopez che tutti conoscevano.
Agli osservatori attenti non è sfuggito un altro segno, forse il più importante. Un minuto dopo aver tagliato il traguardo, Miguel Ángel ha baciato il crocifisso che aveva al collo e che ha mostrato alla telecamera. Lo porta da anni con sé, in ogni gara, insieme ad una medaglietta che ricorda il suo battesimo. Qualche anno fa ha aggiunto una piccola pergamena, regalo della moglie Daniela alla quale deve, per sua ammissione, gran parte del recupero.
La croce di Miguel Ángel è la Croce di Caravaca custodita in un reliquiario nella città di Caravaca de la Cruz nella regione di Murcia, Sud della Spagna. Ha una storia davvero singolare che risale al 1231 quando un governante musulmano fece arrestare tutti i sacerdoti cattolici della zona. Domandò ad uno di essi spiegazioni sulla messa, che gli chiese di celebrare in una moschea. Il sacerdote, dopo aver accettato, si accorse che mancava un segno fondamentale: la croce sull’altare. Fu così che due angeli portarono la croce a doppio braccio. Il governante musulmano e i suoi familiari, al vedere questa scena, si convertirono al cattolicesimo. Papa Pio V nel 1572 concesse l’indulgenza plenaria ai pellegrini che visitano il santuario di Caravaca il 3 maggio ed il 14 settembre. Papa Giovanni Paolo II autorizzò dal 2003 un Anno giubilare che si tiene ogni sette anni.
L’attacco di Miguel Ángel López al settimo chilometro della gara di oggi a Monaco di Baviera arriva da lontano: è lungo sette anni! Le coincidenze numeriche ci restituiscono un grande campione nella gara nella quale il nostro Matteo Giupponi ha raccolto un bel terzo posto a tre minuti e mezzo dal vincitore.
Maratona di Assisi 2023: c’è la data
Tre anni fa avevamo parlato sulle nostre pagine di una maratona ad Assisi in programma nel 2021:
https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/3993-anticipazione-esclusiva-nel-2021-torna-la-maratona-ad-assisi.html
Il blocco causato dalla pandemia da Covid-19 non ha permesso di realizzare quel sogno che però continua soprattutto grazie alla tenacia di un prete, don Federico Claure, argentino di origine e assisiato di adozione, studioso di Sacra Scrittura.
La data della maratona ad Assisi è fissata per il 5 novembre 2023. “Con la Fidal regionale e quella nazionale abbiamo studiato alcune date e quella di inizio novembre 2023 è sembrata la più adatta”, spiega don Federico. Il prossimo 6 novembre si farà una “prova generale” con una 10km competitiva (dalla Basilica superiore alla Porziuncola) e una 3km non competitiva passando sulla strada mattonata.
E’ tutto illustrato nel sito ufficiale della San Francesco Marathon www.sanfrancescomarathon.it
nel quale spiccano senz’altro i riferimenti biblici a cominciare dalle corse del mattino di Pasqua narrate dal vangelo di Giovanni (20,1-2) e poi “i princìpi ispiratori” rintracciati nei valori francescani della bellezza, della gratuità e della solidarietà. Un comitato è già al lavoro per curare tutti gli aspetti della manifestazione 2023 e di quella dell’anno in corso: da quello tecnico all’accoglienza di atleti, familiari e accompagnatori.
“Assisi - ama dire il vescovo mons. Domenico Sorrentino - è un santuario a cielo aperto”. E la maratona, secondo l’idea degli organizzatori, è “orientata ad introdurre i partecipanti alla ricchezza del patrimonio e del messaggio che detiene Assisi e l’Umbria”. Nel 2023, inoltre, cade uno dei cinque centenari che, dal 2023 al 2026, scandiranno il cammino della famiglia francescana in tutto il mondo. Si tratta degli 800 anni del Natale di Greccio.
La maratona del prossimo anno, che si snoderà tra Assisi, Spello, Cannara e altri luoghi collegati alla vita di San Francesco, avrà come messaggio: “I bless you, life”, “Ti benedico, vita”. Il Villaggio Maratona è previsto a Santa Maria degli Angeli. Oltre alla 42km sarà in programma una 21km e un percorso di 6 chilometri destinato alle famiglie. L’organizzazione della maratona di San Francesco è affidata alla Life Running Assisi con la diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino ed il patrocinio del comune di Assisi.
Dopo l’estate è prevista una conferenza stampa di presentazione della maratona 2023, evento che si dovrebbe tenere al palazzo della Regione o al Sacro Convento.
Sara Carnicelli di Athletica Vaticana nona alla mezza dei Giochi del Mediterraneo
Orano (Algeria), 1° luglio. Nono posto per Sara Carnicelli di Athletica Vaticana alla mezza maratona svoltasi oggi nel corso dei 26mi Giochi del Mediterraneo. L’atleta 27enne ha chiuso in 1.17’12’’ avviando una nuva fase storica, dal momento che è la prima partecipazione di un’atleta vaticana ad una manifestazione internazionale.
La Carnicelli è figlia di un dipendente vaticano, è atleta di ottimo livello che spazia con egregi tempi dai 3000 metri (PB 9’44’95) alla mezza maratona (PB 1.14’02’’). L’11 giugno ha partecipato ai 5000 metri a Malta nel corso dei Campionati dei Piccoli Stati d’Europa ottenendo un terzo posto in 17’09’’. Si veda
I Giochi del mediterraneo ad Orano vedono la partecipazione di più di 3000 atleti in rappresentanza di 26 paesi. La diocesi della seconda città algerina è amministrata da mons. Jean Paul Vesco, domenicano di origine francese, anche lui appassionato maratoneta, capace di una maratona a New York sotto le tre ore. Una significativa “messa delle nazioni” sarà celebrata domani, 2 luglio, al santuario Notre-Dame de Santa Cruz di Orano proprio da mons. Vesco insieme al nunzio apostolico in Algeria mons, Kurian Mathew Vayalunkal. In questo stesso santuario furono beatificati nel 2018 il vescovo di Algeri Pierre Claverie e 18 martiri vittime della guerra civile algerina.
Davide Tizzano, presidente del Comitato Internazionale per i Giochi del Mediterraneo, si è soffermato in questi giorni sullo sport come occasione di dialogo e condivisione: “C'è grande diversità tra i popoli del Mediterraneo - ha detto - ma c'è grande unità, e lo sport diventa un comune filo che unisce i giovani affinché emergano valori importanti che sono i pilastri del movimento sportivo come lo stare insieme, la scoperta di nuove culture, il mescolarsi con gli altri popoli. Ci sono diversi mondi e ognuno ha il suo, ma è necessario stare insieme”.
Il sodalizio vaticano, presentato ufficialmente nel gennaio 2019, si propone appunto di costruire ponti di pace e solidarietà tra i popoli e di favorire l’inclusione. Una presenza di qualità nel mondo dell’atletica internazionale.
La mezza maratona odierna è stata vinta dall’italiana Giovanna Epis in 1.13’47’’.
Giubileo del 2025: un logo… di corsa
29 giugno. E’ stato presentato ieri, nella Sala Regia in Vaticano, il logo del Giubileo del 2025, il grande evento che si svolge ogni 25 anni in seno alla Chiesa cattolica. Momento di pellegrinaggio e di rinnovamento della fede dei singoli e delle comunità, occasione di revisione e di liberazione da quanto non essenziale per vivere. Il tema del Giubileo 2025 sarà: “Pellegrini di speranza”.
Nel logo del Giubileo sono simboleggiate persone che si abbracciano e si stringono alla croce che si prolunga in un’àncora, simbolo per eccellenza della speranza. Esso vuole rappresentare “l’umanità che proviene dai quattro angoli della terra e richiama la solidarietà e la fratellanza che devono legare i popoli fra loro”. Lo hanno spiegato, nel corso della presentazione, mons. Rino Fisichella e Giacomo Travisani, autore del logo.
Guardando questa immagine che contiene una dimensione dinamica, a noi podisti vengono in mente atleti che corrono. I colori diversi possono rappresentare la provenienze geografiche e in certo senso l’universalità del nostro sport praticato in tutti i Continenti e a tutte le latitudini.
Il logo ci richiama anche una possibile staffetta di corridori che si passano un testimone e puntano decisi verso il traguardo. Un gesto tecnico, quello delle staffette, che come sappiamo non è più ormai patrimonio solo della pista, ma anche delle maratone e delle lunghe distanze.
A breve sarà pubblicato un primo calendario dei grandi eventi giubilari tra i quali non mancherà il Giubileo degli sportivi. E la mente ritorna al 28 ottobre 2000 quando nello Stadio Olimpico di Roma si svolse l’incontro giubilare degli sportivi. In quell’occasione papa Giovanni Paolo II ebbe modo di dire: “E' l'occasione propizia per rendere grazie a Dio per il dono dello sport, in cui l'uomo esercita il corpo, l'intelligenza, la volontà, riconoscendo in queste sue capacità altrettanti doni del suo Creatore. Grande importanza assume oggi la pratica sportiva, perché può favorire l'affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l'amicizia, la condivisione, la solidarietà... Lo sport si è diffuso in ogni angolo del mondo, superando diversità di culture e di nazioni.
Per il profilo planetario assunto da questa attività, è grande la responsabilità degli sportivi nel mondo. Essi sono chiamati a fare dello sport un'occasione di incontro e di dialogo, al di là di ogni barriera di lingua, di razza, di cultura. Lo sport può, infatti, recare un valido apporto alla pacifica intesa fra i popoli e contribuire all'affermarsi nel mondo della nuova civiltà dell'amore.
Il Grande Giubileo dell'Anno 2000 invita tutti e ciascuno ad un serio cammino di riflessione e di conversione. Può il mondo dello sport esimersi da questo provvidenziale dinamismo spirituale? No! Anzi proprio l'importanza che lo sport oggi riveste invita quanti vi partecipano a cogliere questa opportunità per un esame di coscienza. E' importante rilevare e promuovere i tanti aspetti positivi dello sport, ma è doveroso anche cogliere le situazioni in vario modo trasgressive a cui esso può cedere”.
Il sito Internet e l’app del Giubileo 2025 “Pellegrini di speranza” saranno disponibili dopo l’estate.
La corsa criminale nei territori Tarahumara
Dal Venezuela, 22 giugno - Chi ha letto Born to Run di Christopher McDougall ha conosciuto i Tarahumara, popolo di corridori instancabili, abitanti dei canyon del nord del Messico. Quel libro descriveva questa terra con una certa idealità, una sorta di ‘paradiso terrestre’, un contatto continuo con la natura. E in questo ambiente vivono da secoli gli instancabili Raramuri che corrono con sandali ai piedi, che hanno un arco plantare pronunciato (secondo alcuni studiosi favorisce il gesto atletico sulle lunghe distanze) che mangiano poca carne e molti vegetali e legumi. Raramuri è la parola con la quale i Tarahumara definiscono se stessi e significa “colui che ha piedi leggeri”. Sono ancora oggi più di centomila, si sono sempre considerati una nazione indipendente, non sono mai stati conquistati da nessuno, nemmeno dagli aztechi.
Ebbene, quel territorio che si estende tra i 1500 e i 2400 metri sul livello del mare, e dove si sono svolte varie edizioni a marzo della 50 miglia Caballo Blanco, è diventato un luogo pericoloso. Il 20 giugno sono stati uccisi due sacerdoti gesuiti. E se la corsa veloce, anche 300km in un’unica sessione, veniva usata per gli scambi economici, la caccia ed il contatto sociale tra i villaggi, già da alcuni decenni è purtroppo usata con altre dimensioni, diremmo criminali. I trafficanti di droga si servono, infatti, anche dei corridori per il trasporto della marijuana. Le sierre del nordovest del Messico sono luoghi pericolosi. Ne hanno fatto le spese anche i due sacerdoti gesuiti uccisi il 20 giugno per aver difeso un parrocchiano. Si chiamavano Javier Campos Morales, 79 anni, e Joaquín César Mora Salazar, 80 anni, e sono morti assassinati nella chiesa di Cerocahui, villaggio della Sierra Tarahumara. La località si trova al confine tra gli stati di Chihuahua, Sonora e Sinaloa, una delle regioni di maggiore produzione di stupefacenti.
Un uomo era entrato in chiesa per sfuggire ad un aggressore armato, che dopo l’inseguimento ha sparato nel luogo sacro uccidendo i due sacerdoti e l’uomo che era stato difeso. La ricostruzione dell’evento è ancora in corso. Un altro sacerdote presente in quella chiesa è stato infatti risparmiato dalla furia omicida. I corpi sono stati prelevati e portati via dai complici del killer.
Nella Sierra Tarahumara sono purtroppo numerosi gli episodi di violenza e gli omicidi. E dagli anni 2000 il territorio è diventato zona di conquista da parte dei narcos. E’ infatti un canale strategico per trasportare la droga anche con la collaborazione di alcuni Raramuri. Nella zona esistono numerosi canyon e luoghi inaccessibili dove si può coltivare la marijuana. I terreni vengono strappati alle popolazioni locali e le autorità non riescono a fronteggiare il fenomeno. Uno degli episodi più gravi è avvenuto nell’agosto 2008, un vero e proprio massacro della narco-guerra: tredici abitanti uccisi, tra cui un neonato.
La Compagnia di Gesù è presente nei territori dei Tarahumara dal 1600. «Condanniamo pubblicamente questa tragedia e esigiamo una immediata indagine e sicurezza della comunità», ha detto Luis Gerardo Moro Madrid, superiore provinciale dei gesuiti in Messico. “I gesuiti in Messico non rimarranno in silenzio di fronte ad una realtà che lacera l’intera società. - ha continuato - Continueremo ad essere presenti e a lavorare per la giustizia, la riconciliazione e la pace, attraverso il lavoro pastorale, i progetti educativi e sociali”.
La semplicità del gesto dei Tarahumara rischia di essere sporcata per sempre.
Athletica Vaticana a Malta per i 5000 nei Giochi dei piccoli Stati europei
9 giugno. Athletica Vaticana, la società di atletica “del Papa” partecipa ai Campionati di atletica leggera dei piccoli Stati d’Europa che si svolgono a Malta, con due atleti: Sara Carniceli, 27 anni, ed Emiliano Morbidelli, 44 anni. Entrambi si schiereranno alla partenza dei 5000 metri l’11 giugno.
In particolare la Carnicelli è atleta di ottime prestazioni. Quest’anno ha corso una mezza maratona a Roma in 1.14’02’’ ed ha primati di 34’15 nei 10km su strada (Castelromano 2022) e 16.59’43’’ nei 5000 su pista (Roma 2020).
Già nel 2021 gli atleti vaticani avevano partecipato all’edizione dei Giochi dei Piccoli Stati d’Europa svoltasi a San Marino.
Una presenza che sostiene i valori della fraternità, della solidarietà e dell’inclusione e dello sport come diritto di tutti. A Malta ci saranno 300, tra atleti ed allenatori, provenienti da: Albania, Andorra, Armenia, Azerbaijan, Cipro, Georgia, Gibilterra, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Moldova, Monaco, Montenegro, Macedonia del Nord, San Marino e Malta. Presentando i Campionati, il presidente di Athletics Malta, Andy Grech, ha descritto questo evento sportivo come una pietra miliare importante per l'associazione che ha lavorato negli ultimi due anni per la sua realizzazione. Grech ha spiegato come Athletics Malta si sia impegnata per garantire un evento di prim'ordine dal punto di vista organizzativo e logistico, rafforzando allo stesso tempo la competitività degli atleti maltesi partecipanti. In questo senso, un budget senza precedenti è stato impiegato per sostenere gli allenamenti degli atleti élite. Il Comitato olimpico maltese insieme a Sport Malta hanno sostenuto tutta la fase di avvicinamento degli atleti locali.
La piccola delegazione vaticana è accompagnata da mons. Melchor Sánchez de Toca, sottosegretario del dicastero per la Cultura e l’educazione, e dall’allenatore Claudio Carmosino. Previsti anche incontri con gruppi sociali ed ecclesiali.
Appuntamento sabato 11 giugno al Matthew Micallef St. John Stadium. Sarà possibile seguire le gare di Sara ed Emiliano, come del resto tutto evento, in diretta dal sito Internet cssemalta22.mt.
A Grosseto, ribalta europea per i due ‘don’ del podismo
15 maggio. Grande palcoscenico, in questo fine settimana, per i due capitani dei ‘pretisempredicorsa’, il gruppo di religiosi podisti che coniugano impegno sportivo e testimonianza. Don Franco Torresani e padre Vincenzo Puccio hanno gareggiato a Grosseto al XVIII Campionato Europeo Master Non Stadia (EMACNS). Tra i 1219 atleti partecipanti anche loro, che masticano pane e atletica da quando erano ragazzini e hanno una carriera podistica costellata di tante soddisfazioni.
Venerdì 13 maggio entrambi i sacerdoti podisti hanno disputato la 10km al Sandro Pertini Park. Puccio ha ottenuto il terzo posto di categoria in 33’41’’ dando un contributo al secondo posto a squadre dell’Italia nella categoria M45. Davanti a lui lo spagnolo Javier Diaz Carretero (32’52’’) ed il norvegese Krisitian Nedregard (33’37’’).
Torresani ha ottenuto il secondo posto di categoria in 35’47’’ dietro allo spagnolo Francisco Garcia Lopez (35’44’’) contribuendo al primo posto per nazioni nella categoria M60.
“Peccato per l'argento nella prova master 45 e l'oro nella prova master 60 che sono sfuggiti solo per 4 e 3 secondi”, commenta l’uno e l’altro risultato don Franco al termine della gara.
La trasferta “europea” si è conclusa per Puccio domenica 15 mattina con la mezza maratona chiusa al quarto posto di categoria in 1.14’22’’.
“Veramente apprezzabile l'intuizione del direttivo organizzativo di aprire ufficialmente la manifestazione giovedì pomeriggio con il classico taglio del nastro e proponendo al sottoscritto un breve ma quanto mai sentito momento di riflessione, contraddistinto da un richiamo alle radici cristiane di pace della vecchia Europa”, dice don Torresani. “Il tutto con la tradizionale benedizione alla 18ma edizione della rassegna continentale, anche a nome di padre Vincenzo ancora in viaggio”.
Il tempo sembra non passare per questi due “don” non più giovanissimi (classe 1962 per Torresani, 1974 per Puccio) che uniscono l’Italia dal Trentino alla Sicilia e che si difendono egregiamente nelle loro categorie. La continuità di risultati lo dimostra ampiamente. I numerosi titoli italiani, europei e mondiali di Torresani nella Corsa in montagna e la versatilità di Puccio, che spazia con ottimi tempi dai 1500 metri alla maratona, dicono di impegno e passione unite alla testimonianza cristiana, quanto mai necessaria nei tempi odierni.
40^ Corri Reggio: festa del ritorno, si riparte dalla bellezza
25 aprile - Le magnolie del lungomare Falcomatà di Reggio Calabria sono sempre imponenti. Assicurano ombra per circa cinquecento metri del circuito di 4,4km sul quale si è corsa la 40ma edizione della Corri Reggio. Una mattina luminosa con leggera ventilazione da nord (come capita di solito il 25 aprile da queste parti) e una festa di popolo con tanti podisti, famiglie, scuole, associazioni sociali e sportive della città.
Ad accogliere tutti con simpatia e garbo Nuccio Barillà, anima di questa manifestazione così sentita che si svolge in un giorno importante come quello della Liberazione con il supporto e il patrocinio di tanti a cominciare dalla sezione reggina di Legambiente.
Anello di 4,4 km dicevamo, con partenza da piazza Indipendenza, zona Lido, direzione Stazione centrale, all’andata e ritorno verso il Lido comunale lato mare con meravigliosa vista sul Stretto di Messina. In lontananza sua maestà l'Etna con le cime ancora imbiancate.
La gara è stata la conclusione di una settimana ricca di eventi culturali e sportivi. Tra le curiosità la maglietta commemorativa della Corri Reggio 2022 che ricorda il 50° del ritrovamento dei Bronzi di Riace. Bronzi ‘protagonisti’ anche di un murale realizzato dagli studenti dell’Accademia delle belle arti nella zona del Tempietto lungo il percorso gara. Madrina dell’edizione 2022 la podista Alessia Bellino, reggina di origine, cresciuta a Modena dove vive e lavora. La corsa l’ha aiutata a combattere una rara malattia autoimmune che le era stata diagnosticata nel 2015 (www.alessiabellino.com).
Nella gara agonistica sulla distanza di 13 km circa si sono imposti Rosa Ciccone (Atletica Sciuto) e Alberto Caratozzolo (Cosenza K42). “Finalmente abbiamo corso con la gente che ci circondava. Siamo contenti di questa grande riapertura in questa bella città”, ha detto all’arrivo la Ciccone, originaria di Mileto (Vibo Valentia). Caratozzolo che invece è originario di Bagnara Calabra (RC) ha espresso la sua soddisfazione per il buon risultato: “La manifestazione è stata organizzata in maniera impeccabile. Percorso scorrevole e molto veloce. Mi sembrava giusto onorare questa manifestazione”.
Era possibile partecipare anche alla gara non competitiva che prevedeva un solo giro del percorso.
I miei voti:
- percorso 8
- organizzazione 8,5
- costo iscrizione 10 (6 euro!)
- ristori 8
Per le Fiamme Gialle precetto pasquale nella Basilica di San Pietro
9 Aprile - Un allenamento spirituale nella “maratona” della Quaresima verso il “traguardo” della Pasqua. Con questo spirito di fraternità le Fiamme Gialle sono state accolte da Athletica Vaticana, giovedì pomeriggio, per la celebrazione della Santa Messa all’altare della Cattedra della Basilica di San Pietro. Ha presieduto l’arcivescovo Jan Romeo Pawłowski, Segretario per le Rappresentanze Pontificie e hanno concelebrato sacerdoti che vivono l’esperienza di Athletica Vaticana e il cappellano del Centro Sportivo della Guardia di Finanza di Castelporziano.
Nell’omelia l’arcivescovo Pawłowski ha fatto ricorso a immagini sportive: “La Quaresima è un po’ riprendere il fiato, correggere il tiro, verificare le forze, cambiare il modo di allenarsi e di correre: uso questi termini di competizione sportiva per indicare lo stretto legame della nostra vita spirituale, cristiana con gli sforzi che voi conoscete per l’esperienza sportiva”.
“In modo particolare salutiamo gli amici delle Fiamme Gialle che, come Athletica Vaticana in Vaticano, portano gli ideali dello sport nella società italiana. E so che tra le due associazioni esistono ormai vari settori di collaborazione, di solidarietà e di amicizia. A tutti voi porto il saluto benedicente di Papa Francesco”.
Questa celebrazione, ha spiegato l’arcivescovo, è “un allenamento di carattere spirituale: in questi ultimi tempi avete sentito molte parole di incoraggiamento, di sostegno, di apprezzamento, che Papa Francesco ha rivolto a voi sportivi. Si sono rivolte a voi pure tante persone, gente semplice e bisognosa di aiuto e di sostegno”.
“per tornare ad Athletica Vaticana e ai colleghi e amici delle Fiamme Gialle, mi viene in mente che San Pietro potrebbe essere considerato il primo Atleta del Vaticano: è venuto fino a Roma da Gerusalemme, dalla Terra Santa, camminando, navigando. Come pure San Paolo: hanno fatto, per così dire, una maratona!”.
“La bandiera vaticana, portata in alto da Athletica Vaticana, è bianca e gialla, semplicemente parlando simboleggia l’oro e l’argento” ha concluso l’arcivescovo. E anche le Fiamme Gialle attraverso il loro colore giallo si uniscono a quella idea delle medaglie sportive: l’oro e l’argento. Ma con Cristo e in lui siamo tutti vincitori, il male non ci può sconfiggere, siamo noi chiamati a vincere il male con il bene e costruire la pace”.
Nella celebrazione è stata elevata una forte preghiera per la pace in Ucraina e ovunque nel mondo si combattano guerre “dimenticate”. E anche perché lo sport possa fare la sua parte per costruire la pace, riproponendosi come esperienza di riconciliazione e di dialogo tra popoli e culture diverse.
In particolare, a dar voce all’invocazione di pace in Ucraina è stata l’atleta gialloverde Oxana Corso plurimedagliata alle Paralimpiadi e più volte campionessa mondiale nell’atletica, adottata da una famiglia romana che l’aveva trovata in un orfanotrofio di San Pietroburgo.
Presenti numerosi atleti delle Fiamme Gialle, tra loro medaglie olimpiche, paralimpiche e mondiali, insieme al Comandante del Centro Sportivo Gen.B. Flavio Aniello, il Comandante del Gruppo Polisportivo Gen.B. Vincenzo Parrinello e il Presidente Onorario dei Gruppi Sportivi Fiamme Gialle Gianni Gola. Presenti inoltre, alcuni campioni del passato, allenatori, dirigenti e loro familiari.
La celebrazione ha rinsaldato e rilanciato il gemellaggio tra Athletica Vaticana, la polisportiva ufficiale della Santa Sede e le Fiamme Gialle. Una fraterna amicizia sportiva e solidale, che sostiene in particolare il Dispensario pediatrico vaticano Santa Marta e che il 24 maggio darà vita al secondo meeting “We Run Together” a Castelporziano: grandi campioni e uomini delle Istituzioni passeranno il testimone della staffetta a persone con disabilità, carcerate e carcerati, migranti e anche ai rappresentanti delle ambasciate presso la Santa Sede. Per essere davvero “fratelli tutti”.
Da Pieve di Cento ai bimbi ucraini
Era stato promesso nelle ultime righe del commento alla mezza di Pieve di Cento
http://podisti.net/index.php/cronache/item/8426-pieve-di-cento-bo-37-maratonina-delle-4-porte.html
e lo si è potuto mantenere, grazie a una catena di solidarietà che ha avuto come punto di partenza la famiglia Cossarini organizzatrice della maratonina pievarola (non si dice “centese”!), come intermediario-trasportatore fino ai colli bolognesi Michele Marescalchi, come protettore dal Cielo Angelo Pareschi – che tanto si impegnò per le vittime di Chernobyl - e come conclusione l’arrivo dell’agognato salame-premio a Modena, presso l’asilo della parrocchia di Santa Teresa, dove da due settimane sono ospitate famiglie fuggite dall’Ucraina con bimbi piccoli e altri adolescenti (e ne arriveranno ancora, fino a un numero stimato di una trentina).
A dividere un salame in trenta, lo si finisce presto; ma speriamo che una fetta in più sia andata ai due bambini dagli occhioni espressivi, che hanno visto cose che non dovevano vedere, e che almeno per qualche minuto si saranno potuti aprire al sorriso e alla fiducia per un mondo un pochino più ‘buono’.
La dolorosa maratona-via Crucis di Kiev
Avevo già preso contatto con i miei confratelli missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI) per andare a Kiev a correre la maratona. Mi dicono che la città è un saliscendi, e dunque percorso abbastanza mosso per la 42km. La maratona si corre a ottobre, ma credo che, dopo le edizioni annullate causa pandemia da Covid19, anche la 13ma edizione prevista in questo 2022 sarà difficile correrla.
Sul sito ufficiale della maratona la data del 15-16 ottobre 2022 campeggia intatta: un’informazione che vogliamo accogliere come augurio in queste prime settimane di guerra e di grandi viaggi (anche a piedi) per raggiungere i confini e cercare un futuro migliore. Sul sito ucraino, il 3 marzo è stato pubblicato un comunicato dove leggiamo: “Non c’è posto nello sport per i Paesi che hanno scelto la strada della guerra… Chiediamo a tutti gli organizzatori di eventi podistici nel mondo di dire ‘no alla guerra’. Invitiamo a non ammettere atleti russi e bielorussi, a rifiutare sponsor russi e bielorussi, a sostenere l’Ucraina dando informazioni corrette sull’azione degli aggressori. La fine di questa guerra richiede l’aiuto di tutti”.
Sono una trentina i miei confratelli in terra ucraina, distribuiti in dieci case che in questi giorni sono diventate centri di accoglienza e di aiuto. Nel riquadro destro della foto, dell’8 marzo, c’è p. Pavlo Vyshkovsky OMI, parroco della chiesa di san Nicola a Kiev diventata centro di aiuto alla popolazione. Lo vediamo con due medici della zona di Chernobyl ai quali sono stati consegnati medicinali.
Gli Oblati a Kiev, Tyvrov, Czernichow, Poltava e nelle altre case oblate hanno deciso di restare accanto alla gente a distribuire gli aiuti che arrivano anche dall’Italia, e a pregare. Come si può immaginare sono soprattutto i bambini a pagare un prezzo alto in questa situazione. Mi dicono che anche nei rifugi giocano, cantano e studiano.
Tra la gente “vi è grande paura e incertezza, per questo molti stanno lasciando la città per trasferirsi temporaneamente nell'Ovest del paese o anche all'estero"- dice p. Pavlo - "Molte chiese cattoliche di Kiev nella notte si trasformano in centro di accoglienza di famiglie e impaurite. La gente è scioccata, disorientata e spaventata. Noi offriamo il conforto spirituale e materiale, vivendo accanto alla gente questo tempo drammatico”.
Per inviare aiuti alla gente attraverso p. Pavlo Vyshkovsky e i missionari OMI si può consultare questa pagina: https://www.omimed.eu/2022/02/28/emergenza-ucraina/. Si può donare anche tramite Facebook alla pagina https://www.facebook.com/donate/351562970175956.
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A questo appello aggiungiamo uno stralcio significativo di quello lanciato il 25 febbraio da Paolo Gino sulle pagine del Club Supermarathon Italia:
…Non si sa nemmeno più pensarci ad un conflitto del genere, sì, forse è meglio correre e lasciarsi indietro angosce e un dolore grande per l’irrazionale mattina del 24 febbraio 2022.
Con frivolezza e ottimismo guardo a quando si sarebbe dovuta svolgere la 13a WIZZ AIR KYIV CITY MARATHON 2022: qualche volta ci ho fatto un pensierino…. Sarò troppo ottimista ma visto che le iscrizioni sono ancora aperte mi iscrivo. Mi dico: il 16 ottobre prossimo sarà tutto finito e torneremo ancora a correre per i lunghi viali di Kiev.
Dice il loro sito: “Tuttavia, una maratona non riguarda solo la corsa e i chilometri che ti lasci alle spalle. È una sfida per i forti nello spirito. È una storia su come sfidare te stesso e ottenere la tua vittoria. È la storia che creiamo insieme. Crediamo che sarà il tuo incredibile risultato. Conquistiamo nuove vette con Run Ukraine! Mettiti alla prova e scegli la tua distanza- da 10 a 42 km! “. Parole sante che mettono ottimismo.
Intanto cadono le bombe su Kiev e sulle grandi città ucraine, le prime vittime, la manovra a tenaglia: lo scenario è completamente diverso, e rende non solo inutili ma pure un po’ ridicole le schermaglie diplomatiche dei giorni scorsi, anche se la via del dialogo è sempre la migliore. Ma mentre aspettiamo di correre a Kiev facciamo un giro per l’Europa a vedere che fanno i nostri amici. E apprezzeremo ancor più quanto si fa nel nostro bistrattato Paese.
Da decenni, dalla missione in Libano –dove siamo ancora impegnati -, i soldati italiani hanno dimostrato di saper mettersi in gioco e anche morire per difendere i valori e gli interessi della comunità nazionale. I nostri uomini, gli alpini, i carabinieri sono considerati i migliori del mondo nelle missioni di costruzione della pace: perché sono capaci di dialogo e di rispetto per gli altri popoli; perché sono portatori di quella cultura umanista e cristiana che è il principale motivo per cui possiamo essere orgogliosi di sentirci italiani. La stessa cultura che ha portato a scrivere nella Costituzione che l’Italia giustamente ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.
Ma se la guerra ce la fanno gli altri? Riconosciamolo: lo sgomento di questa mattina nasce anche dal distacco con cui abbiamo seguito le vicende ucraine.
La prima crisi da affrontare sarà quella dei profughi. Se fossimo stati pronti a fare la guerra per l’Ucraina, la guerra non ci sarebbe. Dirlo adesso è forse inutile. Ma è utilissimo, anzi indispensabile, tenerlo a mente per evitare la prossima guerra.
Intanto non ci resta che sognare che tutto torni come prima e che il 16 ottobre 2022 correremo insieme agli amici Ucraini, e spero, ai fratelli Russi la maratona di Kiev. https://kyivmarathon.org/en/
Nell’immediato, segnaliamo la prima ‘azione’ in campo podistico che ci è giunta in redazione dall’addetto stampa Federico Pasquali:
Domenica 13 marzo “torna” la Corsa di Miguel. Torna con i versi oggi più attuali che mai del maratoneta poeta argentino desaparecido: “Per te atleta/che traversasti paesini e città nel tuo andare/ Per te atleta che disprezzi la guerra e sogni la pace”. È con queste parole che si correrà lunedì 25 aprile sul tradizionale tracciato dal Lungotevere allo Stadio Olimpico per complessivi 10 chilometri.
Ma le cronache drammatiche di questi giorni non potevano essere ignorate e allora ecco che la Corsa di Miguel ha deciso di proporre un’anteprima all’insegna dell’aiuto alle popolazioni ucraine colpite dalla guerra. Proprio al Ponte della Musica ci si vedrà domenica 13 marzo, dalle 10 alle 13, per correre e camminare insieme, raccogliendo aiuti alimentari e farmaci per Kiev.
La Corsa di Miguel è già cominciata nelle scuole con tanti incontri anteprima. E domenica 13 marzo, sul Ponte della Musica, ci saranno anche gli studenti romani a raccogliere gli aiuti per l’Ucraina.
Roma-Ostia: Padre Puccio da record
Primato personale e primo posto di categoria. Il 6 marzo 2022 resterà a lungo nella memoria di padre Vincenzo Puccio che, alla vigilia del 48° compleanno, stampa una prestazione di grande valore tecnico alla 47ma edizione della Roma-Ostia. 1.10’42’’ dice il crono finale. Probabilmente una di quelle giornate in cui tutto va per il verso giusto: meteo, gambe, alimentazione. Ma anche il risultato di un’applicazione quotidiana, di sacrifici, di situazioni difficili gestite mentalmente.
Vincenzo è parroco a Santa Venera, Barcellona Pozzo di Gotto (Me) ed è impegnato nella formazione dei giovani anche attraverso l’atletica leggera.
Gli ultimi allenamenti a fine febbraio/inizio marzo facevano presagire un risultato di rilievo, ma scendere sotto l’ora e 11 minuti sembrava davvero un risultato irraggiungibile. Vincenzo aveva corso due mezze maratone nel 2019 in 1.12’, e questo traguardo appariva fino a ieri come l’apice di una carriera sportiva di tutto rilievo. Ha smentito tutti il campione siciliano, probabilmente anche se stesso. “Ho cercato di concentrarmi - racconta a fine giornata. - Sono andato regolare con una bella progressione nell’ultima parte di gara”.
E così continua il sogno di questo fuoriclasse che entra di diritto in quella schiera di campioni che la terra siciliana ha sfornato nel fondo e nel mezzofondo. Lo sa bene il suo allenatore Tommaso Ticali, che lo conosce e lo segue da sempre e che all’arrivo è stato il primo a complimentarsi con Vincenzo.
Unico rammarico: la mezza maratona più partecipata d’Italia è di “tipologia B” e di conseguenza, secondo il dettame della Federazione, gare di questo tipo “non sono valide per il conseguimento di record italiani ed inserimento nelle graduatorie nazionali”. (La ragione sta nella distanza tra partenza e arrivo, che in teoria consentirebbe un eventuale favore del vento, e nella altimetria favorevole da Roma al mare).
Il tempo di Vincenzo sarebbe stato abbondantemente record siciliano della categoria SM45.
Dalle Alpi a Lilibeo, le gare dei “don” Puccio e Torresani
30 gennaio - Splendide prestazioni per i due capitani dei ‘pretisempredicorsa’ impegnati in due gare agli estremi opposti d’Italia. Padre Vincenzo Puccio, parroco in Sicilia a Barcellona Pozzo di Gotto (Me), ha gareggiato al Trofeo Città di Messina, mentre don Franco Torresani, cappellano di residenze sanitarie assistenziali (RSA) a Trento e dintorni, è stato impegnato a San Vittore Olona (Mi) nella prestigiosa Cinque Mulini.
A Messina la mattinata è stata baciata dal sole e da un leggero vento di tramontana. 247 gli atleti al traguardo (200 uomini e 47 donne) con la soddisfazione di riprendere a correre dopo due anni di fermo causa emergenza sanitaria. Il Trofeo Città di Messina si è svolto su un anello classico per le gare messinesi da viale Boccetta a piazza Cairoli con arrivo davanti al Palazzo comunale. 2280 metri da ripetere quattro volte più un semianello iniziale di 880 metri per arrivare con precisione alla distanza dei 10km.
Il tempo finale di padre Vincenzo è stato 33’27’’ (1° di categoria SM45, 6° assoluto) con un miglioramento rispetto alle uscite più recenti sulla distanza. Per la cronaca la gara è stata vinta da Luigi Spinali in 32’21’’ e Nadiya Sukharyna in 41’ 01’’.
http://podisti.net/index.php/cronache/item/8281-spinali-un-dominio-al-trofeo-citta-di-messina.html
A un migliaio di chilometri dalla Sicilia, don Franco ha partecipato alla 90ma edizione del Cross Country Cinque Mulini. Nella categoria over 50 ha coperto i 4200metri della gara in 14’56’’ (2° di categoria SM60, 12° assoluto) battuto di un solo secondo.
La batteria di don Franco, che è stata la prima a partire alle ore 9, è stata regolata da Roberto Pedroncelli in 12’46’’ e Carla Primo in 15’15’’. Terza gara di gennaio per il forte atleta trentino che il 6 gennaio ha corso al Campaccio (1° di categoria) e l’8 gennaio alla 48ma edizione della Ciaspolada della Val di Non. “Potevo fare l’accoppiata Cinque Mulini-Campaccio, ma sono arrivato da Trento con parecchie difficoltà, e non ho potuto fare un buon riscaldamento pre-gara”, ha detto Torresani a podisti.net.
I sacerdoti runners sono una presenza apprezzabile nel mondo podistico. Portano un messaggio di dialogo, vicinanza e solidarietà. Credono, inoltre, che la corsa a piedi sia occasione di inclusione e di miglioramento personale. Il sito www.pretisempredicorsa.it racconta le loro storie e riporta notizie su gare e altre iniziative che li vedono protagonisti.
Don Franco Torresani alla 90ª Cinque Mulini World Cross Country Tour
Un maratoneta diventa arcivescovo di Algeri
E’ arrivata a fine dicembre la notizia dello spostamento di mons. Jean-Paul Vesco dalla sede di Orano, seconda città dell’Algeria, alla capitale Algeri. Jean-Paul Vesco, 60 anni a marzo, domenicano di origine francese è un corridore. Nel 1989 ha corso la maratona di New York in 2ore 52minuti. Originario di Lione, prima di intraprendere il percorso che lo ha condotto al sacerdozio nel 2001, ha esercitato la professione di avvocato. A dicembre del 2012 papa Benedetto XVI lo nominò vescovo di Orano, città di quasi un milione di abitanti, importante porto commerciale situato sul Mediterraneo 420 km a ovest di Algeri. Ora si trasferisce nella capitale dove succede e mons. Paul Desfarges, gesuita, che ha lasciato la guida dell’arcidiocesi della capitale per raggiunti limiti di età.
Vesco ha sempre visto nella corsa a piedi un’occasione di incontro e dialogo anche tra persone di fedi religiose diverse. Il contesto in cui vive, in passato si è rivelato particolarmente difficile. Il suo predecessore a Orano, il vescovo Pierre Claverie, fu ucciso da un autobomba all'ingresso dell'arcivescovado nel 1996 divenendo uno dei 19 martiri d'Algeria beatificati l'8 dicembre 2018. Ma la forza del dialogo è concreta e reale. E dialogare significa incontrarsi senza eliminare le proprie convinzioni. “Qui valutiamo forse in maniera più consapevole la possibilità dell’essere cristiani. - diceva in un’intervista del 2019 - Questo non toglie nulla alla ricchezza delle religioni, e specificatamente dell'Islam. E questo non toglie nulla al mistero della differenza religiosa, ma è sicuro che più che mai io sono meravigliato dall’essere cristiano”.
Il 23 settembre 2019 partecipò alla corsa Via Pacis a Roma. Quell’anno (era una giornata piovosa) la gara partiva e arrivava a piazza San Pietro con passaggi alla sinagoga, alla moschea, alle chiese ortodossa, metodista e valdese, e ai templi buddista e induista. In quell’occasione ebbe modo di dire: “Per me correre è un piacere. Corro da sempre e la maratona più importante l’ho fatta parecchi anni fa a New York; poi sono seguite Parigi e Berlino. Se sant’Agostino ha detto che cantare è pregare due volte, per me correre è anche uno spazio interiore: è pregare e meditare insieme, ossia pregare due volte”.
L’insediamento di mons. Vesco ad Algeri è previsto per venerdì 11 febbraio. "Lasciare la diocesi di Orano - ha detto a fine dicembre dopo aver appreso della nuova nomina - non era certamente nei miei orizzonti, ma sono certo che questo cambiamento porterà ricchezza e fecondità. Ringrazio dal profondo del cuore per essere stati miei fratelli e sorelle. Chiedo perdono a coloro che ho potuto ferire o trascurare mio malgrado. Ringrazio per quanto abbiamo vissuto di bello, ed è molto. Rimetto tutto alla grazia di Dio con fiducia".
Alla sua nuova arcidiocesi di Algeri in un'altra lettera ha scritto: "È un compito che non era nella mia mente; lo ricevo con fiducia e gioia. Auguro a tutti un buon anno di scoperta reciproca e di cammino insieme e vi saluto fraternamente".
E dire che il vescovo corridore si stava preparando da tempo ad accogliere ad Orano gli atleti della XIX edizione dei Giochi del Mediterraneo che lì si svolgeranno dal 25 giugno al 5 luglio 2022 dopo il rinvio del 2021. “Lo sport abolisce le distanze. Quando corriamo, quando facciamo sport insieme, è l’umanità al centro e siamo tutti fratelli e sorelle”, afferma con convinzione.
La storia sportiva e di fede di mons. Jean-Paul Vesco è raccontata nel libro ‘Preti (sempre) di corsa’ (ed Missionari OMI) di cui abbiamo parlato nel 2020:
Una maratona con santa Barbara
Rieti, 4 gennaio - Il campanile della chiesa di santa Barbara in Agro, 33 metri di altezza, scandisce la maratona. Sincronizzarsi in qualche modo con i rintocchi orari aiuta a percepire se stessi nello spazio rurale e nel tempo che scorre. E la mia diciassettesima maratona. Sono a Rieti nella seconda tappa della Befana Marathon Tour, una delle tante serie di maratone messe in piedi dall’infaticabile Felice Petroni. Per il 2022 si è messo in testa di organizzare cento maratone e ci riuscirà!
Una dozzina gli atleti alla partenza in una mattinata di inizio anno dall’insolita temperatura mite. Da queste parti la neve arriva presto, ma oggi la si vede solamente sulle cime, a occhio e croce sopra i 1500 metri di altitudine. Giro di 3,5km quest’oggi (tutto pianeggiante) da ripetere 12 volte, più un prologo di 500 metri per coprire con precisione la distanza maratona. I giri di pochi chilometri rischiano di essere monotoni, ma a me sembra che nella ripetizione ci sia qualcosa di sapiente. Il giro aiuta anche a frazionare lo sforzo. Dipende da ciascuno, ma io personalmente non soffro molto questo tipo di percorsi. I perimetri mi sembra che facilitino anche le relazioni interpersonali e in manifestazioni con numero minimo di partecipanti è cosa apprezzabile. Qualche minuto prima della partenza un podista, originario di queste parti e che lavora a Torino, si avvicina per chiedermi cosa succede. Ogni tanto, quando si trova in ferie e si allena nei dintorni, vede gruppi di maratoneti che con tanto di pettorale solcano le strade della campagna reatina. Gli spiego di cosa si tratta e lo introduco alla filosofia dei “maratoneti seriali” dove, per dirla in sintesi, la quantità conta più della qualità (spero non si offenda nessuno leggendo), dove si corre senza l’ossessione del cronometro per la pura gioia di correre.
In gara oggi c’è un forte atleta (che concluderà in 2ore e 52 minuti). Viaggia regolare con un piccolo calo solamente negli ultimi chilometri. E’ contento, ma con una discreta tensione agonistica, come è forse giusto che sia. Ci salutiamo ad ogni doppiaggio: il mio ritmo è decisamente tranquillo. Come sempre la maratona per me è un percorso. Non solo il giorno della gara, ma le settimane che lo precedono, gli allenamenti corsi nella maggior parte dei casi da solo e in un numero imprecisato di località a causa degli spostamenti che caratterizzano da sempre la mia vita itinerante. Nel percorso di preparazione per questa maratona ho corso un discreto numero di chilometri in Repubblica democratica del Congo tra fine novembre e inizio dicembre! Penso al campo in sabbia della periferia di Kinshasa, ai ragazzi che lì si allenano sognando l’Europa, ai chilometri inanellati, alla risposta che ho ricevuto quando ho chiesto se le ragazze giocano a pallone e fanno sport in Congo. “Le donne stanno a casa”, mi dicono. “Qualcuna pratica sport il sabato mattina”. Anche oggi le signore in gara sono solo due, una delle quali sulla distanza maratona.
Barbara, patrona di Rieti, significa ‘straniera’. E io mi sono sempre sentito tale. Uno di passaggio, non sempre collocabile. Leggero (anche se il mio ‘passo maratona’ comincia ad appesantirsi), un po’ imprevedibile. Anche oggi, in questa prima maratona del 2022, ho la consapevolezza di essere ospite e cerco di filare lieve. Le munizioni con cui fare fuoco (la “Santa Barbara”) si riducono e lasciano il posto alle belle esperienze.
Padre Vincenzo, don Franco… e gli altri “pretisempredicorsa” nel 2021
A fine anno il bilancio è positivo per i pretisempredicorsa, il gruppo di sacerdoti corridori che da due anni si presenta in gare nazionali ed internazionali (www.pretisempredicorsa.it).
L’annata era virtualmente partita il 13 dicembre 2020 con la splendida partecipazione di padre Vincenzo Puccio sul podio di categoria M45 al Campionato italiano di maratona di Reggio Emilia con il tempo di 2h39'26''. Il 10 aprile successivo Vincenzo ha corso i 10000 metri sulla pista del CUS Catania in 33'09'', il 17 aprile i 3000 metri a Siracusa in 9’08’’. Il forte sacerdote siciliano ha concluso il 2021 con due 10 km su strada.
A Bagheria (PA) domenica 14 novembre ha vinto la categoria all'8° Torneo del mare: 34'02'' il tempo cronometrico (6° assoluto). Si è ripetuto il 5 dicembre nello scenario dello Stretto di Messina, con un altro ottimo risultato: 34'24'' (4° assoluto, 1° di categoria) nella 10km di Capo Peloro/5° Trofeo Luigi Cacopardi.
Numerosi i podi e le soddisfazioni di don Franco Torresani che continua ad imporsi e a portare punti preziosi alla sua società, l’Atletica Paratico. Delle tante gare di Franco, che quest’anno ha lasciato la parrocchia d Bolognano di Arco di Trento per trasferirsi in città a Trento, menzioniamo due ottimi risultati tecnici. Il 31 luglio ha ottenuto il bronzo al Campionato italiano Km Verticale master tra gli over 50. La gara Piz Tri Vertikal si è svolta a Malonno (Bs). Mille metri di dislivello su uno sviluppo di 3,5 km. Questo bronzo faceva seguito all' oro di Corsa in montagna il 26 giugno a Colorina (So) nella gara Le Selve. A Telfes im Stubai, in Tirolo (distretto di Innsbruck) il 4 settembre Franco si è laureato campione mondiale M55 di corsa in montagna. Il 18 settembre ai Campionati europei master di Corsa in montagna che si sono tenuti a Tramonti di Sopra (PD) ha ottenuto un ottimo bronzo. Il 10 luglio aveva chiuso al 7° posto assoluto la prima edizione del Mura Trail, 18km (500D+) gara in notturna a Verona.
A Livorno l’instancabile padre Gabriele Bezzi continua ad programmare corse di solidarietà. Da più di vent'anni organizza, infatti, pellegrinaggi di corsa e, insieme ad altre associazioni livornesi, raccoglie fondi per l’ospedale dei bambini a Betlemme. Il 20 giugno è stato tra gli organizzatori di “Una corsa per rinascere”.
Don Pino Fazio, sacerdote calabrese della provincia di Catanzaro, ha corso il 9 maggio la 6 ore di Corato (BA); il 4 giugno a Castellaneta marina (TA) una gara singolare denominata L'ultimo sopravvissuto, percorrendo 47 km.
Don Marco Carletto, sacerdote trevigiano, ha partecipato alla V edizione del trail notturno di Venezia svoltosi il 28 agosto. Percorso di 16 km (51 ponti) nelle stradine del centro città. Il 24 ottobre ha poi corso la Venice Marathon dove, il giorno precedente, era stato tra gli animatori della messa del maratoneta presieduta dal patriarca Moraglia.
Il libro Preti (sempre) di corsa (ed. Missionari OMI 2020) ha avuto una buona diffusone. E’ stato presentato a Catanzaro (Atletica Zarapoti), Roccamandolfi (IS), Barcellona Pozzo di Gotto (ME, Duilia) e Termini Imerese (PA, Atletica Termini) ed è stato segnalato da numerosi mezzi di comunicazione a partire da TV2000, la televisione della Conferenza episcopale italiana. Hanno scritto sul libro anche le riviste Scarp de tenis, Toscana oggi e Credere, il sito Runner’s Tales, il canale Youtube 24live.
Il progetto di solidarietà Sport in missione, sostenuto dai sacerdoti podisti e dal libro Preti (sempre) di corsa ha avuto un’ottima concretizzazione, a fine novembre, con la consegna di persona (anche da parte di chi scrive) di materiale sportivo alla scuola Giovanni Santolini, nel quartiere Camp Luka di Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, frequentata da 530 alunni.
Il Patriarca di Venezia alla Messa del maratoneta
Dopo aver inviato un messaggio ai maratoneti presenti nel 2019 a Venezia per la maratona, questa volta il patriarca Francesco Moraglia ci sarà di persona e celebrerà la messa del maratoneta sabato 23 ottobre. Alla vigilia della 35ma edizione della maratona di Venezia, nella chiesa di San Salvador alle ore 17.30 ci sarà la possibilità di pregare insieme e cementare legami di amicizia alla vigilia del grande appuntamento. «È davvero una bella notizia la riproposizione della messa del maratoneta», ha detto il presidente di Venice Marathon Piero Rosa Salva, «e ringraziamo fin d’ora il Patriarca per aver dato la sua disponibilità a nobilitare l’evento con la sua presenza».
Nel 2019 la messa era stata celebrata nella chiesa di san Zulian (cui si riferisce la foto). Per l’occasione il patriarca Moraglia aveva inviato un messaggio nel quale si leggeva: «Vi incoraggio pensando alla vostra corsa di domani e, ancor più, alla grande ‘corsa’ della vita, che appartiene a tutti. Siate consapevoli delle vostre forze e dei vostri limiti per affrontare sia la sfida della maratona sia quella della vita con lealtà, generosità e determinazione. Così una autentica vittoria potrà comunque essere da voi conseguita, aldilà della performance realizzata e della classifica».
La messa era stata celebrata da don Roberto Donadoni e concelebrata da don Marco Carletto, parroco in provincia di Treviso e maratoneta Furono presenti 150 atleti.
“Due anni fa, prima del Covid, potevamo starci nella chiesa di San Zulian. – dice don Marco - Stavolta andiamo a San Salvador, più capiente, vicino al ponte di Rialto. Concelebrerò con don Roberto che è parroco di quella chiesa”.
Messa per i maratoneti alla vigilia dell’appuntamento di Roma
Si rinnova la tradizione della celebrazione della messa alla vigilia, 18 settembre, dell’edizione della maratona di Roma (Run Rome - The Marathon) in programma domenica 19 settembre. La messa sarà celebrata dal cardinale Gianfranco Ravasi nella “chiesa degli artisti” (Santa Maria in Montesanto) a piazza del Popolo il giorno della vigilia, appunto sabato 18 alle ore 18. Un momento di preghiera, ma anche di incontro e incoraggiamento reciproco per i partecipanti alla maratona dell’indomani e per i loro accompagnatori. Il cardinale Ravasi, che presiederà la cerimonia, è il presidente del Pontificio consiglio della Cultura, l’ufficio vaticano che segue direttamente la pratica sportiva.
La celebrazione del 18 settembre è organizzata da Athletica Vaticana, l’associazione sportiva ufficiale della Santa Sede posta sotto l’egida del Dicastero guidato da Ravasi. L’invito è rivolto a tutti gli sportivi: amatori e professionisti, tecnici, dirigenti e familiari. Concelebreranno sacerdoti maratoneti di diverse nazionalità. Al termine della messa verrà impartita la “Benedizione degli sportivi” e sarà recitata la “Preghiera del maratoneta” tradotta in 37 lingue.
Nell’omelia alla messa per la maratona di Firenze nel novembre 2019, monsignor Sanchez de Toca del Pontificio consiglio della Cultura, citando il “sindaco santo” fiorentino Giorgio La Pira, proponeva ai presenti di vivere la corsa come elevazione spirituale e materiale insieme, per il Regno di Dio e non come esperienza narcisistica e autocelebrativa. Sono ormai numerose (specialmente nel Nord Europa) le celebrazioni organizzate prima di maratone importanti, come Berlino, Firenze, New York, Ratisbona (Regensburg), Valencia e Venezia.
Giochi di Tokyo. Houleye, Krystsina e non solo… ‘Insieme’, al di là delle discussioni
C’è stato un certo dibattito linguistico, a fine luglio, sul quarto aggettivo/avverbio scelto dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per arricchire il motto olimpico. Al famoso e consolidato “Citius, Altius, Fortius”, è stato aggiunto l’aggettivo communis o, meno infelicemente, l’avverbio communiter. Un tentativo di inserire l’insieme, la dimensione diremmo comunitaria, così importante nella pratica sportiva.
“Un vero e proprio errore di semantica” lo ha definito Mario De Nonno, professore ordinario di Letteratura latina all’università Roma Tre. In realtà, come ha specificato anche il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il termine più adeguato per esprimere questa idea sarebbe simul, ma il CIO lo ha voluto evitare per la sua attinenza sonora con la parola simulazione che è una delle dimensioni per eccellenza dell’antisportività.
Il professor Gabriele Burzacchini, dell’università di Parma, ci fa notare che benché l’avverbio sia usato da Catone in un paio di frammenti, e soprattutto da Cicerone in varie lettere, in orazioni e in trattati filosofici (scrivere una lettera communiter cum aliis 'in comune con altri'; possedere omnia communiter con un altro; cercare il cibo insieme tra dissimillimis bestiolis, ecc.) non è il più adatto ad esprimere nel motto la nozione di 'insieme', che sarebbe meglio resa da simul oppure una. Tuttavia, nella modifica del motto olimpico c’è un ampliamento che va apprezzato e alcune idee che è senz’altro interessante annotare.
Anzitutto la dimensione inclusiva. Lo sport (e la nostra amata corsa a piedi) vuole coltivare una dimensione di inclusione, dove tutti sono cittadini con eguali diritti e altrettanti doveri. Nelle qualificazioni dei 100metri donne abbiamo notato la presenza Houleye Ba, un’atleta della Mauritania che ha corso la sua batteria in 15:26. Non è la prima volta che una donna si presenta a gareggiare alle Olimpiadi coperta con hijab e tuta. Lo sport è di tutti, non solo degli atleti superperformanti. Ma sapete dev’è la Mauritania e siete mai andati a vedere gli impianti sportivi della capitale Nouakchott dove si allena la 29enne professoressa?
C’è poi la dimensione solidale, la vicinanza a situazioni contingenti, a problemi. Possiamo forse rintracciarla, al di là delle questioni politiche, nell’accoglienza con visto umanitario da parte della Polonia della velocista bielorussa Krystsina Tsimanouskaya. L’atleta aveva espresso alcune critiche a suoi allenatori e ai capi delegazione. Messaggi che hanno irritato le autorità del suo Paese, da cui la loro intenzione di effettuare un rimpatrio forzato e anzitempo. Krystsina ha dichiarato che non ha alcuna intenzione di sollevare questioni politiche: "Voglio continuare a correre. Non ho ancora pensato a chiedere asilo politico, voglio solo continuare la mia carriera sportiva".
Nell’aggiunta della parola insieme (un concetto simile sarebbe espresso in parte dalla frase inglese dell’AIMS “marathon is race without race”) c’è infine la sottolineatura della dimensione umana dello sport, un’umanizzazione della pratica sportiva, dove non conta l’agonismo esasperato, la ricerca di sé stessi, il consenso popolare, ma la felicità e la forza del ritrovarsi insieme, che include anche la possibilità di dare una seconda occasione a chi è stato ingiustamente accusato o avesse commesso presunti errori. A noi, lo diciamo con il rischio di esporci a critiche, è mancato il marciatore Alex Schwazer accusato di doping recidivo (dopo una prima condanna, meritata e scontata), privato di due altre Olimpiadi, con sentenze sportive però ‘smontate’ lo scorso 19 febbraio dal gip di Bolzano Walter Pelino senza che i supremi organi dello sport ne tenessero conto.
“Più veloce, più in alto, più forte” valgono ancor più se fatti “insieme”.
Corsa e sport fanno bene, parola di missionario
Missioni OMI, la rivista di attualità dei missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), dedica il numero di agosto-settembre (n. 8-9/2021) alla presenza della Chiesa nel mondo dello sport, in particolare della corsa a piedi.
Sono molteplici le esperienza in Italia che legano la Chiesa allo sport, a cominciare dagli oratorii, che hanno una lunga tradizione nel nostro paese, in particolare nel Nord. Una presenza che evidentemente si colloca nel settore dei valori della pratica sportiva, ma che ha offerto nel corso degli anni anche spazi fisici per la pratica stessa. La chiesa vuole abitare il mondo degli uomini e delle donne, in particolare in questo tempo di possibile ripresa dopo l’impegnativo periodo della pandemia.
Proprio lo scorso anno parlavamo su queste colonne di un convegno promosso dalla Conferenza episcopale italiana (CEI) dal titolo: “Sport ritorno al futuro. Percorso di riflessione online sul futuro dello sport dopo la pandemia di Covid 19”:
https://www.podisti.net/index.php/commenti/item/6140-come-ricomincera-lo-sport-riflessioni-promosse-dalla-cei.html
Sulla copertina del numero imminente del mensile Missioni OMI, che quest’anno celebra il centenario, c’è una foto di don Marco Bottoni, prete fidei donum della diocesi di Lodi, rientrato da poco in Italia dopo un decennio di missione in Uruguay. Marco è uno dei pretisempredicorsa raccontati nel libro “Preti (sempre) di corsa”:
Il titolo sulla copertina della rivista, “In missione nel mondo della corsa”, sottolinea l’esperienza di una “chiesa in uscita” molto cara a papa Francesco, una presenza negli ambienti di vita per camminare insieme verso il bene. La fede si può vivere anche facendo sport e correndo a piedi. La benedizione all’arco di partenza delle gare, la solidarietà tra podisti soprattutto nelle gare di lunga distanza, il rispetto delle regole e dei percorsi, la cura della natura e del Creato… sono tutte esperienza di una fede praticata anche in ambito sportivo.
Ecco in anteprima l’editoriale.
La corsa della vita
Le frontiere della missione della chiesa sono molteplici: non c’è ambito della vita umana in cui il Vangelo non possa essere vissuto e annunciato. Il mondo dello sport, da quello di alto livello a quello amatoriale, ha bisogno di evangelizzazione al pari degli ambienti di lavoro, di studio, di impegno sociale o politico. La Buona Notizia della salvezza conquistata da Cristo entra in dialogo con il vissuto degli esseri umani per purificarlo, redimerlo, qualificarlo. E l’attività sportiva occupa una parte importante della vita settimanale di tante persone. Le statistiche dicono che il tempo per l’attività fisica è sempre più ricercato e qualificato. Il periodo dell’emergenza sanitaria ha compromesso in parte questo beneficio, ma forse lo ha reso ancora più ricercato e apprezzato.
La corsa a piedi, in particolare, contribuisce al calo di peso, a regolare valori ematici e pressori, al benessere emotivo, a produrre endorfine. Un paio di scarpe adatte è tutto ciò che serve: un benessere a costi relativamente bassi. Siamo nati per correre, lo facciamo da bambini: un’attività sportiva sana e naturale che prolunga la dimensione ludica anche nella vita adulta e contribuisce a realizzare quella cura del creato di cui noi stessi siamo parte come esseri umani. Correre è stare con sé stessi, entrare in comunione profonda con il Creato, con il Creatore, con i Creati. Occasione di apertura, uguaglianza, amicizia, dialogo e solidarietà. La chiesa vuole abitare sempre più il mondo degli sportivi e lo fa mettendo in campo numerose iniziative e progetti, sia a livello nazionale che locale.
Due anni fa mons. Francesco Miraglia, patriarca di Venezia, accoglieva gli atleti arrivati in città per la maratona autunnale con queste parole: “Desidero manifestare la mia vicinanza e unirmi spiritualmente a tutti voi. Anche il correre può diventare un’occasione preziosa per lodare l’unico Dio, Padre di tutti e ammirare una volta di più la bellezza del Creato che ci è stato donato - e questo diventa specialmente vero nel percorso splendido che dalla Riviera del Brenta vi porterà nel cuore di Venezia - ma anche per sperimentare, in un contesto di sana competizione sportiva, situazioni di incontro, di reciproca accoglienza, e di fraternità umana che accomuna tante persone di provenienza disparata. Vi incoraggio pensando anche alla grande corsa della vita che appartiene a tutti. Siate consapevoli delle vostre forze e dei vostri limiti per affrontare sia la sfida della maratona che la sfida della vita con lealtà, generosità e determinazione. Così un’autentica vittoria potrà essere da voi conseguita al di là della perfomance realizzata e della classifica”.
Don Torresani campione M55 di corsa in montagna
Ormai non si contano più i titoli ottenuti da don Franco Torresani nel corso della sua carriera. Sabato 26 giugno ha aggiunto alla lunga collezione il 17° titolo nazionale over 35 (tra pista, strada, cross e montagna) andando a vincere il titolo italiano SM55 ai Campionati italiani master di corsa in montagna nella gara svoltasi a Colorina in Valtellina.
Percorso di 10km con 650 metri di dislivello positivo che Franco ha concluso in 54’03’’.
Il titolo acquista ancor più significato perché, come ha dichiarato Franco, è “arrivato dopo tre mesi di penitenza, a seguito di una carrozzeria che alle soglie di quota 60 comincia a dare evidenti segnali di logorio”. Quasi 500 gli atleti da tutta Italia partecipanti alla manifestazione “Le Selve”, organizzata dalla Polisportiva Colorina e d 2002 Marathon Club, con l’Atletica Paratico (società con cui è tesserato il prete trentino) a raccogliere un’infinità di podi e piazzamenti. Il sodalizio del presidente Ezio Tergattini, come spesso accade in manifestazioni nazionali, sabato aveva ben 85 atleti al via!
“E stata una gara piuttosto sofferta, con continui saliscendi e che si è risolta in rimonta nell' ultima impegnativa picchiata prima del traguardo”, commenta don Franco. Lo sguardo del forte prete trentino, che lascerà fra qualche mese la parrocchia di Bolognano di Arco di Trento, è già rivolto alla prossima edizione dei campionati europei di corsa in montagna del mese di settembre.
Don Torresani aveva partecipato in maniera ‘canonica’ ai Campionati italiani su strada 10km master di Paratico, domenica 23 maggio.
Nel dopogara aveva infatti celebrato la Messa per atleti, tecnici e organizzatori. "Non si è fermata tantissima gente - dice - Ho voluto celebrare utilizzando il podio come altare. E siccome era vicina la festa della Santissima Trinità ho preso lo spunto per dire che nella Trinità i 'tre' sono tutti uguali".
Dunque "Solo assistenza spirituale, questa volta", aggiunge. "Nella messa abbiamo avuto un ricordo per tutti i defunti a causa della pandemia, tra cui anche esponenti del mondo sportivo", non mancando di citare la presenza di atleti religiosi nelle competizioni, "atleti di ottimo livello che si fanno valere in Italia e all'estero".
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- Fotografo/i Stefano Beltrami