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Maurizio Lorenzini

Maurizio Lorenzini

appassionato di atletica, istruttore Fidal e runner

Ad una manifestazione già largamente apprezzata probabilmente mancava solo la partecipazione di un’atleta elite per qualificarsi ulteriormente … ed ecco la sorpresa: al via della 15^ edizione si è trovata la nostra maratoneta attualmente più forte, Sara Dossena. Sulla via per la sua prossima maratona, Nagoya (Giappone, 10 marzo 2019), Sara ha scelto Vittuone per mettere altro fieno in cascina. Un’ora di corsa prima del via e poi una mezza corsa al ritmo maratona. Alla fine il crono sui 21097 metri dice 1:13:26 (chiaramente polverizzato il record della gara) ma conta davvero poco in senso assoluto, era invece  importante portare a casa un lungo di qualità, secondo le indicazioni di coach Brassini.

Quindi una manifestazione impreziosita dalla presenza di Sara Dossena, ma che ha confermato ancora una volta tutto quanto di buono si è visto a Vittuone nel corso degli anni. Dopo diverse partecipazioni mi è difficile aggiungere nuovi elementi a quanto già raccontato nel corso degli anni. Solita chiusura anticipata delle iscrizioni (oltre 1100, ricordando che sono a numero chiuso), oltre 1000 i classificati. Stesso percorso, super collaudato, veloce e ben presidiato, una logistica ai limiti, ma ancora adeguata mantenendo la scelta (seria ed apprezzata) di limitare il numero dei partecipanti.  

Gara maschile vinta da Roberto Dimiccoli (U.S. San Maurizio), col tempo di 1:10:32; al secondo posto Claudio Alberto (1:11:12-Atl.Susa) e terzo Fabio De Angeli (1:11:20-Daini Carate).

Tra le donne dopo Sara Dossena (Laguna Running), si piazza Chiara Milanesi (Fò di Pe) col tempo di 1:24:54; terzo posto per Valentina Dameno (1:26:32-Cus Pro Patria).

Al solito a questa manifestazione si confrontano le categorie master ad alti livelli: estrapolo alcuni dei risultati che mi sembrano di maggior rilievo, scusandomi se me ne sono sfuggiti altri di medesima importanza. Daniela Lupo (Atl. Libertas Sesto) vince la sua categoria (F50) col tempo di 1:36:30; Valeria Vergani (Green Sport) fa altrettanto tra le M45, tempo finale di 1:30:23. In campo maschile nella categoria M50 il fenomeno Giorgio Binaghi Campana (CUS Bergamo) chiude in 1:14:32, ovviamente primo di categoria e decimo assoluto! Anche Antonio Daniele Zoppo nella sua categoria M60 realizza un tempo di rilievo, 1:26:26.

Per chiudere sulla manifestazione, andando nei dettagli: forse per la prima volta il pacco gara riservava un gadget “comune”, la classica maglietta, quando nel corso degli anni i partecipanti a questa mezza avevano sempre riscontrato una certa originalità nelle scelte degli organizzatori. Invece resta sempre di livello il ristoro finale: oltre al solito “dolce” non mancavano prosciutto crudo e la mitica mortazza.

      

Si è corsa oggi la quarta prova del Trofeo Brianzolo di corsa campestre, giunto alla sua 33^ edizione.

Il contesto era il Parco Moro, situato alle porte di Agrate Brianza, sul confine con il comune di Concorezzo. Organizzazione, che definirei ottima, a cura del gruppo sportivo i Gamber de Cuncuress. Previste tutte le categorie, da quelle giovanili ai master, sul piano quantitativo prevalgono questi ultimi che pesano per circa il 70% sul totale dei classificati (428).

Il Parco del Moro offriva un contesto ideale per una corsa campestre, a ciò si aggiunga la scelta di un percorso decisamente interessante sul piano tecnico perché, oltre ai classici prati, c’erano diversi tratti con ondulazioni anche impegnative, che hanno agevolato gli atleti tecnicamente più completi.

Sono stati diversi i duelli e gli arrivi in volata, quasi al fotofinish, tra questi segnalo la vittoria di Luca Del Pero (Falchi Lecco), miglior tempo assoluto di 19:26 sulla distanza più lunga di 6 chilometri; ha prevalso su Alessandro Rocca (Daini Carate), che ha chiuso in 19:28. Ancora più incerto il duello per il secondo posto nella categoria SM50, vinto in volata per pochissimo da Valerio Mattei (DK Runners) su Marco Gaviraghi (Runners Valseriana), nella gara vinta da Marco Premoli (21:49, Atl. Paratico).

In ambito femminile si segnala la vittoria di Ilaria Francesca Bussone (Atl.Riccardi) col tempo di 11:31, che rappresenta la miglior prestazione giornaliera sulla distanza di 3 chilometri, davanti a Chiara Fumagalli (11:53-Bocia Verano Brianza).

Altra prestazione degna di rilievo quella di Faye Bousso (Atl.Riccardi), che ha rischiato di battere anche i colleghi maschietti nella categoria allievi, infatti è giunta al traguardo al secondo posto assoluto, col tempo di 7:17, a soli due secondi dal vincitore assoluto, Marco Anselmo Di Stefano (Pol.Besanese).

Prossima prova il 23 febbraio, a Desio, organizzazione a cura dell’omonimo gruppo sportivo, i Runners Desio.

Grazie al collega Roberto Mandelli che, pur senza tutta la sua super attrezzatura fotografica, ha regalato oltre 500 scatti a ricordare una bella giornata di sport, favorita anche da condizioni climatiche eccellenti.

Per ultimo, ma non meno importante, viene da chiedersi se sia davvero impossibile organizzare un calendario più razionale; ricordo che esistono ben tre circuiti di corsa campestre (Trofeo Brianzolo, Trofeo Monga e Cross per Tutti) che si corrono nei dintorni di Milano, per un totale di 17 prove e inevitabili, oltre che dannose, sovrapposizioni di date.

Non si può certo dire che la fortuna accompagni questa manifestazione, giunta oggi alla sua 14^ edizione. Nel corso degli anni raramente si è corso col sole, sia pure se le temperature non erano quelle della pianura padana. Questa volta non si è trattato di meteo particolarmente avverso durante il week end, bensì della mareggiata che ha colpito nello scorso mese di ottobre la costa nel tratto di strada che collega (collegava, si dovrebbe dire) Santa Margherita Ligure a Portofino, le cosiddette “due perle”, una circostanza che ha costretto gli organizzatori a modificare il percorso.

La manifestazione presentava una interessante anteprima, la Portofino Run, una 10 chilometri impreziosita dalla presenza dell’atleta azzurro Eyob Faniel (G.S. Fiamme Oro Padova); numeri complessivi in netto calo rispetto al 2018, quando i classificati furono 347, contro i 211 di questa edizione. Gara combattuta sino agli ultimi metri, dove Eyob ha prevalso col tempo finale di 32:19, davanti a Stefano Guidotti (32:20-Cus Torino). Ben più staccato il terzo classificato, Valerio Ottoboni (34:01-Atletica Novese).

Gara femminile con tempi relativamente modesti, con l’atleta dell’AS Foce Sanremo, Miriam Bazzicalupo, che vince davanti a Iris Baretto (38:16-Trionfo Ligure) e Monica Cibin (38:53-Atletica Ovest Ticino.

Il giorno successivo è stata la volta della mezza maratona, non ha piovuto (invece la 10 k il giorno prima si è corsa sotto la pioggia) e già questa è una notizia. Percorso molto diverso dal passato, con tre giri quasi uguali.

Vittoria del ruandese Manirafasha Primien (Atl.Dolomiti), giunto secondo dietro Eyob Faniel nel 2018. Primo posto e crono di 1:04:32. Secondo l’inossidabile Ahmed Nasef (Atl.Desio) con 1:07:06; completa il podio il keniano Bosire Denis Kyaka.

Curiosando nella classifica, al nono posto col tempo di 1:16:01 si trova un certo Martin Fiz, campione europeo e mondiale di maratona, Helsinki 1994 e Goteborg 1995; recentemente ha stabilito il record del mondo sui 10 k, categoria M55, col fantastico tempo di 31:36. Un altro personaggio di grande popolarità presente a questa mezza è Giorgio Calcaterra, 13° in 1:17:14; contento della sua prova, forse ancora di più di avere ricevuto il premio di categoria dalle mani di Valeria Straneo. Li conosco bene entrambi, davvero due belle persone, oltre che grandi atleti.

Gara femminile vinta facilmente da Valeria Straneo (Laguna Running) in 1:18:02; seconda Margherita Cibei (1:21:44-Atl Alta Toscana) e terza Silva Dondero (1:26:44-Maratoneti Genovesi).

Raggiunta al termine della sua gara, Valeria ha così commentato la sua prestazione “avevo in programma un lungo di 35 chilometri, ma dalle mie parti la neve e il freddo avrebbero reso complicato l’allenamento, ecco quindi la scelta di Santa Margherita Ligure, con 14 chilometri prima della partenza, direzione Portofino (chiusa al traffico veicolare ma raggiungibile a piedi).A seguire i 21 della mezza, corsa in progressione, finendo alla media di 3’41/km”. Alla domanda su cosa prevedono i suoi programmi agonistici ha così risposto “mezza maratona di Verona e poi Roma-Ostia, e poi una maratona da definire in aprile o maggio”.

Avanti tutta Valeria, stai tornando a correre forte!

Tornando alla manifestazione nel suo complesso, si deve purtroppo registrare una sensibile diminuzione nei partecipanti, sono solo 525 gli atleti classificati, contro gli 896 del 2018 (e 1334 del 2017). In questo contesto passano in secondo piano le considerazioni relative al percorso, modificato per le ragioni sopra descritte, ma del quale non è noto se è stato o meno successivamente rimisurato e certificato.

Sarà l’Atletica Casone Noceto per il secondo anno consecutivo, a rappresentare l’Italia nella gara Seniores maschile della 56^ edizione della Coppa Europa per Club di corsa campestre che si disputerà domenica 3 febbraio sui prati di Albufeira in Portogallo.

La formazione sarà formata dall’18enne ugandese Jacob Kiplimo, che il 31 dicembre ha vinto a Madrid la 10 km della San Silvestre Vallecana, con uno strepitoso 26’41”; Yassine Rachik, Ahmed El Mazoury, Italo Quazzola, Ahmed Ouhda e Vincenzo Agnello.

Ad accompagnarli ci saranno il Presidente Mauro Pizzetti, il Presidente della Casone Spa (Main Sponsor del club), Graziano Adami, il responsabile logistica Sergio Benecchi, il coach sociale Pasquale Venditti ed il fisioterapista Michele Caldara.

 arrivo vittorioso di Jacob Kiplimo al Gir al Sas 2018

 

Lo scorso anno a Mira, sempre in Portogallo, la società si era piazzata al settimo posto, il successo era andato allo Sporting Clube de Portugal, davanti alla squadra belga dell’Olympic Essembeek Halle ed alla formazione spagnola dell’Atletismo Bikila. 

“Siamo onorati di difendere i colori della nostra nazione in questa prestigiosa manifestazione - dichiara il DT Mirko Saccò - ed i nostri atleti sono pronti a dare il meglio per migliorare il piazzamento dello scorso anno e cercare di inserire il nostro Club tra le Top 5 della classifica finale per società”. 

L’Atletica Casone Noceto quest’anno a marzo a Gubbio ha vinto il Campionato Italiano di società Corsa Campestre nella categoria Assoluti uomini e per il sesto anno consecutivo il Campionato Italiano Assoluto maschile di società di Corsa che comprendeva 4 prove (Cross, 10.000 metri su pista, 10 km su strada e mezza maratona). Inoltre, a livello individuale, il brillante terzo posto di Yassine Rachik nella maratona ai Campionati Europei e la conquista del titolo italiano assoluto di mezza maratona di Ahmed El Mazoury. 

Albufeira ha già ospitato questa manifestazione continentale nel 2008, 2014 e 2017. 

SOCIETA’ PARTECIPANTI SENIOR MASCHILE

Atletica Casone Noceto   (Italia)

LTV Koflach (Austria)

Olympic Essenbeek Halle (Belgio)

VSK Università Brno (Repubblica Ceca)

Hechmann Mikkeler Racing (Danimarca)

Sparta SS (Estonia)

JKU (Finlandia

Ales Cevennes Athlétisme (Francia)

Leeds City AC (Gran Bretagna)

AO Mykonos (Grecia)

Raheny Shamrock (Irlanda)

South Tel Aviv Alley (Israele)

AV Cifla (Paesi Bassi)

Strindheim IL (Norvegia)

Sporting Clube de Portugal (Portogallo)

Atletismo Bikila (Spagna)

Clinicas Menorca Caug (Spagna)

Sparvagens FK (Svezia)

LC Regensdorf (Svizzera)

Istanbul BBSK (Turchia) 

Le altre società italiane saranno:
Categoria Seniores Donne:   

Cus Torino (Giorgia Morano, Gloria Barale, Annalisa Barone, Camilla Calosso, Anita Zucalli e Chiara Magrini)


Categoria Under 20 Uomini:   

La Fratellanza 1874 di Modena   (Davide Rossi, Riccardo Brighi, Luca Tedeschini e Gabriel Gjikolaj)


Categoria Under 20 Donne:   

La Fratellanza 1874 di Modena   (Martina Cornia, Chiara Tognin, Bernadette Pulpito e Carla De Giovanni)


Programma Orario:
ore 10.00   Under 20 Donne   4.270 mt

ore 10.40   Under 20 Uomini   6.090 mt

ore 11.25   Seniores Donne   6.090 mt
ore 12.10   Seniores Uomini   9.730 mt

 

 

Domenica, 27 Gennaio 2019 23:08

Trino Vercellese (VC) - 2^ Trino - Crea

Si è corsa oggi la seconda edizione di questa gara che in 19 chilometri porta gli atleti da Trino Vercellese al Santuario di Crea, nel cuore del Monferrato, provincia di Alessandria. Percorso “collinare”, con un dislivello complessivo positivo superiore ai 400 metri. Il via è stato dato alle 09.30, da piazza Comazzi a Trino Vercellese; vediamo nel dettaglio il percorso.

Dopo aver lasciato l’abitato di Trino Vercellese si supera il fiume Po, che indica il cambio di provincia, da Vercelli ad Alessandria. Verso il km 3 vedo Michele Belluschi correre molto lentamente in senso inverso, mi dice che si è stirato. Peccato, era il favorito della gara, poteva fare il bis dopo la vittoria alla prima edizione. La strada comincia a salire, ma molto dolcemente, e così continua per 3 chilometri fino al paese di Camino. Da qui una facile discesa ci riporta quasi alla quota della partenza; discesa facile ma insidiosa per il ghiaccio, in curva un podista cade, ma rimbalza come se nulla fosse e riprende la sua corsa, solo qualche leggera abrasione. Al km 9 si presenta una seconda salita, questa volta più corta (circa 1000 metri) ma piuttosto cattiva, penso una pendenza media del 10 %, se non qualcosa di più in diversi tratti. Dopo l’abitato di Bocchetta si “scollina", ed inizia un altro tratto dove si corre bene, recuperando lo sforzo precedente. Al km 16 si vede il Santuario e non so se è una buona notizia, dato che si trova ben sopra le nostre teste. Qui inizia il tratto più difficile di tutto il percorso, sono trecento metri di dislivello presi in poco meno di 3 chilometri, vengono dopo il precedente “mangia e bevi”; se hai speso troppo in precedenza sono guai, altrimenti…si fa lo stesso fatica.

Fuori dai giochi per infortunio il favorito Belluschi, la gara maschile è risultata più aperta, alla fine ha prevalso di mezzo minuto Jacopo Musso (S.S. Vittorio Alfieri), tempo finale 1:11:25, su Stefano Contardi (1:11:53-Atl. Pavese; terzo posto per Fabrizio Concina (1:12:45-Sai Frecce Bianche).

Gara femminile invece dominata da Katarzyna Kuzminska, che in questo modo bissa il successo del 2018 e con 1:21:22 si migliora di oltre un minuto rispetto alla scorsa edizione.Secondo posto per Debhora Li Sacchi (1:23:50-Olimpia Runners), terzo per Silvia Guenzani (1:25:28-Varese Triathlon).

Sono stati 240 i classificati nella gara competitiva, contro i 217 della prima edizione. Invece 63 i partecipanti alla non competitiva, che si correva, o camminava, negli ultimi 5 chilometri dello stesso percorso.

E’ stata un’esperienza molto positiva, una gara bella e bene organizzata, con il servizio bus che riportava gli atleti alla partenza. Un percorso utile come lungo per chi prepara una mezza maratona, oppure anche distanze maggiori, perché molto allenante con le sue ondulazioni, ma anche diversi tratti di salita piuttosto impegnativi. Si è corso sempre su asfalto, quindi su strade che però nell’occasione erano chiuse al traffico, con molti volontari a presidiare gli incroci. Mancava il sole, che probabilmente avrebbe reso più bello il paesaggio circostante, eppure le colline del Monferrato parzialmente innevate avevano il loro fascino.

Ottimo quindi il lavoro fatto da Vanni Mussio e dalla Podistica Trinese, oltre ai volontari; adesso avanti con la terza, la quarta, la quinta edizione e anche oltre, confidando che i concorrenti aumentino. A mio avviso questa gara merita una maggiore partecipazione. Unico neo, le premiazioni piuttosto lunghe, probabilmente c'è stato qualche problema nella composizione della classifica o di natura logistica.

Bello anche l’arrivo al Santuario di Serralunga di Crea, sia pure se costava un po’ di fatica arrivarci. Qualcuno diceva di aver visto la Madonna, forse esagerava…almeno un tantino.

Non me ne voglia il collega ed amico Rodolfo Lollini che, giustamente, riporta delle notizie che in un modo o nell’altro possano incuriosire, interessare, probabilmente anche stupire, ma questa corsa al freddo, o al caldo secondo le stagioni, non riesce proprio ad appassionarmi. Mi conforta che alla fine del suo pezzo abbia scritto che avrebbe preso ugualmente sonno, di fronte al dubbio che abbia fatto meglio uno, o l’altro, in questa “sfida tra i ghiacci”. Bene così.

Paolo Venturini ha corso per 39 chilometri con temperature fino a meno 52 (anzi, meno 52,6, si sa mai che lo 0,6 sia fondamentale ai fini statistici); Dmitri Voloshin, pare aver fatto ancora meglio, arrivando a 50 chilometri, quindi una distanza maggiore ma non solo: vengono riferite temperature di  meno 60 gradi (in questo caso senza gli zero virgola). A questo punto è lecito attendersi che qualcun altro voglia arrivare a qualche chilometro in più, o qualche grado in meno, meglio se tutte e due le cose. Col massimo del rispetto per queste imprese, passate, presenti e future, in genere non esistono criteri univoci di verifica, quindi prendiamo per buono quello che ci viene raccontato. Confidiamo non assomiglino a quelle che un tempo, speriamo davvero non più, erano i record dei super maratoneti, quando le 42 chilometri (più o meno) venivano organizzate intorno al proprio abitato e incredibilmente finivano nel conteggio delle bandierine messe sul terreno di battaglia.

Dmitri Voloshin ha corso per richiamare l’attenzione sulla figlia malata (così viene riportato), quindi ha fatto bene; l’emozione che suscitano queste situazioni fa superare qualsiasi analisi razionale, un po’ come quando vediamo (tragiche) immagini di bimbi nel contesto degli sbarchi. Dmitri peraltro ha nel suo palmares sportivo diverse ottime prestazioni, con piazzamenti di rilievo.

Paolo Venturini non ha un passato atletico di alto livello, sia pure se è arrivato ad un onorevole 8h11’ in una 100 chilometri (per intenderci, Monica Casiraghi ha un personale di 7h28). Da sempre ha preferito dedicarsi a gare fuori dal normale, per richiamare l’attenzione sulle possibilità umane, probabilmente anche su sé stesso. “Trovare il proprio limite, è una delle cose più difficili ed estreme, il solo avvicinarsi potrebbe non farti più tornare indietro”, questo uno dei suoi motti, che francamente trovo un po’ inquietante.

Ma quali sono le vere imprese? Ognuno risponda come crede, per me è correre gli 800 metri in un minuto e 40 secondi, oppure i 10.000 metri (in pista, chiaramente) in 26:30, oppure fare quello che ha fatto Kipchoge, la maratona volata in 2:01:39.

Oppure, molto più semplicemente, accompagnare dei diversamente abili in una corsa podistica, come fatto dall’amico Claudio Ardigò e da Go On in occasione della Marian Ten di Crema, lo scorso 11 novembre.

Troppo normale?

(n.d.r) un lettore che pare attento alle gare ultra che più ultra non si può, ha segnalato che, alla Iditarod, Roberto Ghidoni e gli altri concorrenti si fanno 400 km in autosufficienza con simili temperature.

Quindi? 

Martedì, 22 Gennaio 2019 18:07

Ultrabericus Trail, si corre il 16 marzo

“Un passo fuori dall’asfalto, due passi oltre la maratona”. Il motto di questa manifestazione descrive bene quello che prevede il programma, direi capace di soddisfare diverse preferenze.

Si corre un trail integrale, significa 65 chilometri e 2500 metri di dislivello positivo. Un percorso tracciato su sentieri single track, mulattiere e carrarecce, compirà dal centro di Vicenza il periplo dei Colli Berici, passando per i territori di Arcugnano, Perarolo, San Gottardo, Grancona, Pozzolo, Villaga, Barbarano, Mossano, Nanto, Villabalzana, Fimon.

Staffetta lui & lei, twin: lo stesso trail integrale ma dove la fatica è suddivisa su frazioni di 34 e 31 chilometri.

Urban Trail: sono 22 chilometri e 750 di dislivello positivo, certamente più impegnativo di una mezza maratona, non fosse altro per il fondo su cui si corre, ma direi alla portata di chi è abituato a correre 3, 4 volte alla settimana ed ha un’autonomia di almeno 2 ore; una buona occasione per “assaggiare” le gare trail.

Per tutti i percorsi partenza e arrivo a Vicenza, piazza dei Signori.

La Ultrabericus si propone come una gara agonistica ma anche come opportunità di scoprire i molteplici aspetti del contesto naturale dei Monti Berici.

Numero massimo concorrenti ammessi:
Integrale 1.000, Twin 100 coppie, Urban 500.

Sono previsti i materiali obbligatori: borraccia 0,5 litri, giacca antivento, luce frontale, fischietto, telo termico di sopravvivenza, bicchiere personale.

per informazioni ed iscrizioni: www.ultrabericus.it

Chiarisco subito che “forse troppi” non si riferisce certo al numero dei partecipanti alla seconda prova del Cross per tutti, che anzi ha fatto registrare dei numeri davvero importanti, numeri che replicano il successo della prima prova (Cesano Maderno), oltre a confermare l’apprezzamento globale verso la manifestazione. Ma di questo do chiarimento più avanti, prima è giusto dare tutto lo spazio che merita a questa gara, corsa domenica all’interno del parco del Roccolo, un’area verde di 1500 ettari, situata a nord ovest di Milano.

Entrata per la prima volta nel circuito Cross per tutti, questa corsa campestre ha dimostrato di avere i numeri per fare bene; organizzazione curata dall’Atletica P.A.R. Canegrate che non ha fatto mancare proprio niente a chi ha deciso di partecipare. A cominciare dal percorso, a mio avviso uno dei più belli, perché contiene tutto ciò che ritengo debba esserci in una corsa campestre: curve secche ma anche tratti rettilinei dove rifiatare, un boschetto che ha rappresentato una parte molto tecnica del percorso, ma anche la possibilità per il pubblico di assistere per lunghi tratti al passaggio degli atleti.

Condizioni del terreno praticamente perfette: la pioggia di alcuni giorni orsono ha reso meno secco il terreno, la temperatura era fredda ma non abbastanza da gelare il fondo su cui si correva, il risultato finale era ottimo. Chi aveva la forza di spingere poteva farlo senza grossi problemi, anche senza le scarpe chiodate, più dannose che utili in questa circostanza e in molte altre.

Numerosissimi i volontari, che tra l’altro hanno dovuto gestire un afflusso di macchine fuori dal comune per una gara di questa tipologia. Presenti in molti anche sul percorso, a sorvegliare con discrezione che tutto girasse come si deve, cosa non facile dato che complessivamente sono stati quasi 2000 i partecipanti. A proposito di “numeri”, da rilevare un’esagerata discrepanza tra gli atleti dichiarati come iscritti (“quasi 2600”) e quelli classificati (1762); da considerare che la giornata era certamente fredda, ma non impossibile da un punto di vista climatico (quindi si può ritenere non fossero molte le rinunce) e che la distanza più lunga era di 6 chilometri (pertanto si può ipotizzare un numero di ritiri molto contenuto).

Tornando agli aspetti organizzativi: spazi in abbondanza per i parcheggi e per chi doveva montare le tende del proprio gruppo, spogliatoi sufficientemente adeguati con acqua calda, almeno fino alle 11.00, non so dopo. Infine, ristori discretamente dotati, in particolare di abbondante the caldo, la bevanda più amata dai podisti (probabilmente dopo la birra), soprattutto nel periodo invernale.

Insomma, ben meritati i complimenti a Ubi Scordamaglia ed a tutto lo staff di P.A.R. Atletica.

Andando nel dettaglio dei numeri: sono quasi 500 i master, tutto il resto appartiene alle categorie giovanili. Tutto bene? Si, però…. E qui vengo al titolo Cross per tutti, “forse troppi”. Di certo giovani e giovanissimi vanno incoraggiati verso l’atletica, sono stato e sono impegnato su questo fronte, tuttavia mi chiedo quanto sia veramente produttivo portare sui campi a gareggiare dei bambini di 7-8 ma anche 5 e 6 anni (in totale erano in 743 della categoria esordienti). Lo hanno preso davvero come un gioco? Si, perché se metti un pettorale addosso, le cose cambiano. Ho visto tecnici entusiasti ed appassionati di trovarsi sul campo di gara coi bambini, diversi genitori un po’ meno. Non ho certezze assolute, invece qualche dubbio mi viene nel definire fino a che punto sia producente per bambini di 5, 6 e 7 anni correre per 6 domeniche quasi consecutive (magari ne potevano bastare di meno per fare l’esperienza), ripeto, col pettorale addosso; poco conta che non ci siano premiazioni, c’è un tempo ed una posizione in classifica, qualcuno arriva davanti e qualcun altro dietro, in quello che dovrebbe essere un gioco.

Conosco diversi bravi tecnici del settore giovanile, capaci di far passare il messaggio che, anche col pettorale addosso, anche se si finisce davanti, oppure dietro, si tratta sempre di giocare. Spero che tanti altri siano altrettanto capaci di convincere i bambini, specialmente quelli meno dotati, ed i loro genitori, che si tratta comunque di divertimento. Il rischio abbandono, mi si creda, è il peggiore di tutti. Se si guardano i dati statistici c’è da preoccuparsi: già nella categoria ragazzi (segue quella degli esordienti) i numeri sono più che dimezzati; per non parlare del passaggio alle successive categorie, a partire dagli allievi, qui si viaggia ad un rapporto di 1:15, 1:20, anche in questa stessa manifestazione.

Se invece si pensa che la grande atletica possa partire da… tanti esordienti che gareggiano, allora ho molti meno dubbi, credo che l’errore sia ancora più grande.

Sono tutte considerazioni e riflessioni personali, che originano da esperienze dirette e portano ad avere qualche dubbio sul migliore percorso possibile per avvicinare i ragazzi ad uno sport che io amo davvero, e non sono l’unico.

In mezzo a tutto ciò vi è una certezza, un messaggio per i giovani e giovanissimi, e per i loro genitori: FATE ATLETICA, NON FARETE MAI PANCHINA.

Si è tenuto ieri sera, presso il punto vendita di DF Sport Specialist di via Palmanova (Milano), il secondo incontro con alcuni degli esperti più conosciuti del settore; in realtà si tratta di un vero e proprio Week End Run, che comprende la possibilità di effettuare test di valutazione delle soglie anaerobica ed aerobica (19 gennaio) ed un’uscita collettiva al Parco di Monza (20 gennaio).

Sono stati trattati temi di grande importanza per chi corre, per chi vuole migliorare le proprie performance, ma soprattutto cercare di correre “bene”.

Gli onori di casa li ha fatti Giuseppe Zamboni, direttore DF Sport Specialist, moderatore Renzo Barbugian.

Fulvio Massini ha affrontato un tema quantomai attuale, “correre col freddo”, sfatando molti dei miti che vedono la corsa pericolosa nella stagione invernale, spesso preferendo la palestra. Ha spiegato con chiarezza che il corpo umano è più forte di quanto non si creda e capace di difendersi dalle cosiddette “condizioni meteo avverse”, di non confondere le percezioni personali con le realtà oggettive. Ovviamente da prendere tutte le precauzioni del caso: da un riscaldamento più lungo del solito, completato dallo stretching “fatto bene” (cosa che raramente si fa), fino all’utilizzo di capi tecnici adeguati, capaci di espellere il sudore mantenendo ottimale la temperatura corporea.

Sergio Migliorini ripete da tempo, sino alla noia, spesso inascoltato, di adeguare il running alle proprie condizioni e caratteristiche personali: il drop che più basso non si può non migliorerà mai le prestazioni di chi corre la maratona in 5 ore, servirà invece a farsi del male per l’eccessiva estensione del tendine achilleo. Scarpe chiodate per le corse campestri? Anche no, se hai cinquant’anni e le corri due volte all’anno, un buon paio di scarpe da trail andranno benissimo, proteggendoti come si deve. Trail? Forse, però con giudizio se hai sempre corso su asfalto.

Huber Rossi ha trattato un argomento tanto complesso quanto di notevole interesse, “l’economia di corsa”, cercando di spiegare quali sono i possibili vantaggi nel modificare il proprio stile e assetto di corsa, a fronte delle potenziali difficoltà. La sua esperienza dal campo ha portato a conclusioni tutt’altro che univoche, attraverso la sua presentazione ha introdotto quesiti, e dubbi (molto bene, di coach dispensatori di certezze ce ne sono anche troppi) che ogni praticante dovrebbe porsi, fornendo al tempo stesso una serie di elementi utili per capire il proprio modo di fare running, e come migliorarlo. La conclusione è che tutti possono (e dovrebbero) acquisire maggiore consapevolezza dei propri obiettivi, caratteristiche e limiti, questo uno dei percorsi che permette di correre a lungo, cercando di non farsi del male e ……. probabilmente anche più veloce.

per maggiori informazioni

df-sportspecialist.it

Arrivo un po’ lungo a raccontare la mia Corsa della Bora, sarà perché prima dovevo smaltire la fatica? No, questa volta non è così, me la sono presa comoda (attenzione che è tutto relativo). Scrivo questa volta perché in realtà sono tornato dopo una prima esperienza nel 2018, quando ero arrivato distrutto dalla fatica e avevo percorso circa 25 chilometri, anche se la gara è di circa 21…certo che se ti perdi…….

Invece tutto liscio in questa occasione, non credo proprio perché le indicazioni fossero più chiare, semplicemente perché ho corso più rilassato e con maggiore attenzione. Nella mia limitatissima esperienza di corsa in ambito trail per ora ho imparato che o guardi il cronometro o…guardi la strada. Dirò una banalità per chi corre abitualmente i trail, invece forse una cosa utile per chi è alle prime armi, o forse non si è ancora avvicinato alla specialità: niente indicazioni chilometriche, frecce, transenne, bensì tante fettucce appese ai rami degli alberi, ti dicono che sei nella giusta direzione, però devi sempre tenere lo sguardo un po’ più avanti, in occasione di bivi e incroci con altri sentieri.

Ma veniamo alla gara, la mia gara, la S1Half: poco più di 21 chilometri, circa, su questi percorsi la precisione della distanza conta davvero poco.

Numeri in crescita (anche, ma non solo) su questa distanza, ricordo che nel menu c’erano anche una 8 km (S1Justfun), una 57 km (S1Trail) e una 164 km (S1Ultra). Alla fine i classificati della S1Half sono stati 554, contri 469 del 2018. Un percorso alla portata di tutti quelli che corrono 3-4 volte alla settimana, non avendo problemi a farlo continuativamente almeno per 2-3 ore (gli ultimi 100 classificati hanno impiegato più di 4 ore), ma tutt’altro che da sottovalutare. I tratti in asfalto non superano il 10% del totale (come da regolamento trail), i sentieri sono mediamente più irregolari ed impegnativi dei classici collinari (ad esempio quelli lombardi o nel piacentino), difficile trovare tratti in pianura più lunghi di 3-400 metri e il fondo su cui si corre cambia di continuo.

Insomma, tutti possono riuscirci ma rispettando qualche condizione di base: ad esempio prendersela comoda!  Certo che quando ti metti il pettorale ti senti costretto a gareggiare, ma almeno la prima/e volta/e è fondamentale prendere confidenza con percorsi completamente diversi; mi rivolgo al podista da strada, sull’asfalto l’appoggio è sempre uguale, nel trail non ce ne è uno che è uguale al precedente, o al successivo. Ecco perché è fondamentale fare un buon numero di allenamenti su sterrati e sentieri e con molti saliscendi (qui invece le colline lombarde, tipo in Brianza, vanno benissimo), in queste situazioni il corpo impara a gestire i “segnali” che arrivano dai piedi, che dovranno essere adeguatamente preparati (propriocettività). E abituarsi a correre con lo zainetto, cosa che personalmente trovo fastidiosa, ma sarà una questione di abitudine. Zainetto che deve contenere del materiale obbligatorio, pena la squalifica. A proposito, a questa gara erano previsti dei controlli, anche sul percorso, tempo medio del controllo circa due minuti, forse anche meno. I controllati all’arrivo ricevevano un bonus di tre minuti, insomma, convenivano! A patto di essere in regola.


A proposito di regole: so che i bastoncini sono consentiti in questo tipo di gare, certamente aiutano in salita, in particolare nei tratti più impegnativi, però mi chiedo a che servono quando ci si trova in piano. In alcune circostanze mi sono trovato davanti dei podisti che camminavano, magari in un tratto di sentiero piuttosto stretto, che quindi rendeva difficile il sorpasso, complice il fatto che inevitabilmente (forse) si devono tenere le braccia larghe. Qualcuno si spostava, qualcun altro no.

Il percorso è davvero bello, varia di continuo, alla fine non è un trail duro e puro, dato che la distanza e il dislivello sono contenuti, non è nemmeno una corsa in montagna; le salite sono sempre corribili, invece la definirei una corsa nella natura, una natura diversa e particolare, quella del Carso. Certamente ci sono dei passaggi un po’ complicati dove è meglio camminare, per non dire che si è obbligati a camminare. I panorami sono unici, si corre per lunghi tratti “sospesi tra il cielo e il mare”, come recita il sito della manifestazione, ed è proprio così.

Particolare, e complicata, la discesa sulla spiaggia, per certi versi una vigliaccata da parte di chi ha disegnato il percorso; questo perché il tratto di circa un chilometro in riva al mare è impossibile da correre, e poi perché si deve risalire un centinaio di metri di dislivello verso il Bora Village di Visogliano, punto di arrivo. Certo che non si può restare indifferenti allo spettacolo che si presenta alla Costa dei Barbari, la spiaggia dei naturisti, appena sotto Porto Piccolo.

Momenti particolari: tanti, ne estraggo uno per tutti. L’arrivo dell’amico Aurelio Martinelli (nella foto,sorridente, non pare nemmeno facesse fatica) dopo 57 chilometri percorsi in 9h49’. Ero con i suoi figli ad attenderlo all’ingresso del centro sportivo: stanco, emozionato, felice come di più non si può essere. Abbiamo corso tutti insieme gli ultimi 100 metri, una bella emozione, soprattutto per lui.

Dopo questo tipo di gare, per tutti o quasi, in misura diversa, i muscoli resteranno indolenziti nei giorni successivi (il cosiddetto DOMS, dolore ad insorgenza ritardata), e ci vorranno diversi giorni perché si ricostituiscano le nostre fibre muscolari (rabdomiolisi). Ma tutto ciò sparirà in breve tempo, mentre se si è vissuta bene la gara si porta a casa qualcosa che durerà molto più lungo, una bella esperienza che magari potrà costituire la base…per un prossimo trail.

Infine, uno sguardo alle gare competitive in programma: numeri tutti in crescita rispetto al 2018, i dati sono relativi agli atleti classificati. Generale: 1173 (+ 23%). Nel dettaglio: S1JustFun, 119 (+8%); S1Half, 558 (+ 21%); S1Trail, 410 (+15%); S1Ultra, 86 (+170%).

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